TOSCANA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

TOSCANA

Paolo Doccioli
Mauro Cristofani
Enrico Guadagni-Ettore Spalletti
Ada Francesca Marcianò

(XXXIV, p. 79; App. II, II, p. 1006; III, II, p. 968; IV, III, p. 657)

Popolazione. - Secondo i dati del censimento del 1991, quasi tutte le province toscane perdono popolazione rispetto al decennio precedente, con l'eccezione di Pistoia, sostanzialmente stazionaria, e Arezzo in lieve incremento. La tendenza è analoga a quella media regionale, ove la popolazione residente (circa 3.530.000 unità) registra una flessione di circa l'1,5% rispetto al 1981. Tutte le province, salvo la nuova provincia di Prato, hanno un saldo naturale inferiore a quello ritenuto idoneo a garantire il ''tasso di sostituzione'' e quindi presentano un marcato invecchiamento della popolazione. La popolazione anziana fa salire l'indice di vecchiaia (158,3), mentre la quota di residenti di 65 anni e oltre raggiunge il 19,5% del totale. Il processo di industrializzazione, che ha interessato la T. fin dagli anni Sessanta, ha inciso profondamente sulla distribuzione della popolazione residente. I comuni che registrano un incremento demografico nel decennio 1981-91 sono 118 (su un totale di 287), di cui 36 nelle province di Firenze e Prato e 23 in quella di Arezzo; tutti i capoluoghi di provincia, a eccezione di Prato e Grosseto, perdono popolazione. In particolare, solo la classe che comprende i comuni fra 5000 e 20.000 abitanti registra un incremento di residenti. Sembra, nel contempo, essersi esaurita la spinta a immigrare nei comuni fra 20.000 e 50.000 abitanti; la saturazione fisica degli spazi, la carenza di infrastrutture per la mobilità che non facilita gli spostamenti residenza-lavoro, oltre alle note carenze del mercato delle abitazioni, sono fra le cause che orientano la scelta delle residenze soprattutto verso i centri più piccoli, ove è possibile fruire di una qualità ambientale non più ottenibile nelle aree densamente urbanizzate.

Nell'insieme, gli spostamenti di popolazione sul territorio toscano non sono riconducibili a uno schema unico, ma risentono di una combinazione di fattori che ha determinato in passato, e continua a mantenere tuttora, un modello di circolazione complesso, ove accanto alle scelte di carattere economico, stanno crescendo quelle connesse a valutazioni e abitudini individuali. Le aree che registrano un dinamismo demografico e, quindi, danno segno di vitalità, sono localizzate per la massima parte nell'''asse forte'' toscano (Valdarno di Sopra-Conca fiorentina-Valdarno di Sotto) con l'aggiunta di poche altre zone ove si verifica un effetto di riversamento, talvolta in termini solo residenziali, ma spesso anche di attività industriali e commerciali che sfuggono alle diseconomie delle aree più densamente urbanizzate. Tra le aree funzionali più dinamiche, nell'ultimo quindicennio, si segnalano il Valdarno fiorentino, che svolge funzioni di cerniera nei confronti della conurbazione fiorentina, l'area pratese (corrispondente alla neonata provincia di Prato), il Chianti ''fiorentino'', che risente dell'effetto di riversamento dal capoluogo e di un fenomeno di rilocalizzazione di aziende. Altre aree in incremento demografico sono il Mugello-Val di Sieve, la Valdera meridionale, la Valdinievole. Con qualche cautela si può affermare che la grande maggioranza dei comuni in crescita demografica, pur nella loro diversa posizione geografica e nelle loro diverse dimensioni, appartiene più o meno direttamente ai maggiori sistemi urbani della Toscana. Non sempre essi rappresentano, comunque, un segnale di rafforzamento economico dell'area di appartenenza, sicché il confine tra aree 'forti' e aree 'deboli' sfuma e non è rintracciabile in base allo spostamento delle residenze.

Per la sua rilevanza nel sistema toscano un cenno, infine, merita l'area fiorentina (Firenze e comuni limitrofi di prima e seconda cerchia). Il capoluogo toscano, nell'ultimo quindicennio, ha manifestato un processo d'invecchiamento più accentuato della popolazione residente: la congestione urbana, le scadenti qualità ambientali, la carenza di abitazioni per le nuove unità familiari, i fenomeni di rendita (immobiliare, commerciale, turistica) hanno elevato il valore d'uso del suolo, specie nel centro storico di Firenze, e hanno via via espulso i vecchi residenti, senza ricevere flussi di compensazione dall'esterno.

Attività economiche. - L'individuazione di un ''modello'' toscano di sviluppo è stata oggetto di un'ormai cospicua letteratura. Tra le caratteristiche principali di tale ''modello'' sembra utile considerare quelle che appaiono più consolidate nel processo regionale. Il primo elemento riguarda la specializzazione produttiva nei settori dell'industria cosiddetta tipica, prevalentemente produttrice di beni di consumo finale (tessile, abbigliamento, calzature, pelli e cuoio, legno e mobili), specializzazione che presenta un livello più accentuato rispetto ad altre regioni egualmente caratterizzate dalla diffusione di sistemi di imprese medio-piccole. Questa specializzazione ha prodotto in passato effetti ampiamente positivi, sia in termini di occupazione sia in termini di reddito prodotto, pur in presenza di forme di lavoro nero, di decentramento produttivo selvaggio, di un accentuato consumo di risorse ambientali. Un secondo elemento, strettamente collegabile al precedente, è quello della prevalenza di dimensioni aziendali piccole e piccolissime: il 58% degli occupati appartiene a imprese con meno di 20 addetti, mentre le imprese con meno di 10 addetti rappresentano l'89% del totale. Nell'attuale fase di globalizzazione dell'economia, tale aspetto, che ha conferito una notevole elasticità al sistema regionale, può rappresentare un elemento di relativa fragilità per la scarsa capacità innovativa di cui è mediamente dotato. Un terzo elemento riguarda l'elevata apertura verso l'estero del sistema produttivo toscano la cui economia è, di conseguenza, condizionata dall'andamento della domanda internazionale e dai rapporti di cambio, fattori non controllabili a livello locale e spesso affrontati con strategie essenzialmente difensive. Un altro, ma non secondario, elemento riguarda la dotazione di infrastrutture: il profilo della T. − in un confronto interregionale − è caratterizzato da una buona presenza delle cosiddette ''infrastrutture sociali'' (relative alla cultura, all'educazione, al tempo libero, ecc.) a fronte di una arretratezza in quelle più propriamente economiche (trasporti e comunicazioni, energia, servizi alle imprese, ecc.). Rispetto alle regioni dell'Italia settentrionale, in T. sono più carenti i livelli di dotazione di beni capitali pubblici; ciò frena la competitività complessiva del sistema regionale, specie se collegato alla mancanza di un'organica rete di terziario avanzato. A questi aspetti strutturali si devono aggiungere alcuni fenomeni la cui dinamica è ancora poco conosciuta: per es., la tendenza all'internazionalizzazione delle fasi intermedie di produzione e di commercializzazione finale del prodotto, che tendono a ridurre la quota di valore aggiunto di pertinenza del sistema regionale. Spicca, infine, il rapido processo di terziarizzazione i cui caratteri qualitativi non sembrano conferire ulteriore solidità al sistema produttivo.

Negli ultimi anni, soprattutto a partire dal 1985, la T. è caratterizzata da un minor dinamismo rispetto ad altre regioni ove prevalgono le imprese di piccole e medie dimensioni. Mentre la grande impresa ha ridotto fortemente la sua presenza, specie nella fascia costiera, è apparso in difficoltà anche il modello d'industrializzazione leggera, che non è integrato a rete e che non fruisce di fenomeni di concentrazione commerciale e finanziaria: nella gara tra sistemi, sempre più su scala europea e mondiale, le carenze del sistema toscano possono così trasformarsi in ostacoli alla capacità di competere. Da un lato, le piccole-medie imprese rischiano di non crescere (in termini dimensionali e qualitativi), in mancanza di centri servizi e di società ''incubatrici'' (incubators) che aiutino ad aprire nuovi mercati e a diffondere nuove strategie d'impresa e innovazioni tecnologiche; dall'altro, la grande impresa, in cerca di incentivi e agevolazioni che accrescano la sua competitività, tende a disertare la T., facendo mancare il suo apporto propulsivo. Tutto ciò crea dei differenziali negativi per le imprese, mentre il fattore qualità domina sempre più gli scenari del mercato internazionale e tende a divenire un elemento strategico di competizione e selezione all'interno degli apparati produttivi. In anni recenti, i vantaggi competitivi derivanti dal processo di svalutazione monetaria che ha caratterizzato il sistema italiano, hanno offerto anche alla T. l'occasione di recuperare quote di mercato e di mostrare una buona capacità di penetrazione sui mercati internazionali. La ripresa della produzione industriale, pur non favorendo l'occupazione, offre comunque l'opportunità di consolidare i processi di ristrutturazione in atto e di migliorare qualitativamente le strategie d'impresa. Al di là degli andamenti congiunturali, l'analisi del sistema toscano si incentra sulle capacità di rilancio produttivo su nuovi percorsi e in diverse forme organizzative.

Da vari anni sono ormai in atto mutamenti di vario tipo, ma riconducibili ad alcune principali categorie: a) mutamenti riguardanti l'aspetto tecnologico, riferibili alla flessibilità del sistema, alla sua capacità di articolarsi nello spazio secondo i criteri dettati dalle nuove tecnologie, ai nuovi rapporti con i servizi d'impresa; b) mutamenti di tipo economico-tecnico, riguardanti il miglioramento qualitativo della produzione, i processi di internazionalizzazione, la nascita di reti polifunzionali di aziende; c) mutamenti nell'ambito tecnico-sociale: accanto alla crisi di una certa cultura 'produttivistica', si manifestano sia i limiti della vecchia classe imprenditoriale, di fronte ai rapidi cambiamenti di scenario, sia le difficoltà del ricambio generazionale, mentre si affermano i nuovi modelli generati dal processo di terziarizzazione. Da ciò discendono diversi scenari possibili che vanno da ipotesi sulla 'disintegrazione' dei distretti industriali, a una possibile evoluzione parallela fra industria e terziario, fino alla definitiva periferizzazione di gran parte delle aree funzionali toscane, rispetto alle aree 'forti' italiane ed europee. Su queste previsioni pesano alcune incognite di fondo. La prima riguarda la politica che sarà attuata per quanto riguarda l'autonomia finanziaria che lo stato dovrebbe conferire alle regioni. Nell'attuale situazione, infatti, la T. complessivamente risulta essere una regione che riceve flussi di spesa assai consistenti, specie in rapporto al suo contributo alle casse dello stato. La prevalenza di criteri di spesa pubblica basati sull'autonomia potrebbe creare alcune difficoltà per l'economia toscana. Altro fattore non positivo riguarda la graduale perdita di competitività di buona parte dell'apparato produttivo toscano che, negli ultimi anni, ha mostrato una dipendenza crescente dall'esterno. Di conseguenza, l'incremento della domanda è inizialmente a favore degli operatori economici regionali ma, successivamente, è destinato ad attivare produzioni o servizi di altre regioni italiane o addirittura di altri paesi. In tal modo, la forte ripresa delle esportazioni toscane nella metà degli anni Novanta non sempre si potrà tradurre in aumento di valore aggiunto regionale e in aumento di occupazione (attualmente il tasso di disoccupazione in T. è fra i più elevati nell'Italia centro-settentrionale).

Intorno alla metà degli anni Novanta hanno operato in T. come nel resto d'Italia, due spinte di segno opposto dovute, da un lato, alla caduta della domanda interna e, dall'altro, alla ripresa di quella estera conseguente alla forte svalutazione della lira. In particolare, le imprese esportatrici toscane hanno saputo cogliere le favorevoli opportunità dei mercati internazionali, recuperando quei margini di profitto che in buona parte erano stati erosi dalla stazionarietà della domanda e dei prezzi che ha contrassegnato l'inizio dell'ultimo decennio. Il calo dei consumi delle famiglie, che ha interrotto una tendenza positiva da vari decenni, è stato affiancato dal contenimento della spesa pubblica e, quindi, dal crollo degli investimenti. I segni di ripresa, a partire dal 1994, hanno posto termine alla recessione, ma l'occupazione non manifesta ancora segnali positivi. Calo della domanda e processi di ristrutturazione hanno infatti inciso fortemente sui livelli occupazionali di tutti i settori; oltre all'agricoltura e all'industria, la flessione si è estesa anche al terziario. Quest'ultimo rappresenta un fatto nuovo, poiché da sempre questo settore aveva garantito ampi spazi e crescente domanda di lavoro. Un cambiamento ancor più rilevante si riscontra nella qualità e nelle condizioni di lavoro: crescono in modo significativo le forme di lavoro 'flessibili'. I contratti a tempo parziale, ma soprattutto quelli a tempo determinato raggiungono circa il 50% dei nuovi posti di lavoro, facendo aumentare il numero delle attese insoddisfatte.

Per quanto riguarda i singoli settori del sistema produttivo, in sintesi si registrano modesti cambiamenti nel comparto dell'agricoltura regionale che, nell'insieme, mostra una buona tenuta in un panorama nazionale in netto declino. Sulla riduzione della produzione lorda vendibile ha inciso, come avviene da tempo, la diminuzione delle superfici coltivate, specie nel caso delle foraggere, causata dall'applicazione del regolamento europeo sul set-aside. Le province di Grosseto, Arezzo e Siena mostrano una costante prevalenza rispetto alle altre per il peso relativo del settore primario e, soprattutto, per le colture cerealicole (frumento, orzo, avena, mais). Per le leguminose si nota la supremazia di Siena, mentre per le orticole in piena aria e in serra è in forte crescita la provincia di Livorno su Pisa e Lucca. Per le piante industriali (girasole, soia, colza) da segnalare la forte ripresa nelle province di Livorno ed Arezzo. Globalmente stazionaria la produzione floricola anche a causa della concorrenza da parte delle regioni del Mezzogiorno e dei Paesi tropicali e subtropicali. In tale settore domina largamente la provincia di Pistoia (con 2/3 del prodotto regionale), nei confronti di Lucca (circa 1/5), grazie a tempestivi interventi di ristrutturazione aziendale e produttiva. Fra le colture arboree nell'agricoltura della collina toscana occupano sempre un posto di primo piano le piante tradizionali: vite e olivo. La prima risulta penalizzata dal calo dei consumi e dalla flessione dei prezzi, la seconda appare in ripresa; per entrambe, si apre un futuro basato esclusivamente sulle produzioni di qualità e sulle denominazioni di origine controllata. Riguardo all'allevamento si registra una flessione generale nel numero dei capi, più accentuata per bovini e suini, mentre appare consistente la presenza degli ovini, favoriti anche dall'ampliamento delle zone destinate a pascolo.

Il sistema industriale toscano ha risentito fortemente della negativa situazione congiunturale dei primi anni Novanta, mostrando di non avere grandi capacità di reazione e realizzando, nel suo insieme, un tasso di accumulazione inferiore alle sue potenzialità. Nel corso dell'ultimo decennio si è modificata anche la distribuzione territoriale dello sviluppo regionale. Il comportamento dei distretti, nel complesso soddisfacente, è stato alquanto diversificato, così come le aree costiere, che hanno visto la crisi delle attività manifatturiere, hanno presentato problematiche diverse e differenti capacità di ripresa. Fino al 1993, tuttavia, l'arretramento globale dell'economia toscana risultava evidente, poiché solo tre province (Prato, Firenze e Siena) disponevano di un valore aggiunto pro capite superiore alla media nazionale, mentre Massa Carrara e Grosseto registravano livelli decisamente inferiori alla media. Fra i settori che più hanno risentito della negativa fase congiunturale vi sono i minerali non metalliferi, la chimica e farmaceutica, il legno, i prodotti in metallo, mentre i comparti della carta e della moda (cuoio e calzature, ancor più che tessile e abbigliamento) ottengono risultati positivi superiori a quelli delle regioni più industrializzate. Le branche ad alta vocazione esportatrice, in particolare, hanno potuto approfittare della svalutazione della lira, guadagnando quote di mercato e recuperando margini di profitto.

Anche l'attività terziaria ha sofferto della caduta della domanda interna sia da parte delle imprese, sia delle famiglie. A tali difficoltà si è affiancato un intenso processo di ristrutturazione, in particolare nel settore commerciale che aveva mantenuto una struttura assai parcellizzata. Sono state escluse dal mercato le imprese più piccole e i cali dell'occupazione in questo settore hanno raggiunto dimensioni analoghe a quelle dell'industria. In ripresa il settore turistico che vanta in T. antiche e consolidate tradizioni e una gamma di attrattive molto articolata: prevale il turismo d'arte e d'affari, rispetto a quello balneare; in flessione quello termale e montano, mentre aumenta il turismo in campagna, sia nelle forme proprie dell'agriturismo, sia nei flussi di turismo rurale.

Bibl.: M. De Vergottini, A. Franchini Stappo, B. Nice, Le risorse economiche della Toscana, Milano 1968; Lo sviluppo economico della Toscana, a cura di G. Becattini, Firenze 1975; La Toscana, a cura di G. Mori, "Le Regioni d'Italia", Torino 1986; M. Grassi, La Toscana negli anni Ottanta. Un'analisi macroeconomica, in Studi e informazioni, 11 (1988), n. 4; IRES Toscana, Toscana che cambia. Economia e società nella Toscana degli anni Ottanta, Milano 1988; S. Casini Benvenuti, L'economia toscana negli anni Ottanta: un confronto con le altre regioni, in Studi e informazioni, 12 (1989), n. 1; G. Cortesi, Le aree specializzate dell'economia industriale toscana, in Atti del XXV Congresso Geografico Italiano, vol. iii, Catania 1989; A. Cavalieri, Una lettura postindustriale dello sviluppo di una regione matura: il caso della Toscana, in Studi e informazioni, 14 (1991), n. 3; Centro Statistica aziendale - Firenze, La popolazione della Toscana: ieri, oggi, domani, in Economia Toscana, 6 (1991), n. 11; G. Benko, A. Lipietz, Les régions qui gagnent, Parigi 1992; Geografia della transizione postindustriale, ii, La regione funzionale Toscana, a cura di B. Cori, Napoli 1992; Regione Toscana, Programma regionale di sviluppo 1992-94, Firenze 1992; L.F. Signorini, La Toscana e la multiregionalità degli anni Ottanta: qualche considerazione, in Studi e informazioni, 15 (1992), n. 1; Banca d'Italia, Note sull'andamento dell'economia toscana, Firenze annate varie; Confartigianato Toscana, L'artigianato in Toscana - rapporto, ivi annate varie; IRPET, Rapporto sulla situazione economica della Toscana, ivi annate varie (in particolare 1991-94).

Archeologia. - Contrassegnato dalle manifestazioni espositive del Progetto Etruschi (v. etruschi, in questa Appendice), realizzate in 12 diverse sedi nel 1985, e dal Secondo Congresso Internazionale Etrusco, tenuto a Firenze nello stesso anno, il decennio Ottanta per quanto riguarda le ricerche archeologiche si è caratterizzato anche per alcune novità emerse durante campagne di scavo regolari. Nella zona ''mineraria'' le ricerche si sono sviluppate in diverse direzioni: a Populonia è stato individuato, in un'area extraurbana precedentemente occupata da una necropoli di 7° secolo a.C., il quartiere riservato al raffinamento del ferro elbano, risalente alla fine del 6° e distrutto agli inizi del 3° secolo a.C.; all'Elba corrispondono, in questa fase, piccoli insediamenti individuati su alture (Monte Castello di Procchio, Castiglione di S. Martino), funzionali al controllo delle coste e dei giacimenti e ad accogliere eventuali guarnigioni in momenti di pericolo. Più a sud, presso il lago dell'Accesa, è stato messo in luce un villaggio con due nuclei residenziali e relative necropoli, in vita nel corso del 6° seolo a.C., riservato probabilmente a maestranze attive nelle vicine miniere. La funzione svolta dalle isole nella navigazione antica emerge da una serie di rinvenimenti subacquei. Si distingue, in particolare, il relitto di una nave oneraria greca scoperto presso l'isola del Giglio, che trasportava lingotti di rame e piombo, anfore vinarie etrusche, ceramica fine da mensa e portaprofumi di importazione ionica e corinzia, oltre che etrusca, dei decenni posteriori al 600 a.C.

Il recupero di vecchi rinvenimenti e nuovi scavi effettuati in Piazza Duomo e Piazza Dante hanno restituito a Pisa la sua più antica immagine di centro etrusco con vocazione emporica, direttamente collegato con il circuito tirrenico a partire dalla seconda metà del 7° secolo a.C. e fiorito soprattutto in età successiva. Altre scoperte hanno interessato Chiusi e il suo territorio: di rilievo è la decorazione frontonale fittile di un tempio in località Fucoli, presso Chianciano Terme, risalente alla media età ellenistica, il cui soggetto è forse legato alla saga degli Argonauti.

Nella regione senese si segnalano una tomba a camera ''principesca'' con ricco corredo di avori e vasi di bucchero a Castelnuovo Berardenga (località Il Poggione) e un grandioso tumulo rinvenuto ad Asciano, utilizzato fra 7° e 1° secolo a.C., dove le più tarde deposizioni in urne cinerarie (circa un centinaio) assegnano la sepoltura alla famiglia etrusca dei Marcni. Più a sud, campagne di ricognizione estensiva hanno interessato l'ager Cosanus e Caletranus individuando circa 200 siti, più numerosi nell'età romana. A Magliano è stata rinvenuta una tomba con leoni alati dipinti sulle pareti (600 a.C. circa); a Doganella è stato messo in luce un insediamento fiorito fra tardo 7° e inizi del 3° secolo a.C., riconosciuto in una ''colonia'' vulcente, forse la Kalousion ricordata da Polibio (ii, 25, 1-3); a Ghiaccio Forte, presso Scansano, è stato parzialmente scoperto un altro centro secondario, vissuto nello stesso periodo, circondato da mura, popolato da agricoltori e artigiani, entro il quale è stato rinvenuto un luogo di culto. La situazione di questo territorio nell'età della conquista romana viene illustrata dalla pubblicazione definitiva degli scavi condotti nella villa di Settefinestre (v. in questa Appendice), costruita intorno al 40 a.C. e abbandonata agli inizi del 3° secolo a.C.: costituita inizialmente da una parte urbana con ambienti decorati da pitture, e da una parte rustica dotata di stalle, granario e di una macina olearia, è un tipico esempio di fattoria nella quale si svolgeva un'agricoltura di tipo intensivo.

Per quanto concerne l'età romana vanno ricordate le ricerche condotte a Firenze, a Piazza della Signoria: abitazioni risalenti all'età della fondazione della colonia risultano adiacenti al grande edificio termale di età adrianea, già individuato negli anni Settanta, di cui si sono rinvenuti altri ambienti; della stessa epoca risulta una fullonica situata di fronte alla Loggia dei Lanzi; per quanto attiene all'età postclassica sono state scoperte le fondazioni della chiesa di Santa Cecilia. Notevole risulta anche il progresso nel campo delle ricerche di archeologia medievale: si ricordano, in particolare, gli scavi condotti negli insediamenti fortificati di Scarlino (Grosseto) e Montarrenti (Siena), e in quello di San Silvestro, presso Campiglia Marittima, dove sono emersi i resti di un'attività metallurgica relativa al rame e al ferro estratti dalle vicine miniere. Vedi tav. f.t.

Bibl.: AA.VV., Scavi e scoperte, in Studi Etruschi, 48 (1980), pp. 550-67; AA.VV., Archeologia subacquea, in Bollettino d'arte, 4° supplemento (1982), pp. 37-86; AA.VV., Scavi e scoperte, in Studi Etruschi, 51 (1983), pp. 425-53; T. Rasmussen, Archaeology in Etruria 1980-85, in Archaeological Reports, 32 (1985-86), pp. 114-20; AA.VV., Scavi e scoperte, in Studi Etruschi, 55 (1987-88), pp. 459-526; AA.VV., in Studi e Materiali. Scienza dell'antichità in Toscana, 6 (1991), pp. 279-360; AA.VV., Scavi e scoperte, in Studi Etruschi, 58 (1992), pp. 582-617; AA.VV., in Archeologia medievale, 6-21 (1979-94), passim. Per l'area mineraria: M. Cristofani, M. Martelli, in Archeologia Corsa, 6-7 (1981-82), pp. 5-15; G. Camporeale, in L'Etruria mineraria, catalogo della mostra, Milano 1985, pp. 127-78. Per il relitto del Giglio: M. Bound, in Studi e Materiali, cit., pp. 181-244. Per Pisa: AA.VV., Pisa. Piazza Dante. Uno spaccato della storia pisana, Pisa 1993, pp. 23-92, 147-186, 243-276. Per Chiusi e per l'agro senese: La civiltà di Chiusi e del suo territorio, Atti xvii Convegno di Studi Etruschi, Firenze 1993, pp. 421-38, 463-76; E. Mangani, A. Maggiani, in Studi Etruschi, 50 (1982), pp. 103-76. Per le ricerche nella Maremma: La romanizzazione dell'Etruria: il territorio di Vulci, catalogo della mostra, Milano 1985, passim; Settefinestre. Una villa schiavistica nell'Etruria romana, a cura di A. Carandini, Modena 1985. Per gli scavi di età medievale: Scarlino I, Storia e territorio, a cura di R. Francovich, Firenze 1985.

Arte. - Agli inizi degli anni Settanta, in coincidenza con l'istituzione delle Regioni, in T. cambia profondamente il modo di fare ''politica culturale'', non tanto per il ruolo esercitato dal nuovo ente, a cui peraltro vengono assegnate competenze del tutto marginali in materia (d.P.R. n. 3 del 1972), quanto soprattutto per il clima culturale indubbiamente innovativo che contrassegna quel periodo ricco di proposte e di vivaci confronti tra intellettuali, storici e politici, che porta nel 1975 alla costituzione del ministero per i Beni culturali e ambientali. In un'atmosfera così fervida e attenta alla promozione della cultura e alla valorizzazione del patrimonio culturale, accade anche che le iniziative si sovrappongano. Così, a livello regionale, si verifica una sovrapposizione anche di natura istituzionale tra il Comitato regionale per i beni culturali (art. 35 del d.P.R. 805/75), quale organo di coordinamento e di programmazione tra stato, regione, enti locali, e la Consulta per i beni culturali (L.R. 61/75) avente la stessa finalità. Altrettanto avviene con il disegno di legge d'iniziativa regionale proposto al parlamento per l'istituzione del ministero per i Beni culturali. Queste sono solo alcune tra le tante iniziative che determinano un concorso tumultuoso e antagonistico di competenze tra stato, regione, enti locali, il cui esercizio non adeguatamente disciplinato ben difficilmente è riconducibile a un coordinamento programmatorio, ma che nonostante ciò non impedisce una collaborazione su singoli progetti che dura tuttora, pur con alterne vicende e ruoli non ben definiti. Matura una viva attenzione alla riscoperta dei valori locali della cultura e viene messo in atto un tentativo di spostare l'interesse della critica artistica da aspetti aulici e celebrativi ad altri maggiormente legati alla storia e alla cultura locale, anche grazie alle campagne d'inventariazione condotte dalle soprintendenze in modo massiccio a partire dalla fine degli anni Sessanta (repertorio dei beni culturali delle province di Firenze e Pistoia, 1973). La riscoperta e valorizzazione di valori culturali in rapporto con il territorio diventa un obiettivo prioritario e ben preciso di quegli anni, non solamente affermato nelle finalità dello statuto della regione T. che accomuna in un unico articolo la tutela del paesaggio a quella del patrimonio storico-artistico, ma generalmente condiviso dal clima culturale e di fatto perseguito. Ciò porta negli anni successivi ad attivare un'articolata rete di musei (circa 250) strettamente legati alla presenza nel territorio di un diffuso patrimonio storico-artistico: musei in gran parte di piccole dimensioni (il 79% circa ha superfici inferiori a 500 m2), allestiti prevalentemente in edifici storico artistici posti in centri storici o comunque all'interno di aree paesaggisticamente suggestive (circa 85%).

Evento molto significativo dei primi anni Settanta, del tutto corrispondente a questa tendenza critica tesa a raccordare fatti figurativi a considerazioni letterarie, storiche e politiche coeve, è il riallestimento a Firenze della Galleria d'Arte moderna di Palazzo Pitti realizzato in tre tranches (1972, 1976, 1980). Infatti la metodologia adottata, allora innovativa, recuperava e talvolta ricreava un'adeguata ambientazione, dopo un attento studio sulle trasformazioni storiche delle sale del palazzo. Si è trattato di un'innovazione metodologica così significativa che a oltre vent'anni di distanza viene ancora considerata ottimale e riapplicata nella restaurata ottocentesca villa Mimbelli a Livorno per il Civico Museo Fattori dedicato alla pittura macchiaiola e post-macchiaiola livornese (1994). All'intervento museografico nella Galleria d'Arte moderna di Palazzo Pitti fecero seguito significativamente la mostra e il convegno sul Romanticismo storico (Livorno e Firenze 1973-74), quella su Pasquale Poccianti (1975), la mostra e gli studi sui Macchiaioli (1975-76), la grande esposizione dei fondi fotografici dei Fratelli Alinari (1977).

Anche Siena ha assunto una posizione di rilievo nel panorama regionale. Qui l'università sviluppa programmi di ricerca strettamente legati alla storia della città che hanno portato all'aggiornamento degli studi dell'arte senese. Ne sono derivati convegni e mostre (Iacopo della Quercia ed il suo tempo, 1975; Rutilio Manetti, 1977; Simone Martini, 1985; Scultura dipinta, 1987; Domenico Beccafumi e il suo tempo, 1990; Prima di Leonardo, cultura della macchina a Siena nel Rinascimento, 1991; Francesco di Giorgio, 1993), molte delle quali hanno trovato nei restaurati sotterranei del Palazzo Civico senese, ''i magazzini del sale'', il loro ambiente espositivo.

Gli anni dal 1975 al 1980 si caratterizzano per una diffusa programmazione di attività culturali quasi esclusivamente espositive e convegnistiche. La scelta sicuramente non è casuale ma deriva dalla perdurante assenza di una legge di tutela che aggiornando quella del 1939 garantisca, nel rispetto del modello costituzionale delle autonomie, un vero coordinamento tra i molti soggetti della politica dei beni culturali. Così, nel susseguirsi di proposte di legge per il riordino della materia − che raramente hanno avuto da parte dei politici la dovuta attenzione −, mostre e convegni diventano gli strumenti più praticabili per esercitare quel coordinamento che è alla base della politica sui beni culturali, adeguandosi per altro alla ''cultura dell'effimero'' che in questi anni si diffonde nel paese. Inoltre le mostre e i convegni, con le relative attività di ricerche e studio, consentono d'istituire proficui rapporti con le università oltre che permettere in tempi brevi rientri d'immagine, cosa indubbiamente gradita a enti e sponsor. L'amministrazione regionale che, diversamente dalle attese, si vede destinataria (d.P.R. 616/77) di generiche competenze, esercita al massimo il ruolo del coordinamento e diventa soggetto promotore e organizzatore di mostre e convegni con il dichiarato impegno di coinvolgere tutto il territorio regionale e con l'obiettivo di estendere ad altri poli territoriali le manifestazioni del capoluogo. Ne deriva un'attività di collaborazione tra Regione, università, soprintendenza ed enti locali che dura tutto il quinquennio della seconda legislatura regionale e trova il suo culmine nel 1980 con le celebrazioni medicee (Firenze e la Toscana dei Medici nell'Europa del Cinquecento). Tuttavia, nonostante le intenzioni, il coinvolgimento del territorio regionale, anche se programmato con una serie di mostre ''satelliti'', ha avuto difficoltà a concretizzarsi e il ruolo di Firenze è stato predominante.

Il ciclo dell'''effimero'' si è concretizzato nell'offerta di molte ''mostre di consumo'', ma anche in iniziative espositive di grande interesse sul piano scientifico o su quello della tutela. Tra queste ricorderemo le manifestazioni su Brunelleschi (Firenze-Pistoia 1977), accompagnate dall'interesse per i metodi costruttivi della cupola di Santa Maria del Fiore e per le sue condizioni statiche (1975-83), poi da una lunga e paziente opera di restauro degli affreschi del Vasari e dello Zuccari, terminata nel 1993. Seguirono gli studi e la mostra dedicata a Lorenzo Ghiberti e il suo tempo (Firenze 1978-79), quella dei gessi restaurati di Lorenzo Bartolini (1978), preludio della sistemazione della gipsoteca presso l'Accademia di Belle Arti (1985), quindi Tiziano nelle Gallerie fiorentine (1978-79). Con il Luogo teatrale (Firenze 1975) presero avvio numerosi studi e ricerche sul tema, tra cui si evidenzia per la sua organicità il censimento di oltre trecento teatri storici toscani. Infine dai convegni sul Giardino storico (San Quirico d'Orcia-Siena 1978, Firenze 1981), deriva idealmente la Carta di Firenze (1981), documento fondamentale per la conservazione dei giardini storici.

Ricerche d'archivio su oggetti insoliti ritrovati casualmente nelle soffitte di Palazzo Pitti, scelti per il valore non tanto artistico quanto documentario di un'epoca e di un ambiente, portarono alla mostra Le curiosità di una reggia (dicembre 1979), elegante anticipazione di una nuova attenzione verso le arti applicate che nel decennio successivo ha visto il Museo Nazionale del Bargello impegnato in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa in sistematici studi della materia e in un organico riallestimento delle proprie collezioni (Omaggio ai Carrand, 1989). Con le ricerche e le mostre su G. Martelli e su G. Partini si apre una stagione di studi sull'architettura e sull'urbanistica fiorentina e senese nell'Ottocento.

Schiacciati da questa consistente attività che vede comunque Firenze primeggiare sul resto della T., restano in sottordine, ma non del tutto abbandonate, iniziative locali e di diversa impostazione, che pur faticosamente e spesso con ritardi sono riuscite comunque a vedere la luce. Tra queste il Museo del Marmo a Carrara, a seguito degli studi e del censimento delle antiche cave apuane. A Pistoia, dopo il risanamento e il restauro del Palazzo Comunale, il riallestimento (1977-82) del Museo Civico è la prima tappa di un programma che nel tempo si estende a diversi altri poli espositivi della città (Casa Melani, 1987; Palazzo Fabroni, 1990; Palazzo Rospigliosi, 1990; Convento del Tau, 1990) nei quali vengono sistemati materiali di diversi generi storico-artistici (dal Medioevo al contemporaneo) realizzando così un eclettico ''sistema cittadino'' per i beni culturali.

Alle attività programmate dalle istituzioni della T. vengono affiancate sempre più frequentemente mostre di buon livello quali scambio culturale tra Firenze e paesi stranieri. Allestite in edifici monumentali poco frequentati, esse sono un motivo anche per un loro maggiore utilizzo come era stato auspicato dal convegno Spazi inutilizzati ed esigenze culturali a Firenze (1976). Prende forma così il ciclo di mostre sui grandi personaggi dell'arte moderna nei suggestivi saloni di Orsanmichele: J. Miró (1979), V. Kandinskij (1980), A. Burri (1981). Negli spazi di Palazzo Medici Riccardi, nei chiostri di Santa Maria Novella, nella Sala d'arme di Palazzo Vecchio vengono allestite mostre di richiamo; tra tutte le sedi particolare fascino riveste per i suoi panoramici spazi verdi Forte Belvedere (D. Karavan, U. Mastroianni, A. Pomodoro, ecc.), restituito al pubblico nel 1972 con la magnifica mostra delle opere di H. Moore. Le esposizioni si succedono con un ritmo sempre più accelerato tanto che nella primavera-estate del 1980 si contavano nella sola Firenze ben 21 mostre contemporaneamente. È il momento più alto di questa politica, dopo il quale iniziò a registrarsi una certa insofferenza e un minore interesse del pubblico, determinato da una vera e propria saturazione. La stagione dell'''effimero'' si avvia a conclusione; ne saranno appendici le celebrazioni per Raffaello (Raffaello a Firenze, 1983-84), per il Seicento fiorentino (1986), per Donatello (1986), per Piero della Francesca (1992), fino a quelle per l'anno di Lorenzo il Magnifico (1992).

In una T. impegnata a ricordare i grandi artisti rinascimentali e a riscoprire le stagioni culturali poco conosciute del granducato, dopo la moltitudine di mostre organizzate nella primavera-estate del 1980, maturò l'idea di un programma per l'archeologia. Non si può asserire che l'archeologia fosse stata del tutto dimenticata negli anni precedenti. Il primo Convegno nazionale di archeologia marina (1975), l'apertura a Grosseto del Museo Civico Archeologico della Maremma (1975), degli Antiquaria a San Gimignano (1976), Colle Val d'Elsa (1976), Vetulonia (1977), i programmi per il recupero dopo il ritrovamento di un pozzo di scarto di ceramiche medievali a Montelupo Fiorentino (1973-78), l'innovativa campagna di scavo della villa di Settefinestre a Orbetello (1977-80) e lo studio delle cave antiche di Carrara (1978) sono solo alcune delle molte iniziative che dimostrano un diffuso anche se discontinuo interesse per l'argomento. Le iniziative hanno visto, di volta in volta, soggetti diversi (enti locali, associazioni di volontariato, soprintendenze, università, Regione) agire da protagonisti o partecipare in una forma di coagulazione spontanea. Il Progetto Etruschi (1983-85), o progetto per l'archeologia in T., presto coinvolse tutto il territorio regionale in un'iniziativa coordinata nella partecipazione organica dei vari enti competenti: programma indubbiamente ambizioso che giustificò molte aspettative anche sulla scia del successo dell'esposizione fiorentina dei restaurati Bronzi di Riace (dicembre 1980-giugno 1981). Nella primavera estate del 1985 prese avvio la fase realizzativa del progetto: 9 mostre allestite in 11 diverse sedi del territorio toscano, 8 cataloghi pubblicati, più di 10.000 reperti archeologici esposti provenienti da 5 nazioni europee, 600.000 visitatori nella sola Firenze, 1.500.000 nelle mostre sparse sul territorio.

Solo in apparenza simile per numero di mostre, studi e pubblicazioni alle manifestazioni medicee, il Progetto Etruschi esplicita la sua diversità nell'articolazione dei tre sottoprogetti per la ristrutturazione della rete museale, per la creazione dei parchi, per la realizzazione della carta archeologica, progetti operativi per i quali è indispensabile, dopo una ben precisa scelta di programma, un'organica collaborazione tra enti diversi e per tempi lunghi. Tuttavia a un'iniziale entusiastica partecipazione per l'allestimento delle mostre (1983-85) ha fatto seguito un crescente disinteresse favorito dalla constatazione che la proposta di riorganizzazione della rete dei musei avanzata da M. Torelli (1988) si scontrava con la mancata risoluzione politica di vincoli istituzionali e gestionali, con la conseguenza di lasciare a iniziative frammentate la realizzazione della rete dei musei archeologici. Così vengono realizzati l'Antiquarium di Murlo (Siena 1988), dove spiccano le grandi statue acroteriali in terracotta e gli eleganti fregi con scene processionali rinvenuti negli scavi di Poggio Civitate (1966); e il nuovo Museo Archeologico di Cetona (1990), che pur nella ristrettezza degli ambienti, con l'ausilio di grafici, ricostruzioni e diorami rende didatticamente comprensibile l'insediamento preistorico di Belvedere ed è dotato anche di un piccolo spazio di gioco per bambini. Viene riordinato l'allestimento del Museo di Colle Val d'Elsa (1990), dove sono esposti diversi corredi funebri recuperati sul territorio. A Fiesole, la collezione Costantini, donata al Comune, viene sistemata (1990) in un edificio adiacente al preesistente Museo Archeologico, costituendo un'ulteriore tappa nell'articolato itinerario cittadino tra i resti archeologici del teatro e le antiche mura. Tra il 1992 e il 1994 vengono realizzati i musei di Massa Marittima, Pitigliano e Manciano, documentazione di tre aree e tre epoche diverse dell'archeologia nel Grossetano, allestiti in modo tale da rappresentare segmenti di una rete provinciale. Infine la preistoria del territorio versiliese è documentata nel museo Carlo Alberto Blanch di Viareggio (1994), nel quale a un sintetico allestimento è abbinata un'intensa e divertente attività didattica che in breve tempo è divenuta centro di attrazione per le scuole del territorio regionale. I lavori per il riordinamento e il nuovo allestimento delle collezioni del Museo Archeologico di Firenze procedono, invece, in assenza di quel doveroso dibattito che avrebbe dovuto definirne il ruolo come polo centrale non solo della rete museale archeologica regionale, ma anche dei servizi a essa connessi. Segmenti di allestimento vengono riaperti al pubblico settorialmente (1990, 1993, 1994) e in modo tale da non facilitare la comprensione dell'assetto definitivo di questa fondamentale istituzione museale.

Caso a sé stante è l'Istituto e Museo di Storia della scienza, che negli ultimi vent'anni ha conseguito risultati eccellenti grazie all'autonomia gestionale ma anche alla intelligente direzione di P. Galluzzi, che ha saputo convogliare sul museo forze intellettuali e finanziarie. Questo ha consentito non solo di restaurare totalmente la prestigiosa sede, ma anche di riordinare le collezioni; all'attività museale si è affiancata anche una notevole attività di divulgazione scientifica che ha reso il museo ente di riferimento per l'organizzazione delle annuali ''Settimane della cultura scientifica''.

Altrettanto significativo è il programma in atto a Palazzo Pitti con il quale, dopo il riallestimento della Galleria d'Arte moderna (1972) e con gli stessi criteri museografici, via via vengono restaurati, riallestiti e aperti al pubblico nuovi ambienti (quartiere da inverno 1991, appartamenti del Principe Luigi 1992, appartamenti reali 1993, quartiere Borbonico 1995).

I temi museografici centrali degli anni a venire riguarderanno il rinnovamento degli Uffizi a Firenze e la realizzazione della destinazione museale dell'ex complesso ospedaliero di Santa Maria della Scala a Siena. Nonostante i convegni e i dibattiti susseguitisi nel tempo non risulta ancora chiarito il futuro ordinamento degli Uffizi e soprattutto il rapporto fra quest'istituzione e gli altri musei cittadini, in particolare quelli con i quali condivide l'origine granducale delle collezioni, come pure gli altri (Casa Buonarroti, Horne, Bardini, Stibbert) che in città si distinguono per un'intelligente attività promozionale.

Fra gli studi storico-artistici condotti in T. nell'ultimo ventennio vanno segnalati, per il loro significato innovatore, quelli che hanno consentito l'approfondimento, a volte sistematico, di temi fino ad allora poco indagati quando non del tutto trascurati. Infatti, dopo le aperture anche molto importanti degli anni Sessanta, vi è stato un progresso sostanziale nella conoscenza dell'arte toscana del Seicento e del Settecento, ed è stato oramai definito un quadro d'insieme che, soprattutto relativamente al Seicento, consente oggi di distinguere precise scale di valori e sequenze di eventi. Un risultato questo ottenuto da ricerche che per l'area fiorentina si sono sviluppate intorno all'insegnamento di M. Gregori (coronato dalla mostra fiorentina del 1986), mentre relativamente allo studio di altre situazioni locali, come quelle di Pisa e di Siena, sono state condotte da studiosi operanti nelle istituzioni (universitarie e di tutela) attive in quei territori. Progressi molto consistenti si sono avuti anche nelle ricerche sull'arte e sulle istituzioni artistiche toscane nell'Ottocento, che hanno avuto un primo impulso agli inizi degli anni Settanta dai pionieristici studi di C. Del Bravo e dall'importante riallestimento delle collezioni ottocentesche della Galleria d'Arte moderna di Palazzo Pitti, operato da S. Pinto, che ha consentito la progressiva costituzione della Galleria come punto di riferimento per gli studi sull'arte dell'Ottocento. Anche gli studi sul Novecento toscano hanno compiuto, soprattutto nell'ultimo decennio, importanti progressi grazie ai contributi di una leva di giovani studiosi formati nelle università di Firenze, di Pisa e di Siena; e questo nonostante la mancanza quasi totale di efficienti strutture museali dedicate all'arte del Novecento (il riordinamento delle collezioni novecentesche della Galleria d'Arte moderna di Palazzo Pitti è stato programmato da tempo, ma non è andato oltre le opere strutturali preliminari; il progetto del Centro d'Arte contemporanea del comune di Firenze è ancora allo stato embrionale dopo due decenni di discussioni che si sono rivelate ben poco costruttive; nuove istituzioni, come il Museo Marini a Firenze e il Centro Pecci a Prato, che avevano suscitato molte attese per auspicate attività di sostegno agli studi sull'arte contemporanea, hanno invece subito radicali − si spera non definitivi − ridimensionamenti).

Progressi decisivi, anche sul piano metodologico, sono stati infine compiuti dagli studi sul collezionismo, a partire da quello mediceo. L'individuazione dei principali problemi storiografici impliciti nel collezionismo di Cosimo i e poi di Francesco i, messi in risalto in occasione delle mostre medicee del 1980, ha costituito uno dei risultati scientifici più rilevanti di quella serie di esposizioni, estese ai principali centri della regione. Da allora le ricerche di importanti studiosi italiani e stranieri non soltanto sono proseguite ottenendo risultati di grande interesse per quantità di informazioni archivistiche e qualità di acquisizioni storiche e critiche, ma sono state progressivamente indirizzate (soprattutto dal gruppo di studiosi che fanno riferimento a P. Barocchi), verso un'attenta ricostruzione storica (tuttora in atto) delle collezioni degli Uffizi che si è andata estendendo al periodo lorenese, e dunque al momento decisivo in cui operavano nella Galleria G. Bencivenni Pelli e L. Lanzi. L'importanza di queste ricerche è da considerare fondamentale se connessa all'imminente ampliamento e riorganizzazione museografica degli Uffizi.

Quest'inedita attenzione storica verso periodi e campi d'indagine finora poco praticati dagli studi storico-artistici ha riguardato anche le ricerche sulle arti applicate, profondamente rinnovate sul piano metodologico sia perché sono state estese a tipologie in precedenza trascurate (come per es. i tessili, i mobili, le pietre dure), sia perché l'attenzione è stata concentrata anche su periodi poco noti (il Settecento e l'Ottocento), sia infine perché molti studi hanno indagato le fondamentali connessioni delle arti applicate con la storia del collezionismo privato e pubblico, ottenendo risultati del tutto inediti anche nel campo museologico nel quale si segnalano almeno le importanti ricerche, promosse dal Museo Nazionale del Bargello, centrate sull'approfondimento dei nessi esistenti fra collezionismo, promozione e produzione delle arti applicate.

Queste nuove linee di tendenza emergenti nella moderna storiografia sull'arte toscana hanno accompagnato l'ulteriore diffusione degli studi sulle epoche tradizionalmente percorse in passato dalle ricerche storico-artistiche. Così è avvenuto per la pittura del Trecento, campo nel quale si segnala per importanza il fondamentale lavoro di aggiornamento del Corpus di R. Offner, coordinato da M. Boskovits; e così è avvenuto anche per il Quattrocento e per il Cinquecento, soprattutto nelle occasioni in cui più stretta si è rivelata la collaborazione fra università ed enti preposti alla tutela. In questa direzione, per es., si è segnalata l'attività svolta a Siena che ha prodotto importanti iniziative espositive (promosse prima da G. Previtali e poi da L. Bellosi) in cui sono confluiti i risultati di ricerche tecniche e storico-critiche di grande interesse, soprattutto relativamente agli studi su Simone Martini (1984), sulla scultura lignea del Trecento e del Quattrocento (1987), su personalità centrali del Rinascimento senese quali Francesco di Giorgio (1990) e Domenico Beccafumi (1993); occasioni quasi sempre collegate a importanti restauri operati nel territorio fra i quali quelli condotti in Palazzo Pubblico (gli affreschi nella Sala del Mappamondo) e le ripetute campagne d'intervento sulla scultura lignea. Il legame degli studi storico-critici con l'attività di restauro caratterizza anche le ricerche sull'arte e su monumenti fondamentali del Quattrocento e del Cinquecento fiorentino. Ne costituiscono prova, per es., i risultati storici e critici che hanno accompagnato i restauri della Cappella Brancacci al Carmine, quelli della Sacrestia Vecchia in San Lorenzo, quelli a opere fondamentali dell'Angelico (gli affreschi di San Marco), di Donatello (il San Ludovico, la Giuditta, le statue di Orsanmichele), di Ghiberti (il San Giovanni Battista), di Botticelli (la Primavera, la Nascita di Venere, l'Incoronazione della Vergine), del Verrocchio (l'Incredulità di San Tommaso), del Ghirlandaio (gli affreschi della Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella), di Michelangelo (il Tondo Doni), di Raffaello (la Madonna del Baldacchino); e quelli, infine, eseguiti su opere di Andrea del Sarto (1986), Rosso e Pontormo (1994) in occasione delle recenti mostre. Fondamentali approfondimenti si attendono dalla conclusione dei difficilissimi restauri alle Storie della vera Croce di Piero della Francesca nella chiesa di San Francesco di Arezzo, in corso dopo un'accuratissima fase diagnostica di cui è già stata data ampia informazione in sede scientifica.

Bibl.: Per una rassegna esauriente delle iniziative espositive e museografiche realizzate nella Regione v. i nn. 1-40 della rivista Prospettiva che contengono anche i riferimenti ai relativi cataloghi. Per una visione d'insieme della pittura toscana distinta per secoli, v. i saggi contenuti nei relativi volumi della collana "La Pittura in Italia" (Milano 1986-94), in particolare quelli che hanno tentato di ricostruire un quadro di riferimento regionale per periodi fino ad allora poco conosciuti: M. Chiarini (per il Settecento), E. Spalletti (per l'Ottocento), G. Uzzani (per il Novecento).

V. inoltre: M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento. 1370-1400, Firenze 1975; Omaggio a Leopoldo de' Medici, catalogo della mostra, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, ivi 1976; La Montagna pistoiese. Il patrimonio artistico negli edifici di culto, a cura di A. Paolucci, ivi 1976; AA.VV., Cultura dell'Ottocento a Pistoia. La collezione Puccini, ivi 1977; Actes du Colloque ''Florence et la France. Rapports sous la Révolution et l'Empire'', Parigi-Firenze 1979; Il tesoro di Lorenzo il Magnifico, catalogo della mostra, Firenze 1980; Gli Uffizi. Quattro secoli d'una Galleria, Atti del convegno internazionale di studi (Firenze 20-24 settembre 1982) a cura di P. Barocchi e G. Ragionieri, ivi 1983; R. Offner, M. Boskovits, A critical and historical corpus of Florentine painting the fourteenth century, 6 voll., ivi 1984-93; Il Principato napoleonico dei Baciocchi (1805-1814). Riforma dello stato e della società, catalogo della mostra, Lucca 1984; Simone Martini, Atti del Convegno (Siena 27-29 marzo 1985) a cura di L. Bellosi, Firenze 1985; Studi e ricerche di collezionismo e museografia. Firenze 1820-1920, a cura di P. Barocchi, Pisa 1985; E. Spalletti, Gli anni del Caffè Michelangelo, Roma 1985; Donatello e i suoi. Scultura fiorentina del primo rinascimento, catalogo della mostra a cura di A.P. Darr e G. Bonsanti, Firenze 1986; Museo Nazionale del Bargello. Omaggio a Donatello, 1386-1986. Donatello e la storia del Museo, catalogo della mostra, ivi 1986; A.M. Petrioli Tofani, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Inventario, 1. Disegni esposti, 3 voll., ivi 1986-91; Capolavori e restauri, catalogo della mostra, ivi 1987; L'Idea di Firenze. Temi e interpretazioni nell'arte straniera dell'Ottocento, Atti del Convegno (Firenze 17-19 dicembre 1986) a cura di M. Bossi e L. Tonini, ivi 1989; Un progetto per Piero della Francesca, ivi 1989; Arti del Medioevo e del Rinascimento. Omaggio ai Carrand, catalogo della mostra, ivi 1989; U. Baldini, O. Casazza, La Cappella del Carmine, Milano 1990; L'età di Masaccio. Il primo Quattrocento a Firenze, catalogo della mostra a cura di L. Berti e A. Paolucci, ivi 1990; Pittura di luce. Giovanni di Francesco e l'arte fiorentina di metà Quattrocento, catalogo della mostra a cura di L. Bellosi, ivi 1990; Settecento pisano, a cura di R.P. Ciardi, Pisa 1990; E. Colle, I mobili di Palazzo Pitti. Il primo periodo lorenese 1737-1799, Firenze 1992; I marmi di Lasinio, catalogo della mostra a cura di C. Baracchini, ivi 1993; P. Barocchi, G. Gaeta Bertelà, Collezionismo mediceo. Cosimo I, Francesco I e il cardinal Ferdinando. Documenti 1540-1587, Modena 1993; AA.VV., Gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti. Una reggia per tre dinastie: Medici, Lorena e Savoia tra Granducato e Regno d'Italia, Firenze 1993; A.M. Giusti, Pietre Dure, Torino 1993; La cultura artistica a Siena nell'Ottocento, a cura di C. Sisi ed E. Spalletti, Milano 1994; S. Chiarugi, Mobilieri fiorentini nell'Ottocento, Firenze 1994; Pittura del primo Seicento a Lucca, catalogo della mostra, Lucca 1994.

Tutela dei beni architettonici. - Quattro competenze provinciali regolamentano la particolare ricchezza, monumentale e ambientale, delle terre toscane: la Soprintendenza di Arezzo, di più recente costituzione, che è nata nel 1967 e copre, tra gli altri, i centri di Cortona, Monte San Savino, Sansepolcro, Poppi, Bibbiena; quella di Firenze, la più antica, unita alla provincia di Pistoia; quella di Pisa, unita a Livorno, Lucca e Massa Carrara; infine quella di Siena, unita a Grosseto con il suo circondario. Tra le più attive d'Italia per la quantità e la qualità dei restauri intrapresi nonché per il numero di vincoli imposti, le quattro istituzioni si sono distinte per avere segnalato per tempo come la "non comune bellezza ambientale", sancita dalla legislazione (artt. 1, 2, 21 della l. 1089/1939; art. 1 quinquies della l. 431/1985), sia indivisibile dallo statuto architettonico e monumentale. Grazie all'estensione dei soggetti di tutela integrata − sottolineata talvolta da un regime di aree di rispetto a vasto raggio −si è evitata, almeno in molti casi, la decontestualizzazione degli insiemi architettonici e paesistici, permettendo la tutela, per es., dei sistemi di ''delizia'' delle ville con giardini, o riconoscendo il valore autonomo di parchi e manufatti arborei, dal giardino pensile di B. Rossellino in palazzo Piccolomini a Pienza alla ''città giardino'' dell'insediamento e della pineta di Forte dei Marmi.

Dal secondo dopoguerra a oggi sono stati, quindi, innumerevoli e disparati gli interventi resisi necessari: anche se gli edifici più rappresentativi erano già oggetto di salvaguardia, nel decennio Cinquanta-Sessanta vengono vincolati quasi tutti gli organismi del nucleo principale di Arezzo, la cinta murata e il complesso di Santa Maria delle Grazie. A Firenze, tra il 1954 e il 1969, per non citare che qualche caso, si assiste all'imponente ristrutturazione del Forte Belvedere, al risarcimento per danni bellici del ponte Vecchio, al rinnovamento di palazzo Strozzi (restaurato una prima volta nel 1940) e del suo piccolo museo. Ancora nel corso degli anni Settanta, mentre veniva consolidata la chiesa di San Biagio a Montepulciano (Siena), ricevevano un premio per il restauro e notevoli riconoscimenti gli interventi sulla sede del Monte dei Paschi di Siena nel Castellare dei Salimbeni (un lavoro di ''cesello'' delle smembrate, antiche volumetrie firmato da P. Spadolini) e l'allestimento del museo delle Sinopie nel Camposanto di Pisa (di A. Secchi, G. Nencini, G. Piancastelli Politi), premiato per la correttezza del metodo unita a un brillante e schietto linguaggio moderno. Nel territorio aretino si metteva mano, con calcolata attenzione al quadro complessivo paesaggistico, all'eremo delle Celle di Cortona (1970) e al convento olivetano di San Bernardo (1979). Durante l'annata del 1990, nelle sole province di Firenze e di Pistoia erano aperti oltre cento cantieri, attivi anche per proseguire o per riprendere opere iniziate e interrotte. Risultavano pertanto in corso, tra i tanti, lavori a Santa Maria del Fiore, a San Miniato al Monte, alla Loggia dei Lanzi, alla Fortezza da Basso, a Orsanmichele, ai palazzi Medici-Riccardi e Pitti con il giardino di Boboli, alle ville di Poggio Imperiale e della Petraia, come alla Badia Fiesolana e alla villa di Poggio a Caiano (queste ultime comprese pure nell'azione ambientale). Appaiono invece ultimate la cappella Pazzi e Santa Croce. Recentemente sono stati divulgati (già nel 1981 la Soprintendenza fiorentina creava un'apposita Sezione Didattica con il compito di valorizzare e fare conoscere beni, tecniche e metodologie) gli esiti dei restauri relativi alle biblioteche Marucelliana e Nazionale di Firenze e a Santo Spirito di Pistoia.

Interesse internazionale hanno poi destato le iniziative riguardanti la cupola brunelleschiana di Santa Maria del Fiore e la torre di Pisa nel Campo dei Miracoli per l'asperità dei problemi, pratici e teorici, sollevati e per la novità dei risultati proposti. Il restauro della cupola, infatti, ha comportato la necessità di un aggiornamento dei metodi di studio, culminante con l'ideazione di un sistema di monitoraggio strutturale automatico; attivo dal 1988 è uno dei più avanzati apparati di informazione e conoscenza dei comportamenti statici in campo mondiale. Addirittura secolare, la situazione della torre di Pisa sembra finalmente avviata a soluzione: chiusa al pubblico nel 1989, ha subito due anni dopo un intervento provvisorio (fasci di cavi d'acciaio armonico e un anello in calcestruzzo alla base) con il fine di arrestarne l'inclinazione. Le prove di sollecitazione, attuate su un modello, e l'analisi degli strati d'argilla sottostanti il basamento hanno condotto la commissione preposta a ipotizzare un sistema di regolamentazione delle falde profonde, sicché,rimosse le imbracature, sarà immesso un nuovo anello alla base, che verrà a sua volta ancorato da cavi fissati al di sotto degli strati d'acqua.

Tutela dei beni ambientali. - La T., si è accennato, è una delle regioni a più alta incidenza vincolistica poiché l'orientamento di tutela dei valori secolari delle terre tende ad allargare il controllo, qualora si evidenzi una condizione di concentrazione dei beni, al di là delle valenze squisitamente storico-artistiche. Eleggendo, pertanto, il territorio forgiato da emergenze a unità paesistica da salvaguardare si configura un prezioso continuum di architettura e natura, in un diorama vasto, includente anche vocazioni agricole e terriere, come accade per le ville del Chianti. Viene favorito così il permanere delle caratteristiche morfologiche di ogni sito, riconosciuto quale irripetibile manifestazione delle stratificazioni storiche, artistiche ma anche sociali ed economiche. L'estensione dei vincoli alle pertinenze dei monumenti (giardini, parchi, manufatti agricoli) permette poi di reintegrare il bene al suo intorno e anche di sancirne la conservazione globale.

Qualche dato: le province di Firenze e Pistoia vantano più di trecento provvedimenti di vigilanza, compresi quelli apposti in precedenza alle ville e ai giardini urbani e successivamente aggiornati; tra i principali, la villa Garzoni a Collodi con annessi, il parco delle Cascine a Firenze, il ninfeo detto del Giambologna a Bagno di Ripoli. Non manca la tutela estesa a un leccio secolare in frazione Cornioli. Nel circondario aretino risultano protette sia le storiche foreste casentinesi che l'alta valle dell'Arno; più recenti i vincoli relativi alla valle dell'Esse, a numerosi insiemi monumentali, a essenze rare (quali per es. i roseti della villa Casalone a Cavriglia), a parchi e giardini pensili (palazzo di Monte). A Siena l'azione di salvaguardia è stata allargata, a partire dal 1956 in poi, dalla città murata ai dintorni, dal verde pubblico alle valli e agli orti. Di particolare rilevanza le ville e giardini Chigi (alle Volte e di Vicobello) progettate da B. Peruzzi e abbastanza in buono stato di conservazione. Ampie zone di rispetto sono organizzate attorno al complesso di villa Chigi a Centinale, dotata di un parco (la ''Tebaide'') con statue e romitorio, risalente agli ultimi decenni del Seicento. In provincia di Grosseto sono soggetti a tutela integrata il parco e le sorgenti della Peschiera. Infine la Soprintendenza del comprensorio di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara ha catalogato e sottoposto a regime il suo variegato patrimonio artistico e ambientale, approssimativamente suddivisibile in quattro filoni tipologici: le ville (quelle lucchesi di ''delizia'', le medicee del territorio livornese, quelle del volterrano), gli organismi fortificati, in seguito sviluppatisi in ''luoghi delitiosi'' con strutture verdi spettacolari, architetture arboree e specie esotiche (castello di Bagnone, fortezza di Camporgiano), gli insediamenti monastici eremiti con chiostri cenobitici (Certosa di Calci), e la suggestiva fascia litoranea, interessata da giardini eclettici e paesistici (litorale pisano-livornese, Versilia). Vedi tav. f.t.

Bibl.: v. in particolare Restauro, 4 (dicembre 1972), 16 (novembre-dicembre 1974), 18 (marzo-aprile 1975); M. Ruffilli, La sede storica del Monte dei Paschi di Siena, in L'Industria delle Costruzioni, 77 (1978), pp. 3-30; Restauro e cemento in architettura, a cura di G. Carbonara, Roma 1981; P. Ruschi, Il portale della chiesa di S. Maria delle Grazie a Pistoia. Note sul restauro, Firenze 1982; F. Chiostri, Parchi della Toscana, ivi 1989; L. Zangheri, Ville della provincia di Firenze, Milano 1989; R. Dalla Negra, Il cantiere di restauro della cupola di S. Maria del Fiore: una nuova fase, in Notizie di cantiere, 2 (1990), pp. 11-30 (v. anche ibid., 1991); R. Di Stefano, C. Viggiani, La Torre di Pisa ed i problemi della sua conservazione, in Restauro, 120 (aprile-giugno 1992), pp. 38-63; AA.VV., Toscana, in Ville, parchi e giardini. Per un atlante del patrimonio vincolato, a cura di V. Cazzato, Roma 1992, pp. 367-455.

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