Verso l'istituzione del p.m. europeo

Libro dell'anno del Diritto 2014

Vedi Verso l'istituzione del p.m. europeo dell'anno: 2014 - 2015

Verso l’istituzione del p.m. europeo

Gaetano De Amicis

L’autore esamina i contenuti e le finalità della recente proposta di regolamento della Commissione europea sull’istituzione dell’Ufficio del pubblico ministero europeo, ponendone in luce, per un verso, il carattere fortemente innovativo ed il valore aggiunto rispetto agli attuali organismi della cooperazione giudiziaria, e, per altro verso, il complesso inserimento nell’architettura istituzionale dell’Unione europea. Vengono inoltre analizzati i rilevanti poteri attribuiti al nuovo Ufficio ed i principali punti critici della proposta in vista della sua attuazione nella legislazione degli Stati membri.

La ricognizione

L’art. 86, par. 1, TFUE., riprende il testo dell’art. III-274 del Trattato costituzionale del 29 ottobre 2004, sottoscritto ma non entrato in vigore fra gli Stati membri dell’UE, ed introduce espressamente una base giuridica per l’istituzione del pubblico ministero europeo, stabilendo che per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, il Consiglio, deliberando mediante regolamenti da adottare secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea a partire da Eurojust. La deliberazione deve essere adottata all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo.

In mancanza del requisito dell’unanimità, è prevista la possibilità, per un gruppo di almeno nove Stati membri, di instaurare una procedura di cooperazione rafforzata a norma degli artt. 20, par. 2, e 329, par. 1, TUE, informandone il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione.

La Procura europea, secondo l’art. 86, par. 2, è competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio, eventualmente in collegamento con Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e i loro complici. Essa, pertanto, esercita l’azione penale per tali reati dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri.

L’art. 86, par. 3, stabilisce, inoltre, che sono rimessi alla successiva approvazione di una normativa regolamentare i profili inerenti allo statuto della Procura europea, alle condizioni di esercizio delle sue funzioni, alle regole procedurali applicabili alle sue attività e all’ammissibilità delle prove, oltre che l’individuazione delle regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti procedurali che adotta nell’esercizio delle sue funzioni.

Il Consiglio europeo, secondo l’art. 86, par. 4, può adottare, contemporaneamente o successivamente, una decisione che modifica il par. 1 dell’art. 86, allo scopo di estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, e che modifica di conseguenza la precedente disposizione di cui al par. 2, per quanto riguarda gli autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri e i loro complici.

Al riguardo, tuttavia, è necessario il rispetto di specifici requisiti procedurali, poiché il Consiglio europeo deve deliberare all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.

Nell’impostazione accolta dal Trattato, dunque, l’istituzione della Procura europea tende a realizzare, sia pure inizialmente con riguardo alle sole esigenze di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, una direzione centralizzata delle indagini e dell’azione penale, attraverso un’attività istruttoria da svolgere sull’intera area territoriale dell’UE, senza la preventiva intermediazione delle autorità giudiziarie nazionali.

L’idea di una Procura “centralizzata” a livello europeo, aleggiante ormai da circa un quindicennio nelle riflessioni politiche e nel dibattito dottrinale1, prende corpo dalla diffusa preoccupazione di porre un argine alla penetrazione della criminalità transnazionale, le cui illecite attività sono state per certi versi facilitate dall’abolizione delle frontiere a seguito degli Accordi di Schengen del 14 giugno 1985, mentre era largamente avvertita la convinzione che l’efficacia dell’attività di contrasto posta in essere dagli organi giudiziari e di polizia rischiasse di rimanere imbrigliata entro il perimetro dei confini statali ed ostacolata dalle sensibili differenze fra le legislazioni dei vari Stati membri dell’UE.

Già nel 1997, per la verità, un gruppo di studiosi di diversi Paesi, sotto la direzione della Prof.ssa M. Delmas-Marty, ha progettato per la prima volta le possibili forme e caratteristiche di tale organismo, non solo sotto il profilo istituzionale, ma anche in relazione alla struttura dell’ufficio, alle modalità di conduzione dell’attività investigativa – anche in questo caso limitata alla tutela degli interessi finanziari comunitari – ed al quadro dei rapporti con le autorità giudiziarie nazionali.

Nonostante il notevole interesse suscitato dalla proposta di creazione della Procura europea contenuta nel Corpus iuris del 19972, il Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999 non prese in considerazione l’istituzione del nuovo organismo, optando per la scelta più “morbida” di configurare una Unità di cooperazione giudiziaria composta di magistrati (Eurojust), con il compito di agevolare il «buon coordinamento» tra le autorità nazionali responsabili dell’azione penale, e di «prestare assistenza nelle indagini» riguardanti i casi di criminalità organizzata, cooperando strettamente con la Rete giudiziaria europea, allo scopo di semplificare l’esecuzione delle domande di assistenza giudiziaria.

La focalizzazione

La dimensione storica dell’istituto, solo evocato nel progetto del Corpus iuris o in documenti programmatici della Commissione europea3, tende tuttavia ad inverarsi non solo sotto la spinta delle pressioni provenienti dall’incremento della capacità operativa di organismi sovranazionali quali Eurojust, Olaf ed Europol, ma anche in considerazione della maggiore incisività delle esigenze di tutela degli interessi finanziari comunitari, per i quali l’art. 325, par. 4, del Trattato di Lisbona viene significativamente a sopprimere la tradizionale clausola di limitazione contenuta nell’art. 280 del Trattato di Amsterdam, secondo cui le misure necessarie nei settori della lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari comunitari non riguardano l’applicazione del diritto penale nazionale o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri.

Per altro verso, è agevole rilevare che la possibilità di una cooperazione rafforzata tra più Stati membri, in caso di assenza del requisito dell’unanimità, costituisce un potente fattore di sicura realizzazione dell’istituto. Al riguardo, infatti, nonostante i pericoli legati ad una frammentazione dello spazio giudiziario europeo, ovvero alla predisposizione di un meccanismo di tutela penale a “geometria variabile” (poiché il bene tipicamente comunitario degli interessi finanziari rischierebbe di ricevere una più forte protezione da un gruppo ristretto di Stati membri), occorre considerare, realisticamente, il peso oggettivo delle difficoltà legate alla prospettiva di un’accettazione immediata ed uniforme di un istituto come quello del p.m.e. nei vari ordinamenti nazionali, portatori, non di rado, di tradizioni giuridiche e sensibilità culturali talora divergenti proprio per quel che attiene alla collocazione costituzionale ed al ruolo processuale del p.m.

Appare, dunque, maggiormente probabile una costruzione per “aggregazione”, che riunisca per gradi le diverse adesioni muovendo da un nucleo originario di partenza, secondo il percorso procedurale proprio della cooperazione rafforzata.

2.1 Le proposte della Commissione europea

In attuazione dell’art. 86 del Trattato la Commissione ha varato il 17 luglio 2013 una proposta di regolamento finalizzata all’istituzione dell’Ufficio del pubblico ministero europeo4, con una competenza limitata alla individuazione, al perseguimento ed al rinvio a giudizio, dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati membri, degli autori di reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione (reati di frode, corruzione, riciclaggio, contrabbando di diritti doganali, evasione dell’IVA, ecc.), così come definiti nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alle frodi in danno del bilancio dell’Unione, elaborata dalla Commissione l’11 luglio 2012 e tuttora in corso di approvazione5.

L’Ufficio del p.m. europeo costituisce un organo dell’Unione dotato di personalità giuridica, che gode di garanzie di indipendenza ed è responsabile per le sue attività generali davanti alle altre istituzioni europee (Parlamento, Consiglio e Commissione), cui presenta una relazione informativa annuale.

La struttura dell’Ufficio è decentralizzata, poichè comprende il procuratore europeo – nominato dal Consiglio con il consenso del Parlamento europeo per un periodo di otto anni non rinnovabili – con l’attribuzione di compiti direttivi ed organizzativi delle attività dell’ufficio, uno staff con funzioni di supporto amministrativo, quattro sostituti – nominati secondo le stesse regole previste per il procuratore europeo – che lo assistono stabilmente nell’espletamento dei suoi compiti e procuratori europei delegati presso ciascuno degli Stati membri, i quali conducono le indagini sotto la direzione ed il controllo del procuratore.

I procuratori delegati costituiscono parte integrante dell’Ufficio del p.m. europeo e svolgono le attività loro assegnate sotto il controllo del procuratore europeo, ed in piena autonomia dagli uffici nazionali del p.m., quando agiscono nell’ambito delle competenze previste dal regolamento. Essi, peraltro, possono continuare ad esercitare anche le loro funzioni di pubblici ministeri nazionali.

Le attività investigative svolte dall’Ufficio del p.m. europeo devono essere condotte con imparzialità, nel rispetto del principio di proporzionalità e delle previsioni della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Esse saranno disciplinate direttamente dalle norme del regolamento o, in caso di mancata previsione regolamentare, dalla legge nazionale dello Stato membro ove è compiuto l’atto investigativo.

Il procuratore europeo delegato conduce a livello nazionale le indagini sulla base delle direttive del procuratore europeo e può adottare misure investigative di sua iniziativa, o delegarne l’esecuzione agli organi di polizia giudiziaria del proprio Stato membro.

Il procuratore europeo, a sua volta, controlla le attività di indagine svolte dal procuratore delegato e ne garantisce il coordinamento, impartendo quando necessario le direttive del caso.

Nelle situazioni connotate da una dimensione transnazionale, egli può anche formare un gruppo investigativo composto da più procuratori delegati.

I poteri investigativi del p.m. europeo si estendono sul territorio di tutti gli Stati membri dell’UE, poiché questo viene considerato alla stregua di una singola area giudiziaria ove egli può esercitare la sua competenza.

Tutte le attività investigative del p.m. europeo devono rispettare i diritti delle persone indagate, così come stabiliti nella Carta dei diritti fondamentali, con particolare riferimento al diritto di difesa ed all’equo processo.

Un quadro minimo di garanzie processuali deve comunque essere assicurato agli indagati, comprendendo il diritto all’interpretazione ed alla traduzione degli atti (direttiva 2010/64/EU), quello all’informazione ed all’accesso agli elementi investigativi (direttiva 2012/13/EU), quello all’assistenza difensiva e, soprattutto, quelli al silenzio ed alla presunzione di innocenza.

Il catalogo delle misure investigative che possono essere ordinate o richieste nell’esercizio della competenza propria del nuovo ufficio è assai ampio, poiché ricomprende non solo strumenti investigativi “classici”, come la perquisizione ed il sequestro dei proventi del reato, la esibizione di documenti e l’intercettazione di telecomunicazioni, anche informatiche, ma si estende anche al monitoraggio e congelamento di transazioni finanziarie, nonchè alle operazioni sotto copertura, fino ad arrivare all’accesso ai pubblici registri nazionali od europei, oltre che ai registri di interesse pubblico tenuti da soggetti privati.

Secondo la pertinente legge nazionale, inoltre, possono essere richiesti dal p.m. europeo anche l’arresto o provvedimenti cautelari a carico delle persone indiziate di reato.

Se l’indagine non viene archiviata per mancanza di prove sufficienti, ovvero sulla base di una serie di motivi (ad es., morte, amnistia, immunità, ecc.) espressamente previsti nella proposta, il relativo giudizio si svolge dinanzi alle competenti corti nazionali, sulla base di un’imputazione formulata dal p.m. europeo, che dovrà tener conto, nell’individuazione della giurisdizione, di una serie di criteri ivi espressamente elencati (luogo di commissione del reato, luogo di residenza della persona accusata o della vittima e quello di raccolta della prova).

È altresì prevista, a determinate condizioni, la possibilità di archiviare il caso con il pagamento di una somma di denaro da parte dell’interessato, quando il danno è stato precedentemente risarcito.

Le prove fornite dal p.m. europeo dinanzi alle corti nazionali sono ammesse anche nell’ipotesi in cui siano diverse le regole del procedimento probatorio previste dalla legislazione interna dello Stato ove è ubicata la corte, purchè esse non violino le regole dell’equo processo, ovvero i diritti della difesa garantiti nelle disposizioni di cui agli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

2.2 I rapporti del p.m.e. con Eurojust e Olaf

Una stretta cooperazione di tipo amministrativo ed operativo è prevista con Eurojust, la cui competenza non include più i reati per i quali è invece competente il p.m. europeo: i due organismi, infatti, dovranno stabilmente incontrarsi per discutere ed affrontare argomenti di comune interesse, e Eurojust, in particolare, potrà essere coinvolto nelle attività del p.m. europeo che riguardino casi complessi o aventi una dimensione transazionale6. In tali situazioni sarà possibile, ad es., scambiare informazioni e chiedere a Eurojust, ovvero ai suoi membri nazionali, di partecipare al coordinamento di specifici atti investigativi, quando essi rivelino aspetti o profili estranei alla competenza territoriale o sostanziale del p.m. europeo.

Anche il ruolo di Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode) è destinato a cambiare nelle intenzioni della Commissione europea, che in concomitanza con il progetto di istituzione dell’ufficio del p.m. europeo ha elaborato una Comunicazione sulla cd. governance dell’ufficio europeo antifrode e sul rafforzamento delle garanzie procedurali nello svolgimento delle sue attività investigative, parallelamente alle modifiche che verranno al riguardo introdotte nella nuova disciplina del p.m.e.7

L’Olaf, in ragione della specifica competenza attribuita al nuovo ufficio del p.m. europeo, non continuerà più a svolgere le sue attività di indagine riguardo alle frodi o ad altri reati che ledono gli interessi finanziari UE. Esso, pertanto, dovrebbe continuare a svolgere le sue attività di indagine amministrativa in tutti quei settori ed aree non ricadenti nella nuova competenza assegnata al p.m. europeo, mentre la sua dimensione operativa dovrebbe sostanzialmente ridursi, limitandosi ad incidere sull’accertamento della commissione di mere irregolarità lesive di interessi finanziari UE, ovvero di illeciti commessi dal personale UE senza un rilevante impatto finanziario.

Tuttavia, quando l’ufficio avrà dei sospetti in merito alla commissione di reati rientranti nella competenza del p.m.e., sarà comunque obbligato a farne tempestivamente rapporto e dovrà in ogni caso prestare assistenza al nuovo ufficio, su sua richiesta, così come del resto già avviene attualmente nelle relazioni intrattenute con i diversi uffici nazionali del p.m.

I profili problematici

Sebbene le proposte della Commissione tendano a sviluppare un’armoniosa integrazione tra il livello europeo e quello nazionale, favorendo il passaggio verso l’articolazione di un sistema normativo più razionale ed organicamente disciplinato, al cui interno potranno ricevere una coerente regolamentazione, sotto la guida del nuovo ufficio giudiziario sovranazionale, le forme, le modalità e gli effetti della collaborazione, oggi solo embrionalmente sviluppata, tra i diversi “attori” dello spazio giudiziario europeo, è altrettanto vero, tuttavia, che ben difficilmente la nuova struttura del p.m.e. potrà essere costituita e funzionare in modo efficace se non si realizzeranno prima talune condizioni, ed in particolare: 1) l’individuazione di un quadro di criteri certi ed omogenei di prevenzione e risoluzione dei conflitti di giurisdizione; 2) la predisposizione di forme e modalità di circolazione della prova generalmente connotate dall’applicazione dei criteri del mutuo riconoscimento; 3) la connessa delineazione di un quadro completo di garanzie difensive generalmente accettate e condivise dai diversi Stati membri; 4) un’efficace e piena implementazione dei poteri e delle attribuzioni funzionali dei diversi istituti ed agenzie oggi esistenti nei settori della cooperazione giudiziaria e del coordinamento investigativo; 5) la preventiva attuazione della su citata proposta di direttiva riguardo alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale.

Note

1 Cfr. Panzavolta, M., Lo statuto del pubblico ministero europeo (ovvero ologramma di un accusatore continentale), in Profili del processo penale nella Costituzione europea, a cura di M.G. Coppetta, Torino, 2005, 186 ss.; Allegrezza, S., Pubblico ministero europeo e azione penale: stato dell’arte e prospettive di sviluppo, ivi, 219 ss.

2 L’ultima versione del testo, risalente al 2000, è pubblicata ne Il Corpus iuris 2000. Un modello di tutela penale dei beni giuridici comunitari, a cura di G. Grasso e R. Sicurella, Milano, 2003.

3 Cfr. il Libro verde elaborato l’11 dicembre 2001 dalla Commissione europea, sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea (COM -2001- 715 def.); in dottrina, v. Parisi, N., La Procura europea: un tassello per lo spazio europeo di giustizia penale, in Studi sull’integrazione europea, 2013, p. 47 ss.; De Amicis, G., Il “rafforzamento di Eurojust” nella prospettiva del pubblico ministero europeo: finis an transitus?, in Studi in onore di Mario Pisani, II, a cura di P. Corso e E. Zanetti, Piacenza, 2010, 111 ss.

4 Si tratta del documento COM (2013) 534 final.

5 Cfr. COM (2012) 363 final.

6 Cfr. la proposta di regolamento sull’istituzione di un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), varata dalla Commissione europea il 17 luglio 2013, COM (2013) 535 final.

7 Cfr. COM (2013) 533 final.

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