TURONE

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TURONE

T. Franco

TURONE Pittore attivo a Verona durante la seconda metà del Trecento, documentato dal 1356 al 1387.Le notizie sulla vicenda umana e artistica del pittore sono assai limitate e tutte di ambito veronese. Un documento del 1356 lo cita come "Turonum quondam domini Maxii de Camenago diocexis mediolanensis" (Cuppini, 1966), facendo intendere che da poco era residente a Verona; è poi registrato come testimone in un atto del 1360 relativo al monastero di S. Maria della Scala (Da Lisca, 1942-1943; Cuppini, 1966) e in un altro del 1387 non più reperibile (Da Lisca, 1942-1943), mentre nel 1405 risulta essere già morto. Da Persico (1820) ricorda un dipinto da lui firmato che fu forse trasportato in Prussia e gli riferisce un polittico nella chiesa di S. Severo a Bardolino. L'unica opera firmata (Hopus Turoni) oggi nota è però il polittico di Verona (Mus. di Castelvecchio, Civ. Mus. d'Arte, inv. nr. 355) datato 1360, che proviene dal monastero della SS. Trinità (Dalla Rosa, Catastico, ed. 1996, p. 146); la sua collocazione originaria doveva essere sull'altare maggiore della chiesa, come indica la raffigurazione della Trinità nel comparto centrale, affiancato dai pannelli con i Ss. Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Zeno e, in alto, da quello con l'Incoronazione della Vergine. La cornice originale ha una struttura analoga a quella di coeve ancone scolpite d'ambito veronese (dossali delle chiese di S. Maria in Organo a Verona e di Camaldola ad Avesa; Magagnato, 1962), comprendendo piccoli inserti dipinti con angeli e profeti alati e due cuspidi con le Ss. Caterina e Lucia. Zeri (1957) ha proposto d'integrarle con altre due raffiguranti l'Annunciazione, oggi conservate a New York (Martello Coll.; Boskovits, 1985), che sono stilisticamente omogenee al polittico e con buona probabilità ne furono parte, malgrado alcune diversità nel decoro e nei nimbi.Da Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 1871) in poi, le attribuzioni a T. si sono susseguite, attingendo al cospicuo numero di pitture anonime trecentesche d'ambito veronese, restituendo però in molti casi una fisionomia artistica sfocata e, comunque, minore. Cuppini (1960; 1966), seguita da Lucco (1986) e da Cozzi (1992), ha avuto il merito di offrire un catalogo dell'artista restrittivo e coerente alla qualità sostenuta del polittico della Trinità, seppure circoscritto cronologicamente entro il settimo decennio: la Crocifissione ad affresco sopra il portale maggiore interno di S. Fermo Maggiore, già riferitagli da Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 1871); quella sopra il portale laterale della stessa chiesa, datata 1363; la Madonna con Bambino e santi ad affresco di S. Maria della Scala, databile plausibilmente intorno al 1362; i due riquadri devozionali di analogo soggetto sulle pareti di S. Pietro Martire (o S. Giorgetto dei Domenicani). A parte la Crocifissione del portale maggiore di S. Fermo, forse l'opera più matura, che già risente dell'influenza di Altichiero, tutte le altre pitture murali sono in precarie condizioni, ma, insieme al polittico del 1360, restituiscono la fisionomia di un pittore che seppe rinvigorire la vena del giottismo veronese di primo Trecento; si può apprezzare il tratto affabile delle sue immagini, ma soprattutto il linguaggio vigoroso con cui sono rese, la descrizione concisa, aliena dai dettagli, ed energica, la necessità delle pieghe, cadenzate e flesse a modellare i volumi dei corpi, a usarli come recipienti plastici (Cuppini, 1966, p. 34) e, infine, la sensibilità spaziale nell'articolare con chiarezza troni e architetture oppure nel creare l'illusione di uno scorcio prospettico nella cornice del riquadro con la Madonna e un santo in S. Pietro Martire.Questi caratteri, di fresca novità nel panorama artistico veronese prealtichieresco, sono stati spiegati in rapporto a un retaggio tutto locale, seppure arricchito dal confronto con la scultura coeva e con le esperienze figurative emiliane (Pettenella, 1961; Cuppini, 1966; 1969; Bisogni, 1977), oppure, più credibilmente, a una prima formazione lombarda (Lucco, 1986). Magagnato (1962) la intuì già prima che si accertasse l'origine dell'artista attraverso il documento del 1356, individuando la sua unicità nell'ambiente veronese per tanti aspetti imparentato con le schiere dei frescanti lombardi, operanti sulle orme di Giotto, da Viboldone a Lodi, da Milano a Chiaravalle. Il confronto con la Madonna e santi del 1349 nel tiburio di Viboldone dichiara la stretta sintonia dei modi di T. con quei modelli, seppure interpretati con una 'dignità affabile' di derivazione emiliana, e spiega le affinità con le forme di Giusto de' Menabuoi colte da Longhi (1928-1929) e da Cuppini (1966).In questa stessa congiuntura di esperienze ancora non ben dipanabile, ma a un livello qualitativo più sostenuto, si pone la notevole Crocifissione su tavola di Detroit (Inst. of Arts), datata 1351 e connessa a una committenza legata all'area tra Brescia e il lago di Garda (Boskovits, 1994), che è stata attribuita a T., tra gli altri, da Pallucchini (1964), insieme al connesso dipinto di analogo soggetto della Coll. Rasini. Il riferimento ad ambito veronese di queste opere, confortato dalle affinità con la Crocifissione ad affresco della cappella di S. Antonio in S. Fermo Maggiore, sottolineate da Mellini (1984) e da Cozzi (1992), serve a ricostruire la temperatura in forte aumento della cultura figurativa veronese degli anni cinquanta e sessanta del secolo, dove T. si pone in una posizione di particolare spicco.Confermano questo suo ruolo la Crocifissione proveniente da casa Bernasconi (Verona, Mus. di Castelvecchio, Civ. Mus. d'Arte), affresco che risente con evidenza dei suoi modi, e soprattutto le miniature di un gruppo dei diciassette corali della cattedrale di Verona, che Sandberg Vavalà (1929-1930) riferì nel loro complesso a T. e alla sua bottega. La realizzazione di questo complesso di manoscritti fu però dilazionata nel corso del secondo Trecento e una spiccata influenza di T. è significativamente ben rilevabile solo nella decorazione della serie degli antifonari, prodotta sul finire degli anni sessanta del Trecento dalle mani di alcuni maestri miniatori veronesi di diversa qualità, ma nell'insieme di buon livello (Castiglioni, 1988). Bibl.: G. Da Persico, Descrizione di Verona e della sua provincia, Verona 1820, pp. 232, 344 (rist. anast. Bologna 1978); A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, A History of Painting in North Italy, London 1871, p. 449, n. 1; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, p. 33; Van Marle, Development, IV, 1924, p. 181; E. Sandberg Vavalà, La pittura veronese del Trecento e del primo Quattrocento, Verona 1926, pp. 131-144; R. Longhi, Frammenti di Giusto di Padova, Pinacotheca 1, 1928- 1929, pp. 137-152 (rist. in id., Opere complete, IV, ''Me pinxit'' e quesiti caravaggeschi, 1928-1934, Firenze 1968, pp. 7-18: 10); E. Sandberg Vavalà, A Chapter in Fourteenth Century Iconography: Verona, ArtB 11, 1929, pp. 376-412; id., Turone miniatore, Dedalo 10, 1929- 1930, pp. 15-44; A. Da Lisca, Verona - S. Anastasia. La cappella maggiore e le sue decorazioni, Atti della R. Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. IV, 21, 1942-1943, pp. 1-65: 37-46; L. Coletti, I Primitivi, III, I padani, Novara, 1947, p. XLIV; Toesca, Trecento, 1951, p. 780; A. Boschetto, Le Storie della Vergine e altre cose, Musées Royaux des Beaux-Arts. Bulletin 3, 1954, pp. 13-19; F. Zeri, Un'Annunciazione di Turone, Paragone 8, 1957, 89, pp. 48-52 (rist. in id., Giorno per Giorno la pittura. Scritti sull' Italia settentrionale dal Trecento al primo Cinquecento, Torino 1988, pp. 7-9); P. Gemma Balestrieri, La miniatura gotica a Verona, Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona 134, 1957-1958, pp. 469-489: 474-477; L. Coletti, La mostra Da Altichiero a Pisanello, Arte veneta 12, 1958, pp. 238-247: 240-243; L. Magagnato, Da Altichiero a Pisanello, cat., Verona 1958, pp. 4-6; E. Arslan, Una tavola di Altichiero e un affresco di Turone, Commentari 11, 1960, pp. 103-106; M.T. Cuppini, Alcune pitture del Trecento a Verona, ivi, pp. 237- 243; P. Pettenella, Altichiero e la pittura veronese del Trecento, Verona 1961, pp. 21-27; L. Magagnato, Arte e civiltà del Medioevo veronese, Torino 1962, pp. 72-74; G.L. Mellini, Disegni di Altichiero e della sua scuola. III., CrArte, s. IV, 10, 1963, pp. 35-45; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964, pp. 141-142; M.T. Cuppini, Turone di Maxio de Camenago, BArte, s. IV, 51, 1966, 1-2, pp. 33-42; id., L'arte gotica a Verona nei secoli XIV-XV, in Verona e il suo territorio, III, 2, Verona, 1969, pp. 211-383: 300-309; id., in Pitture murali restaurate, Verona 1970, pp. 63-67; G. Mazzi, Turone di Maxio, in Maestri della pittura veronese, Verona 1974, pp. 31-38; F. Bisogni, Iconografia e propaganda religiosa: due cicli veronesi del Trecento, in Scritti di Storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, Milano 1977, pp. 157-168: 163-165; P. Brugnoli, Codici miniati della Biblioteca Capitolare e dipinti del Museo Canonicale di Verona, cat., Verona 1977; M.T. Cuppini, Pitture murali restaurate, cat., Verona 1978, pp. 30-33; F. 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Boskovits, Su Giusto de' Menabuoi e sul 'giottismo' nell'Italia settentrionale, in Studi di Storia dell'arte in onore di Mina Gregori, Milano 1994, pp. 26-34; T. Franco, Turone, in Dizionario della pittura e dei pittori, V, Torino 1994, pp. 687-688; S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle sculture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803), ed. a cura di S. Marinelli, P. Rigoli, Verona 1996; Calligrafia di Dio. La miniatura celebra la parola, a cura di G. Mariani Canova, P. Ferraro Vettore, cat., Modena 1999, pp. 176-177.T. Franco

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