di Anna Bordoni
Stato insulare dell'America Meridionale, al largo delle coste venezuelane. La popolazione del piccolo Stato era di 1.262.366 ab. al censimento del 2000 e tende a diminuire per il saldo negativo (−0,87% nel 2006) dovuto all'emigrazione. È composta da indiani (40% al cens. 2000), neri (37,5%), meticci (20,5%) e da un'esigua percentuale di bianchi.
L'economia, in piena espansione, è basata sullo sfruttamento delle ricche riserve di idrocarburi (soprattutto gas naturale), settore che da solo contribuisce per ben il 40% alla formazione del reddito nazionale e rappresenta l'83% delle esportazioni. Le industrie derivate e il settore metallurgico sono anch'essi in via di potenziamento. Questa favorevole situazione ha permesso al Paese di raggiungere ormai da parecchi anni un surplus della bilancia commerciale, malgrado l'aumento delle importazioni di beni strumentali legate all'incremento industriale, la crescita della domanda interna e la carenza del settore agricolo che determina la necessità di prodotti alimentari. La struttura produttiva tipicamente monocolturale comporta un certo numero di rischi e, per mantenere a lungo termine la sua intensa crescita (il PIL ha registrato un incremento del 5,6% nel periodo 1995-2004), il Paese ha necessità di procedere a una diversificazione dell'economia. Ancora nel 2007 i marcati conflitti sociali ed etnici rendono particolarmente complesso l'avvio di riforme produttive e sociali.
di Silvia Moretti
Alle soglie del 21° sec. la vita politica del piccolo Stato caraibico appariva dominata da due partiti, gli unici rappresentati in Parlamento: ossia l'United National Congress (UNC), di orientamento socialdemocratico e con potenti adesioni nell'ambito della comunità indiana, e il Peoples's National Movement (PNM), moderatamente nazionalista e sostenuto dai discendenti degli immigrati africani. Le elezioni generali del dicembre 2001 assegnarono ai due partiti lo stesso numero di seggi (18), ma un leggero scarto di voti in favore del PNM fece sì che il leader di quest'ultimo, P. Manning, fosse nominato primo ministro. Nonostante gli accordi postelettorali di collaborazione tra le due formazioni, l'UNC boicottò la normale attività parlamentare, avanzando la richiesta di nuove elezioni. Mentre si accendeva lo scontro tra le formazioni, alcuni deputati e ministri dell'UNC della precedente legislatura venivano accusati di frode e di corruzione.
Dopo l'ennesimo tentativo di eleggere il presidente del Parlamento, Manning fece l'annuncio di elezioni politiche anticipate per l'ottobre del 2002; in questa occasione il PNM conquistò 20 seggi e l'UNC 16, e Manning venne confermato nel suo incarico. Nel suo programma di governo si ribadiva la necessità di conciliare le tensioni razziali tra la comunità indiana e quella nera, e di risolvere la questione ancora aperta dell'autonomia di Tobago, che aveva comunque un proprio organo di rappresentanza (in occasione delle cui elezioni il PNM conquistò 8 seggi su 12 nel gennaio 2001 e 11 nel gennaio 2005). Nel febbraio 2003 venne eletto presidente della Repubblica il candidato del governo G.M. Richards. Tra il 2004 e il 2005 si intensificarono gli sforzi del governo contro la criminalità: il traffico di armi e di droga, infatti, era considerato la causa principale dell'aumento di omicidi e rapimenti.
Il Paese era sottoposto alle pressioni della comunità internazionale a causa del suo frequente ricorso alla pena di morte: nel giugno-luglio 1999 l'esecuzione di 11 condanne sollevò numerose proteste, anche riguardo alle pessime condizioni di detenzione nelle carceri del Paese.