VILLA GIUSTI

Enciclopedia Italiana (1937)

VILLA GIUSTI

Augusto Torre

. Villa situata a 5 km. da Padova, sulla strada Padova-Mandria-Abano Terme. A Villa Giusti, il 3 novembre 1918, fu firmato l'armistizio che pose fine alle ostilità fra l'Austria e gli Alleati.

L'armistizio di Villa Giusti. - Nell'agosto del 1918, quando apparve vana ogni resistenza militare, l'Austria propose alla Germania d'intavolare subito trattative di pace, e, non essendo stata seguita dalla sua alleata, il 14 settembre invitò per conto suo tutti i belligeranti a tali trattative. Respinto l'invito, ai primi di ottobre, dopo il crollo del fronte bulgaro, Germania e Austria con note separate (4 ottobre) chiesero a Wilson di concludere la pace in base ai principî da lui esposti nei 14 punti e nei successivi messaggi, e di stipulare un immediato armistizio. A tal uopo lo stesso giorno il Comando supremo austro-ungarico nominava una commissione di armistizio, presieduta dal gen. Weber von Weberau, la quale ebbe l'incarico di esaminare la questione dell'evacuazione dei territorî occupati.

Alla nota austro-ungarica Wilson non rispose subito, anche perché le sue repliche a quella tedesca valevano per tutt'e due. Solo il 18 ottobre si decise a ricordare in una nota che, dopo la formulazione dei suoi 14 punti (8 gennaio 1918), erano avvenuti dei cambiamenti, e cioè il riconoscimento dell'indipendenza della Cecoslovacchia e delle aspirazioni nazionali iugoslave, e quindi non bastava più l'autonomia promessa nei 14 punti alle nazionalità, alle quali solo spettava stabilire le condizioni indispensabili alla loro indipendenza. Risultati vani i tentativi fatti nei giorni successivi per arrestare lo sfacelo interno dell'impero, il 27 ottobre il governo austriaco si rivolse di nuovo a Wilson, dichiarando di accettare anche le sue ultime condizioni e di esser pronto a iniziare subito trattative, indipendentemente da quelle con la Germania, sulle condizioni di pace e per un immediato armistizio. A questa nota Andrássy, nuovo ministro degli Esteri austriaco, faceva seguire una lettera a Lansing, con la preghiera di interporsi presso Wilson per la pronta conclusione di un armistizio "sui fronti dell'Austria-Ungheria". La quale così si staccava apertamente dalla sua alleata.

Intanto (v. Vittorio Veneto), l'offensiva italiana, iniziata il 24 ottobre, dà i primi risultati, rompendo la compagine e la resistenza dell'esercito nemico, e costringendo il comando austriaco a chiedere insistentemente la fine delle ostilità. Allora il Comando supremo, per evitare una catastrofe completa, non attende il risultato delle trattative con Wilson e sceglie la via più breve, quella dell'appello al comando italiano. Nel pomeriggio del 28 ottobre, il gen. Weber riceve l'ordine di riunire di nuovo la commissione di armistizio di mettersi in cammino e d'incominciare le trattative. Gli vien fatta la sola limitazione di non concedere il passaggio attraverso il territorio austriaco per operazioni di guerra contro la Germania, il che permette a Carlo I di assicurare, il giorno dopo, a Guglielmo II che si sarebbe messo alla testa dei suoi fedeli soldati dell'Austria tedesca per sbarrare il passo all'avversario, qualora questi avesse voluto minacciare la Baviera dal Tirolo. Il 29 mattina il capitano Ruggera si presenta alle linee italiane, latore di una lettera con la quale il generale Weber comunica di essere incaricato di trattare l'armistizio. Il generale Diaz gli risponde che non può entrare in discussioni, ma è pronto a notificare ai delegati del govemo austro-ungarico, debitamente autorizzati, le condizioni poste dal proprio governo e dagli alleati. Contemporaneamente l'imperatore Carlo affida alla radio un messaggio per reiterare la domanda di sospensione immediata delle ostilità per evitare i danni e le distruzioni che si sarebbero prodotti nel Veneto, se le truppe austriache si fossero ritirate combattendo. In seguito alla risposta di Diaz e ai conseguenti ordini del suo comando, il generale Weber e due suoi collaboratori si presentano alle linee italiane in Val Lagarina nel pomeriggio del 30 ottobre, e vengono accompagnati a Villa Giusti, dove nel pomeriggio del 31 la delegazione austriaca si trovò riunita al completo. Nello stesso giorno si presentò in Val Lagarina il colonnello tedeseo Schäffer von Bernstein con credenziali a firma di Hindenburg, ma il comando italiano non lo ammise alle trattative. La domanda di armistizio venne comunicata al Consiglio supremo di guerra, che si era riunito per prendere in esame la richiesta tedesca. Nel pomeriggio del 30 ottobre, quando Orlando comunicò le prime notizie, Lloyd George, angustiato dal pensiero di una possibile resistenza tedesca, insistette con forza sul vantaggio di concludere l'armistizio con l'Austria prima di trattare con la Germania, specie se vi si poteva includere la clausola che gli alleati avessero la facoltà di utilizzare il territorio austro-ungarico per attaccare la Germania dal sud. Perciò propose di dare istruzioni ai periti militari di preparare le condizioni dell'armistizio sulla base dell'evacuazione di tutti i territorî occupati, della smobilitazione di un certo numero di divisioni, dell'occupazione della linea contemplata dal trattato di Londra, della facoltà di libero movimento delle truppe alleate per vie ordinarie, ferrovie e acqua, dell'occupazione dei punti strategici determinati dagli alleati, del rilascio di tutti i prigionieri di guerra e cittadini alleati internati. Approvate queste proposte, mentre i periti militari, anche per l'insistenza di Orlando e Sonnino, si mettevano immediatamente al lavoro, vennero lette le clausole navali già preparate dai periti e che contemplavano la consegna di quasi tutta la flotta austro-ungarica. Contemporaneamente venne accettato anche il suggerimento di Lloyd George che, per guadagnare tempo, le condizioni di armistizio fossero trasmesse per il tramite del Comando supremo italiano, anziché per quello di Wilson.

Il 31 ottobre nell'abituale riunione mattutina, che i capi di governo tenevano in casa di House, viene esaminato e messo a punto il progetto di armistizio preparato dai periti militari, e nel pomeriggio è presentato al Consiglio supremo a Versailles. Lo si approva con lievi modifiche, riguardanti soprattutto il numero delle corazzate di cui si chiede la consegna, numero che viene diminuito per l'insistenza di Lloyd George, il quale temeva che l'eccessiva durezza delle condizioni potesse condurre al loro rigetto. Subito dopo la seduta le condizioni di armistizio vengono telefonate in italiano a Diaz, mentre il testo francese partiva a mezzo di un corriere speciale.

Il lungo fonogramma cifrato, con le inevitabili incertezze e lacune, arrivò ad Abano nelle prime ore del 10 novembre, e venne comunicato dal generale Badoglio, capo della commissione italiana per l'armistizio, alla commissione austriaca, con la riserva che il testo autentico sarebbe stato consegnato il giorno dopo. Il gen. Weber dopo un primo esame inviava oltre la linea due suoi ufficiali per portarlo a conoscenza del comando e del governo austro-ungarico. Frattanto avevano luogo diversi colloquî fra le due commissioni. Quella austriaca chiese invano l'immediata sospensione delle ostilità, e tentò d'intavolare la discussione sulle condizioni, ma fu risposto che queste erano immutabili e che l'opera delle due commissioni doveva limitarsi allo studio delle modalità di esecuzione. Fra queste quella che maggiormente diede luogo a dibattito fu il termine della cessazione delle ostilità che per volontà di Badoglio fu fissato a 24 ore dopo la firma, in considerazione della necessità di far arrivare l'ordine alle truppe in marcia.

Quando l'imperatore nella mattinata del 2 novembre conobbe le condizioni di armistizio ne fu costernato, e non si sentì di assumerne da solo la responsabilità, specie per quanto riguardava il passaggio degli eserciti alleati attraverso l'Austria. Nel pomeriggio convocò i rappresentanti dei Consiglio nazionale dell'Austria tedesca, ma questi risposero che le autorità che avevano iniziata la guerra dovevano anche prendere la responsabilità della sua fine. Allora in serata convocò un consiglio della Corona, che di fronte al disordine interno e agli appelli disperati dei Comandi militari decise l'accettazione, subito comunicata agli ufficiali della commissione che erano rientrati. Ma all'ultimo momento ci furono ancora incertezze, contrordini e nuovi vani tentativi presso il Consiglio nazionale, il che produsse inevitabile confusione. Ma alla fine alle 3,30 del 3 novembre ai comandi austriaci venne comunicata l'accettazione definitiva e l'ordine della cessazione immediata delle ostilità. Quest'ultimo atto del comando austriaco, che doveva produrre equivoci ed incidenti varî, in parte fu dovuto alla confusione e allo smarrimento dell'ora, e in parte all'ingenua credenza che l'esempio delle truppe austriache che deponevano le armi si propagasse come un contagio anche a quelle italiane, e così non si parlasse più né di vincitori né di vinti.

Nella mattina del 3 novembre gli ufficiali austriaci rientravano nelle linee italiane e comunicavano al gen. Weber la prima accettazione e l'immediato contrordine, e nello stesso tempo le condizioni disastrose dell'esercito. La commissione prese su di sé la responsabilità di firmare, prima ancora di sapere dell'accettazione definitiva. E così alle 15,15 del 3 novembre le condizioni dell'armistizio furono accettate, e 24 ore dopo dovevano cessare le ostilità.

Quelle condizioni - oltre all'evacuazione dei territorî del trattato di Londra, e di tutti quei punti strategici e quelle altre regioni che gli alleati avessero ritenuti necessarî, e l'occupazione di essi da parte delle loro truppe - stabiliva la smobilitazione dell'esercito austro-ungarico, che doveva esser ridotto entro i limiti di 20 divisioni sul piede di pace; la consegna di artiglieria divisionaria e di corpo d'armata, del materiale ferroviario e del carbone che si trovava nelle regioni da evacuare; la facoltà di attraversare con forze armate il territorio austriaco; la completa evacuazione entro 15 giorni delle truppe tedesche, l'immediato rimpatrio di tutti i prigionieri e degli alleati internati; la consegna di 3 corazzate, 3 incrociatori leggieri e quasi tutto il naviglio minore; l'occupazione di tutte le piazze forti marittime; la restituzione di tutte le navi appartenenti agli alleati; la continuazione del blocco.

Tutte queste condizioni furono puntualmente eseguite, salvo quella che riguardava la consegna delle navi da guerra. Il 30 ottobre Carlo I, per far fronte agli ammutinamenti dei marinai e per evitare che la flotta cadesse nelle mani degl'Italiani, ordinava che fosse consegnata al Consiglio nazionale iugoslavo costituitosi a Zagabria, e a Parigi Lloyd George, nell'intento di strappare agl'Italiani l'incontrastato dominio dell'Adriatico tentò, senza successo, di far passare gli Iugoslavi come alleati. Ogni manovra fu troncata il 5 novembre, quando l'ammiraglio Cagni s'impadroniva di Pola e della maggior parte della flotta austriaca.

La conclusione dell'armistizio di Villa Giusti rendeva impossibile anche ogni ulteriore resistenza della Germania.

Bibl.: Il testo ufficiale è stato pubblicato in Conventions d'armistice passées avec la Turquie, la Bulgarie, l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne par les Puissances alliées et associées, Parigi 1919; inoltre v.: C. Zoli, L'armistizio di Villa Giusti, in Politica, 1920, fasc. 9-12; G. Terrail (pseud. Mermeix), Les négociations secrètes et les quatre armistices, Parigi 1921; A. Alberti, L'armistizio di Villa Giusti, Roma 1923; K. F. Nowak, Il crollo delle Potenze Centrali, Bologna 1923; E. M. House, The intimate Papers of Colonel House, IV, New York 1928; E. Glaise-Horstenau Die Katastrophe, Vienna 1929; G. Mira, Autunno 1918, Milano 1932; L. Aldovrandi-Marescotti, L'armistizio con l'Austria-Ungheria, nel vol. Guerra diplomatica, ivi 1936.