TRISSINO DAL VELLO D’ORO, Gian Giorgio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TRISSINO DAL VELLO D’ORO, Gian Giorgio (Giovanni Giorgio). – Nacque il 22 luglio 1877 a Vicenza. Il padre, il conte Giovanni Giorgio Trissino dal Vello d’Oro (1835-1910), apparteneva a una famiglia di conti palatini risalente al X secolo, presumibilmente di origine germanica, con vasti possedimenti nel Vicentino e che vantava tra gli antenati l’umanista e letterato del Rinascimento Giovan Giorgio Trissino. La madre, Elena dei conti di Thiene (1846-1917)

Marco Impiglia

, proveniva da una casata del medesimo territorio.

Dopo aver vissuto la gioventù tra il palazzo di famiglia a corso Eretenio e la villa di campagna a Cricoli con la sorella maggiore Gabriella (1873-1954), Gian Giorgio entrò all’Accademia Reale di Torino per completare gli studi. Ne uscì con il grado di sottotenente, manifestando la sua predilezione per l’Arma della cavalleria. Nel 1898 fu ammesso come ufficiale di complemento alla Scuola di Pinerolo, autentica fucina dei cavalieri d’Italia, e assegnato al reggimento Genova cavalleria. Distintosi tra i migliori del corso biennale teorico-pratico, ottenne il trasferimento a Roma per rifinire le sue qualità di cavaliere. Fu tra gli allievi, dall’ottobre al dicembre del 1900, del corso di equitazione di campagna della Scuola di applicazione di Tor di Quinto. Ebbe come direttore il maggiore Amilcare Giacometti e passò l’esame finale con il massimo dei voti.

Nel frattempo, il ventitreenne conte aveva vissuto l’episodio destinato a recargli una imperitura gloria in ambito sportivo, senza che egli stesso potesse avvertirne in pieno la portata: la partecipazione, in primavera, ai Giochi olimpici di Parigi, dove si era ottimamente classificato in alcune prove di equitazione.

La vicenda del ‘primo oro olimpico’ di Trissino è complessa: si tratta di una medaglia arrivata a posteriori, in quanto lo sviluppo confuso e frammentato della seconda edizione delle Olimpiadi moderne ha per molto tempo sospeso nel limbo i risultati del conte vicentino. Ancora all’epoca dei Giochi di Roma del 1960, e anche dopo, il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) non riconosceva in Gian Giorgio Trissino il primo olimpionico italiano assoluto e tantomeno il primo nell’equitazione: merito, quest’ultimo, attribuito al piemontese Tommaso Lequio d’Assaba, vincitore nel 1920 ad Anversa. Secondo le note su Trissino, egli si era formato stilisticamente prima dell’affermazione del ‘sistema Caprilli’ e aveva gareggiato negli anni pionieristici dell’equitazione azzurra, vincendo la gara di elevazione al «concorso internazionale di Parigi del 1900» (Badino Rossi, 1960).

Già nel 1956 uno dei compilatori di statistiche olimpiche, l’ungherese Ferenc Mezo, annoverava i concorsi di equitazione tra le prove da ritenersi valide per la seconda Olimpiade, con Trissino vincitore nel saut en hauteur e secondo nel saut en longueur. L’interpretazione fu confermata nel 1972 dal tedesco Erich Kamper. Per contro, la Fédération équestre internationale ancora oggi inizia il suo albo d’oro di eventi olimpici da Stoccolma 1912, in seguito all’elaborazione del programma attuata nel 1907 dal conte svedese Clarence von Rosen (http:// history.fei.org/node/5). Nel far ciò, accredita la tesi che a Parigi 1900 l’unico evento ippico dei Giochi olimpici fu il torneo di polo, mentre tutto il resto ebbe carattere di esibizione; questo perché Parigi 1900 fu una delle due Olimpiadi della belle époque inserite all’interno di kermesse espositive. Le gare cosiddette olimpiche fecero parte integrante di una serie di manifestazioni sportive ospitate nei programmi della Exposition universelle. Le prove atletiche ebbero inizio il 14 maggio 1900 con la scherma e si conclusero il 18 ottobre con il rugby: in tutto sedici discipline per circa 1200 concorrenti, la maggior parte dei quali neppure seppero, in vita, di aver gareggiato in sede olimpica. I premi – non medaglie e diplomi bensì semplici oggetti e in taluni casi denaro – furono rimessi con mesi di ritardo e non a tutti coloro che ne avrebbero avuto il diritto. Lo stesso Trissino non riportò alcun premio tangibile.

L’idea di recarsi a Parigi venne a Trissino non appena seppe dei concours. Aveva giusto terminato il corso di studi a Pinerolo e si trovava in aspettativa per aggregarsi al corso speciale di Tor di Quinto, la cui domanda di ammissione sarebbe stata accolta a settembre. Ne parlò all’amico e maestro Federico Caprilli, notissimo personaggio che stava rivoluzionando le teorie del cavalcare e mieteva trionfi nelle tenzoni agonistiche sia equestri sia ippiche. Il tenente Caprilli allenava personalmente alcuni superbi Hunter irlandesi. Trissino propose di testarli a Parigi nelle gare di estensione e di elevazione. A maggio del 1900 viaggiò così da Torino a Parigi, portando con sé purosangue che rispondevano ai nomi di Melopo, Oreste, Montebello e Pomelo. Sul posto c’era un altro cavaliere italiano iscritto alle gare: il conte Uberto Visconti di Modrone. Secondo accordi, Caprilli si sarebbe riunito a loro non appena avesse goduto della licenza.

L’intento era far conoscere in Francia i nuovi sistemi di salto sull’ostacolo che il campione livornese aveva elaborato e stava imponendo all’attenzione. Ma un telegramma del ministero della Guerra, inviato all’ambasciata a Parigi a due settimane dalle gare, diramò l’ordine di impedire la partecipazione al tenente Caprilli, che fece buon viso a cattiva sorte. Trissino si ritrovò nelle condizioni di onorare l’impegno agonistico privo del supporto del suo maestro. Secondo un’altra versione, molto fantasiosa e romanzesca, Caprilli in incognito raggiunse la Ville Lumière, partecipò alla gara del salto della riviera montando Oreste, si classificò secondo e, al rientro in Italia, si giovò del silenzio complice dei colleghi.

In realtà, alcune delle statistiche più attendibili conferiscono due medaglie all’Italia nell’equitazione, ma esclusivamente a Trissino. La prima fu guadagnata il 31 maggio 1900 nella specialità long jump. In un lotto di diciassette cavalieri, comprendente il conte Visconti, Trissino saltò 5,70 metri con Oreste, preceduto dal belga Constant van Langhendock con la misura di 6,10. Due giorni dopo, il 2 giugno, Trissino si cimentò nella prova high jump. Sempre su Oreste, saltò 1,85 metri, classificandosi primo ex aequo con il francese Dominique Maximien Gardères. In questo specifico concorso mise in lizza anche Melopo, con il quale Caprilli saltava in allenamento i due metri. Melopo fece cadere la sbarra a 1,70. La superò tuttavia a 1,80, nel barrage a sei per il quarto posto finale che garantiva un premio.

Con le regole odierne, gareggiare due volte nella medesima prova sarebbe impossibile, ma a Parigi era consentito e Pierre De Coubertin fece registrare l’esito dei concorsi suddetti nel resoconto olimpico. La stampa francese magnificò il comportamento dei cavalli italiani, mentre la nostra diede scarso risalto all’avvenimento, relegandolo nelle pagine interne e accennando, piuttosto, all’intrigo della mancata partecipazione di Caprilli.

Dopo il corso di equitazione di campagna a Tor di Quinto, Trissino tornò a Pinerolo. Abitò a Torino, dove si rese protagonista di una vita sportiva e dedita all’alta società. Nel settembre del 1901, guidando uno squadrone nei pressi della stazione dei treni, subì un incidente che gli comportò una frattura al costato. Si ristabilì in tempo per iscriversi al primo concorso internazionale di Torino del 1902, con i cavalli Captain Boy e Leighton. In quel concorso si registrò l’affermazione del ‘sistema Caprilli’, del quale il tenente Trissino era ormai un propugnatore. Nel giugno del 1909, all’Olympia di Londra, partecipò in équipe alla Coppa delle Nazioni, dove l’Italia giunse seconda; montò nella prova di elevazione il baio Palanca. Trissino ebbe sempre ottimi cavalli, sovente della Scuola di Pinerolo, dove si esercitava al campo ostacoli Tancredi Di Savoiroux.

Poco prima della Grande Guerra lasciò la carriera militare con il grado di capitano. Esibendo le mostrine giallo oro del ‘Genova’, aveva obbedito ai comandanti Tommaso Moschini, Giulio Pellegrini e conte Giuseppe Durini di Monza.

Nel frattempo aveva messo su famiglia. Sposato all’attrice teatrale Gemma Albini, gli erano nati la primogenita Rosetta, Ernesto (1904-1971) e la terzogenita Ada. Smessa la divisa militare si spostò a vivere a Roma, dove si interessò al cinema e a un’altra passione che lo accompagnò sempre: comporre musica da ballo. Tra il 1915 e il 1917 fu regista e attore, con la moglie Gemma, di sei cortometraggi: Così è la vita, Eroismo di Donna, Donne eroiche, Amor di Patria, Giudice e Padre, La Canzone dei fiori. Si tratta di pellicole a soggetto equestre-sentimentale, dove il cliché del cavaliere gentiluomo è predominante. La casa Ricordi gli incise e pubblicò alcuni tango e fox-trot.

Nella capitale Trissino ebbe modo di coltivare la vita brillante cui era abituato, a contatto con la corte dei Savoia. Nel 1932 il figlio Ernesto convolò a nozze con Luisa Marzotto, ma la concessione, nel 1939, da parte del re Vittorio Emanuele III all’industriale Gaetano Marzotto del titolo di conte di Valdagno-Castelvecchio fece infuriare il conte Trissino, che spedì lettere al vetriolo per contestare la validità dell’operazione. Nel secondo dopoguerra, disperso ormai il patrimonio di terre, ville e palazzi, tra cui il palazzo Trissino dal Vello d’Oro a Vicenza, distrutto dai bombardamenti il 2 aprile 1944, si ritirò a Milano con la consorte, circondato dall’affetto dei familiari, la nipote Paola con il figlioletto Giorgio, e l’altra nipote Elena. Morì il 22 dicembre 1963.

Le spoglie furono tumulate nel cimitero Monumentale di Vicenza, assieme agli antenati.

Il 7 maggio 2015, nel Parco olimpico del Foro italico a Roma, il presidente del CONI, Giovanni Malagò, ha inaugurato la Walk of fame dello sport italiano. In tutto cento targhe, ciascuna recante il nome di un ex atleta che ha dato lustro al movimento azzurro. Ad aprire la lista era Gian Giorgio Trissino dal Vello d’Oro, nella sua veste di primo campione olimpico.

Fonti e Bibl.: Scuola di Cavalleria. Memorie storiche a. a. 1898-1901, in Roma, Archivio dell’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito; Il Tenente Caprilli non partecipa alle corse di Torino, in Corriere dello sport, 30 maggio 1900; Perché non partì Caprilli, in La Gazzetta dello sport, 1° giugno 1900; Concorso ippico internazionale di Parigi, ibid., 4 giugno 1900; Vittorie italiane al Concorso Ippico Internazionale di Parigi, in Corriere dello sport, 6 giugno 1900; A proposito del Concorso ippico di Parigi, in La Gazzetta dello sport, 8 giugno 1900; Cronaca grigia, in L’Italia sportiva, 30 settembre 1901; L. Lusi, Genova Cavalleria, Roma 1939, p. 218; F. Mezo, Les Jeux Olympiques modernes, Budapest 1956, p. 54; M. Badino Rossi, Pinerolo. L’arte equestre italiana. La sua fucina. I suoi artefici, Pinerolo 1960, p. 251; Reggimento Genova Cavalleria 1683-1966, Torino 1966, pp. 3-5; Federazione Italiana Sport Equestri, in Il CONI e le Federazioni sportive, Roma 1967, p. 370; E. Kamper, Enzyklopädie der Olympischen Spiele, Dortmund 1972, p. 213; M. Gennero, Torino 1902. 1° Concorso ippico internazionale, Torino 1984; G. Pugliaro, Cento anni di equitazione militare italiana, Roma 1993, p. 53; G. Colasante, La nascita del movimento olimpico in Italia. Dal conte Brunetta d’Usseaux alla costituzione del Coni (1894-1914), Roma 1996, pp. 31 s.; W.J. Mallon, The 1900 Olympic Games results for all competitors in all events. With commentary, Jefferson 1997; D. Wallechinsly, The complete book of the Olympics, London 2000, p. 434; L. Lami, Le passioni del Dragone. Cavalli e donne: Caprilli campione della Belle Époque, Milano 2009, pp. 93-98; V. Piccioni, Walk of fame al Foro Italico: parata di campioni azzurri, in La Gazzetta dello sport, 7 maggio 2015.

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