TRIPODE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi TRIPODE dell'anno: 1966 - 1997

TRIPODE (v. vol. VII, p. 984)

P. Amandry

Il termine τρίπους è un aggettivo che può essere associato a sostantivi diversi e può applicarsi a varî tipi di mobilio (sedie, tavoli, ecc.): tra questi il τρίπους λέϐηςè divenuto nell'uso corrente il t. per eccellenza, sia nel tipo con bacino unito sia indipendente.

T. a bacino inchiodato. - Il tipo è attestato a Cipro, a Creta e nel Peloponneso in epoca micenea. Nella Grecia continentale la metallurgia del bronzo conobbe un'eclisse di circa un secolo, dalla fine dell'XI alla fine del X sec. a.C., che viceversa non si riscontra né a Cipro né a Creta. Il t. a bacino inchiodato, rappresentato in questo lasso di tempo da imitazioni in terracotta (ad Atene), fa la sua ricomparsa in bronzo nel Peloponneso, intorno alla fine del X sec. a.C., con una forma quasi identica a quella dei suoi antenati micenei, dai quali però differisce per la composizione della lega metallica. I bronzi micenei infatti erano ricchi di stagno mentre quelli del IX sec. e della prima metà del- l'VIII ne erano poveri ed erano costituiti da una lega di rame e piombo.

I t. di questo periodo hanno forme massicce: all' inizio i piedi sono decorati da semplici linee verticali e, successivamente, da motivi a spina di pesce, a zig-zag, a spirali e semicerchi a rilievo. A partire dalla metà dell'VIII sec. a.C. nella composizione del bronzo aumenta la percentuale di stagno; le grandi anse circolari, spesso traforate con un motivo di triangoli, sono in taluni casi sormontate da statuette a tutto tondo a forma di cavallo, di uccello o di figura umana. Quasi tutti i t. fusi del IX e dell'VIII sec. erano fabbricati nel Peloponneso, probabilmente a Corinto e ad Argo, ma una produzione originale si mantenne anche a Creta per tutto l'VIII secolo. A partire dalla metà dell'VIII sec., in concorrenza con i t. fusi, compaiono t. in lamina di bronzo, decorati a punzone, di produzione ateniese. Il t. a bacino inchiodato sopravvive con alcuni esemplari nel VII sec.: nella prima metà di quest'ultimo i piedi sono occasionalmente decorati con figurazioni a rilievo disposte entro uno o due pannelli (pòtnia, leoni affrontati, un cavallo, un personaggio ritto sul dorso di un animale, disputa del t. delfico); nella seconda metà del secolo, alcuni piedi sono decorati con scene mitologiche a pannelli sovrapposti a guisa delle bande degli scudi.

Supporti a tre piedi. - Lavorato separatamente e pertanto in grado di reggere ogni tipo di utensile, il sostegno a tre piedi era già attestato a Cipro in età micenea. Esso ricompare nel X sec. a.C. a Creta e nell'Eubea e si diffonde in tutto il mondo greco. I tipi più semplici sono privi di qualsiasi decorazione, ma, nella maggior parte dei casi, i piedi terminano a zampe di leone o a zoccoli di bovide. La loro altezza è assai variabile: quelli più alti sono costituiti da tre verghe dritte e tre arcuate che uniscono i piedi alla corona superiore; i piedi inoltre sono collegati tra loro da verghe orizzontali, sia direttamente, sia con l'interposizione di un elemento mediano di forma generalmente circolare. Questo particolare tipo di t. «a bastoncello» o «a verghette» (Rod-Tripods, Stabdreifüsse) è attestato sia in bronzo sia in ferro o, in alcuni casi, in entrambi i metalli. Nei santuarî della Grecia, a partire dalla fine dell'VIII sec. a.C., il t. a bacino inchiodato viene sostituito, come ex voto, dal calderone (con anse a forma di figure umane alate e con la spalla in alcuni casi ornata da protomi di leoni o di grifi), appoggiato su un supporto indipendente. Tali oggetti erano in parte importati dal Vicino Oriente e in parte creati a imitazione di metalli orientali sia in Grecia sia in Etru- ria. A Olimpia, a Delfi e negli altri santuari greci si sono recuperati solo elementi sparsi di calderoni e di supporti, il che non consente di poter stabilire una relazione diretta tra loro. In alcune tombe dell'Anatolia (Altin Tepe, Gordion), di Cipro (Salamina), dell'Etruria e del Lazio (Palestrina, Cerveteri) e della Gallia (Sainte Colombe) si sono invece ritrovati calderoni intatti appoggiati su un supporto. Non è possibile affermare con certezza che calderone e t. fossero stati eseguiti come complementari l'uno dell'altro: l'identità di origine e di destinazione è peraltro probabile nella maggior parte dei casi. I supporti dei calderoni non erano tutti tripodi: alcuni, soprattutto in Etruria, erano di forma conica, decorati a rilievo, talvolta sormontati da bulbi.

Una particolare categoria è costituita dai t. a verghette di ferro riunite tra loro da elementi di bronzo: piedi (per lo più di bovidi), manicotti nei punti di raccordo tra le verghe verticali e arcuate con la corona superiore, un elemento mediano a forma di cerchio o di blocco triangolare nel punto di giunzione delle verghe orizzontali. Tali elementi in bronzo sono in alcuni casi decorati con teste di animali (bue, ariete, grifo). T. di questo tipo, d'origine orientale, sono stati ritrovati in Assiria (Nimrud), a Cipro (Kourion, Salamina), in Grecia (Olimpia, Delfi), in Italia (Palestrina), in Gallia (Sainte Colombe in Borgogna), in Germania (Kleinaspergle in Baviera).

La produzione dei t. a bastoncelli si prolungò sino all'età classica. Essi venivano dati in premio nei concorsi: dell'arredo della tomba di Filippo II a Verghina faceva parte un t. di bronzo, alto circa cm 60, senza altra decorazione che zampe di leone, vinto intorno al 430 a.C. da un antenato del re macedone nei giochi di Hera ad Argo, come attesta un'iscrizione incisa sulla corona superiore.

T. coregici. - Più che i t. «a bastoncelli», erano quelli del più antico tipo a bacino inchiodato che venivano dati come premio nelle gare: essi compaiono in raffigurazioni ceramiche del VI sec. a.C. nelle quali sono rappresentate corse di carri in occasione dei giochi funebri in onore di Pelias (cratere attico di Klitias ed Ergotimos noto con il nome di Vaso François). In Attica e in Beozia, in età classica ed ellenistica, in occasione dei concorsi drammaturgici o musicali, si premiava il corego vincitore con un t. di bronzo, ma nessuno di questi esemplari è mai stato ritrovato. Il t. però veniva di frequente offerto dal vincitore al santuario nel quale si erano svolti i giochi, cosicché si è rinvenuto un cospicuo numero di basi sulle quali erano stati posti i t., ad Atene (Santuario di Dioniso per le Dionisie, Pythion per le Targelie), a Delo, a Orchome- nòs in Beozia, allo Ptòion, a Coronea, a Oropòs, a Eretria; nel Peloponneso tale usanza è attestata soltanto a Messene.

Da quanto si ricava dalle numerose rappresentazioni di t. sui vasi e sui rilievi (soprattutto attici), questi esemplari arcaizzanti erano del tutto simili ai loro modelli del IX e dell'VIII sec., salvo che per la presenza di tre anse circolari, al posto di due. È sulla base di questo modello che i pittori ateniesi hanno immaginato il t. della Pizia. Le basi dei t. votivi avevano forme diverse: triangolari, rettangolari, circolari. Di regola una colonnina innalzata tra i piedi del t. sosteneva il bacino. Un'iscrizione da Atene del IV sec. a.C. elenca i lavori da effettuare per l'erezione di un tripode. Questo poteva poggiare tanto su una base a uno o due gradini al livello del suolo (come è normale in Beozia), tanto su una colonna (si vedano le due colonne che ancora si innalzano ad Atene sopra il teatro di Dioniso). Eccezionale era il caso di un monumento particolare eretto per reggere il t., come il monumento di Lisicrate ad Atene. Questi t. erano di dimensioni assai grandi: un testo di Kallixenos attribuisce ai t. dati in premio ai coregi dei flautisti un'altezza di 12 cubiti per i concorsi degli adulti e di 9 cubiti (più che 7, cifra riportata dai manoscritti) per quelli giovanili, vale a dire rispettivamente c.a 5 e 3 m, il che corrisponde ai calcoli che erano stati effettuati a proposito dei t. ateniesi delle Dionisie, sulla base della distanza tra i piedi visibili attraverso le impronte rimaste sulle basi.

Anche i t. consacrati ad Apollo a Delfi erano simboli di vittoria: ciò è sicuro nel caso di quelli di Gelone e di Ierone e di quello offerto dai Greci dopo la battaglia di Platea, ma è incerto nel caso del t., alto c.a 3,25 m, che sormontava la colonna di acanto. Anche i t. di Gelone e di Ierone si innalzavano su colonne, a loro volta fissate alle basi campaniformi che sono state ritrovate in situ. Un altro t., anonimo, i cui piedi erano fìssati a una base circolare, era alto c.a 6 m.

Bibl.: T. a bacino inchiodato: C. Rolley, Les trépieds â cuve clouée (Fouilles de Delphes, V, 3), Parigi 1977; M. Maass, Kretische Votivdreifüsse, in AM, XCII, 1977, pp. 33-59; id., Die geometrischen Dreifüsse von Olympia (Olympische Forschungen, X), Berlino 1978 (ree. C. Rolley, in RA, 1983, pp. 329-333); id., Die geometrischen Dreifüsse von Olympia, in AntK, XXIV, 1981, pp. 6-20; C. Rolley, Bronzes grecs et orientaux: influences et apprentissages, in BCH, CVII, 1983, pp. 111-130.

Supporti a tre piedi: U. Liepmann, Fragmente eines Dreifüsses aus Zypern in New York und Berlin, in Jdl, LXIII, 1968, pp. 39-57; C. Rolley, Un bronze de Delphes à inscription chypriote syllabique, in BCH, XCV, 1971, pp. 295-302; H. V. Herrmann, Die Kessel der orientalisierenden Zeit. II. Kesselprotomen und Stabdreifüsse (Olympische Forschungen, XI), Berlino 1979 (ree. C. Rolley, in RA, 1984, pp. 275-287).

Tripodi coregici: M. Holleaux, Inscription d'Athènes, in AM, XXXI, 1906, pp. 134-150 (poi in Etudes d'épigraphie et d'histoire grecques, I, Parigi 1938, pp. 345-355); P. Guillon, Les trépieds du Ptoion, Parigi 1943; H. Riemann, in RE, Suppl. VIII, 1956, cc. 266-347, s.v. Lysikratesmonument; P. Amandry, J. Ducat, Trépieds déliens, in Etudes déliennes (BCH, Suppl. I), Parigi 1973, pp. 17-64; P. Amandry, Th. Spyropoulos, Monuments chorégiques d'Orchomène de Béotie, in BCH, XCVIII, 1974, pp. 171-246; P. Amandry, Trépieds d'Athènes. I. Dionysies, ibid., C, 1976, pp. 15-93; id., Trépieds d'Athènes. II. Thargé- lies, ibid., CI, 1977, pp. 165-202; H. Bauer, Lysikratesdenkmal, Baubestand und Rekonstruktion, in AM, XCII, 1977, pp. 197-227; P. Amandry, Bases <k trépied à Coronée, in BCH, CU, 1978, pp. 565-569; id., Trépieds de Delphes et du Péloponnèse, ibid., CXI, 1987, pp. 78-132.