TRE CORPI, Problema dei

Enciclopedia Italiana (1937)

TRE CORPI, Problema dei

Roberto MARCOLONGO

Con tal nome, da A.-C. Clairaut in poi (1745), si designa il problema della determinazione del moto di tre corpi, supposti ridotti ai loro centri di massa, soggetti mutuamente alla legge di gravitazione newtoniana (v. gravitazione; potenziale), nell'ipotesi, cioè, che due qualunque di essi si attraggano con forze agenti secondo la congiungente i centri dei corpi, proporzionalmente al prodotto delle masse e in ragione inversa del quadrato della loro distanza. L'origine del problema, immediata generalizzazione di quello dei due corpi risoluto dal Newton, è appunto dovuta all'applicazione del sistema newtoniano alla teoria del moto della Luna per l'azione della Terra e del Sole (Clairaut, 1751; J.-B. d'Alembert, 1753; L. Euler, 1753, 1772).

I principî della meccanica classica condussero subito questi geometri a stabilire con metodi varî le equazioni differenziali del moto di ciascun corpo; cioè, valendosi di coordinate cartesiane, un sistema di nove equazioni differenziali del 2° ordine, di cui si assegnarono subito i sei integrali del moto del centro di massa del sistema, i tre integrali delle aree o della costanza del momento risultante dell'impulso, l'integrale che ora si chiama della conservazione dell'energia (v. dinamica, nn. 16-17); in tutto, cioè, dieci relazioni finite tra le nove coordinate dei tre centri di massa e le nove componenti ortogonali delle loro velocità. I primi nove di questi integrali sono lineari rispetto alle coordinate e alle velocità; l'ultimo è quadratico rispetto alle velocità e algebrico rispetto alle coordinate. Ciò viene agevolmente provato in ogni trattato di meccanica. Ma essi non sono sufficienti alla determinazione delle diciotto incognite del problema; e tutti gli sforzi dei geometri del sec. XVIII per dedurre dalle equazioni differenziali del problema altre combinazioni integrabili, ossia altri integrali primi, riuscirono infruttuosi. Dopo le ricerche di H. Bruns (v. appresso) è ora nota la ragione di tale insuccesso.

Si assegnarono tuttavia due soluzioni particolari, che si sono mostrate particolarmente importanti per recenti applicazioni. La prima è quella in cui i tre corpi sono costantemente in linea retta (Euler, 1763) e il rapporto delle distanze tra il primo e il secondo e tra il secondo e il terzo rimane costante. Il problema si risolve in modo completo e offre il primo esempio di una soluzione periodica, poiché il secondo e terzo corpo descrivono periodicamente delle coniche aventi il fuoco nel primo corpo. Il rapporto costante soddisfa inoltre a un'equazione di 5° grado di cui K. Bohlin ha fatto (1907) uno studio profondo. La considerazione di questo caso ha importanza per la ricerca dei centri di librazione (v. appresso: D).

La seconda (Lagrange, 1772) è quella in cui i tre corpi sono sempre ai vertici di un triangolo equilatero (di lato variabile) e descrivono periodicamente delle coniche aventi il fuoco nel centro di massa dei tre corpi. La scoperta fatta dal 1906 al 1908 di quattro pianetini, costituenti il cosiddetto gruppo troiano dai nomi loro imposti (v. troiani, pianetini), ognuno dei quali insieme col Sole e con Giove costituisce approssimativamente la configurazione di un triangolo equilatero, ha conferito grande importanza a questo caso.

Per la sua importanza scientifica, per la sua intima relazione con le teorie più elevate dell'analisi e della meccanica analitica, per le applicazioni sempre più numerose ai problemi del sistema del mondo, il famoso problema dei tre corpi (lo indicheremo brevemente problema classico) ha dato luogo a un numero rilevantissimo di ricerche da parte dei più famosi geometri del secolo XIX e fino ai nostri giorni. Ecco in qual modo - sia pur sinteticamente - si possono raggruppare queste ricerche.

A) Riduzione del sistema di equazioni differenziali del problema all'ordine minimo. L'integrazione del sistema di equazioni differenziali del problema classico, in cui non comparisce esplicitamente il tempo, sfruttando i dieci integrali noti, può essere ricondotta a quella di un sistema di sesto ordine. È questa la massima riduzione ottenuta dai geometri nel caso generale e con metodi svariatissimi.

Il Lagrange (1772) ha mostrato che basta determinare i lati del triangolo formato dai tre corpi, perché, dopo ciò, la determinazione delle coordinate dei vertici viene ricondotta alle quadrature. Il sistema di equazioni differenziali nelle distanze dei tre corpi è del settimo ordine e, non contenendo esplicitamente il tempo, si poteva ridure a uno del sesto. Sebbene non in forma del tutto esplicita, si era col fatto compiuta una nuova integrazione.

Tale riduzione, già implicita nella celebre memoria del Lagrange, è stata esplicitamente ottenuta in varî modi. Un metodo classico (C. G. J. Jacobi, 1842) è quello di riferire al secondo corpo il primo; il terzo al centro di massa dei primi due, sostituendo così ai tre corpi altri due fittizî rotanti intorno al centro di massa di due dei corpi e soggetti a forze derivanti da un potenziale. Il loro movimento si può, in prima approssimazione, ritenere come un moto kepleriano (v. cinematica, n. 18) e poiché nel sistema di cinque equazioni differenziali di 1° ordine e di una sesta di 20, in cui non figura esplicitamente il tempo, viene eliminata la longitudine del nodo ascendente, così la riduzione a un sistema di sesto ordine viene spesso indicata col nome di eliminazione dei nodi nel problema dei tre corpi.

Altri metodi assai semplici ed eleganti sono dovuti a J. Bertrand (1854); a J.-E. Bour (1858) che in tale riduzione si è valso di sistemi hamiltoniani; a R. Radau (I868), cui è dovuta un'importante generalizzazione della trasformazione di Jacobi; a S. Lie (1875); a H. Bruns (1887); a H. Poincaré (1896), che si è valso di una trasformazione di contatto che non altera la forma canonica delle equazioni del moto; e infine a E. T. Whittaker e T. Levi-Civita (1914).

B) Ricerche di integrali algebrici, analitici e uniformi. - Iniziate dal Bruns (1877), esse non diedero che risultati negativi. È stato infatti dimostrato dal Bruns che nel problema classico (e anche in quello degli n corpi) il ciclo degl'integrali algebrici nelle coordinate e nelle componenti delle velocità, e dipendenti oppur no dal tempo, è completo coi dieci ben noti integrali; e che nel sistema ridotto del 6° ordine non è ulteriormente possibile una separazione di variabili con trasformazioni algebriche di contatto.

Non esiste altresì, all'infuori dei noti, nessun integrale algebrico rispetto alle componenti delle velocità (P. Painlevé, 1898).

Risultati più generali, ma relativi al problema ristretto (v. D), si debbono al Poincaré. Nel problema classico e nell'ipotesi che le masse siano sufficientemente piccole, egli dimostrò (1890-92) che non esistono, all'infuori dei noti, altri integrali analitici e uniformi rispetto alle variabili kepleriane.

Questi importanti risultati negativi rendono quindi infinitamente poco probabile una soluzione diretta in termini finiti del problema classico.

C) Soluzioni per serie infinite; regolarizzazione del problema classico. - Il concetto di questi metodi, applicati dai primi investigatori, è il seguente. Il moto del primo corpo rispetto al secondo (trascurando il terzo) è un moto kepleriano cioè un problema di due corpi; la presenza del terzo perturba tale movimento e non fa più rimanere fissa la traiettoria ellittica e i suoi elementi (eccentricità, grande asse, inclinazione). Agevolmente si stabiliscono le equazioni differenziali, cui soddisfano le variazioni o ineguaglianze degli elementi ellittici, e se ne tentò l'integrazione approssimata. Essa conduce ad esprimere le dette ineguaglianze mediante serie contenenti il tempo sotto forma trigonometrica (termini periodici) e con termini aventi il tempo a fattore (termini secolari); e questi, data la periodicità dei fenomeni celesti, non avrebbero dovuto figurare.

Le soluzioni per serie trigonometriche costituirono, almeno sotto l'aspetto formale, oggetto di estese ricerche di S. Newcomb, A. Lindstedt, C.-E. Delaunay, F. Tisserand, H. Gylden, K. Bohlin. Ma lo studio profondo di questi metodi è stato fatto dal Poincaré, al quale è dovuta la capitale osservazione che tutte le serie trigonometriche adoperate sono divergenti (1882-1896), ma, secondo la qualifica introdotta dallo stesso Poincaré, asintotiche (v. serie, n. 12), talché, per valori non troppo grandi del tempo, si possono utilizzare ai fini dei calcoli numerici. E sono del pari da citarsi, su questo delicato argomento, i lavori del Bruns (1884).

Gli sforzi degl'investigatori si volsero ad altri metodi e precisamente ricorsero alla rappresentazione degli elementi del moto (coordinate, velocità) mediante serie intere di un'opportuna variabile, convergenti per qualsiasi valore del tempo; si ricercò cioè quella rappresentazione che ben a ragione, in un certo senso, si può chiamare la soluzione rigorosa del problema classico.

Poiché a denominatore nelle espressioni delle forze intervengono i cubi delle distanze dei tre corpi, esse perdono il loro carattere analitico se due dei corpi coincidono (collisione semplice) o coincidono tutti e tre (collisione generale); e quindi le coordinate dei tre corpi non sono funzioni regolari del tempo. Invece si può provare che il moto è regolare in ogni intervallo di tempo in cui non avvengono urti; e quando cessa di essere regolare, o avviene una collisione generale oppure una collisione semplice e la distanza dei due corpi in urto dal terzo tende a un limite finito (Painlevé, 1896). Nel caso di una collisione generale tutte e tre le costanti delle aree sono nulle (C. Weierstrass). Le condizioni di urto, fra le condizioni iniziali, furono assegnate da T. Levi-Civita (1903) pel problema ristretto (una condizione), da G. Bisconcini (1904) pel problema classico (due).

Finalmente K. Sundman (1912), escludendo il caso di una collisione generale, ha potuto rappresentare tutti gli elementi del moto, compreso il tempo, mediante serie sempre convergenti, qualunque sia il numero delle collisioni semplici, di un'opportuna variabile ausiliaria in corrispondenza biunivoca col tempo, assegnando così la prima soluzione rigorosa del problema classico, ossia ottenendo ciò che si chiama la continuazione analitica del moto dopo una collisione semplice, e raggiungendo, sia pure per via indiretta, la regolarizzazione del problema classico.

La stessa, ma diretta, regolarizzazione è stata ottenuta dal Levi-Civita (1915-1916) sia pel problema ristretto sia per quello classico. Altre notevoli ricerche connesse con quelle del Sundman si debbono a H. Block, G. Armellini, J. Chazy.

D) Ricerche sul problema ristretto dei tre corpi, o problema asteroidico. Le soluzioni periodiche. - È il caso particolare del problema classico, considerato per primo da C. G. J. Jacobi (1836), in cui due corpi di massa finita ruotano circolarmente e uniformemente intorno al loro centro di massa, e il terzo, mobile nel piano dei primi due o nello spazio, ha massa trascurabile rispetto agli altri due (asteroide o pianetino); problema di somma importanza pratica per l'applicazione al moto dei piccoli pianeti attratti dal Sole e da Giove, quando si trascuri l'inclinazione e l'eccentricità di Giove rispetto al Sole, e che ha dato luogo al gruppo più importante e più esteso di ricerche.

Ad esso si applicano, con notevoli semplificazioni, quasi tutti i risultati conseguiti pel problema classico. Giova però in modo particolare rilevare che è in tal caso possibile costruire una relazione analitica uniforme, caratteristica per gli urti passati (eiezioni) e futuri (collisioni); che è stata del pari ottenuta la regolarizzazione, conservando la forma canonica alle equazioni del moto, ed è stato assegnato, in una regione sufficientemente piccola di un punto di collisione, un nuovo integrale uniforme diverso da quello dell'energia (T. Levi-Civita, 1903); e che infine nel problema ristretto riesce egualmente l'applicazione del metodo del Sundman (G. Amiellini, 1914).

Il problema si riduce a quello del moto relativo dell'asteroide rispetto a due assi ortogonali rotanti uniformemente intorno al centro di massa dei due corpi S e J di cui uno è appunto la retta SJ. L'integrale dell'energia, riferito ai due assi mobili, è chiamato l'integrale di Jacobi.

La ricerca di una soluzione per serie trigonometriche, dedotta con costante impiego delle equazioni canoniche, applicabile ai bisogni dell'astronomia, fu fatta da C. Delaunay (1866); ma le serie ottenute sono poco convergenti.

Si debbono a G. W. Hill (1877) la scoperta del primo esempio di una soluzione periodica in vicinanza delle masse, lo studio della forma della traiettoria relativa del pianetoide col variare della costante dell'integrale di Jacobi, e la determinazione di metodi di calcolo più rapidi (in confronto a quelli del Delaunay) per l'applicazione al moto della Luna. In questi metodi, la cui dimostrazione rigorosa è dovuta al Poincaré (1886), è notevole l'applicazione dei determinanti infiniti, nonché la considerazione delle superficie limiti (o curve limiti, nel moto piano dell'asteroide), su cui la velocità è nulla e che separano le regioni di spazio (o di piano) in cui la velocità è reale da quelle in cui è immaginaria. Sono della massima importanza per lo studio della stabilità del moto.

Complementi, applicazioni, estensioni della massima importanza del metodo di Hill, sono dovute a I. C. Adams, E. W. Brown, P. H. Cowell.

G. Darwin (1896) ha accuratamente studiata la curva di velocità nulla in condizioni più generali di quelle di Hill; supponendo SJ = 1, eguale a uno la massa di S e eguale a μ quella di J per valori di h (costante dell'integrale di Jacobi) da 40,50 sino a 33. Consta anzitutto di tre rami chiusi (tre ovali quasi circolari); uno, α, molto piccolo intorno a S; un secondo, β, intorno a J; un terzo, γ, che abbraccia i primi due. Col decrescere di h, α e β ingrandiscono fino ad intersecarsi in un punto L1 di SJ e interno al segmento SJ, formando una specie di lemniscata; poi tale lemniscata, sempre interna a γ, assume la forma di clessidra e va a ricongiungersi a γ in un altro punto di SJ, L2, esterno al segmento e dalla parte di J; quindi si trasforma in una curva a ferro di cavallo e in un certo momento presenta un punto doppio L3 sulla SJ esterno al segmento e dalla parte di S, e poi infine si riduce a due punti L4, L5, vertici dei due triangoli equilateri descritti sopra SJ. I cinque punti nominati sono i cinque centri di librazione.

È uno dei grandi titoli di gloria del Poincaré l'aver fondato, con metodi nuovi e geniali, lo studio profondo delle soluzioni periodiche nel problema ristretto e più in generale quello delle soluzioni periodiche delle equazioni della dinamica; studî riassunti in una famosa memoria degli Acta mathematica e poi nelle Méthodes nouvelles (1883-1899). Tali lavori hanno aperto nuove vie alla scienza, rinnovando i vecchi metodi; hanno costituito l'inizio d'importanti e svariate applicazioni, di nuove ricerche e scoperte da parte di E. F. v. Haerdtl, C. Burrau, G. Darwin, S. S. Hough, H. C. Plummer, ecc., fino a quelle recentissime di F. S. Moulton, S. E. Strømgren e G. D. Birkhoff.

G. Darwin in pazienti, poderosi e faticosi lavori (1896-1910) ha calcolato e disegnato numerose orbite periodiche corrispondenti a varî valori della costante h dell'energia (da h = 40 sino a h = 37); assegnando in particolare un'orbita periodica stabile intorno a S e che non avvolge J; quella descritta da un satellite stabile intorno a J e di un satellite oscillante intorno a L1, instabile e dotato di moto retrogrado; studiando infine le orbite periodiche intorno ai varî centri di librazione.

Sono del pari da ricordare i lavori del Moulton sulle orbite chiuse di eiezione e sulle relazioni tra varie famiglie di orbite periodiche e tutta la serie dei lavori recentissimi di Strømgren e dei suoi allievi.

I geometri hanno dedicato altresì buon numero di ricerche al problema degli n corpi e di molti e interessanti casi particolari.

Bibl.: R. Marcolongo, Il problema dei tre corpi da Newton (1686) ai nostri giorni, Milano 1919; J. Lagrange, Øeuvr. compl., VI, Parigi, pp. 299-324; G. C. Jacobi, Gesamm. Werke, IV, pp. 295-314; G. Hill, Collec. Math. Works, I, pp. 284-335; H. Poincaré, Acta Mathematica, XIII, pp. 1-278; id., Les méthodes nouvelles de la Mécanique céleste, voll. 3, Parigi 1892-97; E. T. Whittaker, A Treatise on the analytical Dynamics of Particles and Rigid Bodies, with an Introduction to the Problem of Three Bodies, 3a ed., Cambridge 1927; C. L. Charlier, Die Mechanik des Himmels, Lipsia 1902; G. Darwin, Scientific Papers, IV, pp. 1-113, 140-181, Cambridge 1911; F. R. Moulton, Periodic Orbits, Washington 1914.