Vescica

Universo del Corpo (2000)

Vescica

Gabriella Argentin
Franco Di Silverio
Magnus von Heland

La vescica (dal latino vesica) è un organo cavo muscolomembranoso che fa parte dell'apparato urinario. Di forma grossolanamente ovoide, è situata sulla linea mediana, nel piccolo bacino, intercalata fra gli ureteri e l'uretra; nella vescica si raccolgono le urine prima di essere emesse con la minzione (v. vol. 1°, II, cap. 8: Addome, Retroperitoneo). Evoluzione ed embriologia

Filogenesi

Ogni organismo, per sopravvivere, deve costantemente assumere sostanze dall'ambiente circostante, utilizzarle nelle reazioni del metabolismo ed eliminare nell'ambiente i prodotti di rifiuto che ne derivano. La funzione escretoria consiste nella raccolta e nell'eliminazione delle scorie metaboliche. Negli animali più semplici, come i Poriferi e i Celenterati, non sono presenti organi escretori e i prodotti del metabolismo sono eliminati per diffusione direttamente all'esterno, attraverso la superficie del corpo. Gli organismi più complessi, invece, sono provvisti di organi e strutture atti ad accumulare e condurre all'esterno i cataboliti che si raccolgono nei liquidi interni. Nella maggioranza dei Vertebrati si sviluppa una vescica urinaria, simile a un sacco elastico, in cui l'urina (v.) può essere accumulata prima di essere eliminata. Nei Pesci ossei primitivi, questa struttura, generalmente, è piccola e poco evidente e si forma lungo gli stessi dotti urinari; negli altri Teleostei si origina come un diverticolo della cloaca, presente nell'embrione e non nell'adulto; nei Condroitti, Pesci a scheletro cartilagineo tra cui si annoverano gli squali, la vescica non è presente. La vescica dei Tetrapodi deriva da un'evaginazione della parete ventrale della cloaca. Negli Anfibi, nei Cheloni e nei Lacertili primitivi, essa continua ad aprirsi direttamente nella cloaca per tutta la vita al pari dei dotti urinari: dalla cloaca l'urina raggiunge poi la vescica. Fra i Vertebrati terrestri, la vescica manca del tutto in alcune lucertole, nei serpenti, nei coccodrilli e in tutti gli Uccelli, eccettuato lo struzzo: in questi animali l'urina viene versata direttamente nella cloaca e può essere mescolata alle feci. Tutte le vesciche urinarie presenti nei Vertebrati terrestri sono da considerarsi omologhe, in quanto prendono origine dalla porzione prossimale dell'allantoide, un'evaginazione ventrale della porzione entodermica cloacale. Nei Mammiferi, gli ureteri (v.) sboccano direttamente nella vescica che si collega poi all'uretra (v.) per il trasporto all'esterno dell'urina. Il ruolo principale della vescica urinaria degli Anfibi e dei Rettili risiede nella capacità di conservare e riassorbire l'acqua dall'urina che vi si accumula. In condizioni particolari, di iperosmoticità o siccità dell'ambiente, l'ormone antidiuretico ipofisario stimola l'attivo riassorbimento dalla vescica sia dell'acqua sia di alcuni ioni essenziali che possono scarseggiare nell'ambiente e quindi il loro riciclaggio. Alcune tartarughe d'acqua possiedono voluminose vesciche urinarie e, in aggiunta a queste, altre vesciche accessorie di origine cloacale, impiegate dalle femmine anche per inumidire il terreno prima della deposizione delle uova. Nei Mammiferi la vescica è in grado di trattenere alcuni ferormoni i quali, riversati nell'ambiente in tempi e luoghi determinati, costituiscono segnali chimici per gli individui della stessa specie.

Ontogenesi

Durante lo sviluppo embrionale la piega, o setto, urorettale si estende caudalmente fino a raggiungere la membrana cloacale, che separa la cloaca, l'ultimo tratto dell'apparato digerente, dall'intestino. In tal modo, in entrambi i sessi, si attua la completa divisione della cloaca in seno urogenitale e retto. La rottura della membrana cloacale in due siti distinti porta alla formazione di due orifizi verso l'esterno: un'apertura urogenitale e un ano. Nel dotto urogenitale embrionale sboccano i dotti mesonefrici, quelli di Müller e l'allantoide, un'evaginazione cava che dalla parte caudale del sacco vitellino si estende nel peduncolo del corpo. La parte prossimale dell'allantoide formerà la vescica urinaria. Aspetti anatomofunzionali e patologici

l. Anatomia e fisiologia La vescica contrae stretti rapporti topografici con la prostata (v.) nel maschio e con la vagina (v.) nella femmina. È ancorata per mezzo di legamenti perivescicali, uno mediano detto uraco, e due laterali detti ombelicali, residui delle arterie ombelicali, ed è rivestita posterolateralmente dal peritoneo (v.), che determina nell'uomo il cavo rettovescicale e nella donna il cavo vescicouterino. È irrorata dalle arterie vescicali superiori, medie e inferiori che si originano dal tronco anteriore dell'arteria iliaca interna, e da piccole branche provenienti dalle arterie otturatorie e glutee inferiori. Il drenaggio venoso avviene, attraverso un ricco plesso, nella vena iliaca interna o ipogastrica; i vasi linfatici drenano la linfa nei linfonodi perivescicali, iliaci esterni, interni e comuni. La conformazione interna del viscere mostra la volta o cupola, che si stira con forma di imbuto verso l'uraco, residuo embrionale obliterato, e la base, che si suddivide in due parti: anteriore, o trigono, delimitata dalla barra interureterica (tra i due osti ureterali), e posteriore, o fondo. Le pareti sono lisce nel neonato e nel bambino, mentre con gli anni assumono un aspetto grossolanamente reticolare e infine trabecolare in caso di ostruzioni cervicouretrali. La vescica è costituita da quattro tuniche: la più esterna è la sierosa; la muscolare è formata da tre strati concentrici di fibre muscolari lisce (longitudinali, circolari e a spirale) che assumono un aspetto più ordinato e definito in corrispondenza del meato uretrale interno, o collo vescicale, e che nel loro insieme costituiscono il muscolo detrusore cui è affidato il compito di svuotamento; la più interna è la mucosa, formata da epitelio di transizione con caratteri simili a quella della pelvi e dell'uretere; infine, la sottomucosa, situata tra la mucosa e la muscolare, e assente a livello del trigono, è costituita da un sottile strato di connettivo lasso che permette alla mucosa di pieghettarsi quando la vescica è vuota. Le funzioni principali della vescica sono quelle di raccogliere le urine provenienti dai reni mediante gli ureteri, che si inseriscono obliquamente ai due lati del trigono, e di scaricarle all'esterno attraverso l'uretra secondo tempi e modi opportuni. Esistono quindi due fasi funzionali: di riempimento, o continenza, e di svuotamento, o minzione. La prima funzione dipende dalle condizioni viscoelastiche e di adattamento o distensibilità delle pareti vescicali ed è esclusivamente sotto il controllo del sistema nervoso autonomo, mentre la seconda funzione dipende dall'integrità del sistema neuromuscolare e coinvolge oltre al sistema nervoso autonomo anche quello centrale con il controllo volontario. L'innervazione della struttura anatomofunzionale della vescica e della prima porzione dell'uretra viene distinta in sensitiva e motoria. Gli stimoli sensitivi provenienti dai recettori posti sulla mucosa e nella parete vescicale, capaci di riconoscere variazioni di tensione (tensocettori) o di temperatura (termocettori) e stimoli dolorosi (algocettori), decorrono lungo le fibre afferenti dei nervi pelvici, o erigenti, per giungere alle radici sacrali del midollo oppure lungo i nervi ipogastrici per raggiungere i centri midollari superiori e lombari. L'innervazione motoria può essere di tre tipi: somatica, ortosimpatica e parasimpatica. Quella somatica, rappresentata dal nervo pudendo, si distribuisce ai muscoli perineali e interviene solo nel controllo volontario della minzione. L'innervazione motoria ortosimpatica è essenzialmente rappresentata dai nervi ipogastrici provenienti dal plesso ipogastrico superiore presacrale e interviene favorendo il riempimento vescicale, mediante inibizione del detrusore e stimolazione della chiusura del collo vescicale. L'innervazione motoria parasimpatica, che si identifica con i nervi pelvici, anch'essi denominati erigenti, e i cui rami si distribuiscono in tutta la vescica, provoca la contrazione del muscolo detrusore e riveste un ruolo fondamentale nello svuotamento vescicale. La stimolazione delle vie nervose motrici della vescica e dell'uretra determina perifericamente l'attivazione di mediatori chimici, con conseguente stimolazione di recettori specifici, siti nelle pareti vescicali, e successivo espletamento della funzione dell'organo bersaglio. I recettori colinergici (di tipo muscarinico), distribuiti soprattutto a livello del corpo vescicale, ricevono stimoli provenienti dal parasimpatico e, trasmettendoli alle fibre muscolari, causano la contrazione del detrusore. I recettori α-adrenergici sono massimamente espressi a livello del trigono e del collo vescicale la cui contrazione interviene soprattutto in occasione dell'eiaculazione, impedendo l'effetto retrogrado. I recettori β-adrenergici, diffusi su tutto l'ambito del corpo vescicale, modulano la contrattilità e l'adattabilità delle pareti vescicali, influenzando significativamente la fase di riempimento vescicale. La conoscenza del complesso sistema delle vie nervose e dei neurorecettori, comandato e/o coordinato da uno o più centri nervosi superiori, riveste notevole importanza sia nella diagnosi sia nella terapia delle disfunzioni del basso apparato urinario.

Patologia

a) Anomalie di conformazione e/o di sede. Le anomalie congenite sono rare: la più comune (0,1% dei neonati) è rappresentata dall'estrofia vescicale che deriva dalla mancata saldatura della parete addominale lungo la linea mediana e dall'assenza della parete anteriore della vescica, con conseguente protrusione esterna della parete vescicale posteriore, che appare come una massa umida, mammellonata, in sede ipogastrica. Questa malformazione si associa a una diastasi delle ossa pelviche, con perdita di rigidità da parte dell'anello pelvico e rotazione verso l'esterno dei femori, responsabile dell'andatura 'anserina' (dal latino anser, "oca"). Oltre alla perdita cronica delle urine, che defluiscono dalla parete addominale, frequenti sono le infezioni renali e l'idroureteronefrosi bilaterale, secondaria a ostruzione ureterovescicale. I buoni risultati ottenuti dalla plastica chirurgica ricostruttiva dipendono dall'ampiezza della vescica malformata e dalla precocità dell'intervento. Talvolta è necessaria una cistectomia con successiva derivazione urinaria intestinale. Più frequenti, specie in età avanzata, sono le anomalie acquisite della vescica, rappresentate, nel sesso femminile, dalla dislocazione della vescica verso il basso, prolassante nella vagina o perfino al di fuori di essa sotto forma di cistocele, associate o no a disturbi urinari come disuria e/o incontinenza urinaria. La correzione chirurgica del cistocele nelle sue molteplici varianti è attuata grazie alla sospensione della fascia endopelvica e della parete vaginale al legamento di Cooper (all'interno del margine superiore della pelvi), con riposizionamento della giunzione vescicouretrale in sede endoaddominale. Nei maschi, invece, si osserva un ispessimento delle pareti vescicali con aspetto trabecolare e diverticoli secondari o recessi pseudodiverticolari. Un tale caratteristico aspetto vescicale viene definito 'a colonne' oppure 'da sforzo', ed è tipico delle sindromi ostruttive dovute a ostacoli meccanici, come ipertrofia prostatica, stenosi uretrale o sclerosi del collo. b) Calcolosi. La presenza di calcoli in vescica è legata sia all'arrivo di questi dalla pelvi renale attraverso gli ureteri, sia alla loro formazione nella cavità vescicale sulla base di un nucleo di fibrina (flogosi) o di altra natura (punti chirurgici, schegge di osso, frammenti di catetere). In tutti i casi la ritenzione o stasi cronica di urina (ostruzioni cervicouretrali, acontrattilità detrusoriale) rappresenta un fattore determinante. Le conseguenze possono essere sia lesioni da decubito e flogosi cronica, sia peggioramento del quadro disurico e di ritenzione per effetto occlusivo dell'uretra. Generalmente l'asportazione dei calcoli vescicali avviene per via endoscopica. Risulta importante comprendere e risolvere anche l'eventuale causa della stasi urinaria. c) Cistite. Si intende per cistite una flogosi della mucosa vescicale che non si estende oltre la lamina propria; sul piano clinico è caratterizzata da sintomi irritativi quali: minzioni frequenti (pollachiuria), bruciore perminzionale, stimolo imperioso talvolta accompagnato a piccole perdite involontarie d'urina e senso di peso o dolore sovrapubico. La cistite colpisce con predilezione il sesso femminile a tutte le età, mentre nel maschio compare in età avanzata. La maggior prevalenza nelle donne è quasi sicuramente imputabile a fattori anatomici, quali la brevità dell'uretra, facilmente colonizzabile dai germi provenienti dal vestibolo vaginale e dal perineo, e l'assenza dell'effetto battericida delle secrezioni prostatiche. La causa principale di cistite è l'infezione batterica che può presentarsi in forma acuta o cronica. I germi patogeni responsabili delle infezioni urinarie hanno origine intestinale. In particolare, Escherichia coli, da solo, determina oltre il 50% delle cistiti; seguono Proteus mirabilis, Enterococcus, Klebsiella pneumoniae e Serratia. Questi germi contaminano la vescica per via retrograda risalendo l'uretra lungo la sua mucosa infiammata. Tutte quelle condizioni che determinano congestione locale e flogosi a livello della pelvi e del perineo, in particolare calcolosi e stasi urinaria, possono favorire l'insorgenza delle infezioni urinarie. In caso di cistite batterica, diagnosticata mediante urinocoltura completata con un antibiogramma, la cura consisterà in un'antibioticoterapia mirata. Il ripetersi, come pure il protrarsi, dei sintomi rende necessaria una diagnosi differenziale rispetto ad altre condizioni morbose che presentano la stessa sintomatologia irritativa: tubercolosi urinaria, cistite attinica o da raggi (nei pazienti già sottoposti a radioterapia pelvica), cistite chimica generalmente provocata da farmaci chemioterapici e, infine, tumori vescicali, in particolare il carcinoma in situ. d) Cistite interstiziale. La cistite interstiziale è una rara malattia della donna di mezz'età, caratterizzata da fibrosi della parete vescicale con netta riduzione della capacità e della compliance vescicale. L'eziologia risulta ancora non definita. Si pensa a una multifattorialità (fattori infettivi, allergici, endocrini ecc.). La mucosa si assottiglia e sanguina facilmente; le pareti vescicali non si distendono. La pollachiuria, l'urgenza minzionale, i dolori pelvici alla minima distensione vescicale sono i sintomi principali. Non è attualmente disponibile un trattamento efficace e risolutivo. Si è tentato con la sovradistensione idraulica in anestesia, con l'instillazione endovescicale di prodotti quali DMSO (un solvente) o l'eparina sodica, con l'impiego di antistamici o di cortisonici, ma questi trattamenti possono unicamente determinare sollievo temporaneo. Talvolta è necessaria una cistoplastica di ampliamento. e) Fistole. Un tramite fistoloso può collegare la vescica direttamente alla cute, o più frequentemente alla vagina o all'intestino. La malattia primaria è solitamente non urologica. La vescica può essere inavvertitamente lesa durante interventi chirurgici ginecologici o sull'intestino oppure in corso di parti distocici. Altre volte, infiammazioni o tumori degli organi adiacenti possono erodere la parete vescicale e creare il tramite con la vescica (carcinoma del colon, malattia di Crohn). Le fistole vescicovaginali sono le più frequenti: sono perlopiù di origine ostetrica o chirurgica e si accompagnano a una perdita cronica di urina che angoscia e deprime le pazienti. La terapia conservativa, che si attua mediante un prolungato drenaggio continuo delle urine per mezzo di un catetere uretrale, rappresenta il trattamento di prima scelta. Solamente in caso di insuccesso si procede a una correzione chirurgica. f) Tumore della vescica. Il carcinoma vescicale rappresenta per frequenza il secondo tumore del tratto genitourinario. Colpisce in prevalenza maschi (con un rapporto maschi/femminile di 3:1) di razza bianca, di età media intorno ai 65 anni. Al momento della diagnosi risulta essere superficiale nell'85% dei casi e infiltrante (in stadio già avanzato) nel restante 15%. L'incidenza è maggiore nei paesi più industrializzati, anche se esistono delle aree geografiche in via di sviluppo endemiche, dove la bilharziosi incide come importante fattore di rischio. Già nel 1895 si osservò un'aumentata incidenza di tumori vescicali negli operai delle industrie di coloranti a base di anilina. Attualmente numerose sono le attività industriali considerate a rischio: fabbriche di coloranti, vernici, gomma e materie plastiche. Studi epidemiologici hanno riscontrato una correlazione tra il fumo di sigaretta e l'aumentata incidenza di tumori vescicali. Esistono diverse forme istologiche: la principale, che rappresenta il 90% di tutti i tumori vescicali, è data dal carcinoma a cellule di transizione, e si presenta nel maggior numero dei casi in forma papillare esofitica, con frange mobili, quasi sempre superficiale, limitata alla mucosa senza superare la lamina basale. Meno frequenti sono le forme sessili o perfino ulcerate che sono spesso infiltranti, vale a dire coinvolgenti gli strati più profondi della parete vescicale. Altre forme istologiche più rare sono il carcinoma squamocellulare e l'adenocarcinoma. La storia naturale del tumore della vescica è definita da due processi: la recidiva e la progressione. Il 50-70% dei tumori superficiali tende nel tempo a recidivare: di questi un 20% può andare incontro a una progressione, cioè recidivare con caratteristiche istologiche più aggressive. Quindi, oltre alla diagnosi e alla terapia iniziali, è importante un protocollo clinico successivo che permetta una diagnosi precoce delle recidive. Il sintomo cardine dei tumori vescicali è l'ematuria, che può essere di tipo macroscopico, microscopico continuo o intermittente. Solo in una piccola percentuale di casi all'ematuria si associano anche sintomi di irritabilità vescicale, come pollachiuria e disuria. I sintomi irritativi isolati sono più frequenti nei pazienti affetti da carcinoma in situ, cioè una forma di tumore superficiale piatto, esteso nella mucosa, con elevato grado di differenziazione cellulare e potenzialmente aggressivo. I sintomi tardivi, in caso di tumore in uno stadio avanzato, sono principalmente il dolore osseo per metastasi o il dolore colico per ostruzione cervicoureterale. La diagnosi si avvale di indagini quali l'ecografia vescicale, la cistoscopia e la citologia urinaria, mentre la stadiazione necessita di biopsia endovescicale e di tomografia assiale computerizzata addomino-pelvica. La scelta terapeutica dipende principalmente dalla diagnosi e dalla stadiazione del tumore. Le forme superficiali sono curate con un trattamento conservativo quasi sempre endoscopico, mentre per le forme infiltranti è necessario un approccio radicale, con l'asportazione in toto della vescica e la sua sostituzione funzionale mediante la creazione di una derivazione urinaria con l'intestino. Esistono infine terapie complementari che hanno la funzione di aumentare o stabilizzare la percentuale di guarigione: la chemioimmunoterapia e la radioterapia. La validità di tali associazioni è ancora in fase di valutazione.

bibl.: c.p. hickman jr., l.s. roberts, a. larson, Integrated principles of zoology, St. Louis (MO), Mosby, 19939 (trad. it. Zoologia, Napoli, EdiSES, 1995); r.j. krane, m.b. siroky, Clinical neuro-urology, Boston, Little Brown, 1991; e. padoa, Manuale di anatomia comparata dei Vertebrati, Milano, Feltrinelli, 199615; w.k. purves, g.h. orians, h. craig heller, Life. The science of biology, Sunderland (MA), Sinauer, 19954 (trad. it. Corso di biologia, Bologna, Zanichelli, 1995); d.g. skinner, g. lieskovsky, Diagnosis and management of genitourinary cancer, Philadelphia, Saunders, 1988; e.a. tanagho, j.w. mcaninch, Smith's general urology, Norwalk (CO), Appleton & Lange, 199213 (trad. it. Urologia, Padova, Piccin-Nuova libraria, 1994).

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