CIBO, Veronica

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIBO, Veronica

Nicola Longo

Nacque a Massa di Lunigiana il 10 dicembre 1611, terzogenita del duca Carlo I e Brigida di Giannettino Spinola, genovese. Di mediocre bellezza e d'indole altera, a quindici anni, per interessamento di Maria Maddalena d'Austria, vedova di Cosimo II di Toscana, fu promessa sposa a Iacopo Salviati, fiorentino, il cui padre Lorenzo di Iacopo verso la fine del sec. XVI aveva ereditato dallo zio, cardinale Anton Maria Salviati, la terra di San Giuliano nella campagna romana, insieme con il titolo di marchese.

Il contratto matrimoniale fu stipulato il 10 apr. 1627, le nozze ebbero luogo a Massa durante il carnevale dell'anno successivo e restano caratterizzate nella memoria del cronista per la sontuosità dei doni che il Salviati portò alla sua sposa. Il pontefice Urbano VIII, per questa occasione, elevò Iacopo alla dignità di duca. La C. ebbe tre figli; dì uno di essi, Francesco Maria, sappiamo che nacque il 29 dic. 1629.

Fin dai primi anni la vita matrimoniale a Firenze fu resa difficile a causa del carattere della C., inasprito dalla gelosia per il marito che cercava distrazioni con diverse giovani donne della città, finché la sua compagnia di amici non lo condusse in casa di una certa Caterina Canacci, celebre per la sua bellezza, che viveva separata dal vecchio marito Giustino e dai figli di questo. Iacopo s'innamorò di Caterina, e la loro relazione divenne presto di pubblico dominio. A questo punto pare che la C., incontrando Caterina in una chiesa, la minacciasse di morte. Infatti, dopo aver comprato la complicità di Bartolomeo Canacci, inviò, la sera del 31 dic. 1633, dei sicari, fatti giungere da Massa, a casa della sua rivale. Caterina, incinta di pochi mesi, fu trucidata insieme con la sua serva; il suo corpo, fatto a pezzi, fu gettato parte in un pozzo parte in Amo, il capo venne portato intatto alla mandante della strage. La C. completò la sua vendetta inviando a Iacopo, in un cesto, la testa mozzata di Caterina coperta di biancheria. Per questo delitto furono imprigionati tutti i membri della famiglia Canacci ches tranne Bartolomeo - reo confesso sotto la tortura e poi decapitato davanti al palazzo del Bargello -, vennero rimessi in libertà - senza giudizio - dopo vari ami. La C. si rifugiò dapprima nella villa di San Cerbone presso Figline, quindi, certa che i Medici non avrebbero fatto procedere la giustizia contro di lei, si trasferì a Roma in palazzo Salviati, accolta con deferenza dall'ambasciatore di Toscana. È probabile che in questi lunghi ami sia anche tornata a Massa delle cui sorti politiche si era occupata nel carteggio con i suoi parenti; ma non restano notizie che la riguardano, tranne quella di un dono lasciatole nel 1659 dal medico israelita Giuseppe Ghislieri, consistente in un reliquiario d'oro e cristallo contenente ossa di martiri.

Morì certamente a Roma il 10 sett. 1691 in via della Lungara facendo testamento poco prima di spirare; la saliria fu deposta nella cappella Salviati della chiesa di S. Maria sopra Minerva.

Della storia del suo delitto s'impadronì la letteratura romantica a partire dal celebre racconto che ne fece il Guerrazzi trasfigurando, o del tutto inventando, la personalità dei protagonistì e gli avvenimenti riportati dalle cronache dell'epoca, in funzione del gusto per le passioni irrefrenabili e per i racconti orridi espressi in modi convulsi ed enfatici. Non a caso spesso la protagonista dei racconti diventerà Caterina. Da questa matrice della letteratura "alta "derivano poi certi esiti popolareschi che fanno diventare la storia di quell'assassinio argomento di melodramma o di romanzo d'appendice.

Tra le opere ispirate alla C. si ricordano: A. Salvadori, Ilserraglio degli amori fatto agl'Illustrissimi et Eccellentissimi Sigg. Sposi il Sig. Duca JacopoSalviati e la Sig. Duchessa Donna V. C. dei Principi di Massa, epitalamioballato e Icantato, Firenze 1628; F. D. Guerrazzi, La duchessa di San Giuliano, Livorno 1837; A. G. Valori, V. C. Salviati ovvero effetti tragici della gelosia - 1636 - romanzo storico, Firenze 1841; E. Zwonar, V. C.: tragedia lirica ed altre poesie, Venezia 1857; R. Forti, V. C.: cantica drammatica, Firenze 1859; V. Bellagambi, V. C. penitente, dramma storico in 4 atti, ibid. 1864; I. Zauli Sairani, V. C., dramma storico in 5 parti, Bologna s.d.; V. C. duchessa di San Giuliano: melodramma tragico, musica di G. B. Meiners, Firenze 1866; F. A. Angeloni, V. C. Poemetto storico-romantico in tre canti, Lucca 1867; V. C. ovvero il terribile assassinio commesso sulla persona di Caterina Canacci, Firenze 1873.

Fonti e Bibl.: S. Rosselli, Cronica della città di Firenze dall'anno MDXLVIII al MDCLII, pubblicata come anonima in C. Morbio, Storie dei municipi ital., I, Milano 1838, pp. 69-77; G. Sforza, Le nozze di Jacopo Salviati con V. C. descritte da un contemporaneo [G. Beggi di Ortonovo], Lucca 1871, e poi in Cronache di Massa di Lunigiana, Lucca 1882, pp. 149 ss.; G. Viani, Memorie della famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigiana, Pisa 1808, pp. 45, 137-38; E. Repetti, Diz. geograf. fis. stor. della Toscana, III, Firenze 1839, p. 126, col. 2; G. Sforza, V. C., in Gazz. letteraria, artist. e scientifica, 20 febbr. 1886, pp. 618.; 27 febbr. 1886, p. 71; G. O. Corazzini, La strage della Caterina Canacci, in Miscell. fiorentina di erudiz. e storia, II, 24, Firenze 1902, pp. 177-186 (rec. di G. Sforza in Arch. stor. ital., s. 5, XXXII[1903], pp. 469-78); R. Guastalla, Uno fra gli scritti minori di F. D. Guerrazzi (V. C.), in Miscell. distudi critici pubbl. in on. di G. Mazzoni, II, Firenze 1907, pp. 475-86; G. Biagi, La pretesa riabil. morale di V. C. Salviati, in Romana Tellus, 1° luglio 1912, pp. 113-115; U. Mazzini, Un ignoto romanzo sulla V. C., in Giorn. stor. della Lunigiana, VI (1914-15), 2, pp. 71-74; G. Sforza, Un principe di Massa poeta (Carlo Cibo Malaspina), in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, LVII(1922), I, p. 31; L. Mussi, Dove morì la principessa V. C. Salviati, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le antiche prov. modenesi, s. 8, X (1958), pp. 115-16.

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