Trattato di Fusione

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

Trattato di Fusione

Michele Comelli

Trattato firmato a Bruxelles l’8 aprile 1965 tra gli allora 6 Paesi membri delle Comunità europee (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) ed entrato in vigore il 1° luglio 1967; istituiva un Consiglio e una Commissione unici per tutte le Comunità europee create dai Trattati di Roma del 1957 (Comunità Economica Europea, CEE e Comunità Europea dell’Energia Atomica, CEEA) o da essi riconfermate (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, CECA). Il T. di F. unificava le Commissioni della CEE e della CEEA e l’Alta Autorità della CECA in un’unica Commissione, denominata Commissione delle Comunità europee (art. 9/Trattato), e i 3 Consigli in un unico Consiglio (art. 1/Trattato). Inoltre, l’accordo faceva confluire il sistema di finanziamento delle attività comunitarie e la struttura di bilancio, basata su un bilancio generale e su una procedura di adozione unica (➔ anche CEE; CECA).

Processo di fusione delle istituzioni comunitarie

Per quanto riguarda le altre istituzioni delle Comunità, al momento della firma dei Trattati di Roma  (➔ Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea), la ‘Convenzione relativa a talune istituzioni comuni’ aveva già stabilito che il Parlamento europeo (➔), allora denominato Assemblea parlamentare, e la Corte di giustizia (➔ Corte di giustizia dell’Unione Europea) operassero come istituzioni comuni alle 3 Comunità. Alla fusione delle istituzioni, però, non si accompagnava un’unificazione delle loro funzioni, le quali restarono fondamentalmente separate. Ogni istituzione, infatti, pur essendo composta dalle stesse persone per tutte e 3 le organizzazioni, agiva ora come organo di una Comunità, ora come organo di un’altra. Espressamente unificato dal T. era un unico atto di tali istituzioni, la Relazione Generale sull’attività delle Comunità, che la Commissione era tenuta a pubblicare con cadenza annuale. Il T. di F. degli esecutivi si era reso necessario, poiché risultava talvolta difficile individuare lo specifico settore di intervento di ciascuna delle 3 Comunità. Inoltre, le discordanze esistenti tra settori simili rendevano complicata l’elaborazione di politiche comuni in ambiti di primaria importanza quali, per es., quello dell’energia. L’accordo, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, rappresentava il primo passo in direzione della fusione dei trattati istitutivi delle Comunità in uno solo, resa, per l’appunto, più agevole da quella degli esecutivi comunitari. ● In particolare, i padri fondatori dell’Europa avevano sentito chiaramente, già all’indomani della stipula dei Trattati di Roma, l’esigenza di giungere a una fusione degli esecutivi comunitari; tuttavia, le resistenze politiche degli Stati membri avevano impedito di procedere in breve tempo alla loro unificazione. Tra le questioni su cui si dovette trovare un accordo figurava, per es., quella relativa ai poteri della futura Commissione unificata. Infatti, le Commissioni della CEE e della CEEA (➔ anche EURATOM) non avevano esattamente gli stessi poteri dell’alta autorità della CECA, che era più indipendente rispetto agli Stati membri. Inoltre, anche la questione della sede comune delle istituzioni era stata al centro dell’attenzione, insieme a quella del numero dei commissari. Il T. di F. degli esecutivi è stato abrogato (1997) dal Trattato di Amsterdam (➔ Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione Europa, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi) che, all’art. 9 ne richiama, tuttavia, alcuni dei principi fondamentali.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Commissione delle comunità europee

Trattato di amsterdam

Parlamento europeo

Trattati di roma

Paesi bassi