TODI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi TODI dell'anno: 1966 - 1997

TODI (v. vol. VII, p. 893)

M. Bergamini

Dalla necropoli preromana provengono le poche attestazioni (armi e fibule) di VIII sec. a.C.; nel VII sec. sono documentati contatti con l'area falisca e, nel tardo VII e VI sec., con Vulci, Populonia e in particolare con Volsinii, dalle cui botteghe di bronzistica esce il frontale di carro sbalzato con rappresentazione di Teti in atto di consegnare le armi ad Achille, recentemente riassegnato alla necropoli preromana di T. (loc. Le Loggie) e conservato nel Museo Archeologico di Firenze.

Il periodo di maggiore splendore è quello compreso tra la fine del VI e il III sec. a.C., come attestano le estese e ricche necropoli. Tra gli ultimi decenni del VI e il terzo venticinquennio del V sec. a.C. si colloca la tomba principesca venuta alla luce nel 1886 in località Peschiera e al V sec. è databile quella scoperta nel 1915 in località S. Raffaele, i cui corredi sono conservati nel Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma, mentre il periodo di uso più intenso è il pieno IV sec., fino ai decenni centrali del III cui appartengono le ventuno tombe rinvenute nel 1891 in località Peschiera e S. Stefano, i cui corredi sono conservati nel Museo Archeologico di Firenze. Questo dovette rappresentare per la città un periodo di grande vitalità economica e di autonomia politica, testimoniata dalla presenza di una zecca locale: a essa si deve l'emissione di tre serie monetali di bronzo, una fusa di peso librale (c.d. libbra umbro-etrusca di gr 255,82) di sei valori, una fusa ridotta di 1/3 di cinque valori e una terza coniata completa di tre valori, tutte con il nome in caratteri etruschi a leggenda retrograda della città o per esteso Tutere o nella forma abbreviata Tu.

Poco sappiamo degli edifici sacri della città preromana, poiché non sono stati rinvenuti resti architettonici a essi riferibili. Un santuario extraurbano è localizzabile sul colle di Montesanto, verso SE, da dove provengono la nota statua del Marte (v. vol. IV, fig. 1053) donata dal celta umbrizzato Ahal Trutitis, prodotto di bottega orvietana databile al tardo V sec. a.C. (in tal senso va corretta la datazione indicata al vol. IV, p. 886, s.v. Marte e al vol. VI, p. 894, s.v. Todi), e varî bronzetti del dio. La sacralità del luogo è inoltre convalidata dalla presenza della colonna monumentale con base iscritta (CIL, XI, 4653) alta m 20 e del diametro di m 2,20, eretta dai duoviri quinquennales C. Attius P. f. Bucina e Q. Caecilius Q. f. Atticus, rinvenuta nel 1835 insieme al Marte.

All'interno della città, ma comunque fuori dalla cinta muraria più antica, un luogo di culto è verosimilmente ubicabile nel quartiere Camuccia.

L'importante scarico di terrecotte architettoniche casualmente rinvenuto nel 1925 presso Porta Catena, insieme alle belle lastre di rivestimento venute alla luce negli scavi effettuati sotto la vicina chiesa della Visitazione di Maria, attestano infatti la presenza di un tempio di tipo etrusco-italico di III sec. a.C. Resti di terrecotte architettoniche provenienti dalla Rocca indicano come probabile sede di luogo di culto anche questa zona, che del centro antico rappresentava una delle due sommità, mentre i rocchi di colonne reimpiegate nel tratto di mura prospiciente Piazza del· Montarone hanno fatto pensare alla probabile appartenenza a un tempio elevato al di sopra della piazza stessa. Alla città è stata recentemente riassegnata la pregevole urna di alabastro con raffigurazione dell'uccisione di Enomao (vol. III, p. 345, fig, 149).

A questa seconda colonizzazione si deve certamente una definitiva sistemazione urbanistica della sommità del colle; appartengono infatti a questo periodo i già noti edifici e le opere sostruttive di cui restano strutture evidenti; nuove testimonianze sono state rimesse in luce dai recenti scavi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica per l'Umbria.

Il Foro, di cui, grazie alla nuova pavimentazione, è stato rimesso in luce il lastricato antico in grandi blocchi rettangolari di travertino, è apparso di dimensioni notevolmente superiori a quelle della piazza attuale, come dimostrano la sovrapposizione dei palazzi che l'affiancano e i tratti emersi nel Campo Ferdinan- di (1987), in Via del Monte (1993) e in Via Mazzini (1994). Assai interessante è la presenza nell'area NO di

pozzetti rettangolari rivestiti a blocchetti regolari e allineati in senso E-O e N-S coperti da grossi chiusini, per allestimenti temporanei del foro (comitium?). Resti di pavimenti a mosaico policromo (in Via dei Magazzini) e in bianco e nero (Via P. Rolli e Via L. Leoni) pertinenti a edifici attigui all'area forense sono emersi nel corso dei lavori.

Tratti dell'antica pavimentazione in lastre irregolari sono stati rinvenuti anche nelle vie di accesso alla città, in Via Ciuffelli e presso Porta Aurea, in Via di S. Maria.

I dati più interessanti in ambito urbano sono emersi dalle indagini operate nel sottosuolo. Nel 1982 è stato effettuato lo svuotamento e l'esplorazione delle cisterne sottostanti al foro. Il complesso, creato in età romana per il rifornimento idrico della città, è formato da dodici ambienti rettangolari, originariamente con rivestimento in opus signinum, comunicanti tra loro, di cui solo nove attualmente accessibili (gli altri tre ambienti si trovano sotto il Palazzo dei Priori).

Un nuovo complesso del tutto analogo rappresenta la scoperta recente (1994, inedito) di maggior rilievo. Anche questo è costituito da dodici vani comunicanti, in opus caementicium, probabilmente senza rivestimento, ed è parallelo alla grande cisterna nota, con la quale fa parte di un progetto unitario.

È posto lungo il lato occidentale della piazza e si sviluppa in senso N-S sotto i palazzi che su di essa si affacciano prolungandosi in Via Mazzini. Gli interventi effettuati nel settore NO hanno consentito di identificare nel quartiere Valle Inferiore le terme romane e di datare alla prima età imperiale la sistemazione di questa parte della città sorretta dal poderoso muraglione ricurvo in opera quadrata, che rappresenta uno dei tratti meglio conservati della cinta muraria antica. La scoperta di un ambiente a ipocausto con pavimentazione a mosaico e sovrastante edificio monumentale conferma infatti la presenza del quartiere termale di cui fa cenno la bibliografia locale del XIX secolo. Scavi recenti (1994) hanno anche portato al rinvenimento di rocchi di colonne scanalate.

Nell'ambito degli interventi operati negli anni '80 è stato possibile procedere a un'indagine delle opere drenanti, che nel muraglione ricurvo hanno le loro uscite: due cunicoli e il muro risalgono alla prima età imperiale.

Il sistema idraulico antico si colloca in età preromana (IV-III sec. a.C.), ma venne utilizzato e ampliato in età medievale e moderna. Di particolare rilievo è la cisterna scoperta sulla Rocca, nel punto più alto del colle, dalla quale una serie di cunicoli portava l'acqua alla zona sottostante di S. Quirico, in età romana sede di ricchi quartieri di abitazione, dei quali resta traccia evidente nei mosaici policromi e in bianco e nero tuttora visibili al piano terreno di Palazzo Ciuffarelli e all'interno dell'ex Chiesa di S. Quirico.

Riguardo alla cinta muraria antica, due importanti elementi sono emersi presso la medievale Porta Libera, corrispondente al punto di accesso alla città, da S, della Via Amerina: una postierla di età romana e un tratto di muro arcuato, all'interno delle mura antiche, costruito in opus reticulatum, tecnica costruttiva assai poco attestata a Todi. Tale elemento non appare isolato; un altro tratto, in opera reticolata con ricorsi in laterizio, è emerso infatti in un'abitazione privata a ridosso delle mura antiche nel tratto che da Porta Libera va verso E e attestano restauri ascrivibili alla fase della colonizzazione romana.

Altri elementi archeologici emersi recentemente appartengono alle fasi tardoantica: in Piazza Garibaldi, dove probabilmente sorse la prima cattedrale di T. attribuita a S. Callisto (524-528), è parzialmente emerso il perimetro della chiesa dedicata ai Ss. Giovanni e Paolo, distrutta nel 1298 da papa Bonifacio Vili, ed è venuto alla luce un sarcofago strigliato di marmo bianco databile alla fine del III sec. d.C., assai lacunoso nella fronte, con un personaggio centrale vestito di lunga tunica e pannelli laterali ornati dalla figura speculare del Buon Pastore.

Un edificio extraurbano è stato parzialmente scavato dalla Soprintendenza Archeologica per l'Umbria nella zona immediatamente al di fuori delle mura medievali meridionali, nelle vicinanze della chiesetta di S. Stefano, dove sono state messe in luce strutture murarie in opus reticulatum.

Per gli edifici sacri di età romana non vi sono elementi che consentono di formulare ipotesi circa la loro ubicazione; alcune colonne di cipollino e di granito reimpiegate nel duomo provengono certamente da un edificio di culto antico.

Delle necropoli romane sappiamo ben poco: sono localizzabili, dai passati rinvenimenti, una presso Porta Romana, nella zona attualmente occupata dalla chiesa di S. Filippo; un'altra lungo il percorso della Via Amerina (il decumanus maximus della città) nel suo ingresso da S, fuori Porta Fratta (ne sono prova i frequenti rinvenimenti sporadici in occasione dei lavori agricoli); una terza forse a fianco del percorso della stessa via presso la sua uscita a N, fuori Porta Perugina (da dove proviene un frammento di fregio dorico pertinente a un monumento funerario). Una necropoli monumentale di età romana sembra localizzabile fuori T., a qualche chilometro dalla città, in località Pontecuti, piccolo abitato presso il ponte sul Tevere sulla strada che collega T. a Orvieto; da qui proviene infatti l'edicola marmorea di I sec. d.C., conservata nei Musei Vaticani, e nella stessa zona, nel letto del fiume, è stato recentemente recuperato un frammento di rilievo gladiatorio riferibile a un monumento funerario datato alla prima età imperiale.

Nel territorio, una zona di ricche ville di questa stessa epoca è individuabile a S della città (Vasciano, Asproli, Porchiano, Salviano) e di recente è stato localizzato a Scoppieto, sulla sponda sinistra del Tevere, un importante insediamento produttivo, ancora in corso di scavo, di vasellame di terra sigillata, attivo nel I sec. d.C. e riferibile ai produttori L(ucius) Pl(otius) Zos(imus) e L(ucius) Pl(otius) Por(...).

In età romana un importante punto di appoggio di T. sulla Via Flaminia fu rappresentato dal Vicus Martis Tudertium (piccolo abitato nei pressi dell'odierna chiesa di Santa Maria in Pantano, nel comune di Massa Martana). Il vicus è stato identificato con la statio ad Martis citata nei vasi di Vicarello, nell'Itinerarium Antoninum e nella Tabula Peutingeriana e il suo nome ci è conservato dalle numerose iscrizioni provenienti dalla zona (CIL, XI, 4744, 4748, 4750, 4750a, 4751), che attestano lo stretto legame esistente tra il vicus e la città, di cui onorano i cittadini. La chiesa di S. Maria in Pantano, che forse risale al VII-VIII sec., fu costruita all'interno di un edificio romano; ivi si conservano anche alcune iscrizioni rinvenute nei dintorni. Nella zona sono segnalati varî ritrovamenti riferibili per lo più a insediamenti rustici sorti lungo il percorso della Via Flaminia, in funzione della quale erano anche alcuni ponti; il meglio conservato è Ponte Fonnaia, a un solo arco, di circa m 3,50 di luce.

Particolarmente importante è la presenza di una catacomba cristiana in località S. Faustino e di antiche chiese, che attestano una precoce diffusione del cristianesimo, mentre da Viefri (loc. Mausoleo), a N di Massa, proviene la nota iscrizione bilingue latino-celtica dei Musei Vaticani (inedita documentazione di archivio). Dai dintorni, in località Monticello, è venuto alla luce materiale litico di età neolitica, che insieme a quello di Ilei (a S di T.) rappresenta una delle attestazioni più antiche della presenza umana nella zona.

Museo. - Al secondo piano dei Palazzi Comunali hanno sede la pinacoteca e il museo dove è esposta la maggior parte della civica raccolta archeologica. Si tratta di una delle raccolte archeologiche più antiche dell'Umbria, la cui formazione ebbe inizio nel 1611 con la costituzione del lapidario. Nel XVIII sec. il dilagare anche a T. del collezionismo privato creò un forte ostacolo all'incremento della pubblica raccolta, che tuttavia risulta continuo anche se lento, ma la maggior parte del materiale di provenienza tudertina degli scavi settecenteschi finì a Pesaro. Il museo postunitario, nel quale confluirono, secondo l'uso del tempo, gli oggetti più svariati, venne inaugurato nel 1871 e gli scavi condotti nella necropoli preromana nell'ultimo ventennio del secolo lo incrementarono fortemente. A differenza dei corredi acquisiti per l'allora Museo Falisco a Roma e per il Museo Archeologico di Firenze, di quelli rimasti a T. non fu mantenuta l'integrità e comprendono ceramica attica ed etrusca, ceramica a vernice nera sia di importazione etrusco-laziale sia di produzione locale, bronzi. Accanto a terrecotte architettoniche di III sec. a.C., vi si conservano inoltre ceramiche, bronzi e anfore di età romana, provenienti dall'area della città e dai dintorni. Assai rilevante è la collezione numismatica, che accanto a monete di età romana e medievale comprende un'importante raccolta di centotrenta esemplari della zecca locale.

Nuclei consistenti di materiale di provenienza tuderte sono conservati, oltre che nel Museo di Villa Giulia a Roma e nel Museo Archeologico di Firenze, nei Musei Vaticani e nei Musei Oliveriani di Pesaro ma pezzi significativi sono presenti in altre collezioni italiane e straniere.

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