U. R. S. S

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

U. R. S. S. (XXXIV, p. 816)

Alberto BALDINI
Carlo DE ANGELIS
Ugo FISCHETTI
Anna Maria RATTI
Pino FORTINI
Tomaso NAPOLITANO

. La divisione politico-amministrativa ha subito alcune nuove modificazioni, le quali si riflettono sui dati statistici. Qui di seguito è esposta la situazione territoriale delle undici federazioni al 31 dicembre 1937.

1. R. S. F. S. R., kmq. 16.510.500, ab. 105.178.900.

Comprende: a) le seguenti repubbliche autonome: Baškiri, Buriati-Mongoli, Carelia, Crimea, Daghestan, Iakuti, Kabardo-Balkari, Calmucchi, Komi, Mari, Mordvini, Ossetia del Nord, Udmurti, Tedeschi del Volga, Tartari, Ceceni-Ingusci, Ciuvasci; b) i seguenti territorî autonomi: Gor′kij, Iaroslavl′, Ivanov, Kalinin (Tver), Kirov, Kujbyšev, Kursk, Leningrado, Mosca, Nord (Arcangelo), Omsk, Oremburgo, Ovest (Smolensk), Siberia orientale (Irkutsk), Stalingrado, Sverdlovsk, Čeljabinsk, Voronež; c) le seguenti regioni: Estremo Oriente (col territ. canton. degli Ebrei), Krasnojarsk (col territ. aut. dei Chakassi), Mari Nero e d'Azov (col territ. auton. degli Adyghé), Ordžonikidze (coi territ. autonomi dei Karaciai e dei Circassi), Siberia occid. (col territ. aut. degli Oirati).

2. Ucraina, kmq. 445.300, ab. 31.901.500.

Comprende sette territorî e la repubblica autonoma della Moldavia.

3. Russia Bianca, kmq. 126.600, ab. 5.439.400.

4. Armenia, kmq. 30.000, ab. 1.109.200.

5. Georgia, kmq. 69.600, ab. 3.110.600.

Comprende le repubbliche autonome dell'Abchasia e dell'Adžaristan e il territorio autonomo dell'Ossetia del Sud

6. Azerbaigian, kmq. 86.000, ab. 2.891.000.

Comprende la repubblica autonoma di Nachicěvan e il territorio autonomo del Karabach montano.

7. Turkmenistan, kmq. 443.649, ab. 1.268.900.

8. Uzbekistan, kmq. 378.300, ab. 5.417.800.

Comprende la repubblica dei Karakalpaki.

9. Tadžikistan, kmq. 143.900, ab. 1.332.700.

Comprende il territorio autonomo del Badakšan montano.

10. Kazakistan, kmq. 2.744.500, ab. 6.796.400.

11. Kirghizistan, kmq. 196.740, ab. 1.302.100.

I dati sulla popolazione sopra riportati si riferiscono al 1933; i calcoli fatti per il 1936 sembrano meno attendibili: essi farebbero ascendere il totale della popolazione a oltre 173 milioni di abitanti, in confronto a circa 165 e tre quarti, quanti se ne noveravano tre anni prima.

Sulla ripartizione della nazionalità in ciascuna delle undici federazioni si hanno dati ufficiali di notevole interesse. Quelli relativi alla R. S. F. S. R. risalgono peraltro al 1926. Allora si avevano il 73,5% di Grandi Russi e il 7,8% di Ucraini. Il resto (19,7%) era dato da Cosacco-Kirghisi (3,8%), Tatari (2,8), Mordvini (1,3), Ciuvasci (1,1), Tedeschi (0,8), Baškiri (0,7), Karakirghisi (0,7), Biancorussi (0,6), Ebrei (0,5), Votiachi (0,5) e altri gruppi etnici minori.

L'Ucraina è più compatta come nazionalità prevalente (Ucraini 80%); vi sono poi Russi (9,2%), Ebrei (5,4%) e Tedeschi (1,4%).

Fisionomia poco diversa ha la Russia Bianca (Russi Bianchi 80,6%; Russi e Ucraini 8%; Ebrei 8,2%; Polacchi 2%).

Per le altre otto federazioni i dati si ricavano senz'altro dalla tabella seguente (calcoli del 1934):

Forze armate. - Esercito (p. 823). - I provvedimenti recenti hanno variata la composizione delle divisioni di fanteria e di cavalleria. La prima oggi comprende: 3 reggimenti di fanteria (eccetto le divisioni dislocate nel Caucaso e nell'Asia centrale, che sono su 4 reggimenti con equipaggiamento da montagna), 1 di artiglieria leggiera, 1 squadrone di cavalleria, 1 compagnia zappatori e 1 telegrafisti.

La divisione di cavalleria ha: 4 reggimenti, 1 reggimento di artiglieria a cavallo, 1 squadrone zappatori, 1 gruppo collegamenti con 2 squadroni, 1 squadrone chimico e in guerra anche 1 gruppo meccanici su 3 squadroni.

Anche nell'esercito russo si tende a dare un sempre maggiore sviluppo alla motorizzazione: attualmente sono completamente motorizzate 3 divisioni di fanteria, l'artiglieria pesante, un terzo delle artiglierie di corpo d'armata, la metà dell'artiglieria contraerea e sono in via di motorizzazione il genio e i reparti di collegamento.

Molte divisioni di fanteria hanno già unità motomeccanizzate per il servizio d'esplorazione.

Marina militare (p. 824). - Le notizie sulle costruzioni navali sovietiche sono sempre incerte e contradditorie. Nel 1937 la situazione era all'incirca la seguente:

Navi da battaglia: 3 in progetto per il Baltico, da 35.000 tonn., armate con cannoni da 406. Incrociatori: 4 tipo Kirov, in costruzione e 3 in progetto per il Baltico da 8000 tonn. e 33 nodi, armati con cannoni da 180. Navi portaerei: 1 (Stalin) per il Mar Nero. Cacciatorpediniere: 11 tipo Leningrad, di cui 2 pronti e gli altri in costruzione, da 2900 tonn. e 35 nodi, armati con 5/130 e 2 tubi di lancio tripli da 533. Vi sono inoltre in costruzione numerosi sommergibili. La forza bilanciata pare sia di 39.000 uomini.

Aviazione militare (p. 825). - Al 1° gennaio 1938 l'aviazione sovietica aveva raggiunto i seguenti effettivi di linea:

Ulteriori aumenti sono previsti in base alle decisioni prese nell'8° Congresso dei Sovieti.

Finanza. - (p. 825) Alla fine del 1937 si è chiuso il periodo del secondo piano quinquennale. In seguito agli avvenimenti politici interni la pubblicazione dei dati è stata però molto ridotta e ci si deve quindi limitare a riportare degli elementi dedotti da discorsi ufficiali. A detta del nuovo presidente del Gosplan le cifre del 2° piano quinquennale sono state superate complessivamente del 10% per l'industria pesante e dell'8% per quella alimentare, mentre invece non sono state raggiunte per molti rami dell'industria leggiera e anche per la produzione dei metalli non ferrosi. Per quel che riguarda in particolare l'anno 1937, Molotov ha dichiarato che dei 78 milioni di rubli previsti come valore della produzione industriale totale (sulla base dei prezzi 1926-27), solo circa 73 sarebbero stati raggiunti, il che equivale però sempre al 430% in confronto alle cifre del 1929. Nel campo dei trasporti il superamento del piano già verificatosi nel 1936 si è ancor più accentuato nel 1937. La qualità della produzione industriale lascia tuttavia sempre a desiderare e il costo ne è tuttora, in confronto ai paesi occidentali, molto alto.

Per l'agricoltura il 1937 è stato anno di eccezionale raccolto granario: il che ha permesso di superare notevolmente le previsioni del piano. Per la prima volta dopo l'abolizione del razionamento i prezzi sono stati un poco ridotti; essi sono tuttora però molto elevati in confronto al reddito mensile medio.

L'eccesso sul previsto della cifra complessiva per salarî (80 miliardi di rubli contro 50,7 nel 1937) deve esser in gran parte attribuito all'aumento numerico della mano d'opera (più di 4 milioni di salariati assunti durante gli ultimi 5 anni oltre le previsioni). La notevole espansione dei redditi è certo connessa ai sistemi di retribuzione adottati per stimolare la qualificazione del lavoro e si collega a sua volta sia con la aumentata vendita di prodotti all'interno - permessa, s'intende, dalla maggior produzione - sia con l'accresciuto ammontare dei depositi privati nelle banche di risparmio (da 2,5 a 4,3 miliardi dal 1° gennaio 1936 al 1° ottobre 1937), sia ancora con l'integrale assorbimento dei titoli di stato emessi durante l'anno.

Chiusosi il 2° piano quinquennale alla fine del novembre 1937, il Consiglio dei commissarî del popolo ha fissato il piano della produzione industriale e dei trasporti per il 1938, ha vietato che i limiti fissati dal governo siano in alcun modo superati, ponendo così fine alla pratica da anni invalsa di tendere ad eccedere i compiti stabiliti, pratica che si traduceva in una disorganizzazione della produzione.

Per quel che riguarda l'organizzazione va ricordato che la struttura del Gosplan è stata ampiamente rimaneggiata e che il 23 novembre 1937 è stato creato un Consiglio economico permanente, presieduto dal presidente del consiglio dei commissarî del popolo e competente per tutte le questioni economiche, compresi l'esame dei piani annuali e trimestrali e quello dei rapporti sulla realizzazione dei piani stessi.

Marina mercantile (p. 819). - Il naviglio sovietico costituito, nel 1928, da sole 327 mila tonn. lorde, è passato a 1.258.236 tonn. lorde nel 1937 (Lloyd's Register 1937-38, ma le Lloyd's Register Statistics informano che la cifra può anche non essere esatta). L'aumento di tonnellaggio è stato principalmente ottenuto mediante acquisti di materiale usato, all'estero; che sono stati però, specialmente in un primo tempo, ostacolati dalla pretesa sovietica di ottenere larghe dilazioni di pagamento. Cosicché la Russia fu allora costretta a noleggiare, per le necessità dei suoi traffici, buon numero di navi estere, specialmente inglesi: necessità ora molto diminuita. Nel 1936 (sono cifre del Commissariato per il traffico estero) la bandiera sovietica trasportò difatti il 33% delle esportazioni russe e il 90,6% delle importazioni; in confronto a 24,2 e 67,4, rispettivamente nel 1935; 10,4 e 88,6 nel 1933; 7 e 41,2 nel 1929. Di questa maggiore attività può anche essere prova l'aumento dei transiti sovietici via Suez: 101.204 tonn. lorde nel 1937 in confronto a 55.974 nel 1936, mentre contemporaneamente le esportazioni sovietiche via Suez da tonn. 1.572.000 nel 1934 e da tonn. 970.000 nel 1936, sono passate a 277.000 tonn. nel 1937.

La questione della disciplina nell'organizzazione dei trasporti in genere sembra grave; così pure quella delle maestranze dei cantieri. Le relazioni ufficiali ed ufficiose vanno accolte con cautela.

Aviazione civile (p. 819). - Nel 1937 è stata sciolta la società "Deruluft" russo-tedesca, cosicché l'unica società di trasporti aerei nell'U.R.S.S. è attualmente l'"Aeroflot". Le linee esercite da questa sono state organizzate in regioni (Mosca, Ucraina, Mar d'Azov e Mar Nero, Transcaucasia, Caucaso, Urali, Asia centrale, Volga, Siberia occidentale, Siberia orientale, Estremo Oriente, Nord).

Il servizio si svolge assai irregolarmente anche sulle linee di grande importanza.

Gli aeroporti doganali sono, nella Russia Europea, Mosca, Leningrado, Velikie-Luki; nella Russia Asiatica, Baku, Irkutsk, Verchne-Udinsk, Chabarovsk, Taškent, Termez.

Gli aeroporti civili sono: Aleksandrovsk, Alma Ata, Astrachan, Baisun, Barnaul, Dnepropetrovsk, Čuchotskij, Gandja, Guzar, Kazan, Nižnij Novgorod, Char′kov, Omsk, Orel, Penza, Rjazan′, Samara, Semipalatinsk, Sergiopol, Stalinabad, Sverdlovsk, Tiflis.

Molti altri aeroporti sono essenzialmente militari ma usati anche da apparecchi civili.

Storia (p. 820).

All'inizio del 1938 (gennaio) hanno avuto luogo alcuni emendamenti alla costituzione sovietica. Il presidio del Consiglio supremo è stato autorizzato a proclamare lo stato d'assedio "in località isolate o in tutta l'U.R.S.S. per la difesa dell'U.R.S.S. o per assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza dello stato". Un altro paragrafo precisa che il presidio, nell'intervallo delle sessioni del Consiglio supremo, "proclama lo stato di guerra in caso di aggressione militare contro l'U.R.S.S. o se si imponesse la necessità di eseguire gli obblighi derivanti dagli accordi internazionali per la difesa reciproca contro l'aggressione". Questo secondo emendamento si riferisce ai patti che legano l'U.R.S.S. alla Francia e alla Cecoslovacchia, ed è caratteristico il fatto che sia stato introdotto nella costituzione sovietica dopo il clamoroso processo di Tuchačevskij e dei suoi coaccusati.

È continuata anche nel 1938 la serie già abbastanza lunga delle epurazioni e dei processi.

Attraverso l'epurazione e i processi, e l'ampia azione di denunce che li accompagnava, il regime voleva mettere in mostra agli occhi del paese le possibilità "democratiche" della nuova costituzione che avrebbero dovuto permettere anche ai più umili di far sentire la propria voce e di accusare magari personaggi altolocati; ciò coincideva inoltre con la volontà di liquidare alcuni elementi della cosiddetta "vecchia guardia" che si opponevano palesemente o larvatamente alla politica staliniana di alleanza con le democrazie e coi "fronti popolari". Negli ultimi mesi, si è manifestata tuttavia una tendenza contraria alle epurazioni e si sono invece svolti varî processi contro "falsi denunciatori".

Nell'aprile del 1938, dopo una deliberazione con i capi militari, Stalin decise che prima della fine dell'anno l'esercito in tempo di pace venisse portato da 1.300.000 uomini a 2.500.000. Gli aeroplani da 6000 dovevano essere portati a 10.000. Nello stesso periodo di tempo dovevano sorgere cinquanta nuove fabbriche di aeroplani. Notevole incremento veniva pure dato alla marina. È tuttavia assai difficile precisare fino a che punto le cifre ufficiali hanno trovato applicazione: le stesse indicazioni statistiche che si hanno in proposito sono assai contrastanti e incerte. Certa è ad ogni modo la volontà di creare un'importante marina da guerra.

Il nuovo consiglio dei commissarî del popolo ha per presidente Molotov; i vicepresidenti sono Čubar, Mikojan, Kosior; è stato eletto presidente della commissione di pianificazione di stato Voznesenskij.

Tra i principali "commissarî" si possono nominare: Litvinov per gli Esteri, Ežov per gli Interni, Vorošilov per la Difesa, Smirnov per la Marina da guerra, Kaganovič per l'Industria.

Sono pure continuati nel 1938 i lavori di scoperta dell'Artide, specialmente con lo scopo di assicurare col tempo comunicazioni regolari e permanenti per via di mare tra Arcangelo e l'Estremo Oriente. Parecchie terre ignote o quasi fino agli ultimi anni, sono state incorporate nell'U.R.S.S.

Legislazione sovietica.

La dottrina moderna distingue tra diritto pubblico e privato assumendo come criterio la preminenza di alcuni interessi sociali, che lo stato preferisce regolare direttamente, nei confronti di altri che pur giudicando degni di tutela abbandona alla libertà e all'autonomia di soggetti diversi. La dottrina sovietica non ripete tale distinzione; e non è difficile intuirne i motivi. Lo stato sovietico con l'abolizione della proprietà privata e la nazionalizzazione di tutti i beni e mezzi di produzione; con l'esercizio del commercio, interno ed esterno, in regime di monopolio; col compito che s'è riconosciuto di educare il popolo in ogni settore al nuovo "essere sociale" e di provvedere direttamente ai suoi bisogni, lascia margini ristrettissimi all'autonomia delle volontà private. Inopportuno è pertanto, trattando del diritto sovietico, il tentativo d'inquadrare la materia secondo gli schemi tradizionali. Esporremo perciò, sulla scorta dei testi ufficiali, la materia della legislazione sovietica secondo l'empirico sistema comunemente adottato nell'U.R.S.S. E cioè distinguendo tra: 1. diritto economico in senso stretto (codice civile); 2. diritto matrimoniale e di famiglia: a) codice delle leggi sul matrimonio, sulla famiglia e sulla tutela, e b) legge del 27 giugno 1936; 3. diritto del lavoro (codice delle leggi sul lavoro); 4. diritto agrario (codice della terra); 5. diritto penale (codice penale e legge sui minori del 7 aprile 1935); 6. diritto del lavoro correttivo, ovvero penitenziario: a) codice del lavoro correttivo, b) regolamento generale sui campi per i lavori correttivi; 7. diritto giudiziario: a) codice di procedura civile, b) codice di procedura penale.

Non si può tralasciare l'avvertenza che la legge sovietica è misura politica (Lenin) e come tale soggetta al potere illimitato della dittatura. L'esame che il giudice sovietico in ogni caso concreto è autorizzato a compiere sulla "conformità" della legge allo scopo rivoluzionario, fa agevolmente comprendere il valore del tutto dimostrativo delle leggi sovietiche.

1. I codici civili vigenti nelle repubbliche socialiste sovietiche trovano la loro premessa teorica nel "Regolamento dei principali diritti patrimoniali riconosciuti nella R.S.F.S.R., garentiti dalle sue leggi e dai suoi tribunali". Il codice civile della R.S.F.S.R. (soltanto a questa repubblica ci riferiamo), pubblicato il 22 maggio 1922, fu approvato nella sua redazione definitiva durante la IV sessione del IX Congresso (31 ottobre 1922) e andò in vigore il 1° gennaio 1923 (Graždanskij Kodeks, Racc. Leg. 1922, fasc. 71, n. 904). Esso si compone di quattro libri: nei quali la parte generale, i diritti reali, il diritto delle obbligazioni e il diritto successorio trovano distinta trattazione. Nella parte generale è precisato il concetto che i diritti civili sono protetti dalla legge, salvo il caso in cui essi siano esercitati in un senso contrario alla loro destinazione economica e sociale - ed è affermato il principio della non rinunciabilità del diritto di far ricorso alla giustizia (art. 2). A nessun rilievo particolare dànno luogo i capitoli che trattano dei soggetti del diritto, degli atti giuridici e della prescrizione dell'azione (soltanto estintiva); mentre il secondo libro (diritti delle cose) è particolarmente interessante per il suo distacco dalle corrispondenti concezioni del mondo borghese.

Il primo capitolo del secondo libro tratta del diritto di proprietà. In linea di massima, la proprietà privata sovietica è soltanto mobiliare. A titolo di eccezione possono formare obietto di proprietà privata gli edifici non municipalizzati, le intraprese commerciali e pochi altri beni (art. 54 cod. civ.). La proprietà conferisce il diritto di possedere godere, disporre (art. 28). Lo stato possiede un dominio pubblico e un dominio privato. I beni che fanno parte del dominio privato possono divenire oggetto di contrattazioni e di concessioni.

Il codice civile - che non segue nell'esposizione delle sue norme un criterio dommatico ben definito - dà inoltre l'elenco dei beni che non possono mai essere di proprietà privata (art. 53): e cioè il suolo, il sottosuolo, le foreste, le acque, le ferrovie d'utilità generale, il loro materiale rotabile e gli aeromobili. La regola che sopprime ogni distinzione tra mobili ed immobili (art. 21, nota) è una logica conseguenza della norma dell'art. 53 che esclude il suolo dal commercio.

Il codice civile, distinguendo i beni secondo la personalità del proprietario e non già secondo l'oggetto, conosce tre specie di proprietà: 1. la proprietà pubblica (nazionalizzata o municipalizzata); 2. la proprietà cooperativa; 3. la proprietà privata (art. 52). Queste nozioni vanno però oggi integrate con le dichiarazioni della nuova carta costituzionale del 5 dicembre 1936. La nuova legge fondamentale del potere sovietico si riporta alla classificazione del codice civile; ma ha il pregio di essere più chiara. In sostanza, essa riconosce tre specie di proprietà: 1. la proprietà statale; 2. la proprietà cooperativa-agricola; 3. la proprietà personale.

La proprietà statale (ossia i "beni di tutto il popolo") è costituita dalla terra, dal sottosuolo, dalle acque, dalle foreste, dalle officine, dalle miniere di carbone e di minerali, dalle ferrovie, dai mezzi di trasporto per acqua e per via aerea, dalle banche, dai mezzi di comunicazione postale ed elettrica, dalle grandi imprese statali (Sovchozy, M.T.S. o Stazioni di macchine e di trattrici, ecc.) e così pure dalla massa principale delle abitazioni nella città, e dagli agglomerati industriali (art. 6).

La proprietà cooperativa-agricola (ossia i "beni dei kolchozy e delle unioni cooperative") è costituita dal capitale e dal materiale agricolo dei kolchozy, dai prodotti e dagli edifici comuni. Per assicurare la stabilità dei kolchozy, la nuova costituzione arriva a enunciare che la terra da loro occupata è tenuta in godimento "illimitato", cioè a dire in perpetuo (art. 8).

La proprietà personale - che sembra la novità più ardita del progetto ed è invece il riconoscimento giuridico di un insopprimibile stato di fatto - è rappresentata dai frutti e dai risparmî che i cittadini hanno diritto di conservare, in quanto provengono dal lavoro prestato. Tale proprietà si estende alla casa di abitazione, all'economia domestica ausiliaria e agli oggetti di uso quotidiano e familiare (art. 10). In sostanza, questa disposizione non fa che tradurre in formula legislativa positiva il vecchio insegnamento che il privato non debba possedere in nessun caso beni che siano mezzi di produzione.

Nel terzo libro (Le obbligazioni) il principio dominante in tutte le legislazioni progredite della libertà delle convenzioni non sembra aver molto favore. È da osservare infatti che il codice non dice se le parti hanno la facoltà di regolare i loro rapporti contrattuali secondo la loro volontà, indipendentemente dai contratti-tipo previsti dalla legge (locazione, vendita, permuta, prestito, ecc.). Affermato che i diritti privati s'intendono limitati in rapporto alla loro destinazione sociale, il legislatore concede ai tribunali e al potere esecutivo, la facoltà d'intervenire nei rapporti privati. Il tribunale può prolungare i termini della prescrizione (art. 49 cod. civ.); può annullare, d'ufficio, le convenzioni contrarie all'interesse dello stato (art. 29); può differire l'esecuzione dei contratti (art. 123). L'interesse dello stato, insomma, è giudice supremo anche degli interessi civili. Per le obbligazioni nate dal danno causato ad altri, il principio generale è che ciascuno deve sopportare le conseguenze dei proprî atti.

Anche l'ultimo libro, che tratta del diritto successorio, presenta notevoli particolarità. Agli eccessi del primo periodo (si ricordi il decreto del 14-27 aprile 1918 che devolveva, in ogni caso, allo stato tutti i beni del defunto) si venne sostituendo, nel periodo della Nep, un regolamento della materia più consono alle elementari esigenze della coscienza popolare, sino a che, col decreto 22 gennaio 1926, non si soppresse ogni limite riguardo ai beni trasmissibili per successione o per donazione. Le persone chiamate a succedere ab intestato sono: i discendenti diretti (figli, nipoti e pronipoti), i figli adottivi, il coniuge superstite, e le persone inabili al lavoro o indigenti che erano a carico del de cuius almeno da un anno (418 cod. civ.). Gli ascendenti, come si vede, non sono chiamati alla successione dei figli, se non erano a loro carico. La rappresentazione è sconosciuta. L'erede non continua la persona del de cuius.

Più larga è invece la cerchia delle persone alle quali possono trasmettersi i beni per testamento, mentre per la successione dello stato vigono le seguenti regole: lo stato entra in possesso della totalità dei beni quando non esista nessuna delle persone indicate nell'art. 418 e il defunto non abbia fatto testamento, ovvero abbia diseredato gli eredi, o questi abbiano rinunciato. Lo stato entra invece in possesso di parte dei beni quando uno o più eredi rinunciano o vengono diseredati (per le quote relative).

L'esclusione dei parenti più prossimi dalla successione e l'impossibilità di lasciar loro dei legati sono le ragioni più evidenti delle frodi che si manifestano continuamente per eludere la legge. Attualmente è in corso nell'U.R.S.S. la discussione per la riforma dei principali codici.

2. a) L'elemento religioso e confessionale era preponderante, sotto l'antico regime, negli istituti del matrimonio e del divorzio e nella registrazione degli atti dello stato civile. La laicizzazione del diritto di famiglia fu la prima dichiarazione del nuovo regime rivoluzionario (decreto del 18 dicembre 1917), cui seguì immediatamente un'altra (decreto del 19 dicembre 1917) sullo scioglimento del matrimonio. Il contenuto di questi due decreti formò successivamente il substrato fondamentale del primo Codice delle leggi sugli atti dello stato civile, del matrimonio, della famiglia e della tutela (pubblicato il 15 settembre 1918, Racc. Leg. 1918, art. 818), in cui furono consacrate, nelle loro ultime conseguenze, le tendenze individualistiche del vecchio diritto e del pensiero giuridico moderno.

Questo codice, dominato dall'idea di combattere e neutralizzare l'influenza tradizionale della Chiesa sul matrimonio e sulla vita familiare, all'epoca della pubblicazione del codice civile (31 ottobre 1922) e di quello agrario (30 ottobre 1922), e con gli sviluppi presi dalla nuova politica economica, già si manifestava incapace di regolare i nuovi rapporti. Così, attraverso molte discussioni, si arrivò alla pubblicazione d'un nuovo codice delle leggi sul matrimonio, sulla famiglia e sulla tutela, approvato il 19 novembre 1926 nella terza sessione del Congresso del comitato centrale esecutivo dell'U.R.S.S. (Kodeks Zakonov o brake, seme i opeke) e che è entrato in vigore dal 1° gennaio 1927 (Racc. Leg. 1926, fasc. 82, n. 612).

Il primo articolo testualmente dichiara che la registrazione del matrimonio è stabilita in vista di un interesse pubblico e sociale: per facilitare cioè la difesa dei diritti e degli interessi personali e patrimoniali dei coniugi e della prole. Il matrimonio riveste la sua forma (oformaljaetsja) attraverso l'iscrizione nei registri degli atti dello stato civile, in conformità delle disposizioni del titolo IV del codice. Ma anche non registrato il matrimonio può produrre i suoi effetti legali in quanto l'art. 3 riconosce efficacia retroattiva ai matrimonî di fatto successivamente registrati.

Le regole vigenti sul matrimonio sono estremamente semplici. Il codice stabilisce le condizioni per ottenere la registrazione del matrimonio e quelle d'impedimento alla registrazione. È epressamente dichiarato che i coniugi non hanno obblighi di fedeltà e di coabitazione (art. 2). Il matrimonio non esercita nessuna influenza sul nome e sulla nazionalità dei coniugi (art. 7 e 8). La prova della filiazione, riguardo ai terzi, è data o dalla registrazione presso l'ufficio dello stato civile, o da una dichiarazione giudiziaria di paternità.

La paternità può risultare da una dichiarazione della madre fatta dopo, o anche prima, del parto. L'art. 28 autorizza la madre a presentare agli organi incaricati della registrazione degli atti dello stato civile del luogo di residenza, una dichiarazione dalla quale risulti il proprio nome, e il nome e cognome del padre e del fanciullo. Gli organi della registrazione, ricevuta la dichiarazione, la notificano a colui che è stato indicato come padre. Costui, se entro un mese dalla notifica non fa opposizione, viene iscritto come padre del fanciullo. L'azione giudiziaria per contestare la veridicità della dichiarazione della madre è esperibile entro l'anno dall'avvenuta notifica (art. 29). Quando il tribunale dichiara la paternità di un individuo, costui è tenuto a concorrere al pagamento delle spese occorrenti per il parto, la nascita e il mantenimento del bambino e della madre per un periodo di sei mesi dopo il parto (art. 31). Se colui, che è indicato come padre, contesta la paternità attribuitagli, si applica l'art. 32: "Il tribunale, se durante l'esame della questione della paternità arriva a stabilire che la madre del fanciullo ha avuto, all'epoca del concepimento, rapporti sessuali non soltanto con la persona indicata come padre ma nello stesso tempo anche con altre persone, pronuncia una sentenza con cui dichiara la paternità di una di queste persone e la condanna al pagamento delle spese enumerate dall'art. 31". In sostanza, essendo esclusa la prova della paternità a mezzo dell'analisi del sangue (ord. del 24 giugno 1925, n. 120, e del 20 febbraio 1926, n. 34), il tribunale segue quasi sempre le indicazioni fornite dalla madre, e l'indicato padre deve provare la sua innocenza. Viene così a stabilirsi una presunzione di colpa a carico dell'indicato padre: è da rilevare che neppure la condizione di prostituta esclude la possibilità da parte della madre di intentare un'azione di paternità.

Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali e gli obblighi alimentari fra genitori e figli, vigono le seguenti norme: 1. i genitori non hanno alcun diritto sul patrimonio dei figli, ed i figli non hanno alcun diritto sul patrimonio dei genitori; 2. gli obblighi alimentari sono reciproci. I genitori sono tenuti al mantenimento dei figli sino alla loro maggiore età, fissata in 18 anni. L'obbligo dei figli di mantenere i genitori esiste nel caso che questi ultimi siano indigenti o inabili al lavoro (art. 49 e 55).

L'ultima parte di questo codice tratta della tutela con norme che non presentano particolarità notevoli.

b) Il codice riceve luce del tutto nuova dalle disposizioni di una legge recentissima che in alcuni punti modifica nei suoi principî fondamentali la legislazione vigente. Il 27 giugno 1936 veniva infatti pubblicata una ordinanza dal titolo "Sul divieto degli aborti, sull'aumento degli aiuti alle partorienti, sui sussidî statali per le famiglie numerose, sull'ampliamento delle sedi delle cliniche ostetriche, degli asili e dei giardini d'infanzia, sul rafforzamento delle pene per inosservanza degli obblighi alimentari e su alcune modifiche alla legislazione dei divorzî" (Racc. Leg. 1936, fasc. 34, n. 309).

La nuova legge tocca tre punti essenziali della politica sociale sovietica: gli aborti, i divorzî, gli obblighi alimentari - nel senso di vietare i primi, limitare i secondi, rafforzare gli ultimi. L'ordinanza, premesso che "è evidente la nocività dell'aborto", ne proibisce la pratica, specificando ch'esso è vietato "tanto se eseguito in ospedali o in speciali case di cura, quanto se eseguito presso il domicilio dei medici o nelle case private delle donne incinte" (art. 1). Le pene, nei casi più gravi, variano da tre a dieci anni (art. 2). Il divorzio odierno corrisponde alla forma unilaterale del repudium romano. L'articolo 27 dispone che non basta che il coniuge che vuol divorziare si presenti a far cancellare la registrazione del suo matrimonio, ma occorre che un vero e proprio contraddittorio si stabilisca. Inoltre, per mettere un freno al dilagare dei divorzî, la relativa tassa viene aumentata come segue: per il primo divorzio, 50 rubli; per il secondo divorzio, 150 rubli; per il terzo e successivi, 300 rubli (art. 28). Riguardo all'ultimo punto - il rafforzamento degli obblighi alimentari - l'art. 29 autorizza una ritenuta sul salario del colpevole, pari a ⅓ del salario stesso, per il mantenimento di un solo bambino; alla metà, per il mantenimento di due bambini; al 60%, per il mantenimento di tre o più bambini. Coerentemente, le pene per l'omessa prestazione degli alimenti vengono aumentate fino a due anni di reclusione.

Le ultime disposizioni della legge in esame riguardano un aumento di posti negli asili e giardini d'infanzia per gli anni 1936-38, e opportune provvidenze per le famiglie numerose con premio d'incoraggiamento alle madri prolifiche (art. 10).

3. Nata dallo spirito di reazione all'autocrazia zarista, la rivoluzione dell'ottobre 1917 si accinse per tempo a dare formulazione giuridica alle sue prime dichiarazioni di principio. Il legislatore sovietico operava sopra un terreno particolarmente facile dove ogni innovazione poteva considerarsi un progresso.

Incoraggiato dal successo delle prime disposizioni (giornate di otto ore, riconoscimento di diritti ai lavoratori, ecc.), a un anno di distanza dall'ottobre 1917, il legislatore procedette alla codificazione delle nuove norme emanate in materia di lavoro. Ma il corpus di leggi pubblicato (Raccolta legislativa 1918, fasc. 87, 88) col titolo di Codice delle leggi sul lavoro (Kodeks zakonov o trude) fu ben presto soverchiato dalle contingenze politico-sociali del comunismo bellico e della guerra civile. La massima parte delle sue norme restarono nel dominio dell'astrazione e delle affermazioni platoniche. Il passaggio, invece, alla nuova politica economica determinò nuovi indirizzi nel campo del lavoro. La fase della Nep coincideva con l'inizio di una relativa normalità politico-sociale; di questa particolare situazione si giovò il nuovo Codice delle leggi sul lavoro (Racc. leg. 1922, fasc. 70, n. 903), che, pubblicato nel 1922, ancora oggi, per quanto con numerose modifiche, è in vigore, con gli opportuni adattamenti, nelle repubbliche socialistiche. Alla concezione economica liberale del lavoro-merce si contrappone la concezione collettivista del lavoro inteso come obbligo derivante dalla convivenza sociale, ossia come condizione elementare per il diritto alla esistenza. Sopra questo fondamento il codice sviluppa le sue norme, relativamente ai minimi del salario (art. 59) alla durata (sette ore per gli adulti, e sei per i giovani dai 16 ai 18 anni, per gl'intellettuali e per gli addetti ai lavori nelle miniere: articoli 94-108), al riposo e ai giorni festivi (articoli 109-120), all'apprendistato (articoli 121-128), al lavoro delle donne e dei fanciulli (divieto generale di lavoro ai minori di 16 anni - salvo eccezioni - e di applicazione a lavori faticosi o notturni delle donne e dei minori degli anni 18, congedi di sedici settimane per gravidanze: articoli 129-137), alla protezione del lavoro (articoli 138-150), ecc.

Il K. Z. o T. dispone, per la risoluzione del problema sindacale, che tutti i lavoratori salariati delle intraprese, aziende e stabilimenti statali pubblici e privati siano riuniti in sindacati professionali di operai e d'impiegati. Tali sindacati professionali hanno il diritto di agire in nome dei lavoratori e li rappresentano in tutte le questioni di lavoro (art. 151): la loro funzione principale è quella di agire come parti contraenti nella stipulazione dei contratti collettivi (art. 15) col datore di lavoro. Il contratto individuale di lavoro è concluso dal lavoratore indipendentemente dall'esistenza, o meno, di un contratto collettivo, ed è sancita nel codice la nullità di quelle clausole che peggiorano la situazione del lavoratore in rapporto alle condizioni stabilite dalle leggi del lavoro, o dal contratto collettivo.

Gli ultimi due capitoli sono dedicati rispettivamente agli organi per la risoluzione dei conflitti e per l'esame delle infrazioni alle leggi sul lavoro (cap. XVI), e all'assicurazione sociale (cap. XVII). In sede conciliativa, le controversie del lavoro sono di competenza delle Camere di conciliazione (Prikamery) e dei Tribunali arbitrali (Tressudy) - organi istituiti presso il Commissariato del popolo per il lavoro. Le violazioni delle leggi sul lavoro, indipendentemente dalle sanzioni previste dall'art. 134 del codice penale, sono deferite all'esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria - propriamente delle sessioni del lavoro, ovvero dei tribunali del lavoro istituiti con la legge del 29 ottobre 1924 sull'ordinamento giudiziario. Dinnanzi a questa speciale magistratura si discutono anche tutte le controversie per le quali non fu raggiunto l'accordo in sede conciliativa.

Infine, va ricordato il Regolamento sulle pensioni e i sussidî dell'assicurazione sociale del 1930 (Racc. leg. 1930, fasc. 11, n. 132), che distingue tra pensione per invalidità, per perdita del sostegno di famiglia e per vecchiaia. Il diritto - che non sembra destinato ad uscire dal mondo dell'astrazione - dei cittadini dell'U.R.S.S. a una materiale sistemazione durante la vecchiaia e in caso di malattia o di perdita della capacità lavorativa è sancito dalla costituzione stalinista (art. 120).

4. Il diritto agrario sovietico si definisce come il sistema di rapporti giuridici derivanti dallo sfruttamento della terra per la creazione dell'economia rurale. Esso ha per oggetto tanto i rapporti fra lo stato proprietario della terra e i lavoratori, quanto i rapporti fra gli stessi lavoratori in ordine alle concessioni che lo stato loro accorda. La riforma cominciò a profilarsi intorno a due idee centrali: la "proprietà statale" delle terre e l'"usufrutto lavorativo individuale" - che divennero ben presto gl'istituti fondamentali della nuova legislazione agraria.

Dopo i decreti del 26 ottobre 1917 e del 19 febbraio 1918 sulla nazionalizzazione e socializzazione delle terre, dopo il regolamento del 14 febbraio 1918 sull'organizzazione socialista delle terre russe, si giunse, il 30 ottobre 1922, alla pubblicazione d'un vero e proprio codice, il codice agrario (Zemelny Kodeks, Racc. leg. 1922, fasc. 68, n. 901). Costituita l'Unione delle Rep. soc. sov. (30 dicembre 1922) il Comitato centrale bolscevico dell'U.R.S.S. ratificò, in data 29 marzo 1923, l'edizione definitiva dei codici agrarî delle singole repubbliche - codici ancora oggi vigenti con numerose e continue modifiche.

Il codice agrario divide le terre in: terre destinate alla coltivazione, terre per gli agglomerati urbani, terre per le istituzioni o intraprese statali (art. 4). Il concetto fondamentale sul quale si basano le disposizioni del nuovo codice è quello dell'usufrutto lavorativo. Esso consiste nel diritto, non limitato da alcun termine, che ha qualsiasi cittadino sovietico, di chiedere gratuitamente agli organi rurali delle comunità agrarie di cui fa parte, un lotto di terra, e di sfruttarlo per uno scopo agricolo mediante lavoro personale (art. 11). Il carattere lavorativo, e quindi personale, dello sfruttamento agrario sovietico, porta per conseguenza che il diritto di usufrutto lavorativo si estingue allorché cessa il lavoro personale dei membri dell'azienda cui fu assegnato il lotto. L'usufrutto lavorativo si estingue inoltre per le cause indicate dall'art. 18; l'estinzione è pronunciata da speciali organi all'uopo istituiti.

Dalla soggezione delle terre alla classe proletaria organizzata in stato, deriva la caratteristica più saliente del diritto agrario sovietico: l'inalienabilità delle terre - le quali non possono, in conseguenza, formare oggetto di scambio. Il passaggio dei lotti da un usufruttuario all'altro avviene perciò non a mezzo di contratti fra le parti ma di atti di disposizione degli organi terrieri, rappresentanti dello stato-proprietario. Se l'usufruttuario per qualsiasi ragione cessa dal godimento della terra, o gode in violazione della legge, allora il lotto torna a disposizione dello stato, che soltanto può assegnarlo ad altro usufruttuario: norma che trova il suo logico completamento nel codice penale in cui è previsto il subaffitto delle terre come reato (art. 87-a).

La forma più generalizzata di economia rurale - che le rivoluzioni del 1905 e del 1917 rimisero gradualmente in onore, fino al 1928 - è la "società agraria".

La società agraria non è concepita come una meccanica riunione di dvory: essa ha personalità giuridica, e può quindi concludere contratti in nome proprio, stare in giudizio, ecc. (art. 64). I membri della società agraria sono quegli stessi che compongono i dvory (aziende familiari), indipendentemente dal sesso e dall'età. Il codice - sulla base dello statuto generale del 14 febbraio 1919 - conosce tre specie di società agrarie: la "comune" di economia rurale; l'artel′ rurale; la società per la lavorazione socializzata della terra (art. 42).

Per quanto riguarda la struttura del dvor nell'economia agricola, esso si può definire come una cellula economica attraverso la quale gli appartenenti alla società agraria realizzano i loro diritti di membri della società. A differenza di quanto avveniva nel passato, il potere del "capo di casa" (domochozjajn) trova oggi tante limitazioni, che la sua figura si riduce in sostanza a quella di rappresentante della comunità per gli affari economici (art. 68). Il patrimonio del dvor appartiene ai suoi membri indipendentemente dal sesso e dall'età, e forma il "bene familiare", che è, naturalmente, indivisibile e inalienabile.

Nella sua ultima fase, iniziata nel 1928, la Rivoluzione d'ottobre ha tentato di dare alle campagne un'organizzazione più propriamente socialistica. Il diritto di usufrutto lavorativo, com'è congegnato nella legge sovietica, ha un carattere del tutto individuale e, per quanto rappresenti l'insopprimibile realtà nei confr0nti di una ideologia irrealizzabile, ostacola, dal punto di vista del marxismo, la politica agraria collettivista. Il prosperare della classe dei kulaki forniva occasione per l'inizio, nelle forme più spietate, della repressione agraria del '28 indirizzata "ad evitare il frazionamento delle terre e ad impedire il consolidamento individuale del possesso".

Sull'insegnamento di Lenin era stato ripetuto, nel 1927, il concetto che "la cooperazione è il presupposto della costruzione economica della società socialistica", e sopra tali basi si iniziava, nel 1928, la cosidetta zemleustrojstvo - ossia la ricostruzione degli organismi agricoli (dvory, società, ecc.) sopra basi socialistiche. In sostanza la zemleustrojstvo si proponeva come compito essenziale di sottrarre alle economie individuali quel 96% di terre coltivabili ch'erano nelle mani dei contadini. Tale compito (a parte le persecuzioni politiche contro i kulaki, ossia contro i contadini che volevano conservare quello che avevano guadagnato) è stato, difatti, realizzato col potenziamento dei due organismi rurali già esistenti ma assolutamente privi di efficienza: le "aziende sovietiche" (Sovchozy: Sovetskie chozjajstva) e le "aziende collettive" (Kolchozy: Kollektivnye chozjajstva).

Il sovchoz, ossia l'azienda tipica sovietica dell'ultimo periodo, è, in contrasto con le forme precedenti d'organizzazione agricola individuale, una grossa impresa statale di economia rurale. La definizione dei compiti dei sovchozy è data dal codice agrario all'art. 160. I sovchozy servono di base scientifica e tecnica allo sviluppo dell'economia rurale e alla socializzazione della terra. Dal 1923 al 1928 (cfr. ordinanza del 20 febbraio 1928, Racc. leg. 1928, fasc. 30, n. 223) furono creati e organizzati dei trust rurali, fondati sugli stessi principî dei trust industriali (riunione di più aziende la cui personalità giuridica è goduta dal trust, organizzazione di secondo grado).

I kolchozy (aziende collettive) sono invece delle società cooperative di produzione agricola, riguardate da Lenin come gli strumenti indispensabili per la futura socializzazione della produzione, per il passaggio cioè della coltivazione privata delle terre all'azienda sociale (discorso dell'11 dicembre 1918).

Il codice agrario considera il kolchoz (detto "collettivo" alla stregua d'una società agraria (102-104) - con questo di particolare però, che, mentre le altre società agrarie si riportano a forme storiche di possesso della terra, l'azienda collettiva si basa sopra l'accordo di alcune persone fisiche (il cui numero minimo è stato ridotto da 15 a 5), le quali agiscono in forza di un regolamento interno, che esse stesse stabiliscono in armonia coi principî generali codificati.

5. a) L'organizzazione della giustizia penale ha un posto preponderante nella costruzione dell'ordinamento politico-giuridico sovietico, in quanto fin dal 1917 alla giustizia penale si affidava non soltanto il compito della tutela giuridica del novus ordo rivoluzionario, ma una funzione eminentemente formativa, ossia di creazione del nuovo "essere" (byt) sociale. Ai primi decreti del 1917 - che, in mancanza di leggi nuove, assumevano la "coscienza giuridica socialistica" come criterio d'interpretazione del diritto, e più tardi addirittura come fonte del diritto - si vennero sostituendo testi legislativi dichiarativi dei nuovi principî. Così, nel novembre 1919 furono pubblicati i "Principî direttivi per il diritto penale della R.S.F.S.R." - che informarono il primo codice penale sovietico del 1922. Ma, liquidato definitivamente con la guerra civile il periodo del comunismo bellico, il codice penale del 1922 ben presto si mostrò inadeguato a regolare i nuovi rapporti sociali, trasformati nella loro essenza dagli sviluppi della nuova politica economica. Si pubblicarono allora (29 ottobre 1924) i nuovi "Principî fondamentali della legislazione dell'U.R.S.S." - ed a questi principî le sette repubbliche socialistiche allora esistenti (con la nuova costituzione il loro numero è stato portato a undici) furono obbligate a uninformarsi nella redazione dei loro codici penali. Il 1° gennaio 1927 andò in vigore nella R.S.F.S.R. il secondo codice penale, tuttora vigente con numerose modifiche (Ugolovnyj Kodeks R.S.F.S.R., Racc. leg. 1926, fasc. 80, n. 600).

La repressione penale si ripromette due scopi: l'eliminazione dei nemici di classe e la educazione alla disciplina di tutti i lavoratori. Il diritto penale sovietico si definisce perciò classista, in quanto costituisce uno dei più potenti mezzi coattivi per la difesa degl'interessi dei lavoratori e per il predominio del proletariato.

Il codice consta di una parte generale e di una parte speciale. Per quanto riguarda la parte generale, si osserva che il reato non è, per il diritto sovietico, un fenomeno giuridico, sibbene un fenomeno sociale (art. 6). Perciò, anche se un'azione presenta i caratteri formali di un delitto, essa non è punibile se ha perduto, per la lieve entità e la mancanza di conseguenze nocive (art. 6) o per altre ragioni (art. 8), il suo carattere di pericolosità sociale, che è presupposto per l'irrogazione della pena. Il codice ammette l'analogia (art. 16); e l'accettazione di questo criterio è in diretto rapporto con la nozione politica del delitto. Il principio della responsabilità personale è conservato: unica aberrante eccezione è quella prevista dall'art. 58 (inserito nel codice con la ordinanza dell'8 giugno 1934 sul "tradimento della patria"), che commina la privazione dei diritti elettorali e il confino per cinque anni per i membri della famiglia del traditore, che convivevano con lui o erano a suo carico, anche se ignari del tradimento del congiunto.

Le sanzioni previste dal codice si chiamavano "misure di difesa sociale"; di recente, col ripristino del termine "pena", è stata dal commissario del popolo per la Giustizia dell'U.R.S.S., ufficialmente ripudiata, per le costruzioni del diritto penale sovietico, quell'origine ferriana, che risulta invece documentata dagli stessi giuristi sovietici all'epoca dell'elaborazione dei principî del 1924.

È mantenuta nel codice la distinzione tra delitti dolosi e colposi (art. 10): le misure si distinguono in misure di carattere legale correttivo (applicabili ai maggiori dei 16 anni, e, per determinati delitti, anche a coloro che abbiano compiuto i 12 anni), di carattere medico-pedagogico (applicabili ai minorenni), di carattere medico (applicabili ai malati di mente). Sono regolati gl'istituti della prescrizione dell'azione e della condanna (art. 14 e 15); della legittima difesa e dello stato di necessità (art. 13); del concorso di persone nel reato (art. 18); della condanna condizionale (art. 53) e della liberazione condizionale (art. 56), mentre il tentativo viene equiparato al delitto consumato (art. 19) come conseguenza dell'accolta nozione positivista del delitto.

La pena di morte è prevista in via d'eccezione dal codice (art. 21) e non occorre rilevare quanto normali siano i casi di giornaliera applicazione. La pena della privazione della libertà va da 1 a 10 anni, e si sconta nei "posti" e nei "campi", a seconda ch'è irrogata per un tempo inferiore o superiore ai tre anni. Interessante è l'elenco che gli art. 47 e 48 dànno, rispettivamente, delle circostanze aggravanti e di quelle attenuanti - che servono per la determinazione della più idonea pena da applicare.

La parte speciale, deficiente nella sua elaborazione dottrinaria ancor più della parte generale, è divisa in dieci capi, e non presenta notevoli particolarità all'infuori di alcune figure nuove di reati collocate nei capi V, VI e VII. Le numerose integrazioni che il codice riceve sono la più evidente dimostrazione che esso è già vecchio per la nuova società. Occorre ricordare, tra le ultime modifiche, quella apportata con la legge panunionista del 2 ottobre 1937, in virtù della quale il massimo della privazione della libertà (10 anni) viene elevato a 25 anni.

b) Il problema della delinquenza minorile trovava fino all'aprile 1935 esclusivamente nei codici penali delle repubbliche federate la sua integrale soluzione. Il 7 aprile 1935 veniva pubblicata una legge speciale allo scopo di "liquidare" più sollecitamente la criminalità minorile. Questa legge, eccezionalmente severa, dà un nuovo indirizzo alla politica sovietica per la repressione della delinquenza minorile. Secondo questa legge, infatti, l'imputabilità viene ridotta, limitatamente ad alcuni reati, da 16 a 12 anni. L'enumerazione dei delitti di cui all'art. 1 della stessa ordinanza è da ritenere tassativa. E cioè vengono assoggettati al giudizio dei tribunali ordinarî, invece che alle commissioni per minorenni, tutti coloro che, avendo compiuto i 12 anni di età, si rendano colpevoli della consumazione di: a) furti, b) atti di violenza, c) lesioni personali, d) mutilazioni, e) omicidî, f) tentativi di omicidio. In conclusione, la situazione processuale dei minori può così riassumersi: al disotto dei 12 anni non vanno deferiti al tribunale; dai 12 ai 16 anni possono assoggettarsi alle ordinarie sanzioni i ragazzi che abbiano commesso alcuno dei delitti elencati. Gli organi giudiziarî giustificano l'inasprimento della repressione con l'aumento della delinquenza minorile.

6. a) La politica del lavoro correttivo fa parte della politica criminale, perché mira alla pratica realizzazione degli scopi della repressione penale. Il codice del lavoro correttivo della R.S.F.S.R. (1° agosto 1933) segna su quello abrogato del 1924 il vantaggio d'una migliore disciplina della materia e di un più deciso orientamento della politica criminale verso quegli ideali, utopisticamente umanitarî, che aspiravano, fin dall'epoca dei "Principî" del 1919, a realizzare, nel campo della esecuzione delle misure privative della libertà, l'abolizione degli stabilimenti carcerarî. È per questo che la privazione della libertà (salvo negli izoljatory, dove son tenute separate le persone i cui procedimenti sono ancora in istruttoria) si sconta coi lavori organizzati nella forma tipica delle colonie, industriali o rurali. Il Codice del lavoro correttivo regola l'esecuzione delle misure irrogate per un tempo non superiore ai tre anni.

Le misure (che sostituiscono il sistema delle pene) sono intese come mezzo di difesa della società. Ne consegue che la vita dei "privati della libertà" deve differire il meno ch'è possibile da quella dei cittadini liberi e deve, in ogni modo, evitare che i reclusi si disabituino alle norme della convivenza civile. Ciò che spiega, da una parte, l'abolizione di tutto l'armamentario tipico delle prigioni: e cioè dei ferri, delle grate, delle manette, della matricola sostituita al nome, ecc., e fa comprendere, dall'altra, il diritto concesso ai reclusi di riunirsi, di creare dei clubs, di organizzare concerti, servirsi della radio, collaborare ai loro giornali, ecc. La legge penale sovietica (art. 9 cod. pen. della R.S.F.S.R.) nega alla misura ogni carattere di afflittività. Il lavoro perciò, in quelle vaste aziende agricole e industriali che sono le colonie, è regolato con le stesse norme del lavoro libero e viene retribuito con vero e proprio salario, ma a tariffe ridottissime. (Inutile avvertire che anche qui siamo nel campo della pura teoria).

La rieducazione dei condannati (a quanto risulta da questo testo di legge che somiglia in più parti ad un proclama politico) è perseguita attivamente: i condannati vengono invogliati a prender viva parte alla ricostruzione economica del paese; essi sono, per così dire, interessati al lavoro e stimolati nelle loro capacità tecniche, ossia nella loro attività creativa. L'amministrazione centrale si preoccupa di ridestare il senso della responsabilità dei reclusi, il sentimento della loro personalità: divulga e rende attuabili i principî della "emulazione socialistica" e del "lavoro modello" (art. 1, lett. b), adotta il sistema dei premî (art. 77) e dei congedi (art. 76), consente un computo speciale dei giorni di lavoro "particolarmente proficuo" per cui ai reclusi è abbreviato il termine della misura (art. 127) ed è concessa, eventualmente, la liberazione anticipata (art. 124), ecc. Tutto questo appare alla lettura degli articoli del codice; ma i "bagni" sovietici sono purtroppo noti nella loro realtà.

b) Il "Regolamento generale dei campi per i lavori correttivi" disciplina l'esecuzione della misura della privazione di libertà comminata per un tempo superiore a tre anni. L'idea che domina l'organizzazione dei campi è quella dell'isolamento dei reclusi, tanto vero che i campi vengono costituiti in località remote, dove le difficoltà di raggiungere un centro abitato rendono impossibile la fuga.

Il regime di vita imposto ai reclusi è qui più severo che altrove. I nemici di classe e i professionisti del delitto sono tenuti separati dai condannati provenienti dalla classe lavoratrice.

Neanche nei campi si vuole che i reclusi siano distaccati dal resto del mondo, col quale essi conservano legami attraverso i libri, i giornali, la radio, ecc. Il lavoro di rieducazione, almeno in teoria, vi è attivamente svolto, per mezzo della propaganda culturale educativa, armonizzata col carattere classista del lavoro correttivo dei campi (articoli 45-46).

7. a) L'empirismo delle prime leggi penali e l'asserita superfluità di un sistema di diritto penale socialistico avevano distolto il legislatore sovietico dal dedicare cure speciali alla elaborazione delle norme di procedura. Le quali - fenomeno caratteristico a tutte le epoche di meno progredita civiltà giuridica - si trovavano confuse, sino alla pubblicazione del primo codice penale (1922), con quelle di diritto sostanziale e alle altre sull'ordinamento giudiziario. È soltanto nel 1923 che viene iniziata una razionale ripartizione per materia delle norme sopraddette: così i principî sull'ordinamento giudiziario ricevono elaborazione in leggi particolari, definitivamente sistemate nello "Statuto" del 19 novembre 1926, mentre le norme tecniche riguardanti le forme del processo penale trovano posto in un apposito testo di legge.

Il codice di procedura penale del 1923 (Ugolovno-processualnyj kodeks R.S.F.S.R., Racc. leg., 1923, fasc. 7, n. 106) non si discosta molto dai modelli europei, sia per gli schemi sia per i principî che accetta; ma, nella sua febbre innovativa, il legislatore sovietico si adopera, con ogni mezzo, di sorpassare le posizioni teoriche borghesi. Nel processo penale come in quello civile il ruolo attivo dello stato si manifesta in molteplici disposizioni. La legge sovietica ammette, per esempio, il principio della "ufficialità" del processo penale (art. 9) - ma arriva a stabilire che neanche per i reati perseguibili a querela di parte è possibile l'estinzione dell'azione per intervenuto accordo fra le parti, ove questi reati presentino, per avventura, un considerevole interesse pubblico (art. 10, capov.). Accetta le regole della "immediatezza", della "oralità" e della "pubblicità"; ma, in conseguenza delle prime due, abolisce l'istituto dell'appello, e dichiara in ultimo l'eguaglianza di tutte le lingue dei popoli dell'U.R.S.S. (art. 22). Accoglie, inoltre, il principio dell'accertamento della verità reale, senza vincoli di prove legali: e da esse discendono le regole, parimenti accettate, del libero convincimento del giudice e del contraddittorio - escluso nel periodo dell'istruzione.

Riguardo alla competenza, il giudice popolare - giudice unico - tratta degli affari di minore importanza; condanna per decreto penale; esaurisce sollecitamente i processi con detenuti. I tribunali del popolo giudicano dei rimanenti reati, riservando i più complessi ai tribunali di provincia, mentre i tribunali militari giudicano i reati conto lo stato (v. i processi 1936-37 contro i centri terroristi di Mosca), contro i doveri d'ufficio, contro la priproetà pubblica, ecc. Il tribunale supremo, come magistratura di cassazione, esamina le sentenze, contro cui è stato prodotto ricorso, dei tribunali provinciali e dei tribunali militari; come giudice di prima istanza, tratta dei procedimenti contro speciali categorie di persone (commissarî del popolo, membri dell'esecutivo, della Oghepeù, sostituti procuratori delle repubbliche, ecc.).

A scarsi rilievi dànno luogo i capi riguardanti le prove, i termini da osservare, gli organi di polizia giudiziaria (distinti da quelli istruttorî), l'istruzione, prescritta soltanto per i reati più gravi. La libertà personale, per quanto consente il potere assoluto della dittatura del partito e da quello che risulta dalle norme del codice, sarebbe sufficientemente garentita. L'arresto preventivo è stabilito nei casi tassativamente previsti (art. 158). Il procuratore controlla la legalità del provvedimento: ma mancano norme sulla libertà provvisoria.

Più interessanti sono i capi che trattano della sentenza e del ricorso per cassazione, della procedura di controllo e della revisione. A proposito della procedura di revisione va rilevato ch'essa è ammessa sia per la sentenza di condanna sia per quelle di assoluzione - ma l'istanza in questo ultimo caso deve proporsi nel termine massimo di un anno (art. 374).

b) Anche il codice di procedura civile (10 luglio 1923) seguiva ad un anno di distanza la pubblicazione del codice civile (11 novembre 1922). Come quello di proceduta penale, anche questo codice (Graždanskij processualnyi kodeks, Racc. leg., 1923, fasc. 46-47, n. 478) rivela, nelle norme fondamentali, il suo carattere classista. Il tribunale sovietico è investito della cognizione della lite civile dalla domanda dell'interessato; però, quando la lite è contestata, il procuratore può in qualsiasi momento intervenire in giudizio, sempre che ritenga il proprio intervento necessario alla difesa degl'interessi dello stato o delle masse lavoratrici (art. 2). Il ruolo attivo dello stato nel processo civile si manifesta anche in altri casi. Se una persona conclude, sotto l'assillo del bisogno, un contratto manifestamente svantaggioso, il tribunale, su richiesta del danneggiato, o degli organi statali o delle organizzazioni sociali da cui esso dipende, può dichiarare nullo il negozio giuridico, oppure ricondurlo nell'ambito della normalità (art. 33). È appena il caso di osservare che queste norme, che risolvono empiricamente situazioni per le quali secoli di civiltà giuridica hanno creato da noi un regolamento complesso e minuzioso, nuocciono in maniera irreparabile alla stabilità e alla sicurezza dei rapporti civili. Il codice in esame, in sostanza, nega il principio della sovranità e dell'autonomia delle parti nella condotta processuale, e afferma in sua vece quello dell'iniziativa e dell'attività del tribunale nel giudizio civile.

Una conseguenza di quanto si è detto avanti è la negazione della egola ne eat judex extra petitum partium. Il tribunale, infatti, quando non v'è accordo sulla "misura delle richieste giudiziarie", o quando essa non è determinabile in via legale (contratti, cambiali, tariffe), nel risolvere la vertenza esamina le circostanze prospettate dalle parti andando anche, se del caso, oltre i limiti della domanda (art. 179).

Il codice sovietico di procedura civile vuole che la giustizia sia rapida: perciò dichiara che il tribunale deve reprimere ogni tentativo dilatorio o fraudolento delle parti (art. 6), e giudica sicuro rimedio al male sconoscere l'istituto dell'appello. Inoltre, il tribunale, quando ritiene sufficientemente istruita la causa, sospende il dibattito e può passare anche subito alla pronuncia della decisione (art. 108). Allo stesso scopo di sveltire il processo civile sono stabilite norme speciali per le notifiche al convenuto di domicilio ignoto (art. 16).

Riguardo alla competenza, nulla di caratteristico da rilevare.

Il codice contempla varie misure per la tutela dei diritti del creditore, e all'uopo tratta dell'istituto della garenzia dell'istanza. Colui che ha sufficientemente provato, con l'esibizione di documenti, la propria istanza, o ha timore legittimo di non potere, se ancora attende, eseguire la sentenza - ha diritto di chiedere al giudice la "garenzia della istanza" (art. 83): e questa gli viene concessa sotto forma di sequestro dei beni di pertinenza del debitore, sia presso di lui, sia che si trovino presso terze persone (art. 87).

Le sentenze, dette propriamente decisioni (rešenija), per regola generale dovrebbero essere pronunciate subito in via eccezionale dopo tre giorni. Non è senza significato rilevare, sulla scorta delle stesse dichiarazioni ufficiali sovietiche, che queste norme vengono raramente osservate.

Le decisioni sono definitive: ma, se manca l'appello, in certo modo supplisce il rimedio del ricorso per cassazione (art. 235). Si può ricorrere per cassazione, chiedendo l'annullamento delle decisioni, col rispetto dei termini, in due casi: per violazione o erronea applicazione di legge o erronea interpretazione analogica (art. 4), e per contraddizione della decisione con le circostanze di fatto stabilite dal tribunale (art. 237). Considerando che l'esame della magistratura giudicante nel ricorso per cassazione deve, in base ai principî generali della legislazione sovietica, portarsi sulla decisione "nella sua essenza", si può affermare che l'esame della cassazione non è strettamente di diritto.

Bibl.: G. Ambrosini, La nuova costituzione sovietica, con la traduz. del testo ufficiale russo di C. Perris, Palermo 1937; E. Danilova, Il diritto sovietico del lavoro (trad. Traversa), Ist. Studi leg., 1930; G. D'Olivo, Le mariage en droit soviétique, Parigi 1936; B. Eliachevitch, e altri, Traité de droit civil et commercial des Soviets, voll. 3, ivi 1930; A. Estrin, Sovetskaja ispravitel'notrudovaja politika (La politica sovietica del lavoro correttivo), 1934; id., Sovetskoe ugolovnoe pravo (Il diritto penale sovietico), 1935; D. Karnitskij e G. Ronginskij, Ugolovnyj Kodeks R.S.F.S.R. (Il codice penale della R.S.F.S.R.), 1936; D. Magerovskij, Osnovy sovetskogo prava (Fondamenti di diritto sovietico), Mosca 1929; E. Maurach, Der neue Strafvollzug in Sovietrussland, in Monatsschr. für Krim. und Straf., 1933, fasc. 12; T. Napolitano, Maternità e infanzia nell'U.R.S.S., Padova 1934; id., La politica criminale sovietica, ivi 1936; id., Processi contro i centri terroristi di Mosca, in Giustizia penale, 1936, ii, fasc. 10°; 1937, ii, fasc. 5°; Ot tjurem k vospitatel'nym učreždenijam (Dalle prigioni agli stabilimenti correttivi). - Racc. art., 1934; C. Perris, Saggio sul diritto processuale penale vigente nella R.S.F.S.R., in Giustizia penale, 1932, iv, fasc. 8; A. Piontkovskij, Sov. ug. pravo (Il diritto penale sovietico), 1929; Sovetskoe trudovoe pravo na novom etape (Il diritto sovietico del lavoro nella nuova fase), 1931; Stalin, Novaja konstitucija (La nuova costituzione), Rapporto all'8° congresso straordinario, 1937; P. Stučka, Kurs sovetskogo graždanskogo prava (Corso di diritto civile sovietico), Mosca 1929.

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