GALIANI, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALIANI, Vincenzo

Silvio De Majo

Nacque a San Pietro di Montoro Superiore, presso Avellino, il 22 marzo 1770 da Gennaro e da Maria Saveria Pepe, appartenenti a una tranquilla famiglia della borghesia provinciale che aveva fatto fortuna, nei secoli precedenti, con la produzione e il commercio dei panni di lana.

Intorno al 1782 il G. si recò a Napoli per studiare le discipline umanistiche (avendo per maestro anche Mariano Semmola) e poi la giurisprudenza. Giovane vivace ed entusiasta, fu uno dei molti studenti conquistati nei primi anni Novanta alle idee giacobine, grazie ai contatti con la frangia più radicale della massoneria napoletana (Carlo Lauberg, Troiano Odazi, Annibale Giordano) e con i giacobini francesi, in primo luogo gli ufficiali della flotta del contrammiraglio L.-R. Le Vassor de Latouche-Tréville, rimasta nel porto di Napoli per alcune settimane tra la fine del 1792 e l'inizio del 1793.

Il G. fu tra i principali fondatori della prima cellula ("club elementare") della Società patriottica, di cui fu nominato segretario nel settembre 1793. Nei mesi successivi si impegnò molto nella propaganda e nella divulgazione della costituzione francese del 1793, ma non fu toccato dalla repressione del gennaio 1794 che portò Emanuele De Deo e altri giovani giacobini in carcere e indusse il Lauberg a lasciare Napoli.

Nel febbraio il G. partecipò al dibattito sull'inazione giacobina, sulla mancata nomina di un organismo direttivo che coordinasse i molti club elementari sorti negli ultimi mesi e procedesse verso la rivoluzione armata. Il 20 febbr. 1794 aderì all'ala estrema - detta "Romo" (repubblica o morte) - della neocostituita Società rivoluzionaria, capeggiata da Andrea Vitaliani, che optava per la rivoluzione immediata e progettava di dare l'assalto ai castelli di Napoli, contrapponendosi alla componente più moderata detta "Lomo" (libertà o morte). Col Vitaliani il G. si impegnò in un'opera assidua di proselitismo, non sempre coronata da successo, fra gli appartenenti alle classi popolari.

Dopo la scoperta della congiura, il 21 marzo, e dopo le confessioni e delazioni dei primi arrestati (Vincenzo Vitaliani, fratello di Andrea; Pietro De Falco; A. Giordano), il G., come tanti altri giacobini napoletani, decise di darsi alla fuga: riparò prima, insieme con Filippo Lustri, a Forio d'Ischia e quindi, con un gozzo, a Civitavecchia; nei primi giorni di aprile, tuttavia, fu riconosciuto ("di statura giusta, alquanto grasso, capelli neri, bruno di volto, balbuziente", secondo la descrizione dell'Acton: Pedio), arrestato dai soldati pontifici e tradotto a Napoli.

Anche il G. a questo punto non esitò a fare i nomi dei suoi compagni, per scongiurare la tortura e aver salva la vita. Su questo suo comportamento (duramente biasimato da alcuni scrittori, in particolare il Rossi) non abbiamo notizie precise, perché la cospicua documentazione sul processo e sugli interrogatori preliminari fu fatta distruggere dal governo borbonico alcuni anni dopo. Il procedimento fu condotto con le modalità abbreviate e semplificate previste dalla formula "ad modum belli et per horas": iniziato il 15 agosto, terminò circa un mese dopo. Nonostante l'accorata difesa di Mario Pagano (oltre a quella di tre difensori d'ufficio), con la sentenza, pronunciata il 3 ott. 1794, furono emesse tre condanne a morte su oltre trenta richieste del giudice istruttore. I condannati a morte furono il G., V. Vitaliani ed E. De Deo, scelti probabilmente in modo anche casuale, per dare un clamoroso esempio (infatti almeno i primi due non risultano coinvolti più degli altri: il Simioni, maggiore studioso di questa vicenda, ipotizza che contarono nella scelta "pressioni potenti ed occulte, antipatie, inimicizie, corruzione, stratagemmi, intrighi").

Il 18 ott. 1794 il G. venne impiccato, insieme con i due compagni, a largo Castello in Napoli.

Fonti e Bibl.: La prima biografia del G., sintetica e approssimativa, è di M. D'Ayala, in Vite degli Italiani benemeriti della libertà e della patria uccisi dal carnefice, Napoli 1883, pp. 298-305; essenziale e più informata quella di F. Nicolini, La famiglia dell'abate Galiani, Firenze 1920, pp. 11 s.; più dettagliata, ma eccessivamente apologetica e retorica, è quella di A. Galiani, V. G. nella congiura giacobina del 1794. Conferenza per l'inaugur. del monumento a V. G. in Sampietro di Montoro, il 18 genn. 1820, con note storiche, Montoro 1920; rapidi cenni in Diz. del Risorg. nazionale, III, ad vocem.

Sugli avvenimenti del 1793-94: A. Simioni, La congiura giacobina del 1794 a Napoli, in Arch. stor. per le prov. napoletane, XXXIX (1914), ripubbl. in Id., Le origini del risorg. polit. dell'Italia meridionale, I-II, Messina-Roma 1925-29 (rist. anast., Napoli 1995), ad ind.; T. Pedio, Massoni e giacobini nel Regno di Napoli…, Matera 1976 (che pubblica in appendice gran parte della scarsa documentazione disponibile). Molto più sommarie le pagine sulla congiura del 1794 (e sul ruolo avuto dal G.) in: L. Conforti, Napoli dal 1789 al 1796, Napoli 1887, pp. 171, 195, 197, 205, 209; M. Rossi, Nuova luce risultante dai veri fatti avvenuti in Napoli pochi anni prima del 1799, Firenze 1890, ad ind.; B. Croce, La rivoluz. napol. del 1799. Biografie, racconti, ricerche, 3ª ed. aument., Bari 1912, ad indicem. Qualche accenno in P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, III, Napoli 1957, ad ind., e in N. Nicolini, La spedizione punitiva del Latouche-Tréville (16 dic. 1792)…, Firenze 1939, ad indicem.

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