VIDISA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

VIDIŚĀ

G. Verardi

Città dell'India antica posta nell'alta valle della Betwā (Madhya Pradesh) alla confluenza col fiume Beś, pochi chilometri a NO dell'abitato odierno (Bhilsā, ora V.), in località Besnagar («città sul fiume Beś»). Alla città antica favevano corona numerosi insediamenti di carattere religioso, tra i più importanti di tutta l'India: Udayagiri, prospiciente la Betwā, a SO, con le più antiche testimonianze dell'arte gupta e, ancora più verso SO, i grandi centri buddhisti di Sāñcī, Satdhāra e Sonāri, tra i fiumi Betwā e Beś.

l'inizio del II d.C.

L'insediamento di Besnagar. - Il sito - noto sin dalla fine del secolo scorso, quando A. Cunningham portò alla luce una colonna con iscrizione in lode di Vāsudeva fatto erigere dall'ambasciatore di Taxila Eliodoro presso il re Bhāgabhadra di V., oggi attribuito agli anni 120-100 a.C. - è stato oggetto di ricerche archeologiche negli anni '10, scarsamente controllate e povere di risultati, e, più di recente, ma brevemente, negli anni '60. E nel corso di questi ultimi scavi che è stata osservata una sequenza, suddivisa in sei periodi culturali, che ha inizio con le testimonianze di un'industria litica caratterizzata per il periodo più antico da utensili non levigati, e in seguito da microliti databili, sulla base di confronti con altri siti mesolitici, intorno al 5000 a.C.; una cinquantina di centimetri di terreno sterile separa l'orizzonte del Paleolitico da quello del Neolitico (Periodo II, c.a 1800-900 a.C.), che ha restituito strumenti litici associati a numerosi tipi ceramici, perle di pasta vitrea, ornamenti d'avorio, ecc. Scarsamente documentati (la periodizzazione adottata mostra qui i suoi limiti euristici) sono i secoli che seguono, sino almeno al IV sec. a.C. (compreso nel Periodo III), quando compaiono, accanto a numerosi frammenti di Ceramica nera polita del Nord {Northern Black Polished Ware, NBPW) e a oggetti di ferro, monete punzonate (v. MONETA: India), vaghi in terracotta e pietra, un sigillo iscritto, e così via. A quest'epoca (IV-III sec. a.C.) si fa risalire l'originaria costruzione di un grande tempio di forma ellittica con fondazioni e basamento in mattoni cotti e alzato in legno, poi ricostruito nel II sec. a.C., a cui sono pertinenti sia la colonna di Eliodoro sia altre sette colonne, di alcune delle quali si conservano i capitelli (v. TEMPIO: India·, GWALIOR). Essi raffigurano gli emblemi dei pañcavīra, i «cinque eroi» della c.d. religione Bhāgavata, forma primitiva del visnuismo, di cui proprio V. fu, nei secoli, uno dei capisaldi.

I successivi periodi in cui è stata suddivisa la sequenza di Besnagar sono quelli nāga-kuṣaṇa, nei primi secoli della nostra era (con ceramica rossa ingobbiata e terrecotte votive), gupta (dal IV al VI sec. d.C., con figurine in terracotta antropo- e teriomorfe) e tardomedievale.

Vanno ricordate almeno alcune delle importanti sculture rinvenute in passato a Besnagar, sfortunatamente fuori d'ogni contesto. Tra di esse spicca la colossale immagine in arenaria dello yakṣa Kuber (alt. m 3,50 c.a), ora nel museo di V., databile intorno al 100 a.C. Rigido, corpulento, con la mano sinistra che regge la borsa (uno dei suoi attributi), lo yakṣa porta un turbante e numerosi gioielli al collo, alle braccia e ai polsi, e indossa ai fianchi una veste ricadente con fitte pieghe, annodata con una grossa sciarpa. Di dimensioni minori (poco più di 2 m) è una yakṣī della stessa epoca e ora nello stesso museo, che appare come uno dei prototipi delle immagini femminili indiane, con vesti succinte e profusione di gioielli; nella mano destra tenuta all'altezza del petto regge un oggetto non identificato, nella sinistra abbassata un mazzo di fiori.

Sāñcī (v. vol. VI, p. 1108) e altri siti buddhisti. - L'ininterrotto interesse degli studi per i monumenti di Sāñcī ha portato negli ultimi vent'anni a riconsiderare la loro cronologia e anche, sia pure in misura minore, a interpretare diversamente alcune scene e immagini dello stūpa 1. Vi è oggi una generale convergenza nell'assegnare lo stūpa 2, il più antico, intorno al 100 a.C. - lo stesso periodo a cui si fa risalire lo stūpa di Bhārhut. Come quest'ultimo, e similmente ad altri monumentali stūpa antichi come quello di Pauni (v.), in pianta esso appare, in ragione dei quattro ingressi aggettanti posti ai punti cardinali, come uno svastika levogiro, ossia come un diagramma cosmologico avente quale perno non il sole ma la stella polare. Per quanto riguarda lo stūpa 1, ferma restando la convinzione che si tratti di una fondazione di Aśoka (III sec. a.C.), del quale rimane sul luogo la parte inferiore di una colonna eretta di fronte al portale S (il capitello, sormontato da un leone, si trova nel locale Museo), è opinione ormai generalmente accettata che nella forma in cui lo vediamo risalga al I sec. d.C. Il portale principale, quello a S, che rende possibile l'accesso alla scala che conduce al percorso processionale superiore, reca un'iscrizione con il nome di Śrī Śātakarni, identificabile con il terzo sovrano dei Sātavāhana che regnò tra l’11 e il 29 d.C. A breve distanza di tempo seguirono i portali N, E e O. Sono state tuttavia essenzialmente considerazioni di ordine stilistico che hanno condotto a rivedere la cronologia del monumento. Ad esse se ne potrebbero aggiungere altre di ordine storico-religioso, considerando che una forte committenza buddhista e l'esistenza di un importante spazio sociale per i buddhisti fu di nuovo possibile in India - dopo il regno di Aśoka - soltanto dopo la caduta delle dinastie hindu ortodosse come quella Śuṅga, e cioè all'epoca degli Śaka-Kṣatrapa prima (I sec. a.C.-inizio del I sec. d.C.) e Kuṣānạ poi (fino al III sec. d.C.).

Un capitolo importante nell'arte di Sāñcī è quello che si apre in epoca tardo-gupta, quando, con la crisi del potere imperiale, l'arte buddhista conosce un nuovo, importante sviluppo in molte parti dell'India (si veda l'esempio di Sārnāth). Accanto al ben noto tempio 17, uno dei più antichi templi indiani (v. TEMPIO: India), sono da ricordare alcune immagini emblematiche come quella, di estremo equilibrio formale, di Vajrapāni che sormontava una colonna posta presso il portale Ν dello stūpa 1, forse a indicare l'accesso al monumento concepito come mandala e all'illuminazione. Databili alla metà del V sec. sono anche quattro stele con il Buddha seduto dal grande nimbo decorato a girali, due assistenti (Indra e Brahmā per l'immagine a S, Bodhisattva negli altri casi): posti alle entrate del grande stūpa, essi sembrano far parte di uno spazio sacro concepito direzionalmente, anche se non sono distinti iconograficamente sulla base di attributi particolari a ciascuno. Alcune immagini di Bodhisattva, tra cui Padmapāṇi (ora nel museo), leggermente posteriori, completano la serie delle più importanti iconografie di questo periodo.

Nel secolo scorso, accanto alle rovine di Sāñcī, A. Cunningham segnalò quelle dei vicini siti di Sonāri e Satdhāra. Del primo va ricordato il grande stūpa, circondato in origine da una balaustra decorata con medaglioni recanti, come a Sāñcī, brevi iscrizioni che ricordano i nomi di coloro, laici ma soprattutto monaci, che donarono i singoli elementi architettonici. A poco più di 100 m da questa prima area sacra se ne trova una seconda, essa pure organizzata intorno a uno stūpa in cui si rinvennero cinque reliquiari iscritti. Quanto alla grande area sacra di Satdhāra, si sono recentemente iniziati lavori di scavo e recupero dei materiali scultorei. Lo stūpa maggiore, di dimensioni analoghe a quello principale di Sāñcī, era circondato da una balaustra di cui sono stati recuperati gli elementi costitutivi. I medaglioni che decorano i pilastrini recano simboli del tipo attestato nello stūpa 2 di Sāñcī. I nuovi ritrovamenti porteranno a un importante approfondimento delle prime manifestazioni iconografiche dell'arte buddhista.

Udayagiri. - Si trovano qui alcuni ambienti rupestri (che in certi casi, come nella grotta 19, sono preceduti da un portico costruito, e non cavato nella roccia, e che in altri meglio varrebbe definire grandi nicchie), i quali conservano il più antico gruppo sistematicamente concepito di iconografie hindu. Esse segnano per di più il vero e proprio inizio dell'arte gupta, che nel Malwā, e in genere nell'India centrale, si manifestò con molte delle sue espressioni più significative. La committenza del primo gruppo di opere, risalenti all'anno 401-402 d.C., è di ambiente imperiale: delle due iscrizioni attestate, la prima si deve a un ministro di Candragupta II, definito splendente come il sole e capace d'inconcepibile azione: il sovrano, desideroso di conquistare la terra intera, ha fatto costruire la grotta dedicata a Śaṃbhu (Śiva); la seconda è dovuta a un feudatario di Candragupta, Sanakānika, che ai di lui piedi medita. Dei tre ambienti coevi (nn. 5-7), il n. 5, con la grande parete scolpita con la colossale immagine di Viṣṇu-Varāha, meglio esprime, sul piano iconologico, il legame con la committenza imperiale: come il mitico verro solleva dalle acque cosmiche la terra, riportandola a nuova vita, così il sovrano gupta salva e dà nuovo ordine alla società terrena. Nella scena, l'oceano personificato rende omaggio a Varāha insieme con altre divinità acquee; gli dei maggiori e i veggenti (ṛṣi) assistono all'impresa. L'ideologia imperiale gupta, improntata al credo visnuita, favorisce la subordinazione a esso dei culti scivaiti: nel portico della grotta n. 6, accanto a due splendide figure di dvārapāla (guardiani) scolpiti accanto al portale d'ingresso alla cella e rappresentati con vesti svolazzanti e pettinature rigonfie e alle due immagini di Viṣṇu a quattro braccia, compaiono Gaṇeśa (figlio di Śiva) e una forma a dodici braccia di Durgā che uccide il demone Mahiṣa. La dea appare qui nel suo aspetto terrifico, reggendo nelle mani non impegnate nella lotta le armi vanamente usate da altri dei per uccidere il demone che metteva in pericolo l'ordine cosmico. Anche in questo caso è forse possibile ipotizzare un parallelo con la posizione di raggiunta supremazia di Candragupta II. Costruite dopo la morte di questi (413-414) sono l'ambiente 4, al cui interno è un liṅga (v.) a una faccia, e la grotta 19, la maggiore di Udayagiri, databile tra il 430 e il 450. Il portale d'accesso alla cella è decorato con tre fasce scolpite; in alto si osserva un rilievo che rappresenta un altro mito d'ambiente visnuita, quello dell'oceano di latte che viene reso solido mediante zangolatura.

A Udayagiri vi è anche un ambiente di affiliazione jaina; in relazione alla presenza a V. del jainismo vanno a questo proposito ricordate le tre stele, rappresentanti altrettanti Tīrthaṃkara, provenienti da Durjampura, che le iscrizioni assegnano al regno di Rāmagupta (376-380 c.a), ai cui fallimenti politici e dinastici reagì Candragupta II.

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