TRIESTE

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

TRIESTE (XXXIV, p. 327)


La piovosità media annua (anni 1841-1923) va precisata in 1082,4 mm.; nell'anno vi sono in media 114,5 giorni piovosi, con una minima distribuzione nei mesi da dicembre a marzo, e da maggio a luglio. La bora è notevolmente scemata in violenza ed anche in frequenza, forse in parte per il progressivo rimboschimento dell'altipiano carsico.

La popolazione di Trieste (comune) risultò nel censimento del 1936 (21 aprile), di 252.437 abitanti presenti (alla stessa data i residenti furono 248.379). Nel dicembre 1937 gli abitanti presenti nel comune sono saliti a 254.296. L'odierna densità demografica media per kmq., facendo astrazione della popolazione militare, è nel comune di 2593 ab., nella città vera e propria di 24.636 ab., nei distretti suburbani di 2754 ab. e nella zona agricola di 174 ab. Gli stranieri presenti nel 1936 erano 5565, di cui 4756 con dimora abituale ed i nuclei più rappresentati erano gli Iugoslavi (1235), gli Austriaci (889), i Greci (711) e i Polacchi (617).

Nel campo delle costruzioni navali la città vanta una tradizione secolare; il suo più antico cantiere era lo squero Panfili (1779-1852). Vi hanno sede i Cantieri Riuniti dell'Adriatico, la più potente organizzazione industriale del genere del Mediterraneo, comprendente nei suoi stabilimenti di Trieste, Monfalcone, ecc. quattro cantieri, una fabbrica macchine, fonderie di ghisa e bronzo, officine aeronautiche, officine ponti e gru ed officine elettromeccaniche.

In merito alle società di navigazione è da notarsi che col 1° gennaio 1937, il Lloyd Triestino aumentò la sua flotta e che la Cosulich e la Libera Triestina cessarono di esistere e le loro flotte passarono in parte all'"Italia" di Genova e in parte al Lloyd Triestino. Quest'ultimo dispone attualmente (1° gennaio 1938) di 74 navi con una stazza lorda di 606.891,52 tonnellate.

Trieste è in pieno rinnovamento edilizio ed ha assunto in questi ultimi anni l'aspetto di una città moderna e monumentale con vie larghe e rettilinee e vaste piazze.

È già stato portato alla sua fase risolutiva un piano quinquennale che comprendeva: la fognatura, lo sventramento e risanamento dei vecchi rioni, l'apertura di nuove scuole, la costruzione di una stazione centrale per le autocorriere, la costruzione d'un mercato coperto e d'un grande mercato centrale e la sistemazione ed il restauro del castello di S. Giusto. Quest'ultimo, oltre ad essere ridivenuto uno dei monumenti storici più importanti di Trieste, è la sera luogo preferito di riunione della cittadinanza e dei forestieri e d'estate sede di mostre storiche e artistiche e di concerti da camera.

In quattro anni furono costruite quattro scuole elementari, un nuovo liceo-ginnasio e tre scuole materne. Oggi la città dispone di un numero di scuole d'ogni grado, pressoché sufficienti per la sua popolazione scolastica di quasi trentamila alunni.

Per l'applicazione del piano regolatore, approvato dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici, nel 1934, furono già demoliti (dicembre 1937) nei rioni di Città Vecchia e di Barriera Vecchia, ben 230 stabili con 1486 abitazioni. Le demolizioni suscitano contemporaneamente nuove costruzioni razionali, di carattere monumentale, segnatamente sul Corso Vittorio Emanuele e sulla nuova Piazza dell'Impero. Dal 1925 all'ottobre 1937 furono costruiti 1826 edifici con 9516 abitazioni.

Monumenti (p. 330). - Il teatro romano, di cui si sono scoperti tra il 1937 e il 1938 i superbi avanzi, oltreché essere uno dei meglio conservati e piti belli dal lato stilistico, è anche uno dei più interessanti per la chiarezza con cui offre elementi nuovi ai problemi archeologici. Edificato, come attesta una lapide, sotto Traiano, dalla munificenza d'un valoroso capitano tergestino, Quinto Petronio Modesto, aveva una capienza di 3000 spettatori e la scena rivolta verso la gradinata semicircolare. La sua cavea, nel cui perimetro si dissotterrarono cospicui tesori statuarî, ricorda quello di Fiesole; per altri elementi invece si allaccia ai teatri di Aosta, Pompei e Orange. Adibito più a rappresentazioni sceniche che a ludi gladiatorî, fu nei tempi di mezzo impropriamente chiamato arena e diede, con aferesi veneta, il nome al quartiere di Rena, che oggi viene in parte demolito.

In perfetto stato di conservazione si trova il cosiddetto Arco di Riccardo, che trae il suo nome forse da Riccardo Cuor di Leone, che sbarcò a Trieste di ritorno dalla terza crociata. Esso è uno dei più antichi archi trionfali di Augusto (probabilmente 32 a. C.).

Nella cattedrale di S. Giusto è da ricordare la tomba dei Borboni di Spagna del ramo carlista, che si apre ai piedi dell'estrema cappella della navata destra. Sotto semplici lastre marmoree riposano don Carlo V (morto nel 1855) con le sue due consorti ed i figli don Carlo VI conte de Montemolin (morto nel 1861) con la moglie, don Giovanni (morto nel 1887) col figlio - il celebre don Carlo VII duca di Madrid (morto nel 1909) - e don Fernando (morti nel 1861).

Altri esempî dell'architettura barocca, oltre quelli già ricordati, sono: il palazzo dei conti Marenzi in Via dei Rettori, quello di Piazza della Borsa che oggi ospita il Credito Italiano, la chiesa della B.V. del Soccorso (1774), la chiesa greco-orientale di S. Nicolò (1786), la palazzina dei Leo, in Via S. Sebastiano e l'aitiguo palazzo dei conti Brigido (1737), che ospitò il 29 aprile 1797 Napoleone Bonaparte. In Via Duca d'Aosta sorge la monumentale neoclassica villa Bonaparte, che ospitò nell'esilio Gerolamo Bonaparte. In Via Cavana si trova il palazzo, ora vescovile (1797), dove morì il 26 dicembre 1820 Joseph Fouché. Il menzionato (p. 331) palazzo Chiozza (1801) fu demolito nel 1925, per dar posto a un grande palazzo arieggiante pure lo stile Impero.

Degli edifici moderni degni di nota sono del Bruni il Palazzo municipale (1874); del Macciacchini la chiesa serbo-ortodossa di S. Spiridione (1868) e dello Zimmermann la chiesa evangelica (1875); del Bruno il Politeama Rossetti (1878); dell'Artmann il Palazzo del governo (1905); del Braidotti il Frenocomio (1908); di Ruggero Berlam, oltre la sinagoga (1912), il teatro Fenice (1879) e il palazzo della Riunione Adriatica di Sicurtà (1914); di Enrico Nordio il palazzo della Banca Commerciale Italiana (1909) e quello del Tribunale (1912-33), ultimato dal figlio Umberto.

Accanto alle tre antiche colonne imperiali di Ferdinando I (1560) sul Piazzale di S. Giusto, di Leopoldo I (1660) in Piazza della Borsa e di Carlo VI (1728) in Piazza Unità, opera di scultori veneziani, e alle due fontane del Mazzoleni (1754) in Piazza Unità e Piazza Ponte Rosso, sono degni di menzione, oltre al monumento ai Caduti e a quello di Oberdan, dovuti ad Attilio Selva, quello innalzato a Giuseppe Verdi nel 1906, che fu distrutto dall'Austria il 24 maggio 1915 e fu rifuso nel bronzo nel 1926 dallo stesso suo autore Alessandro Laforêt e il monumento al patriota, giureconsulto e petrarchista Domenico de Rossetti (1774-1842), opera di Rivalta e Garella (1901). Monumento insigne è il Faro della Vittoria (1927), che "splende e ricorda i caduti del mare"; opera del triestino Arduino Berlam e per la parte statuaria del triestino Giovanni Mayer, esso è uno dei più importanti e moderni fari del mondo e ha un raggio illuminante di 35 miglia.

Istituti di cultura e musei (p. 334). - Nel maggio 1938 l'università di Trieste fu ingrandita con l'aggiunta alla facoltà di scienze commerciali, di quella di giurisprudenza e scienze politiche. L'archivio di stato raccoglie la ragguardevole mole di 44.763 buste e volumi, con atti che vanno dal 1209 al 1922 e una biblioteca di oltre 11.000 opere.

Il Museo civico di storia ed arte trae la sua origine dall'erezione del cenotafio a Giovanni Winkelmann assassinato a Trieste l'8 giugno 1768. Opera di Antonio Bosa (1818), il monumento fu promosso da Domenico de Rossetti e inaugurato nel 1833 nella parte bassa del cimitero di S. Giusto, soppresso nel 1825. A onorare il padre dell'archeologia moderna il Rossetti volle attorniare il suo monumento con tutte le antiche pietre scolpite che erano sparse per la città e che dal 1688 si raccoglievano in parte nell'odierna Piazza Unità. Sorse così l'attuale Orto lapidario (1843) e da questo poi (1873) il Museo civico di antichità, la cui parte centrale e più cospicua è formata dalle collezioni di altissimo pregio, segnatamente per l'arte etrusca e della Magna Grecia, donate nel 1910 dalla baronessa Paolina Sartorio e dalla contessa Anna Segrè Sartorio. Purtroppo da queste ultime mancano i 192 disegni del Tiepolo, che si trovano ancora a Lubiana, dove furono trasportati dall'Austria nel 1917. Il corredo fotografico documentario del museo raggiunge oggi 5000 negative e 23.668 positive. Il cimelio più prezioso dell'Orto lapidario è la lunga biografia del senatore romano Fabio Severo, scolpita sul piedestallo che reggeva la sua statua equestre.

A modifica di quanto affermato a p. 334 si specifica che i cimelî napoleonici sono rimasti aggregati al Museo di storia patria, riordinato e ingrandito dopo la sua separazione da quello del Risorgimento (1934).

Nel civico museo Revoltella di belle arti fra gli artisti regionali defunti che vi figurano, sono ancora degni di nota: Barison, Grimani, Grünhut, Pezzicar e Alfredo Tominz; fra gli artisti nazionali: Barcaglia, Canonica, Canova, Favretto, Hayez, Domenico e Girolamo Induno, Magni, Marchesi, Nono, Saltini, Natale Schiavoni, Vela e Zona; fra gli stranieri Brandt, Carpentier, Delacroix, Geoffroy, Isabey, Angelica Kauffmann, Makart e Moreau de Tours. Uno dei cimelî più preziosi che vi è conservato è un vaso di Sèvres, donato nel 1819 da re Luigi XVIII.

Nel 1937 è sorto l'Ente autonomo del teatro, il quale si è proposto di ridare nuova vita al Teatro comunale Giuseppe Verdi (1801), erede del Teatro S. Pietro (1690-1801). La cultura musicale è promossa anche dalla Società dei concerti.

Giornali e riviste. - Le più antiche officine tipografiche triestine di qualche importanza furono quelle di Antonio Turrini (1626), del Trattner (1756), dei padri mechitaristi (1776) e di Giacomo Tommasini (1783), trasformatasi poi (1785) in Cesarea Regia Priv. Stamperia Governiale. Quest'ultima stampò L'Osservatore Triestino, gazzetta fondata nel 1784 dall'arcade Giuseppe de Coletti, la quale sopravvisse sino al 1933. Prima di essa ebbero vita effimera gli Avvisi utili (1765) e il Triester Welt-Korrespondent (1781-1782), del tedesco Moll, editore dell'Almanacco mercantile di Trieste (1780), che si pubblicava in italiano. Benedetto Frizzi creò poi Il Giornale medico e letterario di Trieste (1790-1791). Nel 1829 Domenico de Rossetti fondò L'Archeografo triestino, la rivista principe cittadina che tuttora continua ad uscire annualmente e forma la più preziosa raccolta di memorie, notizie e documenti che concernano la storia della regione Giulia. Il Lloyd Austriaco (oggi Lloyd Triestino) pubblicò poco dopo il suo Giornale (1835-1851) e fondata nel 1850 la sua terza sezione (Società letterario-artistica) con una tipografia perfetta e uno stabilimento per incisioni in acciaio e xilografia, iniziò la pubblicazione di pregiate edizioni di varie opere; le Letture di famiglia (1852-1862), tra i più bei giornali italiani illustrati del tempo e poi la Biblioteca classica italiana (1856-1860), monumento eminente letterario e patriottico. Dopo il'48 i giornali si moltiplicarono e nel campo nazionale il più benemerito e battagliero fu L'Indipendente (1877-1914), come dal 1836 al 1846 ne era stata la rivista letteraria La favilla per opera dei patrioti Orlandini, Madonizza, Dall'Ongaro, Somma e Gazzoletti.

Oggi vi si pubblicano due quotidiani Il Piccolo (1881), con i supplementi Il Piccolo della sera e Le ultime notizie, e il Popolo di Trieste (1920); la Rivista mensile della città di Trieste (1928), edita dal comune e la rivista mensile di studî sulla guerra e di problemi giuliani e dalmati La Porta Orientale, fondata nel 1931 dalla Compagnia volontarî giuliani e dalmati e notevole per gli studî storici per lo più regionali che contiene.

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