vaccinazione
Inoculazione, a scopo profilattico, di un qualsiasi vaccino (➔). Il principio dell’azione della v. risiede in meccanismi fisiologici che sfruttano principalmente il concetto di memoria immunologica (➔ immunità). Si distinguono v. preventive o profilattiche, volte a prevenire le malattie infettive e parassitarie; v. terapeutiche o curative, impiegate in talune patologie, specialmente nel passato, allo scopo di attivare la risposta anticorpale; v. desensibilizzanti, impiegate per controllare patologie dovute a fenomeni di ipersensibilità.
La scoperta della proprietà immunizzante della v. risale a E. Jenner, il quale dimostrò come una lieve infezione prodotta dal virus del vaiolo vaccino sia in grado di proteggere da quella, molto più grave, prodotta dal virus del vaiolo umano. Successivamente, nel 1880, L. Pasteur dimostrò, con colture avirulente dei microrganismi responsabili del colera dei polli, che lo stesso principio era valido per instaurare la resistenza contro le infezioni batteriche e chiamò vaccino la coltura batterica attenuata. Questa scoperta permise a Pasteur e collaboratori di preparare vaccini contro altre malattie infettive (carbonchio, rabbia, ecc.).
Grazie all’introduzione delle v. e alla produzione di vaccini specifici, numerose malattie batteriche, ma soprattutto virali, possono essere controllate. La via di introduzione è generalmente parenterale, per iniezione sottocutanea, per garantire la massima permanenza locale e un conseguente assorbimento lento. Deroghe a questo principio vengono fatte impiegando la somministrazione intramuscolare per i vaccini che possono dare effetti secondari locali, od orale per i vaccini viventi i cui componenti patogeni seguono questa via di immissione. Lo studio delle modalità di interazione fra antigeni e cellule immunocompetenti ha portato a considerare il numero delle dosi e l’intervallo di tempo che deve intercorrere fra esse come parametri importanti per potenziare l’intensità della risposta immunitaria. Nella pratica, per i vaccini vivi attenuati, si impiega una sola somministrazione con l’eccezione della v. con poliovirus, che viene effettuata con tre dosi. Per i vaccini inattivati si praticano, di solito, due somministrazioni a distanza di 6÷8 settimane, e una eventuale terza dose dopo 6÷12 mesi; le tre dosi costituiscono il ciclo base cui possono seguire somministrazioni ulteriori (richiami).
L’efficacia della v. dipende non solo dalla immunogenicità del vaccino ma anche dalla risposta del soggetto, che è massima fino all’età prepuberale. Quindi le v. dovrebbero essere attuate prima di questa età, in soggetti in buone condizioni di salute e non in trattamento con farmaci che interferiscano con la risposta immunitaria. Le v. possono presentare effetti indesiderati distinguibili in incidenti (episodi gravi, a carattere epidemico, quasi sempre imputabili al vaccino per errori di preparazione, conservazione, somministrazione, ecc.), effetti collaterali (dovuti a proprietà intrinseche dei vaccini), intolleranze (manifestazioni dovute a incapacità del soggetto a tollerare l’infezione locale provocata da vaccini attenuati) e complicazioni (manifestazioni cliniche che non dipendono eziologicamente dalla v., ma da questa messe in evidenza o aggravate poiché preesistenti, contemporanee o successive).