TITTONI, Tommaso

Enciclopedia Italiana (1937)

TITTONI, Tommaso

Francesco Tommasini

Uomo politico e diplomatico, nato a Roma il 16 novembre 1855, ivi morto il 7 febbraio 1931. Da bambino, nel 1860, seguì suo padre Vincenzo nell'esilio, dimorando a Firenze, Livorno e Napoli. Tornò a Roma soltanto dopo il 20 settembre 1870. Laureatosi in giurisprudenza, entrò giovanissimo nella vita politica sotto gli auspici degli uomini di destra. Nelle elezioni generali del 1886 fu eletto deputato e fece parte della camera per circa undici anni (XVI-XIX legislatura).

Nel 1898 fu nominato prefetto di Perugia, da dove nel 1900 fu trasferito a Napoli. Il 25 novembre 1902 fu nominato senatore. Al principio di novembre del 1903 il Giolitti, incaricato di comporre il suo secondo ministero dopo le dimissioni dello Zanardelli, gli affidò il portafoglio degli Affari Esteri. Nell'assumere la direzione della Consulta, il T. trovò una situazione piuttosto delicata poiché l'agitazione irredentista, favorita dal gabinetto Zanardelli, aveva prodotto una certa tensione nei rapporti con l'Austria-Ungheria e scosso la compagine della Triplice Alleanza. Egli si accinse coraggiosamente a riparare a tale situazione, sebbene si rendesse conto che la sua opera non gli avrebbe procurato popolarità. A tale uopo si recò al principio d' aprile del 1904 ad Abbazia per incontrarsi con Goluchowski. Eglì cercò però, al tempo stesso, di ricondurre l'azione riformatrice delle potenze in Macedonia, di cui l'Austria-Ungheria e la Russia si erano arrogata la direzione con l'intesa di Murzsteg, nelle mani di tutte le potenze firmatarie del trattato di Berlino. E coltivò anche cordiali rapporti con l'Inghilterra e con la Francia, secondo lo spirito pacifico e difensivo della Triplice Alleanza. In occasione delle elezioni generali del novembre 1904 si adoperò per ottenere la partecipazione alle urne degli elettori cattolici, ciò che gli valse il vivo risentimento dei partiti estremi e degli elementi settarî.

Il 16 marzo 1905, in seguito alle dimissioni del Giolitti da presidente del consiglio per ragioni di salute, assunse interinalmente la direzione del governo e ottenne dalla camera un voto di fiducia. Dopo di ciò, E. Fortis fu incaricato di formare il ministero, in cui il T. conservò il portafoglio degli Affari Esteri e continuò la politica intrapresa. Alla fine di aprile ricevette a Venezia la visita di Goluchowski e alla fine di settembre si recò a Baden-Baden per conferire col cancelliere germanico Bülow. In quel momento il conflitto franco-tedesco per il Marocco aveva messo l'Italia in una posizione piuttosto imbarazzante. Il T. tentò di svolgere un'azione conciliatrice, a cui le circostanze non erano però propizie. Verso la fine dell'anno, un accordo commerciale provvisorio con la Spagna fu tolto a pretesto da tutti gli avversarî della sua politica interna ed estera per rovesciarlo. Respinto quell'accordo, l'intero gabinetto si dimise. Il T. fu poco dopo nominato ambasciatore a Londra, dove giunse al principio di marzo del 1906 per rimanervi solo breve tempo. Verso la fine di maggio, alla costituzione del terzo ministero Giolitti, ritornò alla Consulta. Il T. perseverò nelle sue precedenti direttive, ma il suo compito si faceva sempre più difficile per l'inasprimento dei rapporti anglo-tedeschi ed il progressivo riavvicinamento anglo russo. Nell'estate del 1907 scambiò a Desio e al Semmering visite con Aehrenthal, succeduto a Goluchowski, e fu ricevuto a Ischl da Francesco Giuseppe. Al momento dell'annessione della BosniaErzegovina, in occasione della visita d'Isvolskij a Desio (fine di settembre del 1908), si studiò di raggiungere un accordo con l'Austria-Ungheria e con la Russia per una pacifica soluzione della crisi internazionale, che si stava producendo. La sua azione fu appassionatamente discussa in Italia, ma ottenne al principio di dicembre l'approvazione della camera. Nell'autunno del 1909 negoziò con l'Austria-Ungheria un accordo complementare del trattato della Triplice Alleanza che riconosceva all'Italia il diritto ad un compenso nel caso di rioccupazione del Sangiaccato di Novi-Bazar da parte della monarchia asburgica. Tale accordo fu poi stipulato dal secondo ministero Sonnino, succeduto a quello Giolitti, che si dimise al principio di dicembre. Nell'aprile 1910 il T. fu nominato ambasciatore a Parigi e, dopo l'intervento italiano nella guerra mondiale, svolse un'azione intensa per dimostrare che tale intervento era la conseguenza logica della politica pacifica, perseguita dall'Italia nella Triplice e abbandonata dagl'Imperi Centrali con l'ultimatum austro-ungarico alla Serbia. Nel novembre 1916 lasciò, per ragioni di salute, l'ambasciata di Parigi. Alla costituzione del gabinetto Nitti (23 giugno 1919) riassunse il portafoglio degli Affari Esteri: partecipò per qualche mese, come capo della delegazione italiana, alla conferenza per la pace di Parigi, senza riuscire a migliorare la situazione lasciata dai suoi predecessori e si dimise il 25 novembre. Poco dopo fu eletto alla presidenza del senato, che tenne per nove anni con grande autorità. Nel 1925 fu insignito del Collare della SS. Annunziata. Dopo la marcia su Roma, diede la sua fervida adesione al regime fascista. Al principio del 1929 fu chiamato a presiedere l'Accademia d'Italia, recentemente istituita; conservò tale ufficio fino al settembre del 1930, quando dovette rinunziarvi in seguito alla grave infermità che lo trasse alla tomba.

Scrisse: Sei anni di politica estera (discorsi), Roma-Torino 1912; Il giudizio della storia sulle responsabilità della guerra, Milano 1916; Conflitti politici e riforme costituzionali, Bari 1919; Durante la presidenza del Senato, Milano 1924; Questioni del giorno, ivi 1928; Nuovi scritti di politica interna ed estera, ivi 1930.

Bibl.: T. T., in Nuova Antologia (16 febbraio 1931: articoli di L. Federzoni, F. Tommasini, A. Marpicati e C. G. Viola); F. Tommasini, L'Italia alla vigilia della guerra. La politica estera di T. T., Bologna 1934-35; M. Claar, T.u. die Dreibund-Politik Ital., in Berlin. Monatshefte, i° giugno 1931.