Tortura

Dizionario di Storia (2011)

tortura


Coercizione fisica applicata a un imputato per estorcergli una confessione. La t. fu praticata nel mondo antico: ne abbiamo diverse testimonianze per l’Oriente; in Grecia e nella Roma repubblicana la vediamo applicata agli schiavi, mentre era esclusa per i liberi, la cui credibilità era convalidata dal giuramento. Quest’ultima regola subì strappi sempre più gravi tanto nelle tirannidi greche quanto nella Roma imperiale, soprattutto per i reati politici: a Roma, in particolare, con l’accentuarsi dell’assolutismo se ne estesero i casi di applicazione, oltre che ai rei di lesa maestà, agli operatori di magie e ai rei di falso. Con la fine dell’impero romano d’Occidente nel complesso l’uso della t. decadde, riducendosi al minimo nei secc. 9°-12°, durante i quali la storia delle leggi sulla t. mostra una lunga lacuna. La si ­ritrova insieme alla rinascita del diritto romano e alla sistemazione di quello canonico. La regola presente nel Decreto di Graziano secondo cui la confessione non doveva essere estorta con la t. fece testo come principio generale, ma le deviazioni nella pratica furono sempre più numerose, soprattutto nei reati d’eresia, pareggiati a quelli di lesa maestà, per i quali fu ammessa una certa applicazione dei mezzi di t. così come veniva applicata una procedura speciale, più severa di quella per i reati comuni. Essendosi data, nel processo penale, un’importanza sempre maggiore alla confessione del reo, la t. si prestò come il mezzo estremo per estorcerla. Varie furono le specie di t.; la più comune, in Italia, fu il tormento della corda. Nel corso del tempo la t. non mancò di suscitare problemi morali: nelle opere dei padri della Chiesa si trovano argomenti che la condannano. Questa riprovazione morale non ebbe però, all’epoca del diritto comune, risultati apprezzabili così nella legislazione come nella prassi. Bisogna attendere il 16° sec. per trovarci di fronte a una consapevole riprovazione; nel secolo seguente era già viva la polemica per la sua abolizione; nel 18° sec. la condanna fu generale, e finì per influenzare la legislazione di molti Stati che tra gli ultimi decenni di quel secolo e i primi del 19° ne decretarono l’abolizione. Fuori d’Europa la t. era presente nelle leggi cinesi del periodo Han e venne poi mantenuta nelle più complete procedure giudiziarie dal periodo Sui in poi, che in gran parte valsero come modello anche per il Giappone antico e feudale. È tuttavia da lamentare che la t., pur ormai esclusa dagli ordinamenti giudiziari della maggioranza degli Stati, abbia continuato ad avere applicazione non sporadica in molti Paesi, non tanto contro la delinquenza comune, quanto contro avversari politici e rei di crimini considerati «speciali». Contro la t., vietata dal diritto internazionale in quanto violazione tra le più gravi dei diritti fondamentali dell’uomo, si sono ripetutamente pronunciate le maggiori organizzazioni internazionali. L’Assemblea generale delle Nazioni unite ha adottato numerose risoluzioni specificamente dedicate alla t., la cui condanna è peraltro inserita anche in tutti gli accordi internazionali sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE