Vetro

Enciclopedia Dantesca (1970)

vetro

Alessandro Niccoli

Oltre che nel Convivio e nella Commedia, compare in un esempio delle Rime.

Indica la " pasta vitrea " ancora allo stato di fusione in due passi, il primo inteso a rendere l'idea del rosso e avvampante splendore di luce emanato dall'angelo della temperanza (Pg XXIV 138 già mai non si videro in fornace / vetri o metalli sì lucenti e rossi), il secondo posto a significare l'ardore della barriera di fiamme nella cornice dei lussuriosi: com' fui dentro, in un bogliente vetro / gittato mi sarei per rinfrescarmi (XXVII 49).

Più frequentemente indica una " lastra di vetro " e compare in similitudini suggerite dalla sua diafanità e trasparenza: Cv III IX 7 Queste cose visibili... vengono dentro a l'occhio - non dico le cose, ma le forme loro - per lo mezzo diafano, non realmente ma intenzionalmente, sì quasi come in vetro trasparente.

Il passo illustra come avvenga il fenomeno della visione: degli oggetti visibili arriva all'occhio non l'essere reale, ma la loro ‛ intenzione ', l'immagine o similitudine, la quale è percepita attraverso l'aria (lo mezzo) come attraverso un v. trasparente. Un altro esempio in VIII 11. Maggior vigore poetico hanno le similitudini della Commedia: If XXXIV 12 l'ombre tutte eran coperte, / e trasparien come festuca in vetro; Pd III 10 Quali per vetri trasparenti e tersi / ... tornan d'i nostri visi le postille...; XX 80, XXIX 25.

Gli altri esempi sono suggeriti dalla facoltà del v. di riflettere le immagini come uno specchio allorquando vi sia applicata una foglia di piombo: quasi come specchio, che è vetro terminato con piombo ... E questo è quello per che nel vetro piombato la imagine appare (Cv III IX 8; altri due esempi al § 10); Pd II 89 come color torna per vetro / lo qual di retro a sé piombo nasconde, e XXVIII 7; If XXIII 25.

In due casi è riferito alla lucida e liscia superficie di uno specchio d'acqua ghiacciata: Rime C 60 l'acqua morta si converte in vetro / per la freddura che di fuor la serra; If XXXII 24 un lago che per gelo / avea di vetro e non d'acqua sembiante.

La '21 registra un'altra occorrenza del sostantivo, in Cv III X 4 voglio dare a intendere la grande virtù che li suoi occhi aveano sopra me: ché, come s'io fosse stato [vetro], così per ogni lato mi passava lo raggio loro; Busnelli-Vandelli e la Simonelli leggono s'io fosse stato [diafano].