CHIMENTELLI, Valerio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CHIMENTELLI, Valerio

Nicola Longo

Nacque a Firenze il 20 giugno 1620da Giovan Battista e da Antonia Landi di Montevarchi. Il padre era un avvocato assai noto.

Fin da giovinetto il C. si mostrò molto portato allo studio, e per questo fu affidato a ottimi professori che avevano il compito di educarlo nelle varie discipline. Così il Filiromolio, domenicano del convento di S. Marco, gli insegnò fisica e teologia; Cirillo Basileo, monaco greco, lo iniziò allo studio della lingua e letteratura greca; mentre Cosimo Svetonio fece lo stesso per l'ebraico. A dodici anni il C. sostenne in S. Croce l'esame di logica e filosofia tra l'ammirazione dei concittadini presenti. Quindi si applicò alla teologia e alle matematiche, almeno fino a quando non si trasferì a Pisa, dove si dedicò allo studio del diritto sotto la guida di Michele Pierucci, di Sebastiano Cellesi, di Aurelio Galvani, di Bartolomeo e Vergilio Vecchi. Quest'ultimo il 1º ott. 1643 lo laureò in utroque iure. Dopo il suo rientro a Firenze il C. preferì l'insegnamento privato del diritto all'esercizio della libera professione paterna.

È noto che egli ebbe fra i suoi allievi un giovane straniero (raccomandatogli dal celebre umanista olandese Nicolaas Heinsius) di nome Schelius, probabilmente identificabile con lo scrittore politico tedesco Rabodus Hermannus Schelius, il quale, durante un viaggio in Italia, soggiornò per qualche tempo a Firenze intorno al 1648. Il rapporto con lo Heinsius risale comunque almeno all'estate del 1646, quando questi visitò per la prima volta Firenze e saldò rapporti di amicizia con il Chimentelli. In occasione del suo secondo viaggio lo stesso C. gli offrirà ospitalità. Sappiamo anche che l'olandese tentò, senza successo, di ottenere da Luigi XIV di Francia una pensione vitalizia per il suo amico fiorentino.

Nel dicembre 1647, alla morte di Giovan Battista Doni, insegnante di umane lettere nel "Lyceo fiorentino", il C. si trovò a concorrere per la successione insieme ad Alessandro Adimari, al canonico Lanfredini e a Carlo Dati, ma, nonostante la raccomandazione del suo primo maestro di matematiche, non riuscì nell'intento. Invece l'anno successivo, con l'appoggio dello stesso granduca Ferdinando II de' Medici, poté occupare la cattedra di greco presso l'università di Pisa, cominciando le lezioni con la lettura dell'Enchiridion di Epitteto. Si racconta che visitando il Magliabechi, ilgiorno prima della partenza da Firenze, avesse detto che lo mandavano a morte perché l'aria di Pisa, troppo vicina al mare, era dannosa alla sua costituzione fisica. Nel 1653, nonostante la condizione di malato cronico, ottenne la cattedra di umane lettere. Iniziò i corsi esponendo I caratteri di Teofrasto; negli anni successivi, esaminò La poetica di Aristotele, i detti e i fatti di Socrate scritti da Senofonte, la poetica di Orazio, la vita svetoniana di Cesare, le Historiae di Tacito, gli scritti di Pomponio Leto e di Fenestella de' Magistrati.

In questi anni fu ammesso all'Accademia dei Disuniti di Pisa, divenendone il "principe" per brevi periodi. Il granduca, dopo avergli rifiutato il permesso di lasciare la patria (per accettare l'invito del duca di Modena a educare il suo figlio maggiore), lo scelse quale tutore del proprio erede. Nonostante che egli svolgesse la maggior parte della sua attività a Pisa, fu eletto socio in quattro accademie di Firenze.

Nel giugno 1650 il C. venne ammesso all'Accademia della Crusca ed ebbe il soprannome di Raggirato: qui si trovò accanto ad Agostino Coltellini, Alessandro Segni, Francesco Maria Ceffini, Gian Battista Cini. In occasione della terza edizione del vocabolario allestito dagli accademici partecipò sia al comitato dei dodici sia a quello ristretto dei tre, insieme con il Redi e con il Dati. Ugualmente fu, fin dal 1635, insieme con il Dati, con Vincenzo Viviani e con altri, fra gli accademici Apatisti, il principe dei quali, Agostino Coltellini, gli dedicò una lettera satirica e lo lodò nella Mantissa fidenziana accanto al Magliabechi e al solito Dati. Fece anche parte dell'Accademia fiorentina e di quella degli Svogliati. Dei tanti letterati che furono in contatto con lui - oltre all'Heinsius, con cui mantenne un costante rapporto epistolare - si devono ricordare Antonio Malatesti che gli pubblicò come editore alcuni versi minori, Egidio Menagio, membro francese dell'Accademia della Crusca, Ottavio Falconieri, al quale il C. inviò tre lettere riguardanti il problema della pubblicazione del suo libro più importante.

La storia di questa opera, intitolata Marmor Pisanum, inizia con la scoperta di una iscrizione latina su di un marmo tombale riferentesi, secondo il C., a uno scranno con due sedili. L'eruditissima esegesi interpretativa che compì fu premiata dal papa con il dono di una medaglia; il Graevius ristampò questo saggio nel Thesaurum antiquitatum Romanorum (Lugduni Batavorum 1689, VII, coll. 2024-2226).

Si può dire che l'esperienza più importante nella vita del C. sia stato l'incontro, che certamente avvenne a Firenze, col giovane Milton. Tracce di questa conoscenza rimangono nella Defensio secunda pro populo Anglicano e nell'epistolario dello stesso Milton. Giacomo Gaddi, Carlo Dati, il Frescobaldi, Agostino Coltellini, Benedetto Buonmattei e alcuni altri, che avevano costituito il nucleo principale dell'Accademia degli Svogliati, s'incontravano solitamente nella casa del Gaddi in piazza Madonna, dove c'era una notevole biblioteca; qui fu ricevuto il giovane inglese, come egli stesso ricorderà in una lettera al Dati del 21 apr. 1647, attribuendo a quella compagnia il titolo di Accademia gaddiana.

Tuttavia è inutile esagerare l'importanza di questo incontro: il C. era per il poeta solo uno di quei cortesissimi ospiti fiorentini che lo accolsero all'interno di quella società di dotti, eredi, per il letterato forestiero, degli antichi fasti dei loro predecessori e degni continuatori di Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Tasso. Né è il caso di aggiungere nulla alla disamina del problema, ormai risolto dal Rosen, sulla totale identità col suo amico fiorentino del Clementillo (al dativo) e Clementille (al vocativo), di cui il Milton parla nella citata lettera e nella Defensio secunda.

Gran parte degli scritti del C. restarono inediti nelle biblioteche di Pisa e Firenze. Nella Biblioteca nazionale fiorentina sono conservate anche alcune lettere che egli inviò al granduca di Toscana; nella Biblioteca Vaticana sono tre lettere, risalenti agli anni 1647-48, da lui inviate al celebre Paganino Gaudenzio, professore di umane lettere a Pisa (lo stesso Gaudenzio fu celebrato, alla sua morte, da una orazione funebre con cui il C. ebbe l'opportunità di lodarne le virtù umane e professionali: cfr. Fabroni, III, p. 165). Componimenti minori, come s'è detto, furono stampati, sia pure in modo disordinato, durante la vita del C., ma altri suoi lavori, come orazioni, discorsi latini e italiani, varie praelectiones ed excerpta restano fra le carte pisane.

A quarantadue anni il C. prese gli ordini sacri; il che era assai naturale per chi, come lui, aveva sempre indossato l'abito ecclesiastico. Si è già accennato al suo precario stato di salute, che il clima di Pisa fece peggiorare. Morì a Pisa il 2 dic. 1668 e fu seppellito nella chiesa di S. Caterina, dove il fratello Bartolomeo fece porre una lapide contenente una lunga epigrafe che lo esalta soprattutto per la sapienza con cui coltivò lo studio delle lingue latina, greca ed ebraica.

Opere: Genio maiestatiq. serenissimorum coniugum Cosmi Principis Hetruriae,Margaritae Aloysiae Aurelianensis,nuptialem panegyricum consecrat V. C., Florentiae 1661; Marmor Pisanum,de honore Biselli,Parergon inseritur de Veterum Sellis,synopsis appenditur de re donatica antiqua,quam brevi spondet auctor V. C. Accedit Myodia sive de muscis odoris Pisanis epistola, Bononiae 1666 (ristampe, Venezia 1732, 1737); opere inedite manoscritte: Firenze, Bibl. nazionale, Cicalata in lode dell'insalata (1650); Rime; De Funambulo; In Marcum Citharellham Elogium; Pisa, Bibl. universitaria, Praelectiones in Horatii Poeticam. In Aristotelis Poeticam. In Taciti Annales. In Theophrasti Caracteres. In Epicteti Enchiridion. In Pompo[nium] Laetum et Fenestellam de Magistr[um]. In Xeno[phontis] de dictis et factis Socratis, e Excerpta ex auctoribus variis Graecis et Latinis (cfr. G. Mazzatinti-A. Sorbelli, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XI, 150; XIII, p. 138; VIII, p. 165, X, p. 148; XXIV, p. 17). Lettere del C. a N. Heinsius, ms. presso la Biblioteca dell'università di Leida (cfr. Bibliotheca Academiae Lugduno-Batavae,Catalogus, XXII, Leida 1934, p. 41; e XXVI, ibid. 1935, p. 47); a Paganino Gaudenzio, in Bibl. Apost. Vaticana (cfr. C. Stornajolo, Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Codices Urbinates Latini, III, Romae 1921, pp. 542 s.) e in Bibl. naz. di Firenze (cfr. Inventari, XII, p. 30).

Fonti e Bibl.: I. Gaddi, De scriptor. non ecclesiasticis Graecis,Latinis,Italicis, Florentiae 1648 (la pagina precedente l'inizio della numeraz. contiene un elogio latino del C.); N. Heinsius, Poemata, Lugduni Batavorum 1653, p. 174; J. Milton, Defensio secunda pro populo Anglicano, Londini 1654, p. 84; O. Boldonius, Epigrafica, Perusiae 1660, p. 274; J. Schefferus, De re vehiculari veterum, Francofurti 1671, pp. 61-64; J. Milton, Epistolarum familiarium l. unus, Londini 1674, p. 32; A. Malatesti, La Sfinge, Firenze 1683, pp. XIX-XXII; E. Menagio, Mescolanze, Rotterdam 1692, pp. 177-180, 186 s., 230-232, 161 s.; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accad. fiorentina, Firenze 1717, pp. 546, 548; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 516 s.; A. Aprosio, Bibliotheca aprosiana, Amburgo 1734, p. 186; Prose fiorentine, Venezia 1735, II, 1, 6, pp. 44-52; J. Milton, IlParadiso perduto,con la vita del poeta di G. Addison (traduzione di P. Rolli), II, Parigi 1740, p. 68; A. Fabroni, Lettere inedite di uomini illustri, I, Firenze 1773, pp. 143, 164; II, ibid. 1775, pp. 166 s., 193; G. Targioni Tozzetti, Atti e memorie inedite dell'Accademia del Cimento, III, Firenze 1780, pp. 174-177; Memorie istoriche di più uomini illustri pisani, III, Pisa 1792 [ristampa anastatica, Bologna 1972, p. 348; F. Fontani, Elogio di C. R. Dati, Firenze 1794, pp. 38, 84 s., 151 s., 199-201, 205; A. Fabroni, Historia Accademiae pisanae, III, Pisis 1795, pp. 162 ss.; D. Moreni, Bibliogr. storico ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, p. 260; G. Prezziner, Storia del pubblico Studio e delle società scientifiche e letter. di Firenze, II, Firenze 1810, p. 71; L. Cicognara, Catal. ragionato dei libri d'arte e d'antichità, II, Pisa 1821, p. 110; C. R. Dati, Lettere, a cura di D. Moreni, Firenze 1825, pp. 4, 20, 28, 46, 52, 67, 68, 81, 84, 87, 93, 96, 150; F. Redi, Lettere, a cura di D. Moreni, Firenze 1825, pp. VIII-XII, 146; F. Inghirami, Storia della Toscana, I, Fiesole 1843, p. 447; G. B. Zannoni, Storia dell'Accademia della Crusca, Firenze 1848, pp. 70, 76; F. A. Eckstein, Nomenclator philologorum, Leipzig 1871, p. 89; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronica, I, 2, Firenze 1880, pp. 784, 823; G. Andreini, C. Dati e l'Accademia della Crusca, in Miscell. di studi critici pubbl. in onore di G. Mazzoni, II, Firenze 1907, p. 85 n. 104; E. Allodoli, G. Milton e l'Italia, Prato 1907, pp. 13 n., 30 s.; E. Benvenuti, A. Coltellini e l'Accademia degli Apatisti a Firenze nel sec. XVII, Pistoia 1910, pp. 57 s., 174, 178, 257; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, II, Bologna 1927, p. 134; A. Belloni, Il Seicento, Milano 1929, p. 579; G. Abetti-P. Pagnini, L'Accademia del Cimento, I, Firenze 1942, p. 50; E. Rosen, A friend of John Milton and his copy of Viviani's De Maximis et minimis, in Bull. of the New York Publ. Libr., LVII (1953), pp. 159-174 (rec. di V. Luciani, in Italica, settembre 1953, pp. 172 s.); P. Rebora, Milton a Firenze, in Interpretazioni anglo-ital., Bari 1961, p. 144; M. E. Cosenza, Biographical and Bibliographical Dictionary of Ital. Humanists, II, Boston 1962, pp. 988 s.; B. Cochrane, G. Lami e la storia eccles. ai tempi di Benedetto XIV, in Arch. stor. ital., CXXIII (1965), p. 60; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1966, p. 94.

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