CARAFA, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CARAFA, Vincenzo

Franca Petrucci

Nacque da Fabrizio e da Aurelia de Tolomeis nel 1477 circa. Abbracciò la carriera ecclesiastica e ottenne il 13 sett. 1497 dallo zio, l'influente cardinale Oliviero Carafa, la rinuncia in suo favore della diocesi di Rimini, che questi amministrava dal 31 ottobre 1495.

A causa della giovane età del C. però, Alessandro VI differì la sua consacrazione di almeno sette anni, munendo il cardinale Oliviero di una bolla che gli assicurava il diritto di tornare ad amministrare la diocesi in caso di vacanza di questa.

Già canonico della chiesa di S. Giorgio Maggiore di Napoli ed abate commendatario del monastero di S. Giovanni in Lamis, il C. mantenne per concessione papale il canonicato e gli altri benefici di cui godeva e forse non raggiunse mai la sua diocesi. Morto Bernardino Carafa, altro nipote dei cardinale Oliviero, che reggeva per conto di questo l'arcivescovato di Napoli, il C., per rinuncia dello zio, il 1º apr. 1505 divenne arcivescovo della città partenopea.

Commendatario di numerose chiese, alcune delle quali nelle province di Salerno e di Trani, nel 1508 nominò suoi procuratori, perché prendessero possesso di esse, i fratelli Antonio e Iacopo. Ormai tutto dedito alla carriera ecclesiastica, il 19 maggio dell'anno successivo rinunciò a favore dei suddetti fratelli e di un terzo, Francesco, all'eredità paterna.Sembra che Giulio II avesse in animo di nominare il C. cardinale, ma l'opposizione di Ferdinando il Cattolico, che non si sa per quale ragione lo riteneva a lui ostile, fece desistere il pontefice da questo disegno. Apertosi nell'aprile del 1512 il V concilio lateranense, che si protrasse fino al marzo del 1517, il C. partecipò almeno alle prime sessioni e nel febbraio del 1514 dette lettura della bolla Supernae dispositionis arbitrio, sulla riforma della Curia. Nel 1513 egli aveva venduto, non appena gli era pervenuta, la sua parte dell'eredità lasciata dal suo protettore il cardinale Oliviero, il quale era morto nel 1511.

Il 12 genn. 1518 il C. si recò a Napoli per la prima volta dopo la sua elezione ad arcivescovo. Rimase nella città molto poco e in complesso la sua attività di presule si ridusse a ottenere dal papa per i canonici del duomo della città l'uso del rocchetto e della cappa, come quelli adottati dai canonici di S. Pietro (il breve papale è del 7 marzo 1537).

Morto Leone X il 1º dic. 1521 il C. fu, il giorno successivo, nominato governatore della città leonina e fu custode del conclave da cui uscì eletto Adriano VI. Dopo il breve pontificato di questo, eletto nel novembre del 1523 Clemente VII, il C. divenne governatore di Roma, prelato domestico e assistente al soglio. Ricopriva queste cariche al momento del Sacco di Roma, nel maggio 1527. Non sappiamo dove si rifugiò il C., per il quale le conseguenze del terribile episodio e delle difficoltà anche finanziarie che si abbatterono sullo Stato della Chiesa furono in un certo modo positive, poiché egli il 27 apr. 1528 ottenne il cappello di cardinale prete del titolo di S. Pudenziana, posto all'asta assieme ad altri, per consentire al pontefice di mettere insieme la somma necessaria a riscattare la capitale dall'occupazione imperiale. Nel settembre il C., forse perché potesse rifarsi delle spese sostenute, riceveva il diritto di amministrare la diocesi di Anglona.

Nel gennaio del 1530 il C., che non si era più recato nella città della quale era rimasto arcivescovo, assunse come coadiutore nell'arcivescovato di Napoli, quasi seguendo una tradizione di famiglia, il nipote Francesco, che alla sua morte sarebbe divenuto il titolare.

Il 2 febbraio dello stesso anno il C. fu convocato dal pontefice a Bologna, dove avrebbe avuto luogo l'incoronazione dell'imperatore. Sotto il pontificato di Paolo III, iniziato nel 1534, il C., annoverato nel conclave che precedette l'elezione fra i cardinali antifrancesi, divenne in quello stesso anno governatore di Anagni e, passato al titolo di S. Prisca il 23 luglio 1537, fu trasferito nel novembre a quello di S. Maria in Trastevere, ricoprendo inoltre per quattro anni la carica di referendario di giustizia. In questo stesso periodo in cui nella Chiesa si faceva manifesta l'urgenza di un rinnovamento etico-religioso, il C. aderì in qualche modo a questo spirito di rinnovamento ed a lui il papa indirizzò vari brevi riguardanti la riforma dei monasteri femminili.

Il 23 marzo 1538 alla partenza del papa alla volta di Nizza, il C. fu nominato legato di Roma ed assolse il compito affidatogli manifestando, egli che dall'Ammirato fu descritto come dedito soltanto "alle cacce ed agli amori", partecipazione ai problemi della città.

Per risolvere il problema dell'approvvigionamento dei prodotti alimentari, il C., scrivendo al cardinale Alessandro Farnese, dette il suggerimento, per altro rimasto inascoltato, di formare una riserva di grano, che l'amministrazione pontificia avrebbe dovuto acquistare in Sicilia, compiendo un'opera insieme doverosa e fruttuosa al fine del mantenimento dell'ordine cittadino.

Nello stesso periodo, insieme con il governatore di Roma, Benedetto Conversini, il C. si trovò marginalmente coinvolto nelle vicende di Ignazio di Loyola, ai seguaci del quale egli dette il permesso di svolgere la loro predicazione a Roma; diede inoltre il proprio assenso all'istanza del fondatore dei gesuiti, invitando gli oppositori di lui a rendere conto delle accuse formulate nei suoi riguardi.

Trasferito come cardinale vescovo alla sede Prenestina il 4 ag. 1539, il C. morì il 28 ag. 1541 e fu seppellito nel duomo di Napoli.

Il C. fu in buoni rapporti con i letterati del tempo. Pietro Gravina compose quattro distici in sua lode (P. Gravina, Epigrammatum liber, s. l. né d., p. 39) e Marco Girolamo Vida gli dedicò l'Epicedium scritto nel gennaio del 1511 per la morte dello zio Oliviero. È controverso se la pala d'altare dipinta dal Perugino, rappresentante l'Assunta, destinata alla cappella del palazzo arcivescovile di Napoli ed ora nella crociera del duomo, sia stata da lui commissionata all'artista e lo raffiguri ai piedi della Vergine o se in essa sia ritratto lo zio cardinale Oliviero.

Fonti e Bibl.: Regis Ferdinandi primi instructionum liber…, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, p. 312; I. Burchardi Liber notarum..., II, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXXII, 1, a cura di E. Celani, pp. 433, 511; Baron de Terrateig (L. Manglano), Politica en Italia del Rey Católico..., Corresp. inédita..., Madrid 1963, I, p. 537; II, pp. 185, 202; S. Ammirato, Delle fam. nobilinapoletane, II, Firenze 1651, p. 171; D. M. Zigarelli, Biografie dei vescovi..., Napoli 1861, pp. 112-16; R. Ambrosi De Magistris, Lo statuto di Anagni, in Arch. della Soc. romana di st. patria, III (1880), pp. 369 s.; C. J. Hefele -H. Leclerc, Histoire des conciles, VIII, 1, Paris 1917, pp. 349, 432, 441; L. von Pastor, Storia deipapi, IV, 2, Roma 1923, pp. 4, 302, 543, 545, 580, 734; V, ibid. 1959, pp. 7, 184, 371 s.; F. Canuti, Il Perugino, I, Siena s. d. (ma 1931), p. 198; B. B. Katterbach, Referendarii utriusquesignaturae..., Città del Vaticano 1931, p. 93; P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù, I, 2, Roma 1931-39, pp. 8, 44-47; II, ibid. 1950, pp. 136, 149, 162 s.; R. De Maio, Savonarolae la Curia romana, Roma 1969, p. 165; C. Eubel, Hierarchia catholica..., II, Monasterii 1914, p. 95; G. Gulik-C. Eubel, Id., III, ibid. 1923, pp. 20, 57, 66, 69, 118, 255.

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