NOBILE, Umberto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NOBILE, Umberto

Francesco Surdich

– Nacque il 21 gennaio 1885 a Lauro (Avellino), quinto di sette fratelli (quattro femmine e tre maschi), da Vincenzo e da Maria La Torraca (morti rispettivamente nel 1916 e nel 1917), piccoli proprietari terrieri, entrambi originari di Eboli.

Il padre – capo del locale ufficio del Registro – discendeva da un ramo cadetto della nobile famiglia delle Piane che, avendo rifiutato l’omaggio ai Savoia in segno di fedeltà ai Borbone, era stata privata del titolo nobiliare e aveva assunto il cognome Nobile a memoria dell’antica condizione sociale.

In seguito ai trasferimenti del padre, trascorse i suoi primi anni tra Santangelo dei Lombardi, Teano e Frattamaggiore. Dopo aver conseguito la maturità classica nel 1902, al liceo Giambattista Vico di Napoli – dove con alcuni compagni fondò un circolo culturale, frequentando anche i comizi socialisti – ed essersi laureato nel 1908 con lode in ingegneria industriale all’Università di Napoli, fu subito assunto nel Genio civile come ingegnere allievo e, l’anno dopo, all’Ispettorato generale delle ferrovie come Regio ispettore di seconda classe. Nel 1911 fu ammesso a frequentare a Roma un corso di costruzioni aeronautiche presso il battaglione specialisti del genio militare (all’origine dell’Aeronautica militare italiana). Nel 1912 il ministero dei Lavori pubblici lo segnalò come segretario di una commissione incaricata di collaudare un impianto nuovo per l’Italia (una grande funivia, costruita a Savona e lunga 19 km, per il trasporto del grano fino all’Appennino ligure).

Durante la Grande guerra, benché non fosse tenuto, prestò servizio presso il battaglione specialisti del genio. Assegnato allo Stabilimento militare di costruzioni ed esperienze aeronautiche di Roma lavorò al disegno di un dirigibile destinato all’esplorazione delle acque costiere in chiave antisommergibili, tenne corsi sui motori a scoppio per gli ufficiali dirigibilisti nel cantiere di Ciampino e di aviazione per gli allievi di una scuola civile di aeronautica presso il Collegio romano. Nel 1916 – anno nel quale sposò Carlotta Ferraiolo, di dieci anni più grande, figlia di un facoltoso notaio di Teano – progettò, assieme all’ingegnere Ugo Pesce, in forza all’ufficio tecnico dello Stabilimento, un nuovo dirigibile per l’esplorazione del mare, battezzato ‘O’ (osservatore), del quale, nei due anni seguenti, furono costruiti 15 esemplari per la maggior parte destinati alla Marina italiana; nel 1918 progettò inoltre il primo paracadute italiano. Vicedirettore dello Stabilimento nel dicembre 1917, ne divenne direttore nel luglio 1919 e tale rimase fino al 1927, dedicandosi al perfezionamento delle costruzioni dei dirigibili semirigidi per ovviare alla scarsa compattezza e robustezza della struttura e diminuire la resistenza all’avanzamento.

Nel 1922 progettò un dirigibile di 34.000 m3 (il T-34, il più grande semirigido che avesse mai volato), battezzato ‘Roma’, e realizzò, con l’ingegnere Gianni Caproni, il primo aeroplano metallico italiano (il Ca 73), con strutture tubolari in acciaio simili a quelle in uso nei dirigibili; quindi, in ottobre, chiamato da The Goodyear tire and rubber company si recò per due mesi ad Akron (Ohio), per collaborare alla costruzione di un’aeronave militare. L’anno dopo, rientrato in Italia, realizzò il dirigibile semirigido N1 – costruito poi per Stati Uniti, Spagna, Argentina e Giappone e utilizzato, previ aggiustamenti strutturali, nella prima trasvolata del Polo – e divenne tenente colonnello del genio aeronautico nel Corpo ingegneri. In quel periodo partecipò anche a un concorso bandito dalla Direzione superiore del genio aeronautico per la progettazione di un sistema meccanico che consentisse a un aeroplano di atterrare sul ponte di una nave, sperimentato poi con successo. Nel 1924 mise a punto un sistema di atterraggio frenato per aeroplani, premiato dal ministero dell’Aeronautica, e collaborò col generale Alessandro Guidoni allo studio e alla costruzione di un elicottero.

Nel 1925 ottenne il brevetto di comandante di dirigibili in collaudo e prese contatti con l’esploratore norvegese Roald Amundsen, il quale – dopo aver inutilmente tentato, nella primavera di quell’anno, di raggiungere il Polo Nord con due idrovolanti costruiti a Marina di Pisa – l’anno seguente chiamò Nobile e studiosi di vari paesi a progettare, costruire e guidare l’aeronave ‘Norge’. L’aeronave, con un equipaggio di sei italiani, otto norvegesi, uno statunitense (Lincoln Ellsworth, principale finanziatore dell’impresa) e uno svedese, effettuò la prima traversata della calotta polare artica partendo dall’aeroporto di Ciampino il 10 aprile 1926 per giungere, dopo alcuni scali, a Kingsbay (Baia del Re) il 7 maggio.

Dopo una sosta di quattro giorni necessari a sostituire un motore e a riparare un guasto, alle ore 1.30 del 12 maggio raggiunse il Polo, la cui posizione fu calcolata con controlli radiotelegrafici e radiogoniometrici e con la bussola polare. Proseguendo lungo il 150° meridiano di Greenwich, la spedizione, dopo aver tagliato la costa settentrionale dell’Alaska, atterrò a Teller il 14, dopo 171 ore complessive di volo e 13.000 km.

L’aver accertato l’assenza di terre tra il Polo e Punta Barrow, la cui esistenza era stata ipotizzata da molti studiosi, fu il principale risultato scientifico; ma di grande valore, e apripista per le future ricerche, furono pure le osservazioni meteorologiche in una regione fino ad allora sconosciuta.

Sebbene l’impresa fosse merito congiunto dei diversi protagonisti, compreso Amundsen, che rivendicò il suo ruolo con una forza non priva di accenti polemici nei confronti dell’italiano, il governo fascista presentò la spedizione come frutto esclusivo del genio italico e conferì a Nobile – promosso da Mussolini a maggior generale del genio aeronautico e festeggiato in diverse città italiane – l’Ordine militare di Savoia. L’Università di Genova gli conferì la laurea di dottore in Scienze nautiche e quella di Napoli lo nominò professore ordinario di Costruzioni aeronautiche presso la Regia Scuola di ingegneria.

Recatosi in Giappone a fine gennaio 1927 per dirigere il montaggio dell’aeronave N-3, costruita nelle officine di Roma per la Marina giapponese, effettuò sei voli di collaudo in aprile con eccellenti risultati. Al ritorno fu incaricato di costruire, col sostegno finanziario di un gruppo di industriali milanesi che fornirono anche la nave appoggio Città di Milano, un nuovo dirigibile e di allestire una nuova spedizione. Nacque così il dirigibile Italia, realizzato esclusivamente con finanziamenti privati dal momento che il governo fascista privilegiò sempre la costruzione di aerei.

L’obiettivo di Nobile era compiere una serie di voli su terre ancora sconosciute, in una fascia circumpolare estesa da Capo Bridgman, all’estremità settentrionale della Groenlandia, alla Severnaja Zemlja (Terra del Nord), per portare la bandiera italiana al Polo e promuovere un’attività di ricerca scientifica oceanografica, geografica e geofisica con l’appoggio di prestigiosi istituti universitari. Avvalendosi delle esperienze precedenti, la spedizione fu preparata con cura a cominciare dall’equipaggiamento. Partiti il 13 aprile, i 18 membri – tra i quali tre scienziati, due giornalisti e un gruppo di alpini comandati dal capitano Gennaro Sora con funzioni di supporto – raggiunsero il 6 maggio, dopo un volo di circa 6000 km, la base norvegese della Baia del Re nelle isole Svalbard.

Furono allora messi a punto i piani per i voli di esplorazione sulla calotta polare, che prevedevano almeno due tentativi (uno nella Terra del Nord e uno o due al Polo e nella regione circostante). Fallito il primo a causa delle cattive condizioni meteorologiche in prossimità di Capo Nord, il secondo – durato quasi tre giorni ininterrottamente tra le isole settentrionali dell’arcipelago Francesco Giuseppe e la regione della Terra del Nord – permise di esplorare circa 50.000 km2 di zone sconosciute e percorrere oltre 4000 km; il terzo si proponeva di toccare Capo Bridgman, per fare poi rotta alla volta del Polo esplorando una zona ignota a nord della Groenlandia.

Nonostante una forte perturbazione, l’Italia partì da Ny-Ålesund il 23 maggio, raggiungendo la meta alle ore 00.24 del giorno seguente, quando dalla verticale del punto furono lanciate una croce di quercia benedetta da Pio XI, la bandiera dell’Italia e il gonfalone della città di Milano. Il dirigibile incrociò sul Polo per un paio d’ore, lentamente e a bassa quota, per consentire le rilevazioni degli scienziati e, non potendo effettuare il previsto atterraggio, prese la via del ritorno. Si schiantò però – colpito da una tempesta di neve e appesantito da alcune tonnellate di ghiaccio formatosi sull’involucro, che bloccarono il meccanismo di fuoriuscita dell’idrogeno dei compartimenti di poppa – alle ore 10.33 del 25 maggio sul pack del mar Glaciale Artico a quasi 100 km dalla Terra di Nord-Est (Svalbard). Nell’urto, il fondo della cabina di comando si ruppe facendo precipitare sul ghiaccio dieci uomini (František Behounek, Giuseppe Biagi, Natale Cecioni, Finn Malmgren, Adalberto Mariano, Nobile, Vincenzo Pomella, Felice Trojani, Alfredo Viglieri e Filippo Zappi) oltre alla cagnetta Titina che Nobile aveva voluto portare con sé. Pomella morì nell’impatto, gli altri nove furono salvati poi dagli aiuti. Altri sei (Renato Alessandrini, Ettore Arduino, Attilio Caratti, Calisto Ciocca, Ugo Lago e Aldo Pontremoli), rimasti a bordo del dirigibile che, sgravato dal peso della cabina, riuscì a riprendere quota, scomparvero per sempre probabilmente inabissati nel mare di Barents. I materiali caduti con l’impatto o gettati dall’aeronave da Arduino (cibo, una piccola stazione radiotelegrafica e la famosa Tenda Rossa in realtà di colore argento, ma colorata con l’anilina, sostanza usata per le rivelazioni altimetriche, perché fosse più facilmente visibile dagli aerei di soccorso) consentirono ai superstiti di sopravvivere (tranne Malgrem, Mariano e Zappi che decisero di muoversi alla volta di Capo Nord nella speranza di incontrare le spedizioni di soccorso) andando alla deriva verso sud-est, per sette settimane in terribili condizioni ambientali. Solo l’8 giugno la nave-appoggio Città di Milano riuscì a intercettare alcuni frammenti della chiamata di soccorso e a informare i superstiti che si stavano organizzando spedizioni di soccorso da parte di Italia, Svezia, Norvegia, Russia e Finlandia. Localizzati il 19 dall’idrovolante di Umberto Maddalena, furono raggiunti il 24 da un piccolo aereo svedese del tenente Einar Lundborg, incaricato di portare in salvo il generale prima dei suoi compagni, affinché potesse coordinare le operazioni di soccorso, nonostante Nobile insistesse per fare imbarcare il capo meccanico Cecioni ferito a una gamba. Quando lo stesso pilota tornò a prelevare gli altri, precipitò, rimanendo a sua volta imprigionato tra i ghiacci: nelle successive operazioni di soccorso allestite da diverse nazioni morirono otto persone e lo stesso Amundsen scomparve il 18 giugno nel mare di Barents mentre, accantonati vecchi risentimenti, si dirigeva su quelle isole a bordo di un aereo inviato dalla Francia, il Latham 47, per prendere parte alla ricerca dei dispersi.

A fronte di un vasto e generale intervento internazionale di soccorso ai superstiti, raggiunti il 12 luglio dall’equipaggio del rompighiaccio russo Krassin guidato da Rodolfo Samoilovich, l’Italia rimase passiva. La Città di Milano, per disposizione del governo restò alla fonda nella Baia del Re e quando Nobile salì a bordo fu posto in stato d’arresto e impossibilitato a fornire indicazioni utili per il salvataggio, mentre la stampa cominciò a tacciarlo di vigliaccheria su pressione del fascismo nei confronti del quale non aveva mai manifestato alcuna simpatia. Il 22 luglio, dietro ordini ricevuti da Roma, la Città di Milano, con a bordo Nobile e compagni, lasciò la Baia del Re e il 31 luglio i superstiti della spedizione rientrarono a Roma accolti da una folla immensa.

Seguirono violente polemiche, animate soprattutto da Italo Balbo, il capo dell’Aeronautica fascista, ostile ai dirigibili e tanto avverso a Nobile da arrivare a chiederne la fucilazione per tradimento e viltà. Alla fine dell’autunno 1928 fu costituita una commissione d’inchiesta composta da cinque militari e un magistrato, presieduta dall’ammiraglio di armata Umberto Cagni. Le risultanze della commissione, rese note il 4 marzo 1929, furono sfavorevoli a Nobile – accusato di aver male organizzato la spedizione, compiuto un errore di manovra all’altezza del Polo e abbandonato il posto di comando e i suoi uomini (sebbene il primo mezzo di soccorso giunto fosse in grado di portare un solo passeggero e il pilota avesse insistito nel prenderlo a bordo avendo ricevuto ordini tassativi). Il giorno 5 Nobile si dimise dal grado e dall’impiego e, poco dopo, anche dall’università.

Chiamato da Samoilovich, nell’estate del 1931 compì un viaggio nella Terra di Francesco Giuseppe, a bordo del rompighiaccio Malyghin, nella speranza di svolgere ricerche sulla scomparsa dell’Italia, ma le pessime condizioni dei ghiacci non permisero alla nave di avvicinarsi alla Terra Alessandra, dove Nobile riteneva di poter trovare elementi utili all’indagine.

I responsabili della corporazione della flotta aerea civile russa (Aeroflot) e della Dirigiablestroi, con un accordo sottoscritto il 30 settembre 1931, gli affidarono la guida per quattro anni di un grandioso programma di dirigibili simili a quelli da lui progettati e la consulenza per tutte la questioni tecniche concernenti l’impiego di quelli già costruiti. Nel gennaio 1932 si trasferì in Unione Sovietica come sovrintendente alla progettazione e costruzione di tre semirigidi, il primo dei quali, di soli 2100 m3, il V-5, costruito fra il settembre 1932 e il gennaio 1933, doveva servire a familiarizzare operai e piloti sovietici al tipo di costruzione italiana. A questo avrebbero fatto seguito un dirigibile di 19.000 m3, il V-6, completato alla fine del 1934 e un altro di 55.000, oltre al progetto di massima di altri due semirigidi che, dovendo servire per scopi militari, avrebbero dovuto volare a quote molto alte, e di un rigido tipo Zeppelin di 100.000 m3.

Nell’estate del 1934, intanto, era morta a Roma la moglie Carlotta, da cui aveva avuto la figlia Maria. Nobile tornò in Italia nel Natale 1936, chiamato a far parte dell’Accademia pontificia delle scienze, della quale era socio corrispondente fin dal febbraio 1929. Collaborò anche, per alcuni mesi, ma in maniera clandestina, con lo stabilimento aeronautico di Caproni, progettando fra l’altro un sistema per far uscire l’aeroplano dalla vite e studiando un progetto di un aereo capace di trasportare un MAS o un carro armato. La crescente ostilità del regime fascista lo costrinse però ad abbandonare di nuovo l’Italia. Verso la fine del 1939, si recò negli Stati Uniti per dirigere e sviluppare una fondazione di ingegneria aeronautica presso la Lewis Holy Name School of Areonautics di Lockport (Illinois) e insegnare a Chicago; poi, nel febbraio 1943, in Spagna per una serie di conferenze in diverse università. Fu qui che incontrò la ventiseienne Gertrude Stolp, nata ad Amburgo da una famiglia di armatori, che sposò a Roma nel 1959.

Alla caduta del fascismo rientrò definitivamente in Italia. Reintegrato nei ranghi dell’Aeronautica col grado di maggior generale del genio aeronautico, nel 1946 fu eletto come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano (PCI), nella circoscrizione del Lazio, nell’Assemblea Costituente. Chiusa la parentesi politica nel 1948, riprese a insegnare all’Università di Napoli e a studiare aerodinamica affrontando in modo sistematico le correnti superaerodinamiche, la portanza e la resistenza alle quote che i satelliti artificiali avrebbero raggiunto e altri argomenti di aeronautica e astronautica.

Nel frattempo – anche se una nuova commissione militare lo avrebbe scagionato di lì a pochi anni, restituendogli il grado e il rispetto, e la presidenza del Consiglio dei ministri lo nominasse il 27 dicembre 1966 grande ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica italiana – fu ancora costretto a difendersi dalle accuse di quanti continuarono a valutare egoistico e poco dignitoso il comportamento tenuto in occasione della tragedia dell’Italia. Nobile non cessò di promuovere iniziative giudiziarie e di riproporre in ogni occasione possibile (dibattiti, interviste, libri, documentari ecc.) la sua versione dei fatti, senza riuscire però mai del tutto a convincere l’opinione pubblica e anche una certa parte di specialisti e militari.

Morì a Roma il 30 luglio 1978, dopo aver trascorso gli ultimi mesi di vita su una sedia a rotelle.

Solo molti anni dopo, riuscì ad affermarsi un’opinione condivisa sul suo operato tale da restituire senso e significato alla grande avventura umana e scientifica di cui fu protagonista e a collocarlo fra i pionieri e le personalità più significative della storia dell’aeronautica italiana.

Opere: Della sua attività e delle polemiche che l’accompagnarono diede sistematica notizia in dibattiti e interviste, in articoli su giornali e riviste specializzate o di alta divulgazione; per questi si rimanda al repertorio di G. Nobile Stolp, Bibliografia di U. N., Firenze 1984 e di S. Zavatti, Bibliografia delle spedizioni polari di U. N., Civitanova Marche 1985, limitandoci a ricordare i lavori principali: In volo alla conquista del segreto polare. Da Roma a Teller attraverso il Polo Nord, Milano 1928; L’Italia al Polo Nord, ibid. 1930; Il volo del Norge, Firenze 1936; La preparazione e i risultati scientifici della spedizione polare dell’Italia, Milano 1938 (in collaborazione con altri studiosi); Posso dire la verità. Storia inedita della spedizione polare dell’Italia, ibid. 1945; Quello che ho visto nella Russia sovietica, Roma 1945; Discorsi alla Costituente, 1946-1947, ibid. 1947; L’umanità al bivio, Milano 1947; Addio, “Malyghin”!Con i Russi fra i ghiacci della Terra Francesco Giuseppe, ibid. 1948; Gli Italiani al Polo Nord, ibid. 1959; Storia aggiornata della spedizione polare dell’Italia. L’epilogo del dramma, Roma 1962; La tenda rossa. Memorie di neve e di fuoco, ibid. 1969; Ali sul Polo. Storia della conquista aerea dell’Artide, ibid. 1975; La verità in fondo al pozzo. Fatti e retroscena della spedizione dell’Italiaal Polo Nord, Milano 1978; L’Italia al Polo Nord. 1928: l’ultima epopea del dirigibile, Venezia 1987.

Fonti e Bibl.: Presso il Centro documentazione Umberto Nobile, inaugurato il 28 novembre 1980 a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, annesso al Museo storico dell’Aeronautica militare, si conservano pubblicazioni, fotografie e carte geografiche relative alla storia dell’aeronautica e delle esplorazioni polari, nonché cimeli delle spedizioni polari, la biblioteca personale e documenti a essi inerenti (si veda G. Nobile Stolp, Il Centro di documentazione U. N., in Accademie e biblioteche d’Italia, LI [1983], pp. 233-235). Altri materiali sono nella biblioteca e nell’archivio dell’Istituto geografico polare Silvio Zavatti di Fermo (in particolare nella sala intitolata a Nobile) e nel Centro ricerca e documentazione polare di Roma, che pubblica il periodico bilingue Polar News-Notizie Polari. Si veda anche la breve nota di M.R. Valensise, Le esplorazioni artiche di U. N.: aspetti storici, politici, scientifici, in Il Polo, LV (2000), 1, pp. 61 s., su un programma di ricerca nell’ambito del progetto strategico Artico del CNR per l’analisi dei documenti dell’archivio donato dalla famiglia al Museo Nobile e dei dirigibili italiani di Lauro, in occasione del 70° anniversario della spedizione artica del 1928. Della vasta bibliografia, si segnala: P. Bianchi, Il volo di N., Milano 1926; A.G. Quattrini, Col Norge sulla via del Polo, Firenze 1926; Id., Col Norgeda Roma all’Alaska, Firenze 1927; M. Gallian, I segreti di U. N., Roma 1928; E. Lundborg, The Artic rescue; how Nobile was saved, New York 1929; F. Mascheroni, La tragedia polare 1928, Milano 1928; M. Parijanine, Un drame polaire. Le Krassine au secours de l’Italia, Parigi 1928; G. Albertini, Alla ricerca dei naufraghi dell’Italia. Mille chilometri sulla banchisa, Milano 1929; D. Giudici, Col Krassin alla Tenda Rossa, Milano 1929; A. Viglieri, Quarantotto giorni sul pack, Milano 1929; F. Behounek, Il naufragio della spedizione Nobile. Sette settimane sul pack, Firenze 1930; R.L. Samoilovich, S.O.S. nel Mare Artico. La spedizione di soccorso del Krassin, Firenze 1930; S. Zavatti, Al Polo Nord in dirigibile. Le imprese di U. N., San Lazzaro di Savena 1961; F. Trojani, La coda di Minosse. Vita di un uomo, storia di un’impresa, Milano 1964; Id., L’ultimo volo. La drammatica avventura dell’Italiaal Polo Nord, Milano 1967; G. Hogg, Airship over the Pole. The story of the Italia, London 1969; U. Mencarelli, U. N., Roma 1981; M. Nobile Schettino, U. N. Il destino di un uomo, Firenze 1984; A. Remgard, Expedition Italia, Stoccolma 1984; H. Straub, Nobile, der Pol-Pionier, Zürich 1985; O. Ferrante, U. N., Roma 1986; P. Gori, U. N. Dagli anni giovanili al successo nella prima spedizione polare dell’aeronave Norge (1908-1926). I rapporti con gli ambienti politico-militari, Pontedera 2000; S. Zavatti, N. e il Polo attraverso la Romagna. Lettere fra il generale N. e Luciano De Nardis, a cura di F. Monti, Fermo 2005; C. Barbieri, S.O.S. dal Polo Nord. La spedizione polare di U. N. del 1928 con il dirigibile Italia, Milano 2008.

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