Vaccino

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Vaccino

Stefano Vella
Marina Giuliano

(App. V, v, p. 719)

La necessità di sviluppare nuovi v. efficaci contro patogeni virali, batterici e parassitari costituisce uno tra i principali obiettivi della medicina del 21° secolo. Per comprendere l'importanza di quest'impegno su scala mondiale basta pensare al numero sempre crescente di persone con infezioni da virus, batteri e parassiti che richiedono ripetute cure chemioterapiche costose, a volte tossiche e di lunga durata, alla diffusione di batteri antibiotico-resistenti, all'aumentata resistenza agli insetticidi degli insetti vettori di microrganismi patogeni, all'aumento delle malattie a trasmissione sessuale, e in particolare alla diffusione dell'infezione da HIV (il virus responsabile dell'AIDS). Ancora oggi, purtroppo, vi è una grande differenza tra il piccolo numero di malattie prevenibili con i v. disponibili e le numerose malattie infettive per le quali non è disponibile alcun v., e l'impatto maggiore che i v. hanno avuto è stato ristretto al controllo soltanto di alcune patologie, seppure importanti, come il vaiolo, la poliomielite, il tetano, la difterite, la pertosse, il morbillo, la rosolia, l'epatite B.

Gran parte dei v. attualmente in uso è stata sviluppata attraverso approcci relativamente semplici e fondamentalmente empirici. Siamo invece oggi di fronte a un passaggio molto importante: i progressi nella genetica microbiologica e nell'immunologia hanno grandemente aumentato la nostra comprensione della patogenesi microbica e dei meccanismi di difesa dell'ospite. Inoltre, i progressi della biologia molecolare consentono di utilizzare nuovi strumenti per mettere a punto v. sempre più efficaci e più sicuri. Molti v. sono stati recentemente prodotti in nuove formulazioni, migliori sotto il profilo della sicurezza e dell'efficacia, e sono state realizzate nuove combinazioni di v. che permettono di ridurre il numero complessivo di iniezioni per il singolo individuo.

Di seguito verranno brevemente descritti alcuni v. sviluppati negli anni più recenti e quelli sui quali va concentrandosi la ricerca.

Vaccino antipertosse acellulare

Un v. contro la pertosse costituito da batteri uccisi è disponibile da più di 50 anni. Tuttavia il suo uso è stato spesso associato a un certo numero di effetti collaterali, che in alcuni casi ne hanno compromesso l'accettabilità da parte della popolazione in generale. Negli ultimi anni sono stati messi a punto e sperimentati v. nuovi, cosiddetti acellulari perché costituiti da componenti purificate del batterio e non più dalle cellule batteriche in toto. Questo è stato possibile perché sono stati identificati i fattori necessari per indurre una risposta immunitaria protettiva, e questi fattori sono stati poi utilizzati nell'allestimento del vaccino. I v. antipertosse acellulari si sono dimostrati molto efficaci e si accompagnano a un numero molto inferiore di effetti collaterali rispetto al v. tradizionale, che è stato completamente sostituito nella pratica clinica.

Haemophilus influentiae

L'Haemophilus influentiae è un batterio, causa molto frequente di meningite e di un gran numero di altre infezioni dell'età pediatrica che comprende batteriemie, polmoniti ed epiglottiti. Per la messa a punto di un v. efficace è stata utilizzata una strategia vaccinale ('vaccino coniugato') che usa un legame covalente di una proteina di trasporto all'antigene polisaccaridico di questo batterio (PRP, Polyribosyl Ribitol Phosphate), il quale da solo non è in grado di indurre una risposta immunitaria adeguata. Attualmente il v. è disponibile, è efficace ed è consigliato per la vaccinazione di tutti i bambini. Il suo uso su larga scala ha determinato una brusca diminuzione dell'incidenza delle malattie da Haemophilus: un chiaro successo scientifico e di sanità pubblica. Lo sviluppo del v. dell'emofilo è stato un processo lungo, che è durato più di 100 anni dalla scoperta del microrganismo e 17 anni dal primo prototipo del v. fino allo sviluppo dell'attuale v. coniugato, altamente efficace.

Streptococcus pneumoniae

Lo Streptococcus pneumoniae è un batterio responsabile di molti casi di polmonite, batteriemie, meningite e otite media. È un patogeno pericoloso soprattutto nelle persone con basse difese immunitarie (le persone a rischio sono quindi tipicamente gli anziani e i bambini al di sotto dei 2 anni di età). Le vittime dello streptococco si localizzano per la maggior parte nei paesi in via di sviluppo, dove si calcola che il batterio causi la morte di circa 1,2 milioni di persone all'anno, in specie bambini. Alla luce dell'aumentata antibiotico-resistenza dello streptococco è sempre più evidente la necessità di un v. efficace da somministrare per la vaccinazione universale. Il v. esistente ha il comportamento tipico dei v. polisaccaridici, i quali determinano un'azione protettrice negli adulti ma non nei bambini sotto i 2 anni di età, che ne avrebbero più bisogno. Pertanto si sta cercando di mettere a punto, come per l'Haemophilus, un nuovo v. seguendo la strategia dei v. coniugati, in cui il polisaccaride batterico viene coniugato chimicamente a una proteina in modo da rendere l'antigene riconoscibile da parte del sistema immunitario anche nei bambini sotto i 2 anni. I primi studi hanno dimostrato che un v. formulato con quest'approccio è immunogeno anche nei bambini piccoli ed è in grado di generare una memoria immunitaria.

Malattia di Lyme

Nel 1998 è stato realizzato un v. contro la malattia di Lyme, determinata da Borrelia burgdoferi. Il v. è costituito dalla OspA, proteina della superficie esterna del germe, ottenuta con tecniche di ricombinazione genetica. Gli studi hanno dimostrato l'efficacia di tale v. in soggetti a rischio di contrarre la malattia di Lyme.

Rotavirus

L'infezione da rotavirus costituisce nei bambini la causa più comune di diarrea gravemente disidratante, ed è associata a mortalità e morbosità elevatissime (circa 870.000 morti ogni anno, la maggior parte nei paesi in via di sviluppo) e milioni di ricoveri ospedalieri. L'infezione avviene soprattutto nei bambini sotto i 5÷10 anni di età perché successivamente, in seguito all'infezione primaria, si stabilisce un'immunità capace di proteggere il paziente da eventuali infezioni seguenti. Lo sviluppo di un v. contro i rotavirus ha rappresentato una delle priorità di sanità pubblica degli ultimi anni. Un v. orale (costituito da virus vivo attenuato, isolato da scimmie Rhesus e denominato RRV) è stato provato sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo e ha dimostrato un'efficacia di circa l'80% nei confronti della malattia grave sopra citata e del 50% nei confronti di tutte le infezioni da rotavirus.

Varicella

Il v. contro la varicella è costituito da un virus vivente attenuato coltivato su cellule diploidi umane. È oggi approvato per uso generale nella maggior parte dei paesi. In varie prove cliniche controllate l'efficacia è stata stimata intorno al 100%. Nei pochi casi in cui anche dopo la vaccinazione avviene la malattia, questa ha una forma moderata o subclinica. Il v. deve essere utilizzato nei bambini immunocompromessi ad alto rischio di varicella grave. In questa popolazione il v. induce immunità, che riesce a prevenire o contenere molto la grave malattia cui sono soggetti questi bambini. Il v. contro la varicella è oggi disponibile da solo o in combinazione con i v. contro il morbillo, la rosolia e la parotite.

AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome)

Nonostante l'enorme quantità di informazioni acquisite sul virus HIV (l'agente responsabile dell'AIDS) in un tempo relativamente breve, non si posseggono ancora tutte le necessarie conoscenze sulla patogenesi dell'HIV e su quali siano i meccanismi immunitari in grado di proteggere dall'infezione. I problemi più importanti che gli scienziati impegnati nella ricerca di un v. contro l'AIDS devono affrontare sono la velocità della replicazione virale e la grande variabilità del virus HIV. Inoltre, non disponiamo di un modello ideale nel quale la malattia sia sufficientemente simile a quella umana per provare i diversi approcci vaccinali. D'altra parte i v. dotati di maggiore efficacia nella lotta contro le malattie infettive sono stati ottenuti finora con virus vivi attenuati o con virus uccisi. Entrambi questi approcci aprono grandi problematiche nel caso del virus HIV: un v. a virus vivo attenuato desta serie preoccupazioni in termini di sicurezza, come dimostrano alcuni esperimenti nei quali scimmie vaccinate con questi ceppi attenuati hanno in effetti contratto la malattia. Per quanto riguarda la possibilità di un v. con virus uccisi, il problema più importante che bisogna affrontare, nel caso del virus HIV, è rappresentato dall'impossibilità di inattivare il virus senza perdere o distruggere il fragile involucro di glicoproteine, responsabile dell'induzione di anticorpi neutralizzanti. Un terzo approccio è rappresentato dai v. a subunità, che usano proteine dell'involucro ottenute con tecniche di ingegneria genetica. Essi sono innocui, ma hanno dato finora risultati deludenti sul piano dell'efficacia.

Vaccini a DNA

Le strategie finora utilizzate per vaccinare (somministrare all'individuo l'agente infettivo attenuato o ucciso oppure somministrare un componente purificato del patogeno) potrebbero, in breve tempo, risultare superate. Potrebbe infatti essere sufficiente introdurre direttamente nell'organismo, sotto forma di DNA (acido desossiribonucleico), il gene che codifica l'antigene (le proteine) di un determinato microrganismo patogeno. Queste proteine verrebbero riconosciute come estranee e stimolerebbero il sistema immunitario. In questo senso il DNA avrebbe un effetto simile a quello di un v. vivo attenuato. Allo stesso tempo l'esclusione di altri geni che sono critici per il microrganismo patogeno garantirebbe che il v. è sicuro e non induce malattia. Mentre gli esperimenti in animali più semplici hanno già dato risultati confortanti, le prove nei primati e le prime prove nell'uomo non hanno dato risultati altrettanto incoraggianti. Deve essere ancora messo a punto un sistema per veicolare in maniera adeguata il DNA e renderlo 'visibile' da parte del sistema immunitario perché i v. a DNA possano essere utilizzati. In termini di sicurezza, sforzi considerevoli devono essere fatti per assicurare che i v. a DNA non si integrino nel genoma dell'ospite con un possibile associato rischio di effetti oncogenici.

Prospettive future e conclusioni

Nonostante questi progressi, resta urgente l'esigenza di sviluppare v. contro alcune delle malattie infettive più complesse come, per es., le malattie parassitarie. Queste sono responsabili nel mondo, e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, di un numero di casi molto superiore rispetto a quelli determinati dalle malattie batteriche o virali: tuttavia, non esiste a tutt'oggi un solo v. contro una malattia parassitaria. Ogni anno, per es., la malaria uccide circa 2 milioni di persone, soprattutto in Africa, e ci sono molte altre parassitosi per le quali la disponibilità di un v. sarebbe essenziale: la schistosomiasi provoca danni al fegato e alla vescica che predispongono all'insorgenza di neoplasie, la leishmaniosi causa talvolta una malattia sistemica letale, l'amebiasi causa dissenteria.

Se lo sviluppo di nuovi v. è considerato con grande favore da tutta la comunità scientifica, qualche problema viene sollevato per quanto concerne l'aumento del numero delle iniezioni richieste, un fatto che può impedire l'accettazione e la fattibilità di un programma vaccinale soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Pertanto uno degli obiettivi della ricerca degli ultimi anni nell'industria è stato quello di sviluppare v. che combinino diversi antigeni contro diverse malattie infettive, in modo da ridurre il numero di iniezioni richieste per un'immunizzazione completa. Lo sviluppo di questi v. combinati è stato, tuttavia, più problematico di quanto atteso. Infatti, il v. combinato contro difterite/tetano/pertosse acellulare/Haemophilus influenzae, identificato come primo obiettivo perché questi v. vengono somministrati con la stessa scheda vaccinale (con gli stessi intervalli fra le dosi), ha presentato alcune difficoltà di combinazione per l'interferenza significativa tra le componenti del v. acellulare della pertosse e quelle del v. per l'emofilo. Tuttavia, combinare un numero sempre più grande di immunogeni in dosi singole di v. rimane una priorità. Per es., combinare il v. anti-streptococcico con il v. contro l'emofilo e con un possibile nuovo v. antimeningococcico proteggerebbe contro la maggior parte degli agenti patogeni che provocano meningiti.

I v. orali e quelli somministrati per via nasale rappresentano altre possibili alternative per ovviare al problema delle iniezioni multiple. Oltre a rendere la somministrazione meno traumatica, aumentano le difese indotte dai v. stessi anche a livello delle mucose, dove avviene di solito il primo contatto con l'agente infettivo.

Infine, è molto probabile che l'uso dei v., oggi ristretto quasi esclusivamente ai bambini, si estenda a tutto l'arco della vita, cioè agli adolescenti, agli adulti e agli anziani. Per es., la possibilità di immunizzare una donna in gravidanza permetterebbe di conferire un'immunità al feto prima della nascita, in modo da prevenire malattie che colpiscono i neonati così precocemente che l'immunizzazione tradizionale non è praticabile. Tra le possibili vaccinazioni della madre potrebbero rientrare i v. contro lo streptococco di gruppo B, responsabile di malattia neonatale grave, e il virus sinciziale respiratorio (RSV, Respiratory Syncitial Virus). Quest'ultimo rappresenta una prospettiva piuttosto interessante dal punto di vista della sanità pubblica perché il virus sinciziale respiratorio è la prima causa di malattia del tratto respiratorio inferiore nei neonati e nei bambini. V. che proteggano gli adolescenti dalle malattie sessualmente trasmissibili sono allo studio. A tal riguardo, un obiettivo particolarmente interessante è rappresentato dal virus del papilloma, la cui infezione è fortemente associata al cancro della cervice uterina.

Nella prospettiva di un v. che indirettamente protegga anche dal cancro, va visto l'uso del v. contro l'epatite B (già obbligatorio in Italia) come preventivo contro le neoplasie del fegato (associate appunto con l'infezione cronica da virus dell'epatite B) e la possibilità, per ora solo teorica, di un v. protettivo contro il cancro gastrico che agisca nei confronti dell'Helicobacter pylori (responsabile di gastriti croniche, condizioni che favoriscono l'insorgenza di neoplasie gastriche).

Dopo il successo della vaccinazione mondiale contro il vaiolo che ha portato all'eradicazione di questa malattia dal pianeta (l'ultimo caso di vaiolo è stato riportato nel 1977), nel 1988 l'Organizzazione mondiale della sanità ha selezionato la poliomielite come la prossima malattia da eradicare a livello mondiale. L'incidenza della malattia sta in effetti progressivamente diminuendo e aree sempre più vaste del mondo stanno diventando esenti da poliomielite: nel 1994 il continente americano è stato dichiarato libero da questa malattia e, nel settembre 1995, 146 paesi hanno dichiarato all'OMS zero casi di poliomielite. L'obiettivo dell'eradicazione della poliomielite rappresenta un nuovo passo del processo che va dal 'controllo' di una malattia alla sua 'eradicazione', e la dimostrazione che i v. costituiscono ancora le armi più potenti a disposizione per il miglioramento della salute dell'uomo.

bibliografia

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