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TRILOBITI

di Giuseppe CHECCHIA-RISPOLI - Enciclopedia Italiana (1937)
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TRILOBITI (lat. scient. Trilobitae, dal gr. τρίλοβος "trilobo")

Giuseppe CHECCHIA-RISPOLI

Gruppo di Crostacei paleozoici, elevato a seconda degli autori ora al rango di sottoclasse, ora a quello di ordine, il cui nome deriva dalla presenza di due solchi longitudinali, che si estendono, più o meno distintamente, da un'estremità all'altra del corpo, dividendolo in tre lobi uno mediano e due laterali. La forma generale del corpo è più o meno ovale allungata, più o meno gonfia; la superficie è liscia od ornata di rughe, tubercoli, creste, solchi, ecc. Il corpo era rivestito di una cuticola formata di straterelli di carbonato e di fosfato di calcio, dello spessore massimo di 1 mm., che è la sola parte conservata allo stato fossile. Trasversalmente il corpo è distinto in tre parti: testa, torace e pigidio.

Morfologia. - La testa di una trilobite è composta di 5 metameri fusi, circondati da un limbo e comprende una parte mediana gonfia, la glabella, che presenta spesso dei solchi, traccia della segmentazione primitiva; a destra e sinistra della glabella vi sono due parti laterali o guance, che portano gli occhi. Una linea di maggior resistenza, o linea di sutura, che assume un importante posto nella classificazione, separa ogni guancia in due parti: una fissa e una mobile. Il limbo si continua spesso nella parte posteriore in due punte o corna, dette punte facciali, e poi si ripiega in basso ventralmente, formando una ripiegatura più o meno larga. Poche Trilobiti erano cieche: la maggior parte avevano occhi semplici oppure composti; in quest'ultimo caso gli occhi sono formati di ocelli, talora molto numerosi, ciascuno dei quali ha il suo cristallino: questi ocelli o sono avvicinatissimi (occhi a faccette) o separati l'uno dall'altro (occhi aggregati). Il numero di essi varia molto e in certi Asaphus ne sono stati contati sino a 12.000 per un occhio composto. Gli occhi talora sono sessili, cioè riposano direttamente sulla guancia, come in Aeglina, o sono portati da lunghi peduncoli immobili, come in Asaphus Kowalewski. Gli occhi sono portati dalle guance mobili e hanno la superficie visiva rivolta verso l'esterno. Il torace è composto di un numero molto variabile di anelli o sterniti, articolati tra di loro, i quali constano di una parte mediana, mesosternite, e di due laterali, pleurosterniti: l'insieme delle prime costituisce il rachide o asse e l'insieme delle seconde le costole del torace. Il numero delle sterniti è variabile e va da un minimo di due (Agnostus) a un massimo di 42 (Menomonia). Vi sono 3 tipi di pleure: piane (Illaenus), a creste (Acidaspis) e a solchi (Paradoxides). La disposizione articolata degli anelli permetteva a molte trilobiti d'avvolgersi su sé stesse, come le Cloporte. Il pigidio, al contrario del torace, è composto di un certo numero di anelli saldati fra loro, talvolta ancora distinti; in certi casi scompare ogni traccia di segmentazione, la quale molto raramente si lascia riconoscere sulla faccia ventrale. Il bordo del pigidio, come quello della testa e del torace, s'inflette ventralmente.

Per molto tempo si rimase nell'incertezza riguardo alla natura della faccia ventrale e delle appendici. Per primo fu riconosciuto un pezzo situato al disotto della testa, nella linea mediana del corpo, articolantesi con il bordo frontale, l'ipostoma, che sembra corrispondere al labbro superiore dei Crostacei.

L'esistenza di questo pezzo è senza dubbio generale nelle Trilobiti, sebbene non sia stato ritrovato in tutte le specie; la sua forma e grandezza forniscono ottimi caratteri sistematici. Poi furono scoperte tracce d'appendici articolate, nel 1870 si scoprì un esemplare di Asaphus con la faccia ientrale che conservava ancora attaccate 8 paia d'appendici. Le ricerche di C. D. Walcott eseguite col metodo delle sezioni sottili, sostenute a fissare le nostre conoscenze sulla faccia ventrale e sulle appendici delle Trilobiti. Più tardi le scoperte di fossili eccezionalmente ben conservati, cioè di un Asaphus megistos, del calcare di Trenton, di un Trinucleus tessellatus dell'Ordoviciano di New York, e soprattutto di un Triarthrus Becki dell'Ordoviciano di Rome (U. S. A.) piritizzato, hanno confermato le ricerche del Walcott e completato le nostre conoscenze sulla morfologia delle Trilobiti. Queste avevano una membrana, che aderiva alle ripiegature del guscio chiudendo la cavità viscerale. Degli archi solidi sostenevano questa membrana e fornivano dei punti d'inserzione delle zampe.

La bocca era situata ventralmente dietro l'ipostoma e l'ano si apriva all'estremità del pigidio. Ogni segmento del corpo, salvo l'anale, era provvisto d'appendici formate d'una porzione basale con due branche formate di parecchi articoli. Avanti la bocca vi era un paio d'antenne, fatte di molti articoli, che si potevano ripiegare sul ventre; dietro la bocca vi erano 4 paia d'appendici, di cui i pezzi basali funzionavano come mascelle. Le ultime appendici toraciche e quelle del pigidio avevano i loro articoli disposti in lamelle foliacee, che servivano al moto e alla respirazione, come si vede in Apus vivente.

Sviluppo. - Si trovano spesso negli scisti a Trilobiti dei piccoli corpi sferici od ovoidi a superficie brillante o zigrinata, interpretati come uova di Trilobiti. Altri, un po' più grossi, sono forme embrionali di diversa età, di guisa che si può seguire lo sviluppo di questi fossili, come se si trattasse di viventi. La più semplice di queste forme larvali, che sembra comune a tutte le Trilobiti, è chiamata Protaspis; è un corpo ovoide che non sorpassa 1 mm. di lunghezza. La regione cefalica a 5 anelli è la più sviluppata; il pigidio è molto ridotto; per passare da questa forma larvale all'adulta, il corpo dell'animale si accresce per intercalazione di segmenti toracici; poi il pigidio si sviluppa; la glabella si modifica; le guance libere aumentano di dimensioni e infine appare l'ornamentazione.

Modo di vita. - Le Trilobiti erano adattate a condizioni molto diverse. Esse avevano nei mari paleozoici un posto analogo a quello dei Crostacei superiori nei mari attuali. Alcune si trovano nei depositi di scogliera in compagnia di Brachiopodi e di Gasteropodi a guscio pesante e vivevano a debole profondità. Altre vivevano sul fondo del mare; degli scisti, molto ricchi di trilobiti, presentano infatti impronte e sorta di piste che vanno certamente attribuite a loro. Certe, a pigidio spinoso, appuntito, potevano infossarsi parzialmente nella melma in acque poco profonde, come l'attuale Limulus, mentre altri generi con occhi grossi dovevano essere pelagici e talora notturni. Infine sembra che talune, prive d'occhi, fossero vissute nelle grandi profondità marine. In ogni modo il potere locomotorio e natatorio delle Trilobiti spiega la loro vasta ripartizione.

Affinità. - Sin da principio si sono avvicinate le Trilobiti ai Fillopodi foliacei, il cui corpo non è mai trilobo. Il Limulo o granchio delle Molucche, che è un Merostoma (v.), ha anche qualche analogia con le Trilobiti. Il corpo è trilobo, gli occhi offrono la stessa posizione e la stessa struttura; in un certo momento gli embrioni del Limulo somigliano a Trilobiti; ma le membra sono molto differenti. La maggior parte degli autori le considerano come un ordine speciale della sottoclasse Entomostraci o Crostacei inferiori.

Classificazione e distribuzione stratigrafica. - Per classificare le Trilobiti si sono utilizzati successivamente: numero dei segmenti del corpo, assenza, presenza e forma degli occhi, caratteri delle pleure, guance, facoltà di avvolgersi, ecc. Ma tutte le classificazioni proposte per stabilire le grandi divisioni non sono soddisfacenti. Le divisioni minori o famiglie sembrano, al contrario, assai naturali, ma le loro mutue relazioni restano da precisare. Si può dire, in via generale, che le forme inferiori sono quelle in cui il numero dei segmenti è poco fissato e in cui i segmenti sono più saldati. Si conoscono oltre 200 generi di Trilobiti con più di 2000 specie. Esse erano già molto numerose e molto differenziate nel Cambrico, ciò che implica un'origine assai remota.

I Mesonacidi, Olenidi, Conocorifidi, Agnostidi e Dicellocefalidi forniscono i tipi principali delle faune cambriane a Trilobiti con i generi Nevadia la più antica trilobite conosciuta, Olenellus, Paradoxides, Olenus, Olenopsis, Ptychoparia, Agnostus, Dicellocephalus. Il massimo. sviluppo delle Trilobiti è nel Silurico inferiore, segnatamente per l'abbondanza di Asafidi, Illenidi e Trinucleidi, che dànno un' impronta caratteristica. Per mezzo di un certo numero di specie di Agnostus e isolati rappresentanti di Olenidi, la fauna del Silurico inferiore si collega a quella cambriana; mentre per un maggior numero di forme appartenenti a Calimmenidi, Cheiruridi, Encrinuridi, Arpedidi si collega a quelle del Silurico superiore, dove le famiglie Acidaspidi, Facopidi, Bronteidi, e Proetidi raggiungono il loro apogeo. Nel Silurico superiore la ricchezza delle Trilobiti è considerevolmente scemata. Questa diminuzione si fa sentire maggiormente nel Devonico: quivi solo gli appartenenti a Facopidi e Proetidi sono largamente rappresentati, mentre lo sono meno assai i Cheiruridi, Calimmenidi, Bronteidi, Arpedidi, Acidaspidi e Licadidi. Nel Carbonico dell'Eurasia e America Settentrionale permangono ancora alcuni rappresentanti dei Proetidi, i quali nel Permico si estinguono con il gen. Phillipsia e affìni. Le Trilobiti sono ottimi fossili del Paleozoico, specialmente in quello più antico. In Italia le Trilobiti si trovano nel Cambrico e Silurico della Sardegna, nel Paleozoico delle Alpi Carniche e nel Permico della Sicilia.

Bibl.: H. Burmeister, Die Organisation der Trilobiten, Berlino 1843; Ph. Lake, A monograph of the British Cambrian Trilobites, in Palaeontograph. Soc., LX-LXII (1906-1908); C. D. Walcott, the Trilobites, in Bull. Mus. Comp. Zool., VIII (1881); Cambrian Trilobites, in Smits. Misc. coll., LIII (1908), n. 1805; LXIV (1916), nn. 3 e 5.

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