MORTILLARO, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MORTILLARO, Vincenzo

Filippo Fiorito

– Nacque a Palermo il 27 luglio 1806 da Carlo, possidente, barone del Ciantro, e da Rosa Rallo. Nel 1842 ereditò il titolo di marchese di Villarena per l’estinzione del ramo primogenito della casata.

Lessicografo e arabista, si dedicò all’ammodernamento della burocrazia del Regno delle Due Sicilie, elaborando numerosi progetti e regolamenti. Fu un amministratore scrupoloso degli enti del Comune di Palermo per diventare dopo il 1860, storico, memorialista ed editore di giornali cattolici.

Frequentò il collegio dei gesuiti e nel 1821 intraprese la carriera ecclesiastica per poi abbandonare l’abito per l’interesse suscitatogli dalle lezioni di astronomia di Nicolò Cacciatore e Giuseppe Piazzi. Allievo di Salvatore Morso, arabista e archeologo, e di Domenico Scinà, appena ventenne scrisse un Compendio storico delle ultime romane vicende durante la invasione dei francesi (Palermo 1826) e i Cenni su la distrutta Solunto (ibid.). Si dedicò al contempo agli studi di algebra, disciplina nella quale istruì le figlie di Marcello Fardella, duca di Cumia, divenuto suo protettore.

Allontanatosi da Palermo, vi tornò dopo la scomparsa di Morso (settembre 1828), che sostituì nell’insegnamento dell’arabo presso la locale Università fino al 1833, quando rifiutò di competere con un ex allievo per la cattedra di lingue orientali, persuaso che i suoi lavori di numismatica arabica, i Rudimenti di lingua arabica (Palermo 1830) e i Saggi di archeologia e filologia arabica (ibid. 1833) bastassero per l’assegnazione diretta. Nel 1832 fondò insieme a Ferdinando Malvica le Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, alla cui direzione restò per breve tempo poiché Cumia, divenuto nel frattempo direttore generale di polizia in Sicilia, fece sì che assumesse la guida del rivale Giornale di scienze lettere ed arti per la Sicilia. Mortillaro riuscì a rilanciare il giornale, presso la cui sede nel 1836 istituì anche un gabinetto di lettura, risanandone le finanze e riportandolo ai fasti dei primi anni di vita (era stato fondato nel 1823 da Giuseppe Bertini). Garantito dalla protezione che Cumia offriva al raggruppamento autonomista delle élites siciliane, a cui Mortillaro si andò progressivamente avvicinando, il giornale sopravvisse alle misure repressive adottate nei confronti della stampa dopo le rivolte che seguirono il colera del 1837, finché nel 1842 venne anch’esso soppresso.

Fu questo un periodo di intensa attività culturale per Mortillaro, che nel 1836 ottenne l’incarico di studiare il tabulario della cattedrale di Palermo, opera che si concluse qualche anno dopo con la pubblicazione del Catalogo ragionato dei diplomi esistenti nel tabulario della Metropolitana chiesa di Palermo (Palermo 1842). In questa fase mantenne una fitta corrispondenza epistolare con i maggiori orientalisti europei, finché gli incarichi pubblici non gli tolsero tempo e la disciplina rimase soltanto una passione, animata talvolta da dibattiti astiosi come quello che ebbe con Michele Amari sul finire degli anni Sessanta (Lettera del marchese V. M. al professore Michele Amari, ibid. 1868). La pubblicazione della Guida per Palermo e pei suoi dintorni (ibid. 1829), di cui apparvero cinque edizioni e una traduzione in francese (ibid. 1857), il Nuovo dizionario siciliano-italiano (2 voll., ibid. 1838-1844) e gli studi di orientalistica gli valsero l’associazione a numerose accademie francesi e italiane.

Nel 1830 Ferdinando II affidò la luogotenenza di Sicilia al fratello Leopoldo di Borbone, che la tenne fino al marzo 1835, guadagnandosi le simpatie del liberal-moderato ‘partito siciliano’ e lasciando un buon ricordo della sua amministrazione. Quel «Risorgimento effimero» (Leggende storiche siciliane dal XIII al XIX, ibid. 1862, pp. 261-269) sembrò dischiudere nuove prospettive e fece nascere in Mortillaro la convinzione che la cultura potesse rigenerare la figura del burocrate. Entrato nei ranghi dell’amministrazione borbonica, fu dunque un funzionario moderno, colto ed efficiente, ma pronto a contestare le decisioni del governo, come mostrò negli anni del dibattito sul libero commercio tra Napoli e Sicilia che, «abbenché in un unico Regno riuniti, avendo però finanze e amministrazioni separate, non possonsi per alcun verso riguardare come parti di un Regno stesso in quanto al commercio» (Considerazioni del barone V. M. sul cabotaggio tra Napoli e Sicilia, ibid. 1834, p. 10). Chi poteva essere «sì cieco – si domandava – da non vedere che la parola di cabotaggio si applica a quel commercio che con altri termini è un sistema coloniale» e ad altro non serviva che «a concitare odii, a toglier libertà e ad accrescer miseria?» (ibid., p. 16).

Nel 1839 Mortillaro, che due anni prima aveva sposato Rosalia Benso, figlia del duca di Verdura, e celebrato la scomparsa del suo maestro (Su la vita e su le opere dell’abate Domenico Scinà, Palermo 1837), fu incaricato di riformare il catasto fondiario di Sicilia, opera che avrebbe completato nei primi anni Cinquanta rendendone conto nelle Notizie economico-statistiche ricavate sui catasti di Sicilia (ibid. 1854). Nominato sottointendente di Caltagirone per allontanarlo da Palermo a causa delle sue idee autonomiste, all’approssimarsi della rivoluzione del 1848 fu provato dal lutto per la morte di Cumia (Pei funerali di Marcello Fardella duca di Cumia. Elogio storico ed iscrizioni, ibid. 1847), ed emersero in lui quelle istanze indipendentiste nelle quali ormai si riconosceva pienamente. Decise di arruolarsi nella guardia nazionale e fu eletto al Parlamento siciliano nel quale assunse posizioni estremamente moderate. Nei suoi interventi mise infatti in luce una concezione notabilare e paternalistica della politica, fondata sul cattolicesimo quale religione di Stato, sulle virtù della possidenza e sulla difesa del ruolo degli ufficiali della guardia nazionale, aristocratici e possidenti, di cui era tenente maggiore.

Per questo suo moderatismo, dopo la restaurazione la polizia certificava che «il marchese Villarena comportasi da quell’uomo onesto, moderato e amante dell’ordine ch’è stato sempre» (Arch. di Stato di Palermo, Min. Luogotenenziale, Polizia, b. 753, f. 1675) spingendolo a supplicare il perdono per i suoi «eccessi» rivoluzionari. Anche per questo, Mortillaro definì l’atto di decadenza della dinastia borbonica votato dal Parlamento siciliano il 13 aprile 1848 un «enorme delitto politico» (ibid., b. 485, f. 4415).

Grazie al luogotenente Carlo Filangieri, negli anni Cinquanta ottenne gli incarichi più rilevanti, come la direzione delle Finanze, da cui fu scorporata l’amministrazione dei dazi diretti, quella di controllore della tesoreria di Sicilia e più tardi, nel 1857, quella di direttore dei dazi indiretti. Queste pur gravose incombenze non gli impedirono, di coltivare l’antica passione per lo studio e sempre su incarico di Filangieri, provvide al riordino dei codici della chiesa della Magione che portò a compimento nel 1858 (Elenco cronologico delle antiche pergamene pertinenti alla real Chiesa della Magione coordinate dal marchese V.M., Palermo 1858).

All’indomani dell’Unità abbandonò le cariche istituzionali ricoperte sotto il vecchio regime, a cui da allora guardò con rimpianto e nostalgia divenendo uno dei capi della rete borbonica a Palermo. I legittimisti trovarono un loro portavoce nel periodico Il Presente, fondato e diretto da Mortillaro, il cui primo numero apparve il 3 ottobre 1863. Soppresso dopo pochi mesi per le sue posizioni antigovernative, vide la collaborazione anche di alcuni esponenti clericali, con i quali egli instaurò un legame che divenne col passare degli anni sempre più stretto. Nella tessitura della sua rete anti-sabauda entrò in contatto anche con Giuseppe Badia, fabbricante di cera già condannato a morte dai Borboni per la sua militanza nelle file democratiche e garibaldine, che nel maggio 1865 cercò di organizzare a Palermo un’insurrezione contro il governo con la collusione di elementi borbonici e clericali. Arrestato con l’accusa di cospirazione contro lo Stato, Mortillaro trascorse alcuni mesi in carcere, fra il maggio 1866 e il febbraio 1867, dal quale uscì brevemente durante la rivolta di Palermo del settembre 1866.

Nel settembre 1871, in difesa del cattolicesimo umiliato dalla nuova Italia, Mortillaro pubblicò un nuovo giornale, L’Inaspettato, che si stampò con periodicità irregolare fino al 1876 e che gli valse la benedizione pontificia sollecitata con una lettera il 20 giugno 1872: «Santo Padre, Lottammo nei primordi della rivoluzione del 1860 e fummo fra i primi a pubblicare un giornale cattolico in Sicilia che rischiari le menti e sostenga i dritti della Chiesa. Persecuzioni, domicilii coatti, carcerazioni furono i nostri onorati trionfi sofferti? Noi laici per la gloria del Signore, per lo sostegno dei dritti della S. Sede. Menomati infine dal pugnale governativo cessammo attendendo tempi meno furibondi. Invece, incalzò la bufera; ma la voce di Vostra Santità che ha in mano il vessillo di Gesù Cristo e presso cui militano tutti i cattolici del mondo scuotendo l’Universo ci ha incoraggiati ad affrontare più caldamente l’ira de’ perversi» (Arch. di Stato di Palermo, Archivio Mortillaro di Villarena, b. 121).

Nell’ultima fase della sua vita l’impegno politico nelle file del clericalismo più intransigente non venne mai meno e ne fu testimonianza la sua candidatura in liste cattoliche al consiglio municipale, che fu sovente coronata da insuccessi. Mortillaro si segnalò tuttavia come un pungente osservatore delle vicende politico-amministrative palermitane, a cui dedicò numerosi scritti che restano una fonte preziosa per ricostruire la storia della città nel primo trentennio postunitario (Frammenti di storia contemporanea, Palermo 1876; Cronografia contemporanea, ibid. 1882; Nuove pagine di storia recente, ibid. 1884; Notizie dei nostri tempi, ibid., 1886; L’era novella. Memorie contemporanee, ibid. 1888).

Morì a Palermo il 28 luglio 1888 e fu tumulato nel cimitero di S. Maria di Gesù.

Opere: Mortillaro raccolse sistematicamente i suoi scritti, editi precedentemente in altra sede, in 22 voll. di Opere che si pubblicarono a Palermo dal 1843 al 1888.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, Archivio Mortillaro, bb. 52, 56, 109-129; ibid., Prefettura, Gabinetto, bb. 29-31; ibid., Min. Luogotenenziale, Polizia, bb. 576, 585,753; Arch. di Stato di Napoli, Archivio Borbone, b. 1143; Roma, Arch. centr. dello Stato, Min. dell’Interno, serie diverse, biografie, b. 659/1089; ibid., Min. di Grazia e giustizia, b. 9 bis; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Fondo Vieusseux, A, 73, 25-45; Firenze, Archivio storico del Gabinetto Vieusseux, Copialettere Vieusseux,  4-10, 17, 20-21. G. Di Pietro, Illustrazione dei più conosciuti scrittori contemporanei siciliani dal 1830 a quasi tutto il 1876, Palermo 1878, pp. 190-200; G.M. Mira, Bibl. siciliana, II, Palermo 1881, pp. 106-108; S. Caruso Spinelli, L’ultimo vale a V. M. marchese di Villarena, Palermo 1888; G. Orlando, Elogio del Marchese V. M., Palermo 1892; L.M. Majorca, V. M.: la vita, le opere 1806-1888, Palermo 1906; Le Assemblee del Risorgimento. Sicilia, voll. XIII- XIV, Roma 1911; Dizionario dei Siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 334 s.; P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della destra (1866-1874), Torino 1954, ad ind.; F. Brancato, Storia della Sicilia post-unificazione. La Sicilia nel primo ventennio del Regno d’Italia, Bologna 1956, ad ind.; R. Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, II ed., Roma-Bari 1970, pp. 80, 82, 171 s., 198, 204, 207, 234, 279; F. Brancato, Storiografia e politica nella Sicilia dell’Ottocento, Palermo 1973, ad ind.; M.I. Palazzolo, Intellettuali e giornalismo nella Sicilia preunitaria, Catania 1975, ad ind.; Ead., Vieusseux e gli intellettuali siciliani. 2. Il rapporto con V. M., in Sociologia della letteratura, 1978, n. 1-2, pp. 119-129, poi in Ead., Editori, librai e intellettuali. Vieusseux e i corrispondenti siciliani, Napoli 1980; G. Fiume, Ferdinando Malvica e il dibattito economico e culturale sulle Effemeridi, in Nuovi Quaderni del Meridione, 1980, n. 72, pp. 439-461; I moti di Palermo del 1866, a cura di M. da Passano, Roma 1981, pp. 283 s.; G. Fiume, La crisi sociale del 1848 in Sicilia, Messina 1982, ad ind.; O. Cancila, Palermo, Roma-Bari 1988, pp. 32, 121, 145 s., 154 s., 172-174, 176, 181, 295, 316, 325; V. D’Alessandro - G. Giarrizzo, La Sicilia dal Vespro all’unità d’Italia, Torino 1989, ad ind.; Le mappe del catasto borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico M. di Villarena (1837-1853), a cura di E. Caruso e A. Nobili, Palermo 2001; O. Cancila, Storia dell’Università di Palermo dalle origini al 1860, Roma-Bari 2006, ad ind.; Enciclopedia della Sicilia, a cura di C. Napoleone, Parma 2006, p. 638; P. Fiorentini, Nel Regno delle Due Sicilie: intellettuali, potere, scienze della società nella Sicilia borbonica, Catania 2008, ad indicem.

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