Traspirazione

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

traspirazione

Laura Costanzo

Il vapore acqueo che esce dalla pianta

La maggior parte dell’acqua che le piante assorbono dal terreno ritorna all’atmosfera sotto forma di vapore: tale processo si chiama traspirazione. Le foglie sono gli organi principali deputati a svolgere la traspirazione che avviene attraverso l’epidermide e gli stomi, le piccole ‘bocche’ che si aprono o si chiudono a seconda della necessità della pianta e da cui esce il vapor d’acqua ed entrano ed escono altri gas come l’ossigeno e l’anidride carbonica

Vaporiere che refrigerano l’ambiente

Le piante rilasciano nell’atmosfera gran parte dell’acqua che assorbono dal suolo, dove essa cade sotto forma di pioggia o di neve. L’acqua assorbita con le radici serve per veicolare i sali minerali dal terreno verso le diverse parti della pianta e, dato che solo in minima parte viene utilizzata per la fotosintesi o per le altre funzioni vitali, la maggior parte di essa ritorna all’esterno sotto forma di vapore. Affinché ciò avvenga, deve seguire dentro la pianta un percorso ben preciso che parte dalle radici, passa attraverso il fusto, e infine raggiunge le foglie. Se una pianta assorbe attraverso le radici 100 parti di acqua, 90 di queste saranno poi rilasciate all’esterno: questo processo, che avviene soprattutto attraverso le foglie, si chiama traspirazione. Mentre fusti o fiori traspirano ma in quantità molto ridotta, le foglie sono organi specializzati dove la traspirazione avviene con una maggiore intensità grazie alla forma appiattita che espone una superficie molto ampia a contatto con l’aria.

Proprio a questo fenomeno è dovuto uno dei tanti effetti benefici delle piante sull’ambiente. Tutti, per esempio, conoscono la sensazione di refrigerio che si prova entrando in un bosco, soprattutto in una giornata estiva, calda e soleggiata. L’ambiente più fresco non è dovuto solo all’ombra delle chiome degli alberi, ma anche al maggiore grado di umidità dovuto alla traspirazione delle piante.

Milioni di bocche per controllare l’evaporazione

Le piante assorbono continuamente l’acqua dal suolo (o dall’aria, come nel caso delle orchidee epifite) attraverso le radici. Essa passa poi lungo i vasi conduttori, canali sottilissimi che scorrono entro il fusto fino alle foglie. Una volta arrivata qui, l’acqua scorre lungo le nervature fogliari raggiungendo speciali ‘camere’ dove evapora grazie al calore del Sole. Le camere di evaporazione, che i botanici chiamano camere sottostomatiche, sono situate dentro la foglia proprio in corrispondenza di microscopiche aperture, dette stomi (dal greco stòma, «bocca»), situate sulla superficie fogliare.

Anche se il numero di stomi varia da pianta a pianta, si può stimare che ci siano per ogni pianta mediamente milioni di piccole ‘bocche’ a garantire la fuoriuscita del vapore acqueo. Gli stomi si aprono e si chiudono secondo le necessità della pianta. Quando si ha una buona disponibilità di acqua nel terreno si aprono, mentre in condizioni di siccità tendono a chiudersi per limitare le perdite idriche.

Attraverso gli stomi avviene anche l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte della pianta che la utilizza durante la fotosintesi per produrre sostanze come gli zuccheri. Ecco perché traspirazione e fotosintesi sono due processi strettamente legati tra loro. Attraverso gli stomi, le piante assorbono l’anidride carbonica dell’atmosfera ed emettono all’esterno sia l’ossigeno sia il vapore acqueo.

Due speciali sentinelle: le cellule di guardia

La maggior parte delle piante che vivono alle nostre latitudini hanno foglie che presentano stomi soprattutto sulla superficie inferiore. Ogni stoma è delimitato da due speciali cellule per lo più a forma di rene, dette cellule di guardia, che gonfiandosi o sgonfiandosi di acqua cambiano forma. Quando le cellule di guardia si riempiono d’acqua si allungano e si incurvano verso l’esterno lasciando al centro una piccola fessura comunicante con l’atmosfera. Il percorso del vapore acqueo avviene dall’interno all’esterno della foglia perché, essendo molto concentrato all’interno, tende a diffondersi spontaneamente verso l’aria esterna. Milioni di piccolissimi stomi situati sulla superficie della foglia emettono così un filo di vapore durante la maggior parte della giornata, soprattutto nelle ore più calde. Se però la pianta non ha a disposizione nel terreno acqua a sufficienza gli stomi si chiudono e la perdita di vapore acqueo è ostacolata: le due cellule di guardia perdono acqua, si sgonfiano e le loro pareti, raddrizzandosi, si riaccostano chiudendo l’apertura.

È sempre attraverso lo stoma aperto che l’anidride carbonica si diffonde dall’atmosfera verso l’interno della foglia, o in senso inverso. Il percorso dell’anidride carbonica dipende infatti dalla concentrazione di questo gas dentro la foglia. Durante il giorno, la sua concentrazione è scarsa perché l’anidride carbonica è continuamente utilizzata per la fotosintesi, per cui entra attraverso lo stoma. Di notte, al contrario, l’anidride carbonica fuoriesce perché, interrompendosi la fotosintesi, si accumula entro la foglia quale prodotto della respirazione.

Strategie per limitare la perdita di vapore acqueo

Tutti gli organismi viventi, in particolare le piante, hanno bisogno di una quantità notevole di acqua: un girasole può assorbire fino a 1 l di acqua al giorno e una quercia addirittura più di 100 l.

Temperature elevate e vento sono fattori che tendono a favorire la traspirazione, ovvero la perdita d’acqua, e le piante nel corso dell’evoluzione hanno adottato diverse strategie per limitarla.

La superficie delle foglie, per esempio, è ricoperta da un sottile strato di cuticola, sostanza impermeabile che ostacola le perdite idriche. Anche la fitta peluria che riveste le foglie di alcune piante ha lo stesso scopo, perché aumentando la capacità di riflettere i raggi del sole diminuisce la temperatura della foglia stessa e quindi quella dell’acqua interna, ostacolando l’evaporazione. Altre piante hanno foglie molto piccole con un minore numero di stomi. Alcune piante, infine, sono prive di foglie perché trasformate in spine. È il caso di quelle che vivono soprattutto in ambienti aridi come i cactus o i fichi d’India in cui è il fusto a essere verde e quindi coinvolto nella fotosintesi e nella traspirazione. Se si considera che quanto maggiore è la superficie a contatto con l’aria tanto più elevata è la traspirazione, si può capire l’enorme vantaggio che queste piante hanno ottenuto perdendo del tutto le foglie.

La guttazione

In particolari condizioni, dalle foglie di alcune piante fuoriesce acqua sotto forma di piccolissime goccioline. È questa la guttazione, cioè l’emissione di acqua allo stato liquido. Analogamente a quanto avviene con la traspirazione, la guttazione fa sì che la pianta elimini l’acqua in eccesso. È un fenomeno che si può osservare, per esempio, durante le prime ore della giornata o di notte, quando l’atmosfera è carica di vapore acqueo o quando le temperature sono così basse da impedire l’evaporazione. L’unico modo per distinguere la guttazione dalla rugiada è quello di osservare con attenzione le gocce d’acqua. Le gocce di rugiada, che si formano dalla condensazione del vapore acqueo dell’aria, coprono la superficie di tutti gli oggetti freddi, comprese le pietre. Sulla foglia, perciò, formano un velo continuo su tutta la superficie, a differenza delle goccioline dovute alla guttazione che si raccolgono solamente ai margini della foglia.

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