Monti, Vincenzo

Enciclopedia Dantesca (1970)

Monti, Vincenzo

Febo Allevi

Nel clima dei nuovi orientamenti letterari a mezzo il secolo XVIII il Van Tieghen, rilevando l'ascesa di D. " parmi tous les poètes qui ont paru depuis l'antiquité ", sottolinea l'importanza della solenne cerimonia che nel 1798 " pour la première fois " si svolge a Ravenna, dove il giovane M. (Alfonsine, Ravenna, 1754 - Milano 1828) pronuncia la sua orazione, nella quale, pur in mezzo ad alterazioni e svisamenti di buona parte dell'opera dantesca, appare il raffronto tra D. e Michelangelo (in parte il discorso verrà poi rifuso nella nona lezione pavese).

Il culto di D. aveva cominciato a riguadagnare a poco a poco le sue quote elevate fin dalla ‛ riscoperta ' vichiana, e il M. anche in questo caso, dopo un'iniziale partecipazione alle limitazioni del secolo, si trasformava nell'interprete ufficiale di un'aura di favore che intorno a D. stesso adunava anche le prime istanze risorgimentali: più che restaurarlo, il culto dantesco, come si è ripetutamente scritto, egli lo raccoglieva, l'impersonava e lo potenziava agitandolo come nuova bandiera e imponendolo all'universale ammirazione anche in virtù dell'amplificazione letteraria dei suoi versi fluenti e sonori (cfr. anche Epistolario, I 60, 374, 376, 388; II 22, 240; IV 146-147; V 224, 350; VI 325). Dalla Commedia tuttavia il M. toglieva " l'arte di ben fissare la fantasia sul luogo della scena " e " di chiamare le cose coi nomi lor propri " (Leopardi, Zibaldone, ediz. Flora, II 1237).

Commosso interprete di D. il M. si era esibito fin dal 1776 con la Visione di Ezechiello in 165 versi distribuiti in terzine, la cui idea ispiratrice dal Varano - ha dimostrato il Cambino - poteva risalire al Bucci allievo del Gravina. A Roma, dopo appena un biennio dal suo arrivo, già si parla di lui come di un D. levigato (Epistolario, I 60), e D. è presente un poco in tutti i suoi componimenti più vistosi, da La bellezza dell'Universo (1781) ai quattro sonetti Sulla morte di Giuda, agli sciolti Alla marchesa Anna Malaspina della Bastia (1788), dove, pur nella dispersione degli argomenti toccati, riesce abbastanza felice nel rendere l'accesa passione dell'anima dantesca con un'interpretazione che incontrerà tanta fortuna in seno alla sensibilità dell'Ottocento romantico.

Ma al titolo di " Dante redivivo " il M. giunse con la sua ben nota cantica in terzine In morte di Ugo Bassville (1793), dove al desiderio di composizioni vaste e ambiziose fu sostegno la sua risorsa scenografica; un titolo comunque cui si pervenne anche per gli entusiasmi romani di F. Torti (Epistolario, I 374-376, 381, 388, 391-393 e IV 134-137) che primo dichiarava appunto il M. " Dante ingentilito ", non senza esser seguito dal Bettinelli (" il vero Dante ", ibid., II 418), da A. Verri (" emulo di Dante ", ibid., 422), G. Scalvini (" grande emulo di Dante ", ibid., V 320), P. Zaiotti fino al Balbo, al Tommaseo, all'Emiliani Giudici e a molti altri, non esclusi ingegni come l'Alfieri, il Parini e il Manzoni che il titolo stesso ritennero valido e nel M. videro l'antesignano della nuova corrente di favore dantesco destinata via via a convertirsi in un'esigenza dei cultori della poesia di natura quasi categoriale. Scriverà più tardi il Giusti che D. divenne di moda dopo la pubblicazione della cantica montiana.

In questo circolo d'imitazioni al poemetto incompiuto viene accostata quella che il M. definisce " una seconda Bassvilliana " (ibid., II 212), cantica-visione anch'essa in terza rima In morte di Lorenzo Mascheroni (1800): il M. stesso ebbe a scrivere che D. " esiliato dalle scuole per le Lettere Virgiliane del Bettinelli " vi era allora richiamato " dalla Bassvilliana e Mascheroniana " (ibid., IV 422). D. rientra poi nella visione in terzine Il Beneficio (1805) con cui siamo ormai in pieno ambiente milanese e nell'orbita dell'astro napoleonico dal quale al M., con i vari elogi, onori e incarichi, proviene anche la nomina a professore di eloquenza nell'ateneo pavese: una triennale attività oratoria (1802-1804) che riassume in parte le sue esperienze di uomo di lettere, un'attività di cui restano una dozzina di lezioni stampate, oltre una prelezione e la prolusione, del centinaio che tenne. In tutte D. è presente in maniera più o meno diretta, ma egli forma l'argomento specifico della nona, ove si ragiona della Commedia e della sua lingua, non senza paragoni indovinati, vivaci punte polemiche e osservazioni non sbiadite dal tempo: in particolare nella sua declamazione dei versi danteschi - ne siamo informati dal Pecchio - la folla degli ascoltatori coglieva vibrazioni romantiche, accenti nuovi e frementi, aspirazioni nazionali mal represse.

Nello studio analitico sul testo dantesco il M. invece non riuscì a evadere dall'area settecentesca e neoclassica con un commento che si estendesse in profondità e in ampiezza di visuale: sebbene egli sia in condizione di distinguere i giudizi dei seguaci del bello ideale da quelli degli ammiratori della poliedrica figura di D. (Epist., II 352), non avverte alcun disagio nell'esprimere riserve " tanto nello stile e nelle parole, quanto nelle fastidiose teologiche disputazioni " (III 264). Tuttavia il Vallone, fissando i limiti delle Postille ai commenti del Lombardi e del Biagioli sulla D.C. (con questo titolo uscirono in un mezzo migliaio di copie a cura di A. e G. Monti nel 1879 a Ferrara), mentre gli riconosce il duplice merito di averne proposto " prima l'imitazione e poi lo studio " e di " aver gettato un ponte tra classicisti e romantici proprio nel nome di Dante ", pone in rilievo anche gli stessi " meriti " non trascurabili delle Postille, stabilendone la data d'inizio intorno al 1815 (cfr. anche Epistolario, V 137-138, 191-192, 354).

Altro " commento " (Rivalta) può esser definita la Proposta (1817-24) che da " un libretto di poche carte " (Epistolario, IV 129) si estese fino a comprendere quattro volumi divisi in sette parti o tomi: in particolare l'Esame delle voci numerose, distribuite in tutta l'opera, suggerisce al M. continui riferimenti a versi e passi della Commedia, del Convivio e del De vulg. Eloquentia. Osservazioni più fini, più appassionate e più aderenti al contesto poetico si leggono nel Dialogo in cinque pause. I poeti dei primi secoli della lingua italiana (III II 1-175): delicata, ad es., e ancor valida la digressione sulle ben note terzine iniziali di Pg VIII (p. 70).

Negli studi danteschi come collaboratori preziosi (e in un certo senso anche suoi discepoli) il M. ebbe la figlia Costanza (Epistolario, V 430) e il genero G. Perticari, cui, sembra, dovesse non poco delle sue indagini che prepararono il Saggio, diviso in quattro parti, Dei molti e gravi errori trascorsi in tutte le edizioni del Convito di Dante (Milano 1823), cioè gli ‛ abbagli ' della Crusca (Epistolaeio, V 477). Ma all'edizione non venale di 60 esemplari (Il Convito di D. ridotto a lezione migliore, Milano 1826) il M. arrivò e in virtù della sua attenzione premurosa e di quella di G.A. Maggi e del marchese Trivulzio (anima dell'iniziativa), con la collaborazione dei quali nello stesso anno curò anche La Vita Nuova di D.A. ridotta a lezione migliore (cfr. Epistolario, V 481, 484, 500, VI 52). Fra il '24 e il '26 s'inseriscono i tre volumi della Commedia (Milano 1825; Parigi 1843), la cui pubblicazione egli preparò e diresse, giovandosi dell'edizione padovana del 1822, nonché di varianti e di note sue, della figlia e del genero (cfr. anche Epistolario, 1396 e V 120).

Bibl. - V.M., Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al vocabolario della Crusca, Milano 1828-31; ID., Epistolario, a c. di A. Bertoldi, Firenze 1928-31; F. Torti, D. rivendicato. Lettera al Sig. Cav. M., Foligno 1825; G. Pecchio, Vita di Ugo Foscolo, Lugano 1841, 160; G. Trenta, Delle benemerenze di V.M. verso gli studi danteschi, Pisa 1891; L. Cambino, Dal Gravina al M., in " Giorn. d. " XIX (1911) 137-146; O. Rivalta, V.M. dantista e dantofilo, in Dantisti e dantofili dei secoli XVIII e XIX, Firenze 1912, 11; Barbi, Problemi I 471; P. van Tieghem, Le Romantisme dans la littérature européenne, Parigi 1948, 78; F. Allevi, V.M., Firenze 1954; A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, ibid. 1958, 41-43; M. Vitale, La questione della lingua, Palermo 1960, 178-181; E. di Poppa Vòlture, in Il padre e i figli, Napoli 1970, 212 ss.

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