ADRIANA, Villa

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ADRIANA, Villa

H. Kähler

Grande villa romana situata a 25 km ad E di Roma ed a 6oo m a S della strada Roma-Tivoli, sul versante N-O del monte Arcese, fra due piccole valli, la Fossa di Roccabruna e la Fossa di Scalette. La costruzione risale, nella sua fase iniziale, al I sec. a. C.; al principio del II sec. d. C. diventò proprietà dell'imperatore Adriano (nato nel 76 ad Italica in Ispagna e imperatore dall'agosto 117 al luglio 138). Immediatamente dopo il suo ingresso a Roma egli aggiunse alla villa del tardo periodo repubblicano ampie costruzioni e, nello spazio di un decennio, ingrandì questo complesso fino ad una estensione di circa 56 ettari di superficie. Oggi i resti della villa, dal nome di lui detta A., costituiscono uno dei paesaggi di rovine più rilevanti ed impressionanti: fin dal Rinascimento esso ha allettato pittori, architetti e cultori dell'antichità.

Documentazione. - Primi disegni di Francesco di Giorgio Martini (cosiddetta Biblioteca Greca: R. Papini, Fr. di Giorgio Architetto, Firenze 1946, fig. 38) e Giuliano da Sangallo (Canopo: Cod. Barb. 4424, folio 24, ediz. Chr. Hülsen). Inizio degli scavi sotto Alessandro VI, poi, soprattutto, sotto il governatore di Tivoli, cardinale Ippolito d'Este, che ne affidò l'esecuzione all'architetto napoletano Pirro Ligorio e fece adornare la sua villa di Tivoli con le opere d'arte trovate nella Villa Adriana. Del Ligorio sono le prime descrizioni particolareggiate della villa (Roma, Biblioteca Vaticana: cod. Vat. lat. 5295, in parte copiato dal Canina, Edifizî antichi, v, pp. 152-193 per il suo studio sulla villa; Leida: Graevius-Burrmann, Thesaurus antiquitatum et hist. Italiae, viii, 4; Torino: Archivio di Stato, vol. xx, folii 29-58). La pianta disegnata dal Ligorio verso il 1550, ma poi perduta, servì di base a F. Contini per la sua Icnographia Vili. Tib. Adriani Caesaris, che è assai degna di fede nonostante la scala 1 : 3000. Fu eseguita nel 1634, pubblicata da A. Kircher, Latium vetus et novum, Amsterdam 1671; importante per la determinazione di quanto poteva essere noto ad architetti barocchi, quali il Borromini e il Guarini, che ritornano in parte, in alcune soluzioni di ambienti, alle costruzioni di Villa A. (v. H. Sedlmayr, Architektur Borominis, Berlino 1930). Poco degna di fede è una pianta del Piccolo Palazzo eseguita in occasione degli scavi compiuti dal prelato A. Furietti per la ricerca di mosaici proveniente dal lascito dell'architetto Ch. L. Clérisseau; essa è forse una parte della pianta generale da questi iniziata insieme ad altri architetti francesi verso il 1750, e poi abbandonata per discordanze fra i singoli disegni dei collaboratori (riprod. in Chr. Hülsen, Sitzungsberichte Heidb., 1919, n. 13). Importante, sebbene problematica, è la pianta del Piranesi, eseguita nel 1781 (Oeuvres compl., vol. xxiii) e connessa agli scavi di Lord Hamilton; in essa non viene distinta la parte accertata dallo scavo da quella supposta; molto efficaci sono, invece, le vedute delle rovine. Il Viaggio pittorico d. Villa A., di A. Penna (Roma 1831-36), contiene 137 vedute delle rovine, eseguite nei primi anni del XIX sec.; vanno considerate con cautela, a causa di numerose discordanze, le particolareggiate tavole di L. Canina, Antichi Edifizî dei Contorni di Roma, v-vi, 152-193, tav. 148-175, Roma 1853. Più importanti sono i disegni del Daumet e di altri architetti francesi del 1859 (v. F. d'Espouy, Mon. antiques, iii, Parigi, tavv. 197-214). Dal 1873 scavi sistematici del Governo italiano, con relazioni nelle Notizie degli Scavi, inoltre ricerche compiute singolarmente da architetti americani con pubblicazioni, in Memoirs of the American Academy, 1918, 1924, 1927, 1933. Un ottimo piano generale è dato dal Reina, in Not. Scavi, 1906, p. 313 ss. (rilievo fatto dalla Scuola degli Ingegneri di Roma nel 1904-1905 qui riprodotto con aggiornarnenti). Nuove vedute d'insieme della Villa A., anzitutto di: H. Winnefeld, Die Villa des Hadrian bei Tivoli, Berlino 1895 (3° Supplemento dello Jahrbuch des Deutschen Arch. Instituts); P. Gusman, La villa impériale de Tibur, Parigi 1904, con numerose riproduzioni delle piante precedenti e vedute; H. Kähler, Hadrian und seine Villa bei Tivoli, Berlino 1950, limitato all'aspetto complessivo degli ambienti. Ripresa degli scavi (nel Canopo) e restauri in questa parte e nel cosiddetto Teatro Marittimo, dal 1955, sui quali, in attesa di una relazione esauriente, è da riservarsi il giudizio.

Gli edifici. - G. Lugli ha riconosciuto per primo, nelle sue ricerche, un complesso chiuso a N-E quale nucleo della villa del tardo periodo repubblicano; è questa una villa alla maniera delle grandi case padronali pompeiane dell'epoca, munita a N-O di un grande peristilio trasversale su di una bassa terrazza. Questa costruzione fu, nel volgere del tempo, ampliata da Adriano e l'intermittenza nelle successive esecuzioni può essere accertata dal marchio sui mattoni e dalle connessure tra gli edifici, le quali permettono di riconoscere come la costruzione sia stata eseguita, in un primo tempo, nell'epoca che precede il primo viaggio di Adriano nell'Impero, e poi ripresa prima del secondo viaggio. (Sui viaggi di Adriano, v. W. Weber, Untersuchungen z. Gesch. d. Kaisers Hadrian, Lipsia 1907).

A N del vecchio peristilio sorsero, forse prima della reggenza di Adriano, la cosiddetta Biblioteca Latina, una derivazione dal triclinio estivo della Domus Aurea di Nerone, e, verso il 118, la cosiddetta Biblioteca Greca, che sviluppa quella Latina. Ambedue le costruzioni consistono principalmente in due vani disposti sullo stesso asse, e in cui sono ricavate delle alcove (v. biblioteca). Caratteristica è la fuga da una finestra interna posteriore del secondo vano, che è semibuio come una cripta, al vano anteriore, illuminato da numerose finestre e porte, e, al di là, all'aperto, sul giardino. Sempre attorno al 118, ma dopo la Biblioteca Greca, furono costruiti anche il cosiddetto Teatro Marittimo, la Sala dei Filosofi connessa con la Biblioteca, e il doppio porticato adiacente. Il Teatro Marittimo è una piccola villa rotonda situata su di un'isola, chiusa nell'anello di un canale e circondata da un peristilio a colonne, anch'esso circolare. Ponti levatoi ne permettono il perfetto isolamento. Sull'isola si trovano, disposti attorno a un minuscolo giardino a peristilio con fontana, un triclinio a S, un triplice ambiente termale ad O, a E una biblioteca e a N, fra i due ponti levatoî, un porticato. Un'alcova situata a S, sul porticato circolare esterno, permette, a simiglianza delle precedenti costruzioni, un colpo d'occhio dal S al N attraverso le varie quinte della villa insulare ed il porticato N, fino ad una fontana limitante a N la piccola terrazza a giardino collocata davanti al Teatro Marittimo. La Sala dei Filosofi è probabilmente una più vasta sala da biblioteca; il lungo doppio porticato, eretto verso O su potenti sostruzioni, a causa del suolo ivi in pendio, serviva da ambulacro. Alle costruzioni del 1° periodo (118-121), appartiene anche, a S del suddetto porticato, una sala preceduta da una fontana e da un piccolo giardino semicircolare, circondato da un portico a colonne a S, la cui affinità con la cosiddetta Coenatio Iovis del Palazzo Imperiale sul Palatino, ce la rivela come monumentale sala per banchetti.

Annessa a costruzioni (grandi e piccole terme, palestra), che si trovano nella valle fra la villa antica ed una villa più piccola sorta quasi contemporaneamente lungo la Fossa di Roccabruna, la grande sala dei banchetti resta incorporata in un edificio a tipo di palazzo, che, a giudicare dalla presenza di ipocausti, doveva servire al soggiorno autunnale e invernale. Un giardino che ripete la forma semicircolare del giardino a S, ed è ugualmente circondato da arcate, viene a disporsi anche sui lati lunghi della sala. Ad esso è annessa, sul lato E, un'ala di sale ordinate in fuga con un edificio a tipo di palazzo situato ad E, ad un livello superiore, sul pendio del monte, e separato mediante un giardino a forma di stadio. Nello stesso tempo il doppio porticato collegato col Teatro Marittimo venne ampliato verso S, mediante l'aggiunta di tre portici piu vasti, in un giardino a peristilio nel quale fu inclusa la fontana della grande sala dei banchetti. Nello stesso periodo (anni 125-128) sorgeva a S-E dell'antico palazzo la cosiddetta Piazza d'Oro, che è un peristilio in cui, dietro i portici dei lati longitudinali, sono posti dei criptoportici, e al quale si accede da una costruzione ottagonale antistante; ad esso si appoggia, sul lato S-E, una fuga di vani simmetricamente raggruppati intorno ad un'altra sala ottagonale. Contemporaneamente si costruì la villa, lungo la Fossa di Roccabruna, detta Piccolo Palazzo: una fuga di vani raggruppati intorno ad un peristilio con, a N, una sala rotonda a due piani sormontata da cupola, e, a N-O, una sala ottagonale che si protende in un giardino (v.). A N-O di questo giardino era situato un tempietto rotondo dal quale si godeva la veduta del paesaggio; la sua superstite costruzione in mattoni scuriti dal tempo, con un vano quadrato coperto con vòlta a crociera ed alcove, ha dato all'edificio il nome di Roccabruna. Soltanto dopo il terzo viaggio nell'Impero, terminato nel 134 circa, fu evidentemente costruito il grande giuoco di acque che chiude a S la valletta artificiale fra la villa grande e la piccola, costituente il Canopo, esedra semicircolare a cupola, dal cui centro parte un passaggio illuminato dalla parte superiore, fiancheggiato di qua e di là da un'ala di costruzione imitante la forma della cosiddetta Biblioteca Latina. Numerose sculture egittizzanti trovate nel recinto del Canopo, e fra esse alcune figure di Antinoo, in stile egizio, indicano questo edificio come posteriore al soggiorno di Adriano in Egitto (a. 132), dove l'imperatore perdette in un incidente il suo prediletto Antinoo.

Architettura. - La Villa A. assume speciale importanza per la serie di complicate forme architettoniche che in essa sono riunite, fra le quali il corpo centrale che mostra, in parte, configurazioni del tutto inconsuete. Se ne trovano i precedenti nelle costruzioni neroniane e flavie della Domus Aurea e nel Palazzo di Domiziano sul Palatino. Dopo le variazioni, ancora abbastanza contenute in semplicità, della Biblioteca Latina e di quella Greca - alla quale sono adiacenti due sale con vòlte a crociera poggiate, nella loro parte anteriore, su pilastri angolari con capitelli cubici - già nel Teatro Marittimo appare la compiacenza verso forme mistilinee e curve, nella pianta del peristilio, formata da un quadrato nel quale gli ambienti circostanti s'insinuano con aule a segmento di cerchio, ottenendo così l'originale forma del giardino centrale. Come nel Teatro Marittimo i segmenti s'intagliano nel quadrato, così nella sala del giardino del Piccolo Palazzo vani a semicerchio, disposti assialmente, penetrano in una sala rotonda con portico circolare. Nella sala centrale della Piazza d'Oro le pareti che si sciolgono in serie di colonne vengono ad assumere un andamento ondulato, dove i vani situati in diagonale avanzano verso quello centrale, mentre questo si espande in direzione del proprio asse. A queste forme architettoniche a volte bizzarre si accompagna una ricerca particolare della luce e dell'effetto visivo. Gli ambienti, anche se a pianta centrale, non vengono tanto sentiti nel loro puro valore spaziale, quanto piuttosto nelle loro qualità pittoresche e di inquadramento prospettico, trasferendo il punto, dal quale si può godere meglio con lo sguardo l'intero ambiente, fuori dell'ambiente stesso, in una nicchia ad alcova, e creando, nelle strutture più complesse, una serie di vedute attraverso vari ambienti. Allo stesso tempo si fa giocare il contrasto fra vani illuminati e vani oscuri, che assumono, come nel Teatro Marittimo, il valore di una successione di quinte con zone di luce e zone di ombra, oppure, nel caso della sala ottagonale della Piazza d'Oro, la sorgente di luce viene nascosta in modo che le absidi con fontane, situate nella diagonale, restino illuminate dall'alto e che la luce, attraverso arcature praticate a guisa di finestre, irrompa nei vani diagonali, e da questi giunga nella sala principale attraverso i colonnati intersecanti. Dove la veduta assiale non abbia possibilità di movimento sull'asse, viene offerta, per la realizzazione del movimento, una doppia possibilità, donde deriva una tensione fra veduta e movimento.

La Villa A. è una miniera delle più diverse specie di vòlte, in parte ancora conservate: a botte, a crociera, a baldacchino; cupole carenate e, infine, anche coperture piane e massicce. La muratura è in opus incertum, con frequenza di reticolato inframezzato a strati di mattoni e tufi, e impiego di mattoni nei punti di maggior carico.

Nelle decorazioni pittoriche delle pareti si nota un evidente allontanamento dal quarto stile, con tendenza a ricostituire la parete come superficie compatta (F. Wirth). Importanti i resti di soffitti a stucchi. La villa è importante anche per il rinvenimento di numerose sculture e di mosaici (elenchi di Winnefeld-Gusman, op. cit.), che offrono, in conseguenza, approssimativi dati cronologici.

Durante gli scavi del 1948-52 è venuta alla luce una lunga vasca, antistante alla sala ad emiciclo del Serapeo, pavimentata in antico con lastre di marmo, alle estremità della quale sorgevano due fontane rappresentanti il gruppo di Scilla ed un còccodrillo; era circondata da un portico, di ordine corinzio, che sosteneva un pergolato.

All'interno della vasca sono state ritrovate numerose sculture: quattro cariatidi, copie di quelle della loggetta dell'Eretteo; due Sileni canefori in marmo pentelico; una replica dell'Amazzone di Fidia ed una di quella di Policleto; le personificazioni del Nilo e del Tevere; un'Atena ed un Ares, repliche da originali greci di stile severo; ritratti romani e sculture decorative.

Bibl: (oltre a quella citata nella Documentazione compresa nel testo dell'art.): G. Rivoira, Architettura romana, Milano 1921, p. 166 ss.; G. Lugli, in Bullettino Comunale, LV, 1925, pp. 92-134; LX, 1932, pp. 110-150; H. Bloch, ibidem, LXV, 1937, pp. 83-187 (sui marchi dei mattoni); F. Wirth, Römische Wandmalerei nach dem Untergang Pompejs, Berlino 1934 (sui resti di pittura murale); S. Aurigemma, in Boll. d'Arte, XXXIX, 1954, p. 327 ss.; XL, 1955, p. 64 ss.; XLI, 1956, p. 57 ss. (sugli scavi 1948-52).