TORINO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

TORINO (XXXIV, p. 28; App. I, p. 1056)

Giuseppe CARACI
Emilio LAVAGNINO

La città ha duramente sofferto per le incursioni aeree durante la seconda Guerra mondiale (in tutto 105), e soprattotto per quelle del 1943, che hanno colpito, più o meno, tutti i suoi quartieri. I più importanti stabilimenti industriali (quali la Fiat-Lingotto, la Lancia, la Snia Viscosa, la fabbrica di pneumatici Michelin, varie imprese meccaniche, fonderie, un lanificio, una fabbrica di macchine grafiche, ecc.) vennero gravemente danneggiati, insieme con la scuola di guerra, la Galleria d'arte moderna, lo châlet del Valentino, il palazzo d'Igiene, la stazione Rivoli.

Oltre gli edifici d'interesse artistico (v. appresso), anche le case di abitazione furono gravemente danneggiate; si calcolano ad almeno 160.000 vani messi complessivamente fuori uso. In particolare il quartiere del Lingotto ebbe distrutto il 70% delle abitazioni, e la zona centrale della città, tra i corsi Regina Margherita a nord e Vittorio Emanuele II a sud, e la piazza dello Statuto ad occidente, il 58%. I morti per bombardamenti assommano a 2030.

La ricostruzione ha proceduto alacremente, mentre l'espansione edilizia, sollecitata dall'incessante aumento della popolazione urbana, ha continuato, dopo la parentesi bellica, il suo sviluppo. Come in altre città italiane, questa espansione tende ad incanalarsi lungo le principali direttrici stradali, massime quelle che beneficiano di regolari mezzi di comunicazione (tramvie, automezzi) e che mettono capo a centri satelliti, la cui popolazione trova in gran parte nella vicina città le proprie occupazioni. La topografia delle due sponde del Po (come si sa lungo la sponda destra si eleva una serie di colline) fa sì che a Torino le nuove aree fabbricate si estendano sulla sinistra del fiume, e soprattutto lungo le vie che conducono verso sud (Pinerolo, Moncalieri), a Mirafiori, Bernasco, Rivoli, Venaria, e verso nord (Settimo, Chivasso). Al 1° maggio 1948 la popolazione presente del comune era calcolata a 718.671 ab.; l'aumento di 81.642 unità rispetto al 1936 (pari all'11,3% complessivo è dovuto, in sostanza, all'immigrazione, come avveniva del resto in passato.

La provincia di Torino ha avuto, in questi ultimi anni, modificazioni territoriali di notevole entità.

In conseguenza del trattato di pace con la Francia, essa ha perduto il comune di Ferrera Cenisio (72,3 kmq.) ed alcuni lembi dei comuni di Novalesa e di Venalzio (v. moncenisio, in questa App.); la porzione più occidentale del comune di Bardonecchia con la valle Stretta, gran parte del comune di Clavières (v. monginevra, in questa App.): in tutto 159 kmq. Anteriormente, tuttavia, un decr. legge 7 settembre 1945 aveva assegnato alla provincia di Torino 62 comuni che appartenevano alla provincia di Aosta (v., in questa App., aosta; valle d'aosta), posti a sud della catena del Gran Paradiso e della confluenza, nella valle della Dora Baltea, delle valli Ayas e Lys. La superficie complessiva di questi comuni è di 1494 kmq. Entra quindi a far parte della provincia di Torino anche quella metà del Canavese (v. VIII, p. 685) che, dopo il 1927, ne era rimasta al di fuori, e che è rappresentata dalla valle Locana - con altre minori in essa confluenti - e dall'anfiteatro morenico di Ivrea.

La provincia di Torino copre ora una superficie di 6828 kmq. ed è ripartita in 301 comuni. La sua popolazione ammontava, il 31 dicembre 1947, a 1.413.494 ab. Il movimento naturale di questa popolazione mette in evidenza, nel quinquennio 1935-39, un aumento medio debolissimo (0,4‰) che rimane al disotto di quelli, pur bassi, dei due quinquennî precedenti, ed anche dell'aumento medio del Piemonte (1,1‰ pel 1935-39). Diminuiti, rispetto al periodo 1925-34, risultano gli indici di nuzialità (7,6‰), di natalità (14,1‰) e di mortalità (13,7‰).

Danni ai monumenti e alle opere d'arte. - Danni piuttosto lievi e già riparati furono subìti da insigni monumenti, quali il Palazzo reale, i palazzi Madama e Carignano, la Basilica di Superga e il basamento della statua di Emanuele Filiberto, opera di C. Marrocchetti; furono invece gravemente danneggiate altre opere notevoli quali i palazzi Martini Cigala e Valletta che in parte sono in via di ricostruzione: le distruzioni più gravi sono però quelle subìte dai palazzi prospicienti la bellissima piazza S. Carlo, opera del Castellamonte.

Le facciate dei nove palazzi prospicienti con nobile cadenze di linee ed equilibrio di spazî saranno convenientemente ripristinate. Ciò che tuttavia in molti casi non si potrà neppure restaurare saranno gli interni bellissimi di quei palazzi, interni che, per ricchezza ed eleganza, gareggiavano, come quelli del palazzo dell'Accademia Filarmonica, con quelli della stessa Versailles.

Tra gli altri monumenti colpiti occorre ricordare la chiesa della Consolata, già ricostruita nel fianco colpito, quella del Carmine, opera dello Juvara, già consolidata nella facciata spiombante e nelle pareti perimetrali, quelle dei Cappuccini di Ascanio Vitossi, di S. Teresa del Valperga e Alberti, di S. Lorenzo, opera del Guarino, la chiesa trecentesca di S. Domenico, l'altra dello Spirito Santo; danneggiate furono anche quelle di S. Croce, opera dello Juvara, dei Ss. Martiri, della Trinità e del Corpus Domini.

Gravissime, a parte quelle della piazza S. Carlo e delle costruzioni che vi prospettano, sono altre perdite nel campo dell'edilizia civile: palazzo Balbo-Bertone, uno dei pochi esempî a Torino di strutture rinascimentali, la casa quattrocentesca dell'Albergo Corona Grossa, i palazzi d'Agliano, Chiablese, dell'Università, della Prefettura, la villa della Regina, alcuni notevoli edifici di via Po, quello dell'Ospedale di S. Luigi, quello del seminario, il palazzo Thaon di Revel e altri ancora sono stati colpiti e in parte incendiati, scoperchiati, abbattuti.

Colpito è stato anche il palazzo dell'Accademia delle Scienze, ma sono salve le collezioni artistiche che vi erano raccolte e che erano state tempestivamente rimosse e messe al sicuro.

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