VERRA, Valerio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VERRA, Valerio

Claudia Melica

– Nacque a Cuneo il 19 febbraio 1928 da Alfredo e da Maria Perotto.

Il padre era un ufficiale di Marina. Il fratello maggiore Aurelio divenne ufficiale del corpo militare degli Alpini e fu tra i promotori del movimento partigiano nel Cuneese. Valerio frequentò (1942-45) il liceo classico Silvio Pellico di Cuneo. Nel corso della prima e parte della seconda classe ebbe come professore di storia e filosofia Luigi Pareyson, con il quale stabilì, sin nei primi anni di apprendimento, un legame indissolubile. Conseguì la maturità nella sessione autunnale del 1945 e, sebbene avesse sviluppato una predilezione per la filosofia, primeggiò nelle materie scientifiche (matematica, fisica e scienze). Nel 1945 si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino. L’ambiente accademico torinese si presentò foriero di occasioni di approfondimento con eccellenti docenti di filosofia. Ebbe modo di seguire i corsi di estetica di Pareyson, di storia della filosofia e pedagogia di Nicola Abbagnano, di storia della filosofia medievale di Carlo Mazzantini, nonché quelli di Gioele Solari sulla filosofia del diritto. Dopo aver partecipato ai corsi di filosofia teoretica e filosofia morale svolti da Augusto Guzzo, Verra conseguì – con Guzzo relatore e Abbagnano correlatore – la laurea nella sessione estiva del 1949, discutendo una tesi su Il naturalismo umanistico e sperimentale di J. Dewey, che meritò la lode e la dignità di stampa. Guzzo fece subito pubblicare parte della tesi nel primo numero della rivista Filosofia (1950, pp. 198-227), alla quale in seguito Verra collaborò per un quindicennio.

Nel dopoguerra la città di Torino si presentò come il centro per eccellenza di relazioni formative. Verra poté fare conoscenza di Vittorio Mathieu, Francesco Barone, Pietro Rossi e Carlo Augusto Viano. Il dialogo tra loro si intensificò intorno a molteplici progetti filosofici editoriali che, in quegli anni, prendevano forma con vivacità nel capoluogo piemontese.

Un bilancio della filosofia italiana del dopoguerra fu ampiamente documentato da Verra attraverso un confronto critico tra le diverse posizioni filosofiche degli specialisti del settore incontrati a Torino in giovane età. Ne scaturì il volume da lui curato, La filosofia dal ’45 ad oggi, per le Edizioni Rai-ERI (Torino 1976), che costituisce un indispensabile strumento di lavoro per ricostruire l’animato clima filosofico italiano ed europeo tra il dopoguerra e la metà degli anni Settanta.

Una volta discussa la sua tesi di laurea, Verra si accinse a indagare il pensiero tedesco. Ebbe occasione di accedere, grazie a Pareyson, alla nutrita biblioteca privata di Piero Martinetti depositata, all’epoca, presso l’Accademia delle scienze di Torino. La sua formazione fu completata a Heidelberg, dove Verra si recò, con due diverse borse di studio di perfezionamento (una del ministero italiano per la Pubblica Istruzione e l’altra della Alexander von Humboldt-Stiftung), per apprendere durante quattro semestri (1954-56) da Hans-Georg Gadamer e Karl Löwith.

In particolare, ebbe modo di frequentare con assiduità i seminari di Gadamer all’interno dei quali il filosofo leggeva, commentava con acribia filologica e interpretava alcuni testi secondo quel metodo ermeneutico che, in seguito, divenne la cifra peculiare dell’opera di Gadamer. Si deve a Verra se alcune delle opere maggiori di Gadamer furono tradotte, curate e introdotte in Italia.

In quegli anni a Heidelberg Verra strinse anche profonda amicizia con Dieter Henrich e Reiner Wiehl. Con una certa nostalgia, ebbe poi modo di ricordare gli anni trascorsi nell’alma mater tedesca in Incontro con la filosofia tedesca (nel miscellaneo La mia Germania, a cura di M. Freschi, Roma 1993, pp. 127-139), saggio che ebbe il pregio di affrontare, insieme con quelli di altri autori, il significato della propria esperienza.

Egli sottolineò come il merito di svolgere un periodo di studi in Germania, in una piccola cittadina come Heidelberg e in un’università qualitativamente e scientificamente ben organizzata, fu quello di poter instaurare un autentico rapporto di scambio formativo tra docente e allievo che toccava, in modo interdisciplinare, i vari aspetti della cultura in generale. Al fine di trasmettere al pubblico italiano i concetti della filosofia tedesca contemporanea appresi a Heidelberg, Verra curò, nel 1970, un certo numero di conversazioni radiofoniche.

Il ritorno in Italia consentì a Verra di ottenere i primi incarichi di insegnamento e di diventare nel 1956 professore di ruolo nei licei, dapprima ad Aosta e, successivamente, ad Alessandria. Nello stesso periodo iniziò ad affiancare, in qualità di assistente volontario e in seguito straordinario, il suo maestro Pareyson presso la cattedra di estetica dell’Università di Torino. Conseguì, così, nel 1958, la libera docenza in storia della filosofia. Nel 1960 fu incaricato dell’insegnamento di filosofia presso la facoltà di magistero dell’Università di Trieste. Nel 1964 vinse un concorso in storia della filosofia e divenne professore straordinario nella stessa Università, ove rimase sino al 1968. In quell’Ateneo strinse rapporti accademici con Augusto del Noce e approfondì quelli con Mathieu. Grazie a quest’ultimo Verra ebbe altri incarichi presso la facoltà di lettere della stessa Università triestina.

Nel 1965 sposò Maria Luisa Sciutto (detta Luisella), dalla quale ebbe la figlia Federica. Nel 1968 si traferì a Roma come professore di storia della filosofia nella facoltà di magistero dell’Università di Roma, dove insegnò anche presso la Scuola di perfezionamento. Fu, inoltre, docente presso l’Istituto superiore Maria Santissima Assunta.

A Roma Verra collaborò con la RAI - Radio televisione italiana (Terzo programma), con l’Istituto della Enciclopedia Italiana per la redazione di diverse voci e, più tardi (1981-94), con il Comitato nazionale di consulenza per le scienze storiche, filosofiche e filologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). A Napoli, inoltre, collaborò con Gerardo Marotta per ideare iniziative presso l’Istituto italiano per gli studi filosofici, e con il Suor Orsola Benincasa.

Dal 1970 divenne vicepresidente della Società tedesca di studi hegeliani (Internationale Hegel-Vereinigung) con sede a Heidelberg. Dal 1967 collaborò anche con l’Enciclopedia filosofica del Centro di studi filosofici di Gallarate e redasse diverse voci di filosofi soprattutto tedeschi (per citarne solo alcuni: Johann Gottfried Herder, Salomon Maimon, Karl Leonhard Reinhold e Friedrich Heinrich Jacobi).

Fu inoltre animatore di manifestazioni culturali presso il Goethe-Institut di Roma. Eletto socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei nel 1988, divenne, quattro anni dopo, socio nazionale. Nel 1996 fu eletto anche socio corrispondente dell’Accademia delle scienze di Torino. Tra le onorificenze ricevute va menzionata almeno la laurea honoris causa ricevuta dall’Università di Poitiers (1994).

Dal 1992 Verra, in qualità di professore ordinario in storia della filosofia, svolse la sua attività accademica presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Roma Tre.

Morì improvvisamente, nella sua casa a Roma, il 20 giugno 2001.

Nel corso della sua vita, Verra aveva avuto il merito di riesaminare attentamente, con indagini storiografiche puntuali, il pensiero classico tedesco dimostrando, in più di un’occasione, come la storia della filosofia, a partire da Immanuel Kant, non proceda per un progressivo superamento dei predecessori compientesi in Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Le sue ricerche sono state assai feconde e hanno avuto un influsso internazionale sugli studi di settore. Prezioso, per coloro che volessero approfondire maggiormente la filosofia tedesca tra il Settecento e l’Ottocento, il Fondo Verra, con la sua biblioteca privata, conservato presso la Biblioteca di area umanistica della facoltà di lettere e filosofia di Roma Tre. Si tratta di un patrimonio vastissimo (diecimila volumi) catalogato nel tempo e oggi finalmente accessibile agli studiosi.

Opere. Si ricordino almeno, come autore: Dopo Kant. Il criticismo nell’età preromantica, Torino 1957; F.H. Jacobi. Dall’illuminismo all’idealismo, Torino 1963; Dialettica e filosofia in Plotino, Trieste 1963; Mito, rivelazione e filosofia in J.G. Herder e nel suo tempo, Milano 1966; Storia della filosofia. Con testi e letture critiche, I-III, Bari 1973 (con F. Adorno e T. Gregory; nuova ed. aggiornata 1996); Introduzione a Hegel, Roma-Bari 1988; Letture hegeliane. Idea, natura e storia, Bologna 1992; ancora le due raccolte postume di saggi, entrambe a cura di C. Cesa, Linguaggio mito e storia. Studi sul pensiero di Herder, Pisa 2006, e Su Hegel, Bologna 2007.

Come curatore e traduttore: I .Kant, Critica del giudizio, trad. it. a cura di A Gargiulo, 4ª ed. riv., Bari 1960 (7ª ed. con glossario e indice dei nomi di V. Verra, 1994); S. Maimon, Gesammelte Werke, I-VI, Olms 1965-1976; F.H. Jacobi, La dottrina di Spinoza. Lettere al signor Moses Mendelssohn, Bari 1969; J.G. Herder, Idee per la filosofia della storia dell’umanità, introd., trad. e commento di V. Verra, Bologna 1971 (rist. 1992); L’opera e l’eredità di Hegel, Bari 1972 (rist. 1974); La dialettica nel pensiero contemporaneo, Bologna 1976; La filosofia italiana dal ’45 ad oggi, Torino 1976; La filosofia di Hegel, Torino 1979; G.F.W. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio con le Aggiunte (1830), I, La Scienza della logica, Torino 1981; II, La Filosofia della natura, Torino 2002 (entrambi con trad., introd. e note di V. Verra).

Fonti e Bibl.: C. Cesa, Per V. V., in Studi kantiani, XIV (2001), pp.171-183; X. Tilliette, V. V. (1928-2001), in Les études philosophiques, 2001, n. 4, pp. 532 s.; V. Vitiello, V. V., in memoriam, in Il Pensiero: rivista di filosofia, XL (2001), pp. 133-136; L. Casini, Ricordo di V. V., in Colloquium philosophicum. Annali del dipartimento di filosofia dell’Università degli studi «Roma Tre», a.a. 2000-2001, VII (2003), pp. 9-35; C. Ferrini, V. V. (1928-2001): per una bibliografia dei suoi scritti, ibid., pp. 37-57; S. Iovino, Fare la storia. V. V. e la storiografia filosofica italiana, in Rivista di storia della filosofia, LVIII (2003), 3, pp. 555-571; G. Riconda, V. V. e l’ambiente filosofico torinese, in Rivista di filosofia, XCIV (2003), pp. 109-119; P. Rossi, Alla riscoperta di Hegel, ibid., pp. 123-128; G. Vattimo, Da Dewey a Hegel, attraverso Gadamer, ibid., pp. 129-136; C. Cesa, V. V.: il confronto con Hegel, in Colloquium philosophicum. Annali del dipartimento di filosofia dell’Università degli studi «Roma Tre», a.a. 2001-2002 e 2002-2003, VIII-IX (2005), pp. 9-24; M. Mori, L’interpretazione di Herder: Linguaggio, mito e storia, ibid., pp. 25-37; P. Vinceri, La filosofia classica tedesca nell’interpretazione di V., in Metafisica e nichilismo: Löwith e Heidegger, interpreti di Nietzsche, a cura di C. Gentili, Bologna 2005, pp. 107-112; G. Bonacina, V. V. e il giudizio di Hegel sulla filosofia moderna, in Rivista di storia della filosofia, LXIII (2008), 2, pp. 325-328; C. Cesa, Il cammino verso Hegel, ibid., pp. 319-323; S. Poggi, V. V. e il suo Hegel né romantico né mistico, ibid., pp. 329-335; G. Cantillo, Circolarità e vitalità della ragione. Gli studi hegeliani di V. V. (1928-2001), in Annuario filosofico, XXVIII (2012), pp. 7-32; G. Cantillo, Enciclopedia e filosofia sistematica nella «Introduzione a Hegel» di V. V., in Archivio di filosofia, LXXXV (2017) pp. 147-160.

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