vaiolo medicina
Il v. e alcuni metodi per combatterlo sono descritti in testi medici sanscriti e la sua presenza nel subcontinente indiano sembra accertata da alcune migliaia di anni. Secondo alcuni autori, certe stimmate sulla pelle delle mummie egiziane potrebbero esser state causate dal v.; tuttavia nessuna fonte greca, romana o egiziana parla della malattia. Nel mondo occidentale la prima descrizione accurata risale al 930 d.C. ed è di Rhazes, medico a
La medicina occidentale era impotente di fronte alla malattia, quindi non esistevano veri e propri metodi di cura. Si prescrivevano diete, si tenevano le navi in quarantena, si vietavano spostamenti e contatti fra le persone in periodo di contagio. Dalla constatazione che molti degli schiavi provenienti dall’Oriente con i segni della malattia sul viso ne erano immuni, derivò il tentativo di provocare artificialmente la malattia in forma benigna, sperando così di proteggere un soggetto sano da ulteriori contaminazioni. La tecnica, detta di vaiolizzazione, ebbe diverse varianti. Per lo più si procedeva al prelievo da un malato di pus vaioloso, che veniva trasmesso a un soggetto sano per via cutanea. In Occidente la pratica fu introdotta alla fine del Seicento dall’anatomista T. Bartolinus e si diffuse successivamente in
Un nuovo capitolo della lotta al v. è rappresentato dalla vaccinazione antivaiolosa messa a punto da
Nel pesco, sintomo della malattia detta gommosi: le foglie presentano dapprima tante macchiette rosse; i tessuti fogliari attaccati si seccano e si staccano lasciando tante perforazioni.
Nell’olivo il termine equivale a occhio di pavone (➔ occhio).