VESPASIANO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

VESPASIANO (T. Flavius Vespasianus)

B. M. Felletti Maj

Imperatore romano. Nacque nei pressi di Rieti nel 9 d. C. da Flavio Sabino e da Vespasia Polla.

Ricoperse le più alte cariche sotto Caligola e Claudio; alla morte di Nerone si trovava in Giudea, col compito di sottometterla. Fu acclamato imperatore dalle truppe e nel dicembre del 69 d. C. il Senato ratificò la sua elezione. Egli aveva sposato, ancor giovane, Flavia Domitilla, da cui aveva avuto Tito, Domiziano e Domitilla. Regnò dai suoi sessanta ai settant'anni, morendo nel 79 d. C. Tito lo divinizzò e dopo l'apoteosi gli furono innalzati templi.

Svetonio (Vesp., 20) parla della sua figura tarchiata dalle membra robuste, aggiungendo che aveva il volto, dalla pelle grossolana cotta dal sole, e come contratto in uno sforzo (velut nitentis), frase che calza esattamente osservando la caratteristica fisionomia nei ritratti più realistici. Cassio Dione (lxvi, 17) riporta un gioco di parole pronunciate dal faceto imperatore sul suo letto di morte, da cui risulta che era calvo. Nella ritrattistica di V. si possono individuare due tendenze: i ritratti idealizzati, ancora per l'influsso del tipo del principe creato sotto l'aristocratica dinastia giulio-claudia, per la statua onoraria, e quelli realistici, come continuazione del ritratto privato. Dalle monete degli inizî del regno già si ha la prova che esistevano opere plastiche di diverso indirizzo, usate come modello dagli incisori monetali; dal II e III consolato (70-71 d. C.) appaiono fondamentalinente due tipi per varî anni: uno con fronte calva o quasi, adiposo, con rughe profonde attorno alla bocca e sulla fronte; l'altro asciutto, con profilo austero, brevissima frangia di capelli sotto la corona d'ulivo. È impossibile individuare fra le sculture conservate l'archetipo del primo tipo.

Solo gli elementi stilistici e la presenza in alcuni casi di una corta frangetta che copre ancora in parte la calvizie, possono indicare i ritratti più antichi: così la testa dei Magazzini Vaticani, che ha le brevi ciocche divise in mezzo, volto e collo contenuti in una forma plastica ancora vicina all'arte giulio-claudia e un'espressione pensosa, in cui si scorge l'intenzione idealizzatrice; così la testa di Lucus Feroniae (Antiquarium); così anche il ritratto ostiense al Museo Nazionale Romano inv. 330, (catal. 141), in cui si nota la volontà di nobilitare l'atteggiamento morale, insieme ai tratti fisici, del personaggio. Questa ultima è opera rappresentativa della corrente detta "illusionistica"; il valore delle ombre e delle luci nel rendimento del gioco fisionomico, già avvertito nella iconografia neroniana, è sfruttato al massimo nel modellato, ricco di passaggi leggeri, non mosso da contrazioni muscolari, ma descrittivo di tutti i particolari dell'anatomia di superficie. Le teste del Capitolino, Sala Imperatori, di Monaco 322, di Villa Albani, portico 18 e il busto Torlonia 536, opere vicine tra loro con alcune varianti, dipendono da un originale, che ha reso con plastica mossa i tratti fisici e l'espressione attenendosi al soggetto con intento realistico. La testa Farnese a Napoli rappresenta una tendenza diversa, che si può mettere in relazione col secondo tipo presente nelle monete. Non lontana da questa è la testa del Louvre su statua di togato, Sala di Augusto. Invece il ritratto di Copenaghen 659 a e quello dal Tevere al Museo Nazionale Romano, 53, appartengono decisamente all'orientamento realistico della tradizione repubblicana. La calvizie, la struttura quadrata e massiccia, l'adipe delle gote e del collo, i particolari anatomici di superficie fanno del ritratto di Copenaghen, un'espressione volgare, ma efficacissima della personalità di V., che va datata nella seconda metà del suo regno sulla base dei confronti monetali. Infatti nei conî dell'VIII consolato (77 d. C.) appare una nuova effigie, nettamente riconoscibile per l'adipe, la costruzione massiccia, la descrizione realistica. Grande affinità tipologica si osserva anche nella testa degli Uffizi su busto moderno che, sebbene conservi la personale, umanissima espressione sopra notata, ha modellato più plastico, più ricco, un linguaggio descrittivo affine alla testa da Ostia. Infine nella testa colossale di Ippona si ha un tentativo di interpretazione sul modello di un sovrano ellenistico mentre nella grande testa da Cartagine al British Museum insieme all'accentuazione delle rughe caratteristiche, si trova un innaturale assottigliamento del collo e delle gote. Certamente non mancarono le immagini postume di Vespasiano. Conosciamo con certezza un ritratto di ricostruzione, risalente a un tipo dei più antichi, quello del rilievo della Cancelleria, che rappresenta l'incontro col giovane Domiziano. Si può forse vedere un ritratto postumo nel colossale V. di Napoli, che ha la parte superiore del cranio di restauro. Lo sguardo, la forma dell'occhio, il rendimento plastico, potrebbero risalire a un archetipo affine alla testa di Ostia al Museo Nazionale Romano, ma il rendimento dei riccioli lo avvicina a ritratti di Tito e di Domiziano e le forme del volto rammentano i ritratti degli ultimi anni. Si devono infine menzionare due opere, una testa Mattei al Museo Nazionale Romano e una al Louvre su busto, Sala delle Cariatidi, le quali risalgono a un archetipo che, per l'idealizzazione dei tratti del volto, non pare eseguito durante la vita dell'imperatore; unico elemento realistico permangono le rughe graffite sulla fronte e all'angolo degli occhi, i quali hanno un'espressione severa, accentuata dal rendimento dell'iride e della pupilla profondamente incise. Si potrebbe pensare alla derivazione da una statua bronzea innalzata in onore del divo Vespasiano.

Bibl.: J. J. Bernoulli, Röm. Ik., II, 2, p. 21 ss.; F. Poulsen, Kopf des Vespasian, in Röm. Mitt., XXIX, 1914, p. 44 ss.; R. West, Römische Porträtplastik, Monaco 1933, II, p. 9 ss.; F. Magi, I rilievi flavi del Palazzo della Cancelleria, Roma 1945, p. 57 ss.; L. Leschi, Algérie Antique, Parigi 1952, p. 15; B. M. Felletti Maj, Museo Nazionale Romano - I Ritratti, Roma 1953, n. 141-143; G. A. Mansuelli, La Galleria degli Uffizi, II, Roma 1958, n. 70, fig. 71 a-b; E. A. A., IV, p. 726, fig. 880. Monete: Roman Imperial Coins of the British Museum, II, Vespasian, p. i ss.

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