Trapassato prossimo

Enciclopedia dell'Italiano (2011)

trapassato prossimo

Eva Wiberg

Definizione

Il trapassato prossimo (chiamato anche, più raramente, piuccheperfetto) è uno dei ➔ tempi composti dell’➔indicativo, il cui principale significato consiste nell’indicare un evento compiuto prima di un altro evento del passato (➔ temporalità, espressione della).

Dal punto di vista formale ha la seguente struttura: una voce all’imperfetto indicativo del verbo ausiliare (essere o avere) + il participio passato del verbo, eventualmente accordato (➔ participio; ➔ accordo):

(1) i giovani avevano finito

(2) le ragazze erano partite

Ovviamente, nei verbi cosiddetti difettivi (ad es., soccombere, urgere, vertere, prudere, ecc.), privi del participio passato, manca anche il trapassato prossimo.

Funzioni

Il trapassato prossimo ha una varietà di funzioni, alcune delle quali consistenti (come s’è detto) nell’indicare la localizzazione temporale di un evento, altre di altra natura (soprattutto pragmatica).

Funzioni temporali

2.1.1 Anteriorità. Il trapassato prossimo esprime un rapporto di anteriorità rispetto a un altro evento passato, codificato principalmente mediante il ➔ passato remoto. Tale funzione si osserva soprattutto nelle sequenze di frasi principali coordinate:

(3) Il giorno dopo mastro Titta era andato da Canali a radergli la barba, allorché suonarono il campanello e Canali andò a vedere colla saponata al mento (Verga 2002: 297)

Nell’esprimere il rapporto di anteriorità rispetto ad altri tempi al passato (anche al ➔ passato prossimo, al ➔ presente storico e ad altri trapassati prossimi), il trapassato prossimo fornisce l’ancoraggio per questi tempi (come nel precedente es. 3), ma presuppone anche la presenza (implicita o esplicita, come in 4: nel dicembre 1853) di un momento di riferimento:

(4) Nel dicembre 1863, ’Ntoni, il maggiore dei nipoti, era stato chiamato per la leva di mare. Padron ’Ntoni allora era corso dai pezzi grossi del paese, che son quelli che possono aiutarci. Ma don Giammaria, il vicario, gli aveva risposto che gli stava bene (Verga 19706: 56)

Lo stretto collegamento con altri tempi fa sì che il trapassato prossimo appaia spesso in frasi subordinate (➔ subordinate, frasi; ➔ concordanza dei tempi; cfr. Vanelli 1991), innanzitutto temporali (➔ temporali, frasi):

(5) siccome aveva finito di allenarsi, Paolo si fece la doccia

(6) dopo che si era fatta la doccia, Luisa prendeva sempre un’aranciata

e nelle relative (➔ relative, frasi):

(7) Nel suo nuovo ozio, cominciò a entrargli in corpo una gran vergogna di tutto quel tempo che aveva speso a far qualcosa in questo mondo (Alessandro Manzoni, I promessi sposi IV)

È tipica dell’italiano la sequenza formata da una frase principale con trapassato prossimo + frase temporale introdotta con quando o quand’ecco e passato remoto:

(8) avevamo appena parcheggiato, quando/quand’ecco mi si fece avanti un brutto ceffo

La concordanza dei tempi propria dell’italiano fa sì che i tempi al passato nel ➔ discorso diretto cambino in trapassato prossimo nel ➔ discorso indiretto al passato:

(9) Paolo disse: «ho preso la patente» → Paolo disse che aveva preso la patente.

2.1.2 Trapassato prossimo come forma semplificata. Per effetto dei processi di ➔ semplificazione dei tempi verbali in atto nella lingua parlata poco sorvegliata, il trapassato prossimo appare anche nel ➔ periodo ipotetico, sia nella protasi (come accade soprattutto nella lingua ➔ substandard e colloquiale; ➔ colloquiale, lingua) sia nell’apodosi, al posto del trapassato congiuntivo e del passato condizionale, soprattutto in riferimento al significato modale d’irrealtà (➔ modalità; cfr. Bertinetto 1991: 110; Mazzoleni 1992: 177):

(10)

a. se avevo dato ragione a te, non mi trovavo nei guai adesso

b. se non ero stato malato, ti avevo avvisato che non venivo

In certi contesti si può stabilire un rapporto di simultaneità tra altri tempi verbali al passato, come l’imperfetto e il trapassato prossimo. Per ottenere tale effetto è necessario che il momento dell’evento arrivi a inglobare il momento di riferimento (si tratta dunque di un uso «inclusivo» del trapassato prossimo; Bertinetto 1986: 461):

(11) mentre leggevo la sua risposta avevo capito il perché di tante cose

Pur esprimendo un’azione avvenuta nel passato e conclusa, il trapassato prossimo, a differenza del ➔ passato prossimo, non può essere considerato un tempo deittico. Il processo che esso esprime è in genere avvenuto prima del momento dell’enunciazione, ma, a differenza di quello indicato dal passato prossimo, non può avere un rapporto diretto con il momento dell’enunciazione. In (12 b.) la frase con trapassato prossimo, ad es., non può stare da sola senza il supporto del momento di riferimento (ad es., un’aggiunta come prima dell’arrivo di mia madre). Dal trapassato prossimo non si può nemmeno dedurre la distanza tra momento dell’enunciazione e momento dell’avvenimento:

(12)

a. ho appena finito i compiti

b. ?avevo già finito i compiti

A differenza del ➔ trapassato remoto, il trapassato prossimo può apparire anche quando il momento di riferimento non si colloca subito dopo la conclusione del momento dell’avvenimento:

(13)

a. Ugo arrivò a casa quando la famiglia aveva già finito di mangiare

b. *Ugo arrivò a casa quando la famiglia ebbe già finito di mangiare

Il trapassato prossimo, in quanto esprimente compiutezza nel passato, può assumere funzioni generalmente proprie del ➔ passato prossimo, come quella di indicare che l’esperienza del soggetto si è verificata almeno una volta nel passato (Bertinetto 1991: 103 segg.) :

(14) fino a quel giorno Lisa non aveva mai incontrato sua zia

Con ➔ verbi telici il trapassato prossimo può esprimere la rilevanza dell’evento ancora al momento attuale:

(15) Batino aveva già deciso di non abbandonare mai più quella vita, e pensando che si sarebbe gettato, per sempre randagio tra i pendii polverosi […], si arrovellava creando un suo domani pieno di capre e con spazi aperti dove pascolare (Cannavacciuolo 2002: 198).

Il trapassato prossimo onnitemporale

Come il passato prossimo, il trapassato prossimo implica che gli effetti permangono, indipendentemente dal momento dell’enunciazione (Bertinetto 1991: 106):

(16) nel nostro campo, è solo a cose fatte che ci si accorge se l’idea aveva avuto successo.

Valori aspettuali e modali

In genere, il trapassato prossimo presenta il processo come globale e concluso rispetto ad altre espressioni temporali con cui appare. È dunque una forma verbale dall’➔aspetto essenzialmente perfettivo. La compatibilità con avverbiali di tempo come in X tempo e per X tempo mette in evidenza tale valore (Bertinetto 1991: 55):

(17) Carla aveva passeggiato nel parco per un’ora

L’aspetto compiuto si nota anche quanto il trapassato prossimo ha senso iterativo (➔ iterazione, espressione della). Con questa forma, infatti, si può indicare quante volte un evento si è ripetuto, una specificazione che non è possibile con l’imperfetto (Bertinetto 1991: 107):

(18)

a. Lisa era andata in Francia cinque volte l’anno scorso

b. *Lisa andava in Francia cinque volte l’anno scorso

In particolari contesti, e soprattutto perché l’ausiliare permette la lettura imperfettiva, l’aspetto espresso è quello abituale, purché non si tratti di verbi stativi:

(19) quell’anno, ogni mattina si era svegliato e le aveva portato il caffè

L’aspetto imperfettivo di tipo inclusivo si ha quando il momento dell’avvenimento include anche il momento di riferimento:

(20) Paola, che si era preparata per il parto da molto tempo, non fu tanto sorpresa dalla velocità con cui le nacque il primo figlio

Come l’➔imperfetto, così il trapassato prossimo può avere significato modale, soprattutto per via dell’ausiliare all’imperfetto, le cui caratteristiche, in certe circostanze, si riflettono sulla forma composta. Ad es., si noti il trapassato prossimo di tipo irreale, di fantasia, in un contesto in cui non si può determinare la fine del processo espresso (Bertinetto 1991: 104):

(21) Ben presto Claudio si immedesimò nel protagonista del racconto. Era lui che aveva tratto in salvo la casta duchessa, lui che aveva affrontato la masnada degli sbirri, lui e solo lui che aveva strappato la maschera dal volto del falso e perverso arcivescovo

Va poi segnalato il trapassato prossimo cosiddetto attenuativo o di cortesia (➔ mitigazione), tipico della lingua colloquiale, che assomiglia all’imperfetto attenuativo e viene usato per esprimere il desiderio o la richiesta del parlante. Nondimeno, a differenza dell’imperfetto, l’evento del trapassato è presentato come già compiuto rispetto al momento dell’enunciazione:

(22) ero venuto a restituirti il tuo libro [= sono effettivamente venuto].

Il trapassato prossimo nel testo

Il trapassato prossimo appare spesso in narrazioni di eventi al passato (➔ testi narrativi). In questi casi esso serve, insieme ad altre forme verbali, a esprimere eventi di secondo piano o di sfondo rispetto alla trama principale, mentre gli eventi di primo piano si esprimono con tempi perfettivi come il ➔ passato remoto o il ➔ passato prossimo (Weinrich 1978).

La somiglianza con l’imperfetto progressivo si nota in (23), in cui l’evento al trapassato prossimo può essere considerato come imperfettivo e di sfondo. L’unica differenza tra l’imperfetto è il trapassato prossimo è la localizzazione dell’evento rispetto ad un momento di riferimento (tutto il giorno), per cui esso risulta compiuto rispetto alla continuazione della frase (e al cader della sera contemplava ...):

(23) Tutto il giorno Efix, il servo delle dame Pintor, aveva lavorato a rinforzare l’argine primitivo da lui stesso costruito un po’ per volta a furia d’anni e di fatica, giù in fondo al poderetto lungo il fiume: e al cader della sera contemplava la sua opera dall’alto, seduto davanti alla capanna sotto il ciglione glauco di canne a mezza costa sulla bianca Collina dei Colombi (Deledda 1979: 31)

Nelle narrazioni il trapassato prossimo dà all’evento un valore di antefatto, con funzione soprattutto riassuntiva o anticipatoria degli eventi che seguono (Bertinetto 1991: 103):

(24) Nanni l’Orbo s’era installato come un papa in casa di don Gesualdo. Mangiava e beveva. Veniva ogni giorno a empirsi la pancia. Diodata badava a quel che c’era da fare (Verga 2002: 297)

(25) Aveva abbracciato le zie e le altre donne, aveva mangiato bene e ballato come un pastore alla festa. Adesso dormiva e russava (Deledda 1979: 91).

Aspetti diacronici

Il trapassato prossimo appare in latino volgare quando si crea la nuova perifrasi con l’imperfetto di habēre e il participio passato. La perifrasi del nuovo trapassato prossimo si trova, ad es., in un documento del 682 (Tekavčić 1972: 293):

(26) quod […] de fisco nostro comparatum habebat

Nell’➔italiano antico il trapassato prossimo esprime in generale le stesse caratteristiche espresse sopra: indica l’anteriorità rispetto ad altri eventi al passato e costituisce lo sfondo a fatti espressi soprattutto dal passato remoto (Brambilla Ageno 1978: 228 segg.):

(27) Li uomini poi che ’ntorno erano sparti

s’accolsero a quel loco, ch’era forte

per lo pantan ch’avea da tutte parti

(Dante, Inf. XX, 88-90).

Fonti

Deledda, Grazia (1979), Canne al vento, Milano, Mondadori.

Cannavacciuolo, Angelo (2002), Guardiani delle nuvole, Baldini & Castoldi (1a ed. 1999).

Manzoni, Alessandro (1953), Opere, Milano - Napoli, Ricciardi.

Verga, Giovanni (2002), Mastro-don Gesualdo, Milano, Mondadori.

Verga, Giovanni (19706), I Malavoglia, a cura di C. Simioni, Milano, Mondadori.

Studi

Brambilla Ageno, Franca (1978), Verbo: indicativo. Sintassi, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1970-1978, 6 voll., vol. 6° (Appendice. Biografia, lingua e stile, opere), pp. 222-233.

Bertinetto, Pier Marco (1986), Tempo, aspetto e azione nel verbo italiano. Il sistema dell’indicativo, Firenze, Accademia della Crusca.

Bertinetto, Pier Marco (1991), Il verbo, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1991, pp. 13-161.

Mazzoleni, Marco (1992), “Se lo sapevo non ci venivo”: l’imperfetto indicativo ipotetico nell’italiano contemporaneo in Linee di tendenza dell’italiano contemporaneo. Atti del XXV Congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana (Lugano, 19-21 settembre 1991), a cura di B Moretti, D. Petrini & S. Bianconi Roma, Bulzoni, pp. 171-189.

Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (1991), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 2º (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione).

Tekavčić, Pavao (1972), Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 2º (Morfosintassi).

Vanelli, Laura (1991), La concordanza dei tempi, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1991, pp. 611-632.

Weinrich, Harald (1978), Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo, Bologna, il Mulino (ed. orig. Tempus. Besprochene und erzählte Welt, Stuttgart, Kohlhammer, 1964).

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