TOSSICOLOGIA

Enciclopedia Italiana (1937)

TOSSICOLOGIA (dal gr. τοξικόν "veleno")

Efisio Mameli

La tossicologia è la scienza che studia i veleni e la loro azione sugli organismi (intossicazione, avvelenamento), dal punto di vista chimico, fisiologico, farmacologico, clinico e medico-legale.

La tossicologia comprende varie parti e, come scienza di applicazione, si vale dell'ausilio di diverse scienze fondamentali. La tossicologia generale comincia lo studio di un "veleno col descriverne l'origine (minerale, vegetale, animale, industriale, fisiologica, ecc.), guidata dalla mineralogia, dalla botanica, dalla zoologia, dalla chimica generale, dalla fisiologia. La chimica tossicologica fissa le proprietà dei veleni, ne ricerca la costituzione, i contravveleni chimici (antidoti), le localizzazioni nei diversi organi, le modificazioni che subiscono o che provocano, le vie e le forme d'eliminazione. L'analisi chimica tossicologica cerca di riconoscere i veleni (analisi qualitativa) e anche di dosarli (analisi quantitativa). La farmacologia (a cui la tossicologia più direttamente è legata, anche per le comuni origini storiche, ricercando l'azione medicamentosa delle più svariate sostanze, ne stabilisce anche l'eventuale azione tossica, descrive i sintomi che esse provocano, precisa le dosi e le altre condizioni d'azione, indica i contravveleni fisiologici (antagonisti) da somministrare e la terapia da seguire nei singoli avvelenamenti. Inoltre la farmacologia collabora con l'analisi tossicologica nell'identificazione dei veleni, per confermare o meno, a mezzo d'esperienze su animali, la natura di una sostanza individuata dall'analisi. La clinica tossicologica e la medicina del lavoro, applicando agli avvelenamenti che si presentano nella vita pratica le osservazioni e i risultati che la farmacologia ha ottenuto dallo studio degli avvelenamenti sperimentali, rileva i sintomi, stabilisce la diagnosi e provvede alla somministrazione dei contravveleni, alle operazioni di primo soccorso e alla cura successiva. L'igiene e la legislazione cercano, con forme profilattiche, di prevenire l'azione deleteria delle sostanze tossiche nell'economia domestica e industriale. La patologia generale studia le modificazioni anatomiche e funzionali determinate dai veleni e l'anatomia patologica rintraccia tali alterazioni sugli organi e sui tessuti del cadavere, portando, con la medicina legale, a mezzo di ricerche di istologia, di istochimica e altre, un contributo al riconoscimento delle lesioni e dei veleni che le hanno prodotte. Inoltre la medicina legale stabilisce le concause e la fisionomia dell'avvelenamento, anche in relazione a eventuali responsabilità civili e penali, dando così le basi di giudizio alla tossicologia forense e all'infortunistica. La batteriologia e l'immunologia concorrono nello studio delle intossicazioni determinate da cibi guasti, da animali velenosi, da elementi vegetali o animali e nella prevenzione di quelle capaci di provocare reazioni immunitarie.

Data la diffusione degli avvelenamenti in tutti i paesi e in tutti gli strati sociali e data la varietà delle cause che li determinano e le gravi conseguenze personali e collettive che ne derivano, si comprende come la tossicologia abbia importanza per molte scienze pure e applicate e come il tossicologo possa essere chiamato a collaborare col fisiologo, col farmacologo, col medico legale, col clinico, con l'igienista, con l'industriale, col magistrato e col legislatore, ora per prevenire pericoli che minacciano i lavoratori obbligati a maneggiare o respirare sostanze nocive, ora per circondare di cautele e di controlli la vendita e l'uso dei veleni, specialmente quelli più dannosi dal punto di vista sociale (alcoolici, stupefacenti), come pure per stabilire responsabilità penali in fatti delittuosi o in casi di negligenza. La tossicologia è divenuta collaboratrice anche della strategia e della medicina militare, dato l'uso di sostanze aggressive belliche, iniziatosi con la guerra mondiale.

Classificazioni delle intossicazioni. - Rimandando per la classificazione dei veleni a questa voce, notiamo qui che le intossicazioni si possono dividere secondo varî criterî, relativi alle modalità con cui si manifesta l'azione tossica, alle sostanze o alle cause esterne che la provocano, ai fatti che l'accompagnano e la precisano.

Per quanto riguarda le modalità relative alla sede su cui si esercita, si può avere azione locale, se si esplica solo nel punto di applicazione (es., veleni caustici, vescicatorî), mentre si chiama azione generale se si manifesta su uno o più organi o tessuti distanti dal luogo di applicazione (azione a distanza), ciò che richiede il passaggio del veleno nel sangue e il suo assorbimento. Si possono avere però azioni a distanza senza assorbimento (es., arresto del respiro per irritazione della mucosa nasale): sono queste le azioni riflesse. Quando un veleno esercita la sua azione quasi esclusivamente su determinati elementi dell'organismo, si ha l'azione elettiva.

In relazione alla prontezza nella manifestazione dei sintomi e al decorso più o meno lento degli avvelenamenti, questi si dividono in acutissimi, acuti, subacuti e cronici. Nell'avvelenamento acutissimo, i sintomi si manifestano improvvisamente e in forma violenta, non appena ingerito il veleno; la morte segue a poche ore, talvolta a pochi minuti dall'ingestione. Nell'avvelenamento acuto, i sintomi sopraggiungono meno rapidamente ed energicamente; ma in forma sempre grave: il decorso è abbastanza rapido, la prognosi riservata. Nell'avvelenamento subacuto, i sintomi possono tardare giorni o settimane, con varie alternative e la morte, quando avviene, si ha dopo un tempo notevole. Nell'avvelenamento cronico, i sintomi si manifestano lentamente, in modo poco sensibile, ma continuo, da simulare spesso una malattia a lungo decorso: ciò si osserva specialmente in molte malattie professionali (e nelle autointossicazioni), quando la quantità di veleno ingerita è inferiore alla dose tossica; ma le ingestioni sono ripetute per un certo tempo. Un avvelenamento che insorge acutamente può poi assumere un decorso cronico e, per contro, si può avere avvelenamento acuto anche per ripetute ingestioni di un veleno a dosi non tossiche, se il veleno ha azione cumulativa (digitale, stricnina, ecc.).

Altre classificazioni delle intossicazioni riguardano la loro causa esterna, che può essere intenzionale (avvelenamenti delittuosi: omicidio, tentato omicidio, suicidio) o accidentale (avvelenamenti domestici, professionali, bellici, colposi, per errore); oppure i gruppi di sostanze, che li determinano (avvelenamenti medicamentosi, o di origine alimentare o di origine animale).

Gli avvelenamenti delittuosi possono essere provocati dalle sostanze e nelle forme più svariate, ma generalmente avvengono a mezzo di veleni energici e hanno carattere acuto (l'arsenico ha dominato nel Medioevo, poi furono usati più frequentemente fosforo, sali metallici, alcaloidi, acidi forti). Per quanto riguarda le maniere di somministrazione dei veleni a scopo delittuoso, si va dalla forma più comune, per cui la sostanza tossica viene aggiunta a una bevanda o a un alimento, alle forme più raffinate con le iniezioni e le inalazioni (cloroformizzazione, che precede i furti ferroviarî e i ratti). Per quanto non si tratti di veri avvelenamenti ma di causticazioni, ricordiamo qui l'uso che, a scopo di vendetta, si fa di acidi forti (solforico, nitrico), per sfregiare il viso, per offendere gli occhi, per provocare ustioni. Gli avvelenamenti a scopo suicida si compiono a mezzo dell'ossido di carbonio (prodotto per incompleta combustione del carbone e contenuto nel gas illuminante), dei sali metallici tossici più facilmente accessibili (specialmente sublimato corrosivo), degli acidi concentrati, degli alcaloidi e, in questi ultimi tempi, degli ipnotici, degli stupefacenti e della tintura di iodio.

Gli avvelenamenti domestici e professionali possono essere determinati dalla dimora in ambienti la cui atmosfera contenga gas o vapori dannosi, che vengono così, per effetto della respirazione, introdotti nei polmoni e portati a contatto del sangue, o dalla presenza nella stessa atmosfera di polveri finissime, che possono esercitare un'azione locale sulla pelle o sull'apparato polmonare. Fra i gas tossici, l'ossido di carbonio più frequentemente dà luogo, nelle case, nelle officine, nelle locomotive, nelle autorimesse, tanto ad avvelenamenti acuti, per fughe inavvertite di gas illuminante, o di gas dei motori o dei focolai, quanto ad avvelenamenti cronici, come la cosiddetta follia dei cuochi, le speciali intossicazioni dei fuochisti e delle stiratrici. L'acido cianidrico dà luogo talvolta ad avvelenamenti acuti nel suo uso per la disinfezione delle stive e di altri ambienti. L'idrogeno arsenicale può determinare intossicazioni nella pratica aeronautica, se l'idrogeno destinato al rigonfiamento degli aerostati viene sviluppato da sostanze impure di arsenico e anche nella vita domestica, quando l'idrogeno arsenicale si sviluppa, per effetto di speciali muffe, dai colori arsenicali, usati per tingere tappeti, tappezzerie, arazzi, giocattoli. Possono dar luogo ad avvelenamenti anche le vernici fresche o scadenti, i solventi o altre sostanze volatili (benzolo, petrolio, solfuro di carbonio, naftalina, ecc.) usati in casa, per pulire pavimenti, mobili, o nelle industrie per operazioni varie. Avvelenamenti generalmente cronici, per inspirazione di polveri sospese nell'atmosfera o per contatto di sostanze tossiche con la pelle, si possono avere nelle miniere o nelle officine, dove si polverizzano o si lavorano minerali o sali metallici, si fabbricano oggetti metallici, si usano caratteri di stampa, fosforo bianco (un tempo adoperato per la fabbricazione dei fiammiferi), vernici o colori arsenicali, antimoniali, di rame, di piombo, di mercurio, di zinco, sostanze antiparassitarie applicate nella patologia vegetale e contenenti di solito arsenico, rame o piombo. Anche i vapori metallici, specialmente i vapori di mercurio, possono dar luogo ad avvelenamenti cronici (fabbricanti di termometri, di specchi). Alcune di tali intossicazioni prendono nomi speciali: saturnismo o colica saturnina (avvelenamento per piombo), idrargirismo o mercurismo, arsenicismo, fosforismo. Avvelenamenti professionali sono anche quelli cui possono andare incontro i chirurghi, per il continuo contatto della pelle con acido fenico, con sublimato.

Gli avvelenamenti bellici sono determinati dall'azione di gas asfissianti (v.) e di altre sostanze aggressive, usate in guerra, ma che hanno importanza anche nella tossicologia industriale, dato che alcune di esse hanno trovato applicazioni varie. Così la cloropicrina e l'acido cianidrico sono usati per la disinfezione e la disinfestazione di magazzini, stive, ecc.

Avvelenamenti per errore si hanno per scambio involontario, fatto dalla vittima o da altri, di un medicamento con un altro più tossico, di una bevanda o di cibi innocui con sostanze caustiche o venefiche, e sono specialmente frequenti fra i bambini.

Avvelenamenti medicamentosi. - Si possono avere per narcosi, quando sostanze anestetiche, come il cloroformio e l'ossidulo d'azoto o gas esilarante, vengano usati in dose o per tempi superiori al necessario o quando vi potevano essere controindicazioni nelle condizioni del malato. Altri avvelenamenti medicamentosi sono quelli per abuso di sostanze voluttuarie, come le bevande alcoliche, gli ipnotici e gli stupefacenti (oppio, morfina, cocaina, cloralio, veronal), che si usano a scopo di ebbrezza o di sollievo a dolori fisici e morali (tossicomania). Alcune di tali sostanze dànno luogo a fenomeni di assuefazione innocua (tabacco), per altri (abrina, ricina) l'assuefazione è dovuta a una difesa dell'organismo, che produce degli antiveleni-anticorpi e acquista così una specie di immunità; per altri infine la creduta assuefazione è una vera intossicazione cronica (morfinismo, cocainismo, alcoolismo). Alcuni avvelenamenti medicamentosi sono eolposi e involgono responsabilità dirette, quali quelli dovuti a negligenza, a imperízia, a errori nell'indicazione e somministrazione di un medicamento, in relazione alla dose o alla natura della sostanza, e possono essere imputabili al medico, al farmacista, all'infermiere, ai familiari che assistono un malato, o allo stesso malato.

Gli avvelenamenti di origine alimentare possono essere determinati: a) da alimenti sani, innocui per la generalità, ma nocivi per alcuni soggetti, che si trovino in condizioni fisiologiche o patologiche speciali (affezioni epatiche, diabete, obesità, nefriti), o che presentino fenomeni d'intolleranza specifica (idiosincrasia attribuita a una speciale anafilassi alimentare) per determinati alimenti (crostacei, pesci, carne di maiale o di vitello, latte, uova, fragole, ecc.); b) da alimenti ordinariamente sani, che presentano una tossicità transitoria, di origine chimica o biologica-chimica: es., latte di nutrici in condizioni speciali (mestruazione, emozioni, obesità, artrite), latte di vacche, capre e pecore nutrite con erbe o mangimi non adatti all'alimentazione; carni di animali maltrattati, affaticati, ammalati; pesci uccisi con sostanze nocive o pescati in acque pantanose o di macerazione; alcuni molluschi in determinate condizioni di vita (i mitili producono un'intossicazione speciale detta mitilotossismo); frumento, mais, fave, soia contenenti sostanze tossiche labili (alitotossine), che vengono distrutte col riscaldamento, dalla digestione o da vitamine; c) da sostanze quasi costantemente tossiche, erroneamente usate come alimenti: es., pesci velenosi in modo permanente o per speciali condizioni fisiologiche (fregola) e che determinano le forme di ittiosismo; funghi velenosi; semi di ricino; cicuta scambiata per prezzemolo; semi di mandorle amare o di pesche; semi di cicerchia o piselli indiani (Lathyrus sativus, L. cicera), che determinano il latirismo; d) da alimenti divenuti tossici per inquinamento di parassiti microscopici: es., cereali infestati da crittogame, quali la segale cornuta (ergotismo), carni panicate; farine e formaggi invasi da acari o da altri insetti; e) da alimenti divenuti tossici per fatti putrefattivi (formazione di ptomaine) o per inquinamento batterico; es., carni insaccate contenenti la tossina elaborata dal bacillo botulino (v. botulismo), carni provenienti da animali (specialmente cavalli) affetti da malattie infettive, che dànno luogo ad avvelenamenti di forma gastro-intestinale; f) da eccessi o da deficienze di alcuni principî alimentari, più specialmente vitamine (malattie di carenza, avitaminosi); g) da alimenti diversi, nocivi per presenza di sostanze aggiunte a scopo di conservazione o di sofisticazione o inquinate per contatto di sostanze nocive: es., cibi e bevande contenenti antisettici o sostanze coloranti tossiche o anche rame o piombo, perché preparati, o cotti o conservati in recipienti di rame non stagnati o stagnati con stagno troppo piombifero; vino, verdura o frutta contenenti rame, arsenico o piombo provenienti da trattamenti anticrittogamici o insetticidi; farine (o pane) provenienti da macine i cui fori furono riempiti con piombo fuso; limonate, gazose, birre, vini resi spumanti a mezzo di prodotti vegetali contenenti saponine che sono glucosidi tossici, aventi proprietà emulsionanti e emolitiche, usati anche nella pesca per stordire e uccidere i pesci.

Gli avvelenamenti di origine animale si possono avere, oltreché, come nell'ittiosismo già citato, cibandosi di animali contenenti sostanze tossiche, prodotte dai processi di ricambio e aventi funzione di sviluppo per l'individuo o per la specie (veleni animali passivi), anche a causa di altre sostanze tossiche, che alcuni animali possiedono in speciali organi di difesa o di aggressione (veleni animali attivi). Si possono così avere avvelenamenti per morsi di serpenti, per punture di api, vespe, scorpioni, ragni e anche per semplice contatto dell'epidermide del soggetto con l'animale vivo (attinie) o morto (cantaride). I veleni animali attivi, scarsi fra i mammiferi (ornitorinco, moffetta), sono diffusi specialmente fra i serpenti (aspide, crotali, vipere), anfibî (rospi, rane, salamandre), vermi (planaria, ascaride, trichina), pochi fra gli echinodermi e i celenterati.

Si accenna infine agli avvelenamenti simulati ante mortem e post mortem, che così interessante casistica offrono alla chimica forense e alla medicina legale.

Condizioni che determinano o modificano l'azione tossica. - Tali condizioni possono dipendere sia dalla sostanza tossica, per effetto della sua costituzione chimica, delle proprietà fisiche, della dose e di altre condizioni, sia dal soggetto che l'usa e sia ancora dal comportamento della sostanza nell'organismo.

a) Costituzione chimica. - Non è sempre possibile stabilire precise relazioni tra costituzione chimica e azione tossica, sia per i numerosi fattori che determinano la natura chimica di una sostanza tossica (peso atomico o molecolare, valenza, ionizzazione, isomeria, polimeria, tautomeria, stereoisomeria, configurazione strutturale), sia anche per la grande complessità e variabilità del substrato su cui la sostanza deve agire (protoplasma, cellula, sangue, organi), per la molteplice e poliedrica attività dei fenomeni vitali e delle influenze enzimatiche e catalitiche che li accompagnano e modificano. Non si hanno pertanto leggi generali che permettano di stabilire dal peso atomico di un elemento o dalla costituzione molecolare di una sostanza, quale ne sarà l'azione fisiologica; si sono osservate però interessanti relazioni in alcuni gruppi di corpi.

Nei quattro alogeni, la tossicità diminuisce con l'aumentare del peso atomico, dal fluoro allo iodio. I metalli più tossici sono fra i metalli pesanti (piombo, mercurio, argento). L'influenza dello stato allotropico è provata dal confronto tra fosforo bianco che è tossico e fosforo rosso, che, per via gastrica, non lo è. Per la valenza e la forma di combinazione, si nota che l'azione tossica diminuisce con l'aumentare della valenza: gli arseniti sono più tossici degli arseniati. Rispetto alla ionizzazione, va ricordato, ad es., che il cloruro mercurico, alquanto dissociato ionicamente in soluzione acquosa, è più tossico del cianuro e del solfocianuro di mercurio, meno dissociati.

Nel campo della chimica organica, molte relazioni furono riscontrate fra le proprietà tossiche e la natura delle catene, dei nuclei o degli aggruppamenti, presenti in una molecola. Così gl'idrocarburi a catena aperta sono meno tossici di quelli naftenici e questi meno di quelli benzenici. Nelle serie omologhe degl'idrocarburi e degli alcoli monovalenti saturi alifatici a catena normale, l'azione tossica cresce, in generale, col numero degli atomi di carbonio e quindi col peso molecolare, almeno fino a una certa lunghezza della catena. Un gruppo funzionale può conferire a una molecola organica una particolare azione tossica, che può però venire modificata da varie circostanze e specialmente dalla presenza di altri gruppi funzionali e dalla natura della molecola. Così la funzione fenolica impartisce, entro certi limiti, potere antisettico; il gruppo nitroso azione vasodilatatrice; le basi quaternarie paralizzano le terminazioni nervose motorie (azione curarica); il gruppo aminico impartisce a una molecola aromatica proprietà analgesiche e antipiretiche e in una molecola alifatica proprietà vasocostrittrici. Volendo penetrare più intimamente nel meccanismo che regola l'influenza degli aggruppamenti molecolari sull'azione tossica che essi conferiscono alle molecole organiche, si è affermato, specialmente a riguardo delle proprietà aggressive di alcune sostanze organiche, che tali proprietà sorgono o si modificano in relazione alla presenza di alcuni gruppi speciali, detti toxofori (−CO−, −S−, −NO2, −CN−, −As, legami olefinici e acetilenici), che conferiscono a una molecola la capacità potenziale tossica, e di altri gruppi detti auxotoxi (−F, −Cl, −Br, −I, −NH2, −CH3, −C2H5, −C6H5, −CH2•C6H5), che hanno la proprietà di esaltare o di altrimenti modificare la capacità latente impartita dai gruppi toxofori. Questa teoria non ha la stessa estensione dell'analoga teoria dei gruppi cromofori e auxocromi, relativa alle materie coloranti; si riscontrano però fatti che la confortano. Infatti i composti non saturi sono più tossici dei composti saturi isologhi: l'alcool allilico CH2 = CH•CH2OH è più tossico dell'alcool propilico CH3•CH2•CH2OH; l'acroleina CH2 = CH•CHO è più tossica dell'aldeide propilica CH3•CH2•CHO. Tossicità crescente acquista una molecola con l'aumentare del numero di atomi di alogeni, che entrano in essa: l'azione narcotica del metano CH4 aumenta progressivamente nel cloruro di metile CH2Cl, nel diclorometano CH2Cl2, nel cloroformio CHCl3, nel tetracloruro di carbonio CCl4. Anche le tre cloridrine CH2OH•CHOH•CH2Cl, CH2Cl•CHOH•CH2Cl, CH2Cl•CHCl•CH2Cl presentano tossicità crescente col numero degli atomi di cloro. Mentre l'acido carbonico HO•CO•OH e i suoi esteri metilici HO•CO•OCH3, H3CO•CO•OCH3 sono poco irritanti, i relativi cloruri, come il fosgene ClCOCl, difosgene ClCO•O•CCl3 e il trifosgene Cl3CO•CO•OCCl3, sono sostanze soffocanti, di uso bellico. Il solfuro dietilico S (CH2•CH3)2 è inattivo, il solfuro dietilico monoclorurato CH3•CH2•S•CH2•CH2Cl è alquanto vescicatorio e il solfuro dietilico diclorurato CH2Cl•CH2•S•CH2•CH2Cl (iprite) è fortemente vescicatorio, irritante e lagrimogeno e a ciò deve il suo uso come sostanza aggressiva in guerra. Altri confronti interessanti presentano la lewisite Cl2As (CH : CHCl), vescicatoria e irritante delle vie respiratorie, il composto ClAs•(CH : CHCl)2, che attacca la pelle meno fortemente, ma attacca gli organi respiratorî più fortemente della lewisite e il composto As (CH : CHCl)3, che è starnutatorio e ha debole azione sulla pelle e sugli organi della respirazione. Anche la posizione che i gruppi funzionali occupano nella molecola può avere influenza sulla speciale azione tossica della sostanza. Dei due derivati clorurati di un corpo, quello simmetrico è più tossico di quello asimmetrico, come si constata tra il cloruro di etilene CH2Cl•CH2Cl e il cloruro di etilidene CH3•CHCl2; fra l'iprite, in cui il cloro è in posizione β rispetto allo zolfo e i solfuri alchilici clorurati, in cui il cloro occupa la posizione α o γ e che non presentano azione vescicatoria. Anche la posizione dei gruppi funzionali nel nucleo benzenico ha influenza sulla tossicità, per quanto non sempre nello stesso senso. Nei difenoli, l'ortodifenolo o pirocatechina è più tossico del paradifenolo o idrochinone e questo è più tossico del metadifenolo o resorcina. Fra i trifenoli, quello vicinale o pirogallolo è molto più tossico di quello simmetrico o floroglucina. Tra due stereoisomeri, è in generale più tossico quello levogiro.

b) Proprietà fisiche. - Tra le proprietà fisiche che possono avere influenza sulla tossicità di un corpo ricordiamo lo stato fisico, il grado di suddivisione (macroscopico e colloidale), la tensione di vapore, la volatilità, la viscosità, il peso specifico e specialmente i caratteri di solubilità, da cui dipendono la velocità di diffusione e la ripartizione di una sostanza fra i liquidi acquosi e i tessuti dell'organismo (coefficiente di ripartizione).

c) Dose. - Numerose sostanze possono avere effetti fisiologici differenti a seconda della dose ingerita. La dose terapeutica determina effetti medicamentosi, la dose tossica è quella sufficiente per provocare sintomi di avvelenamento, la dose letale o mortale è la più piccola quantità capace di produrre la morte. Non sempre però sono esattamente definibili i limiti tra una e l'altra specie di dose; essi possono subire variazioni per effetto di altri fattori che vedremo più avanti. Quanto riguarda le dosi dei medicamenti o dei veleni è oggetto della dosologia o posologia.

Particolarmente, per le sostanze gassose o per i vapori, dose tossica fu chiamata la concentrazione della sostanza vaporizzata in un mc. di spazio e necessaria a far morire in 24 ore un animale rimasto per 30′ nell'atmosfera intossicata. La tossicità dei veleni, che, in condizioni belliche o industriali, sono gassosi o si possono avere sospesi nell'atmosfera in goccioline o in polvere finemente suddivisa, si può misurare in maniera comparativa determinando, secondo Haber, l'indice di tossicità o prodotto di mortalità. Vi sono poi altre misurazioni, come l'indice di intolleranza fisiologica o soglia dell'insopportabilità, l'indice di concentrazione pericolosa (v. asfissianti, gas).

d) Altre condizioni dipendenti dalla sostanza, che possono modificare l'azione tossica, sono la concentrazione, la tonicità, la natura del solvente, l'acidità del mezzo, la forma di somministrazione (cibi o bevande mescolati a un veleno possono modificarne l'azione: i sali di piombo possono essere resi innocui se somministrati nel caffè, per formazione di tannato di piombo insolubile; i sali di mercurio dànno con le albumine degli albuminati insolubili; i grassi, che sciolgono il fosforo e non l'arsenico facilitano l'avvelenamento del primo e ritardano quello del secondo, il modo di conservazione (nel cianuro di potassio mal conservato l'anidride carbonica dell'aria sostituisce l'acido cianidrico) e, per quanto riguarda le droghe tossiche, l'origine, la preparazione, la freschezza.

e) Condizioni dipendenti dal soggetto, che possono modificare l'azione tossica, sono la razza, l'età, il sesso, la predisposizione individuale (idiosincrasia), la resistenza ereditaria o immunitaria, lo stato di nutrizione, le condizioni fisiologiche (mestruazione, gravidanza, allattamento, menopausa, stato di pienezza o di vacuità dello stomaco e natura delle sostanze in esso contenute), anafilattiche, sinergiche e patologiche, l'assuefazione al veleno (mitridatismo), le vie d'introduzione e di somministrazione: via gastrica, intestinale, polmonare, azione sulla pelle, sulle mucose, iniezioni sottocutanee ed endovenose (il cloroformio anestetico per via polmonare, non lo è più se introdotto nello stomaco; il curaro e i veleni dei serpenti hanno effetto insignificante se introdotti per via gastrica, mortale per iniezione sottocutanea).

f) Condizioni dipendenti dal comportamento della sostanza nell'organismo, che possono modificare l'azione tossica, sono le modalità d'assorbimento e di diffusione (derivanti dalla natura e dalle condizioni speciali delle mucose, dei tessuti, dell'organo, dei succhi, con cui il veleno viene a contatto), l'organo di localizzazione elettiva (fegato, cervello, sangue, milza, reni) e le trasformazioni, che il veleno può subire nell'organismo (soluzione, coagulazione, neutralizzazioni, ossidazioni, riduzioni, scissioni idrolitiche, condensazioni, reazioni di doppio scambio), per cui da prodotti tossici si possono avere prodotti atossici o meno tossici, e infine l'ulteriore destino del veleno nell'organismo, per cui il veleno può essere trattenuto negli organi elettivi (accumulo) o eliminato. Nell'eliminazione, che costituisce una difesa dell'organismo, è da considerare l'organo di eliminazione (rene, intestino, polmoni, pelle, mucose, ghiandole salivari, nasali, lagrimali, mammarie, sudorifere), la forma, la velocità e la durata dell'eliminazione. Quale mezzo di eliminazione e di difesa è da considerarsi anche il vomito, che ha inoltre speciale importanza come sintomo e anche perché fornisce un materiale importante per l'analisi tossicologica. Oltre che con la trasformazione ed eliminazione dei veleni, l'organismo può difendersi con la fagocitosi o col produrre anticorpi e fermenti disintegrativi, capaci di neutralizzare direttamente o indirettamente l'azione dei veleni. Veleni antigeni, ossia capaci di stimolare la formazione di anticorpi specifici, sono l'abrina, la ricina, i veleni dei serpenti, dei ragni, i veleni batterici, ecc.

g) Condizioni climatologiche o ambientali, come la stagione, la temperatura, la pressione atmosferica, le correnti aeree, la luce, lo stato igrometrico, la nebbia, possono avere influenza sull'azione dei veleni, specialmente gassosi, emessi in condizioni industriali o belliche. Nella vallata della Mosa, fra Huy e Liegi, dove esistono fabbriche di prodotti chimici e dove una nebbia intensa, che si estese anche a una gran parte del Belgio, permase immobile dal 10 al 5 dicembre 1930, parecchie migliaia di persone soffrirono di disturbi respiratorî improvvisi, con tosse, dispnea, dolori, e si ebbero oltre 70 decessi, specialmente fra i vecchi, gli asmatici, i cardiaci. Il 6 dicembre la nebbia si dissipò e i disturbi cessarono nella maggior parte dei malati. Una commissione di periti, che studiò il fenomeno, lo attribuì all'acido fluoridrico e alle anidridi solforosa e solforica emessi dai camini delle fabbriche. Anche gli 800 casi della cosiddetta malattia di Haff, sviluppatasi fra i pescatori della laguna (Haff) del Mar Baltico presso Danzica, nel 1924, 1925 e 1926, si ebbero specialmente in giornate nebbiose, fra coloro che, per pescare, dovevano sporgersi sull'acqua. Dopo numerose interpretazioni e ricerche, la malattia di Haff venne attribuita all'emanazione di idrogeno arsenicale che, con l'aiuto della vegetazione lacustre, si formava nell'acqua della laguna, dove venivano a sboccare i rifiuti arsenicali di alcune officine della costa.

Materiale di analisi e ricerche. - Il materiale d'analisi raccolto dal medico curante, dal medico settore o dall'autorità giudiziaria, può essere costituito dalle medicine, bevande, alimenti, antidoti e sostanze sospette somministrate alla vittima, da essudati, vomiti, urine, biancheria con macchie sospette, da recipienti di cucina, dalla tappezzeria o dall'aria dell'ambiente, in cui è avvenuto l'avvelenamento e, nel caso che questo abbia avuto esito letale, anche dai visceri e dai liquidi cadaverici e talvolta anche dagli oggetti, che si trovano nella cassa mortuaria a contatto del cadavere (bottoni, gioielli, medaglie, fiori artificiali, antisettici e anche il legno, le vernici e i chiodi della cassa), come pure dal terreno del cimitero dove la cassa fu sotterrata. Qualora il cadavere sia stato cremato, il materiale di ricerca è costituito dalle ceneri e le ricerche rimangono limitate ai soli veleni metallici non volatili, con riserve dovute all'eventuale presenza nel cadavere di medaglie o gioielli, armature dentarie, ecc.

Tutto questo materiale va assoggettato alle ricerche qualitative e quantitative condotte sistematicamente secondo le norme dell'analisi tossicologica, delle quali qui non si fa cenno, limitandosi solo a ricordare le ricerche speciali preliminari, da farsi sul materiale, che costituisce la parte più importante dell'analisi tossicologica e cioè i visceri cadaverici.

È opportuno che le prime osservazioni su di essi, il loro prelevamento e la loro conservazione siano eseguiti dallo stesso perito incaricato di fare l'analisi tossicologica. Pertanto è bene che il medico settore, in caso di supposto avvelenamento, abbia, durante l'autopsia, la collaborazione del tossicologo. Questi potrà così fare dei rilievi preliminari importanti e cioè constatare la reazione degli organi e dei liquidi cadaverici, apprezzare odori o aspetti caratteristici per un determinato veleno (fosforo, acido cianidrico, idrogeno solforato, ammoniaca); potrà eseguire all'atto stesso dell'autopsia, per mezzo di cartine reattive, alcune semplici reazioni atte a svelare veleni volatili o facilmente alterabili; potrà, fra le sostanze destinate alla disinfezione del cadavere o delle mani del settore o dei ferri da dissezione, sconsigliare quelle che siano tossiche o intralcino in altra maniera la successiva analisi, potrà prelevare del materiale sospetto rinvenuto nello stomaco e custodirlo nella maniera più conveniente per l'analisi. Inoltre, poiché l'autopsia ha anche lo scopo di raccogliere i visceri destinati all'analisi tossicologica, anche per tale compito è utile la presenza del tossicologo, il quale potrà scegliere opportunamente il liquido destinato a preservare gli organi dalla putrefazione (alcool, formalina, ghiaccio, aria liquida, anidride carbonica solida), in maniera da non intralciare le operazioni analitiche e talvolta potrà giudicare prudente non usare affatto alcun mezzo conservativo, specialmente se l'analisi può essere effettuata entro breve tempo.

Se l'autopsia segue a notevole distanza dalla morte, è necessario rilevare anche lo stato di putrefazione del cadavere, non solo dal lato anatomo-patologico, perché la putrefazione può avere alterato la struttura anatomica di alcuni organi o averli distrutti, ma anche dal lato analitico, perché la putrefazione può attaccare e trasformare, fra i veleni organici eventualmente presenti negli organi, quelli che sono meno resistenti agli agenti della putrefazione, come alcuni alcaloidi, e rendere così vana o più diffificile la ricerca tossicologica. Inoltre nella putrefazione possono formarsi sostanze basiche organiche, che presentano alcuni caratteri analitici e fisiologici simili a quelli degli alcaloidi e potrebbero quindi, nella ricerca analitica, essere scambiati con questi. Francesco Selmi, che scoprì tali basi (1872) e le chiamò ptomaine, indicò i procedimenti per impedire che detta analogia possa condurre a errori analitici, che potrebbero tradursi anche in errori giudiziarî.

Perizia tossicologica e elementi di giudizio. - Al perito tossicologo incaricato di eseguire una perizia relativa a un avvelenamento, possono essere proposti vari quesiti generali e speciali, che precisano il campo delle sue investigazioni. I quesiti più comuni sono: esiste nel materiale in esame una sostanza venefica? qual'è tale sostanza? in quale quantità la sostanza venefica era contenuta nel materiale in esame? la sostanza riscontrata è atta, per la sua qualità e quantità a determinare un avvelenamento o a provocare la morte? l'avvelenamento fu simulato? il veleno fu somministrato in vita o fu introdotto dopo la morte? si formò spontaneamente nell'organismo vivente o nel cadavere? proviene dal terreno? dalla cassa? da oggetti che accompagnavano il cadavere? l'avvelenamento avvenne per accidente, per errore, per abuso terapeutico? a scopo omicida o suicida?

Per potere rispondere a tali quesiti il chimico e il medico legale raccolgono e vagliano tutti i diversi criterî di giudizio che risultano dall'istruttoria, dall'anamnesi, dai sintomi, dal decorso clinico dell'avvelenamento, dall'analisi tossicologica e dalle prove fisiologiche di controllo (v. avvelenamento).

Bibl.: B. Orfila, Traité des poisons tirés des régnes minéral, végétal et animal, ou toxicologie générale, Parigi 1813, 1818, 1826, 1843, 1852; G. Dragendorff, Die gerichtlich-chemische Ermittelung von Giften in Nahrungsmitteln, Luftgemischen, Speiseresten, Körperteilen, Bologna 1868, 1876, 1888, 1895; F. Selmi, Sulla esistenza di principi alcaloidici nei visceri freschi e putrefatti, ivi 1872, e memorie successive; J. Otto, Anleitung zur Ausmittelung der Gifte bei gerichtlich-chemischen Untersuchungen, Brunswick 1856, 1884, 1892; A. Rabuteau, Éléments de toxicologie et de médecine légale appliqués à l'empoisonnement, Parigi 1888; L. Lewin, Lehrbuch der Toxicologie, Vienna 1885, 1897, 1907; P. Brouardel e J. Ogier, Le laboratoire de toxicologie, Parigi 1891; D. Vitali, Manuale di chimica tossicologica, Milano 1893, 1896; J. Ogier, Traité de toxicologie, Parigi 1899; R. Kobert, Lehrbuch der Intoxikationen, Stoccarda 1902-06; Compendio di tossicologia pratica, Milano 1915; W. Autenrieth, Nachweiss und Bestimmung der Gifte auf chemischen Wege, Berlino 1921; Auffindung der Gifte, Tubinga 1923; H. Zangger, Vergiftungen, Lipsia 1924; J. Ogier e E. Kohn-Abrest, Traité de chimie toxicologique, Parigi 1924; G. Coronedi, Diagnosi e terapia degli avvelenamenti, Firenze 1926; E. Mameli, Chimica tossicologica, Torino 1927; L. Launoy, Leçons sur la toxicité, Parigi 1935; R. Douris, Toxicologie moderne, ivi 1935; R. Fabre, Leçons de toxicologie, ivi 1935; P. Mascherpa, Tossicologia, Torino 1936; A. Risi, Veleni ed avvelenamenti, Napoli 1936. Per la storia della tossicologia, oltre alle voci alchimia; farmacologia; medicina; veleni, alle opere classiche sulla storia della chimica e ai trattati citati, vedi: A. Benedicenti, Malati, medici e farmacisti, Milano 1924; C. Pedrazzini, La farmacia storica e artistica italiana, ivi 1934. Per la statistica sugli avvelenamenti, oltre ad alcuni dei trattati citati, vedi: L. Hugounenq, Traité des poisons, Parigi 1891, e le memorie periodiche dell'Istit. di farmacol. e tossicol. dell'univer. di Firenze, pubblicate dal prof. Coronedi e dai suoi collaboratori (1917-34).