VILLAFRANCA, Giuseppe, principe di Alliata

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 99 (2020)

VILLAFRANCA, Giuseppe principe di Alliata

Alessia Facineroso

– Nacque a Napoli il 23 giugno 1784, da Fabrizio e da Giuseppa Moncada Branciforti. Ebbe tre fratelli: Maria Felicia, di un anno più grande, e i minori Giovanni (1791) e Luigi (1799).

Appartenente a una delle più antiche famiglie dell’aristocrazia siciliana, trascorse la sua prima infanzia nella capitale partenopea, dove il padre esercitava l’appalto delle Poste e godeva della carica di gentiluomo di camera del re Ferdinando IV di Borbone. Furono gli eventi del periodo napoleonico a provocarne il ritorno in Sicilia: nel 1798 Fabrizio scelse di accompagnare i sovrani, in fuga dall’occupazione francese, e si stabilì a Palermo insieme a moglie e figli. Qui Giuseppe intraprese gli studi presso il Collegio Massimo dei gesuiti, e qui compì il suo apprendistato politico: seguì l’attività del padre, membro della Camera dei pari, e guardò con interesse alle vicende della dinastia, determinata a condurre la riconquista del Continente e restaurata sul trono, nel 1799, grazie all’insurrezione sanfedista guidata dal cardinale Ruffo.

In questo periodo i Villafranca rafforzarono ulteriormente il loro protagonismo sulla scena siciliana, decidendo di rimanervi stabilmente anche dopo il ritorno a Napoli dei sovrani: Giuseppe, che intanto aveva interrotto gli studi, affiancò il padre nella gestione dei beni di famiglia e nel 1804, appena ventenne, sposò Agata La Grua, discendente dei principi di Valguarnera, che gli portò in dote un immenso patrimonio. Dall’unione sarebbero nati otto figli: Giuseppa, Felicita, Giovanna, Fabrizio, Alessandro, Clementina, Edoardo ed Eugenio.

Nello stesso 1804, a pochi mesi dalle nozze, la prematura scomparsa di Fabrizio portò il suo giovane erede ad assumere direttamente la cura del patrimonio del casato e a subentrargli come pari del Regno. In questa veste egli visse da protagonista i successivi rivolgimenti politici, che costrinsero la monarchia borbonica, nel 1806, a fuggire ancora una volta da Napoli e a trovare rifugio sull’isola, sotto il presidio del governo inglese. Il nuovo esilio si svolse tuttavia in un clima molto più teso del precedente, a causa della difficile congiuntura internazionale e dell’ostilità con cui la popolazione siciliana, e lo stesso Parlamento, accolsero le crescenti istanze della corte. Nel 1810 Ferdinando IV chiese un donativo di 360.000 onze, proponendo l’applicazione dell’imposta tributaria sul catasto e scatenando le immediate proteste dei Pari. A smorzare le tensioni fu proprio l’intervento di Villafranca, che riuscì a far approvare la concessione di un sussidio ridotto (250.000 onze), a patto che la monarchia avesse attuato una riforma fiscale sulla base di un nuovo censimento. La soluzione di compromesso fu tuttavia poco gradita ai sovrani, che a febbraio dell’anno successivo decisero di incrementare le entrate regie attraverso l’imposizione di una tassa dell’1 per cento sui pagamenti, l’istituzione di una lotteria di Stato e la vendita di alcuni beni ecclesiastici e demaniali.

La reazione del Parlamento non si fece attendere, e Villafranca ne fu uno degli esponenti di punta: insieme a Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, e al duca d’Angiò Gaetano Gioeni presentò al re un memoriale di protesta, sollecitando nel frattempo l’intervento della diplomazia inglese e facendo leva sui contrasti tra il governo di Londra e la corte borbonica. Si arrivò così allo scontro aperto: avendo rifiutato di ritirare il documento, insieme ad altri quattro pari – il principe di Belmonte Giuseppe Ventimiglia, quello di Aci Giuseppe Reggio, oltre a Castelnuovo e d’Angiò – Alliata fu destituito da tutte le cariche pubbliche e condannato alla detenzione in confino. Il 19 luglio fu inviato a Pantelleria, dove rimase per alcuni mesi: successivamente, grazie alle suppliche della madre e della moglie e a causa di problemi respiratori, fu trasferito nel carcere di Termini Imerese.

Tre giorni dopo il suo arresto, William Bentinck giunse in Sicilia, con il compito di accelerare la riforma degli ordinamenti politici ed amministrativi e di promuovere una svolta costituzionale: al termine di un lungo braccio di ferro con la corte l’inviato riuscì a ottenere l’allontanamento di Ferdinando IV e l’attribuzione del ruolo di vicario al figlio Francesco (16 gennaio 1812), convincendo quest’ultimo a scarcerare i baroni e convocare immediatamente il Parlamento.

Villafranca fu accolto a Palermo come un eroe, divenendo in breve tempo interlocutore privilegiato di Bentinck e prendendo parte alle sedute della Camera dei pari e alla redazione della costituzione siciliana. Nel febbraio del 1813 fu scelto, insieme a Ignazio Simoncelli e Salvatore Malvastra, come componente della giunta per la compilazione della riforma delle leggi, firmando un progetto illuminato di codice penale, che tuttavia non fu approvato dal Parlamento. Nello stesso anno fu nominato presidente della Camera dei pari e, poco dopo, ministro degli Affari esteri: in questa veste difese l’indipendenza della Sicilia da Napoli e agì in direzione di una più salda collocazione dell’isola nell’orbita britannica, ritrovandosi schiacciato fra le ambizioni egemoniche di Bentinck e le iniziative della diplomazia borbonica – sotto il diretto controllo della famiglia reale – che in Europa lavorava per il rientro della dinastia.

Il suo operato fu ulteriormente complicato dagli scontri in seno al Parlamento e dal mutamento degli equilibri internazionali: nel 1814 la sconfitta di Napoleone e la paralisi del governo siciliano, unite al clima di crescente conflittualità sociale, provocarono la fine del vicariato e il rientro di Ferdinando IV, cui seguirono le dimissioni dei ministri e lo scioglimento delle Camere.

Come molti altri liberali, Villafranca abbandonò allora la Sicilia e scelse l’esilio a Firenze. Vi rimase fino al 1820, quando fece ritorno a Palermo, richiamato dalla nuova sollevazione dell’isola: obiettivo era ancora una volta la concessione di una costituzione, sulla scorta di quanto stava avvenendo a Napoli, dove il sovrano aveva promesso l’adozione della Carta di Cadice.

Alla metà di luglio la popolazione allontanò le autorità borboniche e nominò una giunta provvisoria di governo: dopo la breve presidenza del cardinale Pietro Gravina, Alliata fu scelto per sostituirlo, e in questa veste propose l’invio di una deputazione nella capitale per avviare trattative sulla scelta del modello costituzionale e perorare l’indipendenza dell’isola. Il progetto tuttavia si rivelò fallimentare: la delegazione non fu ricevuta dal vicario del re, e intanto sul tema dei futuri assetti politici si consumò la spaccatura della Sicilia, scissa fra autonomia e adesione ai moti partenopei, e preda di una vera e propria guerra civile. Il governo di Napoli decise così di intervenire, nominando luogotenente del re Antonio Ruffo, principe della Scaletta, e inviando sull’isola una truppa di quattromila uomini guidati da Florestano Pepe: dinanzi alla minaccia di una repressione armata, Villafranca e altri aristocratici preferirono trattare la resa, siglata a Termini Imerese il 21 settembre. La scelta fu vissuta dal popolo come un tradimento, e ne provocò la violenta reazione: i principi di Aci e di Cattolica furono brutalmente uccisi dalla folla inferocita, mentre Alliata riuscì a fuggire e rimase nascosto per alcuni mesi, probabilmente nella sua dimora di Bagheria, assistendo da lì alla definitiva sconfitta dei moti e alla restaurazione della monarchia.

Dopo il ritorno alla tranquillità il principe scelse di abbandonare definitivamente la politica, dedicandosi alla gestione delle sue proprietà e all’andamento dei vigneti di Casteldaccia. Mettendo in pratica le competenze acquisite durante la sua permanenza in Toscana, l’uomo si lanciò nella produzione vinicola, inizialmente solo per il consumo privato, poi con la volontà di farne un’attività commerciale a tutti gli effetti. Nel 1824 fondò così la casa vinicola Corvo del Duca di Salaparuta, dedicandosi in particolare all’esportazione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Occorsero comunque diversi decenni perché il suo vino riuscisse a imporsi sulla scena internazionale: il principe di Villafranca potè seguirne le vicende solo fino al 1844, quando si spense a Palermo, il 16 gennaio, al termine di una breve malattia.

Fonti e Bibl.: Il corpus principale della documentazione politica e dei carteggi di carattere economico e privato è costituito dal fondo Alliata di Villafranca, conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo. Qui è possibile reperire anche altre fonti sul suo ruolo durante il decennio inglese (Miscellanea, Carte Fitalia) e sui moti del 1820-21 (Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale in Sicilia, Polizia, bb. 1-6). Ulteriori riferimenti si trovano presso l’Archivio di Stato di Napoli, fondo Borbone, alle buste 250-258 (sulla sua militanza parlamentare fino al 1815), 660 e 705 (sul ruolo di ministro degli Esteri), 1120 (sulla gestione di alcuni suoi affari). Va segnalato inoltre il Journal di Bentinck, presso l’University of Nottingham Library, in Manuscripts and Special Collections (collocazione PW JD 6260), che riporta numerose informazioni su Villafranca.

L’unico profilo biografico completo è contenuto nel volume di Giovanna Bongiorno, Gli Alliata principi di Villafranca e duchi di Salaparuta. La ruta e la vite, Palermo 1999, mentre ben più numerose sono le informazioni sull’attività politica tra il 1806 e il 1820, riportate dalla memorialistica e dalle successive ricostruzioni storiografiche. Fra i contributi coevi si segnalano in particolare: M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, Firenze 1842; N. Palmieri, Saggio storico e politico sulla costituzione del Regno di Sicilia infino al 1816, Losanna 1847; P. Balsamo, Sulla istoria moderna del regno di Sicilia. Memorie segrete, Palermo 1848. Fra i contributi storiografici si vedano: G. Bianco, La Sicilia durante l’occupazione inglese (1806-1815), Palermo 1902; N. Cortese, La prima rivoluzione separatista siciliana 1820-1821, Napoli 1951; J. Rosselli, Lord William Bentinck and the British occupation of Sicily, 1811-1814, Cambridge 1956 (trad. it. Palermo 2003); F. Renda, La Sicilia nel 1812, Caltanissetta 1963; Id., Risorgimento e classi popolari in Sicilia 1820-1821, Milano 1968; S.A. Granata, Monarchie mediterranee. Ferdinando IV di Borbone tra Sicilia ed Europa (1806-1815), Roma 2016.

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