Ughi

Enciclopedia Dantesca (1970)

Ughi

Arnaldo D'addario

Consorteria ghibellina di cui D. parla in Pd XVI 88 come di un gruppo di potenti esponenti del ceto consolare, oramai in decadenza (già nel calare). Altrettanto accenna il Villani (IV 12), che ne ricorda l'opera nell'edificazione di Santa Maria Ughi e i possessi suburbani nella località di Montughi - che ancora oggi, secondo una secolare tradizione toponomastica cittadina, porta il loro nome - e conclude: " oggi sono spenti ". Gli U. fecero parte del gruppo di casate alle quali spettava il diritto di avvocazia del vescovato fiorentino, e per tal motivo durò molto a lungo il loro particolare (ma era comune anche ad altre consorterie, come ai Visdomini) privilegio di ricevere dai presuli della diocesi un'offerta solenne di vivande cotte in occasione delle principali festività dell'anno.

Circa gli U. danteschi non è rimasta molta documentazione tra le fonti dell'età comunale, anche se quante testimonianze accennano ai membri di questa casata confermano il giudizio di valore politico dato da D. e dai cronisti. Un Balduino è citato fra i consoli che nel 1176 ratificarono la pace con i Senesi; un Ugo detenne la medesima carica nel 1186; un Enrico risulta presente (1255) alla stipulazione di un accordo con Siena, così come suo fratello Guinizzo lo è - in qualità di Anziano - alla firma della pace stipulata con Pisa nel 1256. Ghibellini, gli U. parvero trionfare dopo Montaperti - quando un Albertino ebbe gran parte nelle deliberazioni prese dai consigli del comune passato al suo partito -; ma nel 1268 vennero cacciati in esilio dalla Parte avversa, definitivamente vittoriosa. Fra gli esuli, si ricorda un Bindo, padre di un Dante, il quale fu protagonista di un singolare processo, allorché, dopo essere stato ritenuto morto nella Terrasanta dove, invece, era stato soltanto fatto prigioniero, al ritorno in patria dové affrontare una difficile lite contro i consorti che si erano diviso il suo patrimonio. La milizia ideologica ghibellina non impedì al nipote di Bindo, Albizzino, di schierarsi al fianco dei concittadini contro Enrico VII, il quale l'incluse fra gli avversari più pericolosi, comminandogli il bando dell'Impero. La scelta politica di Albizzino valse ai suoi discendenti l'inclusione tra le famiglie " di popolo ", e, quindi, l'ammissione alle supreme cariche pubbliche; tanto che, durante il periodo repubblicano, questi U., pur non contando più fra le casate arbitre dei destini politici della città, ebbero ancora sei priori e un gonfaloniere di giustizia. Questo ramo, partecipe del diritto di cittadinanza, avrebbe conservato una certa importanza politica e sociale anche al servizio della dinastia medicea, tanto da ottenere la concessione del titolo marchionale verso la fine del sec. XVII. Ultimo della stirpe fu un Carlo Filippo, morto nel 1783.

Bibl. - Le fonti cronistiche (Malispini, Villani, Boninsegni, Cambi), le ricerche di S. Ammirato, Delle famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, 74; di V. Borghini, Discorsi, a c. di D.M. Manni, II, ibid. 1755, passim; di B. de' Rossi, Lettera a Flaminio Mannelli, nella quale si ragiona... delle famiglie e degli uomini di Firenze, ibid. 1585, 44; di P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid. 1593, 143; e Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, Lione 1577, 291, 298; di U. Verino, De illustratione urbis Florentiae libri III, Parigi 1583, 53, e di altri eruditi dei secoli XVII-XVIII, insieme con i dati desunti dalle fonti archivistiche, sono state rielaborate per le sintesi che della storia genealogica degli U. hanno scritto L. Passerini, a commento del romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, II, Firenze 1845, 532-533; G.G. Warren lord Vernon, L'Inferno, II, Documenti, Londra 1862, 599-600; Scartazzini, Enciclopedia 2041-2042. Per i rapporti fra la storia familiare e quella della città, cfr. Davidsohn, Storia, passim.

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