tsunami Termine giapponese («onde sul porto») adottato internazionalmente come denominazione ufficiale di serie di onde provocate da qualsiasi evento in grado di muovere verticalmente una grande colonna d’acqua: movimenti tettonici sottomarini, eruzioni vulcaniche, frane, esplosioni o caduta di meteoriti. In mare aperto le onde di uno t. si propagano in tutte le direzioni mantenendo inalterato il loro carico energetico, con una modesta altezza e un’elevata velocità che, dove la profondità è di 4-5000 m, può raggiungere gli 800 km/h. Avvicinandosi alla terraferma, dove sono precedute da un improvviso fenomeno di bassa marea che lascia scoperto il fondale per decine di metri, le onde riducono la velocità per la diminuzione della profondità delle acque, ma poiché l’energia rimane costante, aumentano in altezza raggiungendo un livello massimo (run-up) di decine di metri e si abbattono come giganteschi muri d’acqua sulle coste. La gravità degli effetti dipende anche da quanto la morfologia della costa, la configurazione del terreno e la vegetazione riescono a rallentare l’impeto dell’acqua.
A seguito dello t. originato dal terremoto del 1° aprile 1946 nelle
Tra gli t. più devastanti vanno citati quello che si è verificato nell’Oceano Indiano nel dicembre 2004, che ha provocato circa 300.000 morti nel Sud-Est asiatico, e quello che ha colpito nel marzo 2011 la regione settentrionale del Giappone, devastando la costa nord-occidentale e provocando gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima, con 14.949 morti accertate e 9880 dispersi.