SINOTTICI, VANGELI

Enciclopedia Italiana (1936)

SINOTTICI, VANGELI

Alberto Pincherle

. Il fatto della molteplicità, ma anche sostanziale unità dei Vangeli ha ben presto destato l'interesse della Chiesa e spinto, per es., Eusebio di Cesarea a redigere i suoi "canoni", S. Agostino a dimostrare il "consenso" dei quattro evangelisti, altri a redigere, sull'esempio del Diatessaron di Taziano, delle "armonie evangeliche", fondendo in un solo i quattro racconti. Non cessata nel Medioevo, la voga delle armonie fu grande nei secoli XVI-XVIII, specie fra i riformati, in conseguenza del loro concetto dell'ispirazione (v. bibbia, VI, p. 881; riforma). Con lo stesso scopo, ma con diverso metodo, J. J. Griesbach mise a fronte, invece di combinarli, i passi paralleli nella Synopsis evangeliorum Matthaei Marci et Lucae (1774, 1797, 1809, 1822: dalla 2ª ed. in poi, anche passi di Giovanni), che metteva così maggiormente in luce le affinità fra questi tre Vangeli: per l'appunto i Sinottici. La coincidenza tra la pubblicazione del Griesbach e quella dei "frammenti" di H. S. Reimarus ad opera di G. E. Lessing è parsa a qualche moderno assai significativa. La "questione sinottica" come questione puramente letteraria - ricerca di una spiegazione e delle somiglianze e delle differenze fra i tre Vangeli - è sorta appunto allorché essi vennero considerati (almeno ai fini di questa ricerca) come scritti puramente umani, negandone l'ispirazione o (cattolici e conservatori) prescindendone: essa venne così ad affiancarsi alla "questione omerica" e fu studiata con gli stessi metodi filologici; e, più tardi, con gl'intenti storici (sempre nel senso di una storia umana), di "critica delle fonti", che la storiografia filologica applicava a tutti i documenti dell'antichità.

I fatti. - Comune ai tre è lo schema generale del racconto, dalla predicazione del Battista e dal battesimo di Gesù alla predicazione di lui in Galilea e all'andata, per la Pasqua, a Gerusalemme, ove hanno luogo la Passione e la Risurrezione; comuni numerosissimi episodî e discorsi, riferiti con le stesse - o molto simili - parole ed espressioni (persino in citazioni dell'Antico Testamento che non derivano dalla versione dei LXX: somiglianza, e a volte identità di linguaggio tanto più notevole in quanto si verifica bensì soprattutto nei discorsi di Gesù (cosa naturalissima) ma in testi greci, mentre è da ritenere che Gesù, correntemente e con i suoi discepoli, parlasse l'aramaico. Dei 661 versetto (esclusa la finale) di Marco (Mc), Matteo (Mt) ha paralleli a più che 600, i quali corrispondono a meno della metà dei suoi 1068 versetti, e nei passi comuni riproduce, in media, il 51% delle parole di Mc. Luca (Lc) invece si stacca di più: particolarmente notevole la "grande omissione", corrispondente a Mc, VI, 45-VIII, 26; tuttavia contiene più della metà della materia di Mc e anche là dove non presenta paralleli ad esso, ha tuttavia molta materia affine a quella di Mc. D'altronde, Mc non ha il racconto della nascita e dell'infanzia di Gesù, che troviamo negli altri due, ma dissimile pur nella forma e nella collocazione data alla genealogia; e varî episodî e discorsi (comprese non poche tra le Parabole) si trovano soltanto in uno, o in due, dei Sinottici. Ciascuno dei quali ha materia che gli è peculiare; ma Mt e Lc di gran lunga più che non Mc; entrambi inoltre hanno in comune materia che non ha riscontro in Mc (per circa 200 versetti), con diverso grado di somiglianza verbale e formale e disposta diversamente. Mt infatti tende a condensare i detti di Gesù in cinque grandi discorsi (V-VII; X; XIII; XVIII; XXIII-XXV, quest'ultimo diviso in due parti "Contro i farisei" e "Degli ultimi eventi" e in due momenti, nel tempio e fuori, cfr. XXIV,1), contraddistinti alla fine da una formula ("E avvenne, quando Gesù finì questi discorsi" o "tutti questi discorsi" o "queste parabole", "di dar ordine ai suoi discepoli": VII, 28; XI, 1; XIII, 53; XIX, 1; XXVI, 1) che, secondo alcuni, sembra quasi voler contrassegnare una divisione in "libri"; Lc invece dispone questa materia soprattutto in seguito all'annuncio della partenza di Gesù per Gerusalemme (il cosiddetto "racconto del viaggio" ted. Reisebericht, IX, 51-XVIII, 14) e anche nel tratto VI, 20-VIII, 3 (dai seguaci della oria delle due fonti [v. sotto] detta "piccola interpolazione"; la "grande" è il Reisebericht). Il grado della somiglianza in questi tratti comuni a Lc e Mt varia molto. Ma è da osservare che, a partire dal racconto della Tentazione di Gesù, Mt e Lc non si scostano mai contemporaneamente dallo schema comune a Mc; mentre, nei passi comuni ai tre, Mt e Lc riproducono, insieme o alternativamente, la gran maggioranza delle parole di Mc. Tuttavia, alcune volte, essi hanno in comune espressioni diverse da quelle di Mc: spesso, ma non sempre, per ragioni stilistiche evidenti (maggior purezza o nobiltà di elocuzione, o anche semplicemente ossequio alla grammatica). Inoltre, un fatto interessante è quello dei cosiddetti "doppioni" (ingl. doublets: Hawkins): tanto Mt quanto Lc ripetono talvolta, in punti diversi del racconto, quella che sostanzialmente è la stessa frase; ma, spesso, questa è data una volta in una forma assai simile a quella di Mc mentre l'altra o non ha riscontro o lo ha soltanto in Lc (o, rispettivamente, Mt).

Le teorie. - Si può dire che tutte le soluzioni possibili in astratto sono state prese in considerazione. Già S. Agostino formulò l'ipotesi di una dipendenza reciproca: Mc deriva da Mt "tamquam pedisequus et breviator" (De cons. evang., I, 11, 4). Poiché Agostino conosceva certo le testimonianze di Papia (XXII, pp. 254 e 592) non si scosta molto da lui Ugo Grozio (1679) che fa derivare Mc dall'originale aramaico di Mt (Mt ar) e il Mt canonico, greco, a sua volta da Mc. R. Simon (1689) osservò tuttavia che Mc è in certi luoghi più esteso di Mt: dunque, non semplice abbreviatore. Posta la "questione sinottica" nei suoi termini moderni, il Lessing pensò a un "Vangelo primitivo" (ted. Urevangelium), fonte comune, ma noto a Mc e Lc in esemplari rispettivamente meno e più completi di quello di Mt. Secondo J. G. Eichhorn (1804-20) questo Vangelo primitivo, preceduto da altri documenti, avrebbe avuto quattro redazioni: dalla 2ª deriverebbe Mc, dalla 1ª e dalla 4ª Mt, dalla 4ª e dalla 3ª Lc.

Nel considerare i Vangeli come letteratura popolare è la genesi della teoria di J. G. Herder (1796-97), della dipendenza dalla tradizione orale, concepita come una vera saga messa in iscritto prima con Mc poi con un Vangelo aramaico (onde Mt; e da Mc, Mt, più altre tradizioni, Lc). J. K. L. Gieseler pensò a forme diverse della tradizione, corrispondenti a tendenze del cristianesimo primitivo (p. es., Lc rispecchierebbe l'insegnamento di S. Paolo). Questa teoria - in sostegno della quale si adducono le capacità mnemoniche e le abitudini scolastiche degli Ebrei e dei Semiti e Orientali in genere - fu accolta, con modificazioni, ancora da B. F. Westcott (1860), G. Wetzel (1883), C. Veit (1897), e da cattolici, per es., G. Meignan (1864), C. Fouard (1883), L.-C. Fillion (1888), J. Knabenbauer (1894), R. Cornely (1897). Sotto l'influsso di teorie relative alla poesia epica, F. Schleiermacher formulò (1817), e poi abbandonò, l'ipotesi della derivazione dei Vangeli dall'unione di numerosi racconti, o diegesi.

D. F. Strauss, che pur contrappose nettamente i Sinottici al IV Vangelo, come fonti storiche, accettò dapprima (1835) la dipendenza di Mc da Mt, poi (1864) le idee della "scuola di Tubinga". La quale contrappose - secondo il suo noto schema storiografico e specie per opera di F. Schwegler (1845) - il "petrino" Mt al "paolino" Lc (a loro volta derivati da un Vangelo più nettamente giudeo-cristiano e da quello di Marcione) ed entrambi al "neutrale" Mc. Questa teoria fu accolta, con modificazioni più lievi, da A. Ritschl (1846) e F. C. Baur (1847); con più profonde, da A. Hilgenfeld. E. Renan, che continuò ad accordare fiducia, come fonte, al IV Vangelo, ritenne che Mt derivasse dai discorsi di un Vangelo aramaico (Vangelo degli Ebrei), fusione di racconti separati, e da Mc, redatto a Roma contemporaneamente a questo; Lc avrebbe usato un'altra recensione dei discorsi. La tesi della priorità di Mc, infatti, era venuta guadagnando terreno, dai precursori, quali J. B. Koppe (1782), G. Ch. Storr (1786-94) e anche il Herder a P. A. Gratz (1822) e A. W. Knobel (1831), soprattutto a K. Lachmann (1835), Chr. H. Weisse (1837-38 e 1856) e Chr. G. Wilke (1838). Essa fu accolta da avversarî della scuola di Tubinga, E. Reuss (1842), H. Ewald (1850), A. Réville (1862), dallo Scholten (1868) ma anche da B. Bauer (1841), A. Ritschl (1850) e dall'ultimo epigono della celebre scuola, O. Pfleiderer (1887-1902) che considerò Mt risultato della combinazione di un Vangelo giudeo-cristiano e dei "paolizzanti" Mc (più antico e radicale) e Lc.

Ma già nei più recenti sostenitori della priorità di Mc è adombrata la "teoria delle due fonti" (ted. Zweiquellentheorie). Già lo Schleiermacher aveva sostenuto che Papia si riferiva a una semplice collezione di discorsi di Gesù, fatta da Matteo. Il Weisse postulava pure una seconda fonte, H. Ewald due documenti, i Logia di Matteo e un racconto, opera di Filippo evangelista, entrambi anteriori a Mc. Ma autore della prima formulazione di questa teoria è riconosciuto H. J. Holtzmann (1863) seguito da parecchi altri, di cui basti ricordare sir John Hawkins (1898) e P. Wernle (1899); finché, nelle sue linee generali, dalla fine del primo decennio del sec. XX venne accolta poco meno che da tutti i critici indipendenti, almeno nelle sue grandi linee e come soluzione generale. Secondo essa, Mt e Lc deriverebbero da Mc e, per le parti comuni a essi soli, da una seconda fonte, Q (ted. Quelle "fonte") che i più identificano con i Logia di Matteo.

Ma entro questa stessa teoria si pongono problemi. Già il Holtzmann pensava, come a fonte, non al Mc attuale, ma a una sua forma originaria, per noi perduta. L'esistenza di questo "Proto-Marco" (ted. Urmarcus) è stata postulata soprattutto per spiegare le concordanze verbali di Mt e Lc contro Mc, e anche l'"omissione" di materia di Mc da parte di Mt e (assai più) Lc. Quest'ultima ipotesi va tuttavia perdendo terreno e si tende ad attribuire quelle concordanze, oltre che alle ragioni accennate, al fatto - indiscutibile - dell'"assimilazione" dei varî Vangeli nella tradizione manoscritta. Un secondo problema è quello se - in base a queste stesse concordanze e all'affinità di contenuto tra passi di Mc e altri comuni a Mt e Lc - Mc abbia pure conosciuta la Q. Infine, vi è il problema della ricostruzione della Q: quale dei due - dato il vario grado della somiglianza verbale e la presenza di materia peculiare a ciascuno - la rappresenta meglio? Era essa composta solo di discorsi o comprendeva anche un racconto? Di qui la grande varietà (salvo che per un certo nucleo) delle ricostituzioni tentate dai varî critici, di cui alcuni hanno pensato anche a una doppia recensione, altri oggi tendono a usare questo simbolo esclusivamente per il materiale non-marciano comune a Mt e Lc, senza voler designare con esso anche una fonte precisa. E a questo punto si pone anche il problema dei procedimenti letterarî, delle tendenze e atteggiamenti spirituali dei singoli evangelisti, e anche delle loro fonti particolari: con che si esce dalla "questione sinottica" propriamente detta. Ma, in relazione ai problemi dell'Urmarcus, della Q, dei rapporti tra Q e Mc può essere importante l'osservazione di B. H. Streeter, di un certo grado di coincidenza o sovrapposizione (ing. overlapping) tra le diverse fonti: onde lo stesso critico ha formulato una teoria "delle quattro fonti": Mt deriverebbe da Mc, Q e da una terza fonte, M, combinata con le altre; Lc da Mc e da un "Proto-Luca", a sua volta risultato della fusione di Q (già un vero e proprio Vangelo, cioè un racconto seguito) con una fonte L. Esorbita invece dalla "questione sinottica" l'indirizzo della Formgeschichtliche Schule, volta a ricostruire la "preistoria" della tradizione evangelica, al di là delle fonti scritte (v. gesù cristo, XVI, p. 879).

La teoria delle due fonti, che aveva attirato anche alcuni cattolici, è stata ripudiata dai responsi della Pontificia commissione biblica del 19 e 26 giugno 1911, il primo dei quali stabilisce doversi ritenere Mt identico nella sostanza a Mt ar. Tra i critici cattolici prevale oggi la soluzione proposta da J.-M. Lagrange: dalla predicazione di S. Pietro in Gerusalemme sarebbe derivato Mt ar, da quella in Roma Mc, adoperato anche, almeno parzialmente, dal traduttore in greco di Mt; Lc si sarebbe servito di Mc e di un estratto di Mt (discorsi). Altri ammette il concorso della tradizione orale e della mutua dipendenza (Lc da Mc e Mt-gr, da Lc e Mc solo quanto alla forma esterna), oltre all'uso di documenti (specie per Lc). Invece P. Vannutelli, prendendo le mosse da interessanti studî e raffronti sui libri da lui detti "Sinottici dell'Antico Testamento" (I-IV Re e Cronache, e altri), conclude per la derivazione di Mt, Mc e Lc dal solo Mt ar che però ciascuno avrebbe posseduto in una copia (o recensione) diversa; Lc avrebbe inoltre conosciuto Mc - abbreviatore di Mt - o uno scritto simile. Vi è dunque tra i cattolici disparità di pareri; la Chiesa tiene fermi i seguenti punti: autenticità, storicità e ordine cronologico: Mt - o quanto meno Mt ar (v. sopra) - anteriore a Mc e questo a Lc.

Bibl.: Sussidio indispensabile a uno studio della questione sono le "Sinossi", che tuttavia nella disposizione rispecchiano inevitabilmente le teorie dei loro autori: p. es., A. Huck, Synopse der 3 ersten Evangelien, 9ª ed., a cura di H. Lietzemann, Tubinga 1935; E. de W. Burton e J. Goodspeed, A Harmony of the Synoptic Gospels in Greek, Chicago 1920; J.-M. Lagrange e C. Lavergne, Synopsis evangelica, Parigi 1927; P. Vannutelli, Gli Evangeli in Sinossi (trad. ital., che riproduce fedelmente le particolarità del linguaggio), Torino-Roma 1931; id., Synoptica, Commentarii trimestres, Torino, I (1936). Sulla storia della questione informano: A. Schweitzer, Geschichte der Leben-Jesu-Forschung (2ª ed. di Von Reimarus zu Wrede), Tubinga 1921; L. Salvatorelli, Da Locke a Reitzenstein, in Riv. stor. ital., 1929 (e in Harvard theol. rev., 1929) e le Introduzioni al Nuovo Testamento che, come le Sinossi, espongono anche succintamente la questione, come pure i commenti generali (v. bibbia, VI, p. 915), e le opere principali intorno a ciascun Vangelo. Opere classiche si possono ritenere: H. J. Holtzmann, Die synoptischen Evangelien, Lipsia 1863; P. Wernle, Die synoptische Frage, Friburgo in B.-Lipsia-Tubinga 1899; J. C. Hawkins, Horae synopticae, 2ª ed., Oxford 1909; A. Loisy, Les évangiles synoptiques, Ceffonds 1907-08, voll. 2; V. H. Stanton, The Gospels as Historical documents, II, Cambridge 1909; Studies in the synoptic problem (ed. W. Sanday), Oxford 1911. Tra gli scritti più recenti: B. H. Streeter, The Four Gospels, Londra 1924 (cfr. A. Pincherle, Il discorso della montagna, in Ricerche religiose, 1926, pp. 108-120, per Mt.; V. Taylor, The Gospels, Londra 1930, specie per l'ipotesi di un Protoluca); W. Bussmann, Synoptische Studien, Halle (Saale) 1925-1931, voll. 3; R. Bultmann, Die Erforschung der synopt. Evangelien, 2ª ed., Giessen 1930; W. Bacon, Studies in Matthew, Londra 1930; J. Ropes, The synoptic Gospels, Cambridge Mass. 1934. Cattolici: J. Schmidt, Matthäus u. Lukas, Friburgo in B. 1936 (Biblische Studien, XXIII, 2-4); A. Wikenhauser, Zur synopt. Frage, in Römische Quartalschr., 1932, p. 43 segg.; P. Vannutelli, Quaestiones de synopticis Evangeliis, Roma 1933; id., in La scuola cattolica, aprile e giugno 1935. V. anche le voci relative ai singoli Vangeli e la bibl. alla voce: gesù cristo.

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