SEREGNI, Vincenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SEREGNI, Vincenzo

Cristiano Marchegiani

SEREGNI (da Seregno), Vincenzo. – Nacque fra il 1519 e il 1520 da Bernardino di Luigi da Seregno, probabilmente nel paese di origine del padre scalpellino; non si conosce il nome della madre.

Posticipano di un decennio la nascita, già datata intorno al 1509 (lo dice morto a 85 anni ai primi del 1594 l’epitaffio riportato in Puccinelli, 1650, p. 98), i 73 anni indicati negli Stati d’anime milanesi del 1593 e i 75 registrati similmente alla morte (comunicazione allo scrivente di Francesco Repishti, che ha pure corretto l’equivoco del cognome «dell’Orto»; Repishti, 1996, p. 236).

Per decenni Vincenzo fu impegnato nel cantiere del duomo di Milano, da ‘intagliatore’ a ‘ingegnere’ responsabile.

Il 12 dicembre 1534 partecipò con il padre e il fratello Luigi a una riunione della scuola di lapicidi e scultori dei Ss. Quattro Coronati in Camposanto (Repishti, 2004, p. 27). Nel 1535 fu alle cave di Candoglia con il direttore della fabbrica Cristoforo Lombardo, esordio di una lunga collaborazione. Presente al convegno del 6 settembre 1537 per la scelta del modello per la porta settentrionale del transetto (Annali..., III, 1880, p. 266), era capomastro quando nel 1539 «Constantio Bolognese» tradusse il primo libro della Geometria di Euclide su istanza di «Vincentio Seregno architettore nela fabrica del Domo», come dichiara l’aulico frontespizio del manoscritto (Milano, Biblioteca Trivulziana, ms. 187; Repishti, 2004, p. 109). Dal 21 novembre 1547 il maestro «de Serenio» curò da «ingigniarius fabricae» (con il mensile di 18 lire) le opere del tiburio, delle volte e degli acquedotti sotto la supervisione di Lombardo (Annali..., III, 1880, p. 301; si occupò inoltre di costruire le scale nei contrafforti), che dal 21 luglio 1552 sostituì, ormai malato, nel «predisporre i disegni occorrenti e dirigere i lavori, sempre però alla [sua] dipendenza» (ibid., IV, 1881, p. 10).

Grato per l’aumento di responsabilità e del mensile a 24 lire (20 aprile 1553, ibid., p. 12; errata l’indicazione del 1537 sul perduto foglio a stampa della relazione trascritta in Annali..., III, 1880, p. 267), propose un filologico recupero operativo dell’«intentione de li primi fondatori» nella «mesura et corespondentia» della logica planimetrica «cum l’alteza», non solo per «archi e volte» e ogni altro «finimento et ornamento» da farsi, ma anche per i due «campanili quadri da braza 32» (ibid.), solo accennati nella pianta del duomo nell’edizione vitruviana di Cesare Cesariano del 1521 per la perdita del progetto della facciata, che si presumeva li contemplasse.

Morto Lombardo nel 1555, la direzione passò a Seregni, che continuò a condividere con la vedova e i figli di quello la casa «in Campo Sancto», presso il laboratorio della «cassina»; all’epoca dovette elaborare l’idea di una piazza di oblunga quadratura inscrivente il duomo, isolato su alto podio rettangolare fra un sagrato quadro e il quasi aderente quadriportico del camposanto (Milano, Biblioteca Trivulziana, Raccolta Bianconi, II, c. 2). Oltre al nuovo scurolo (confessione) sotto l’altare maggiore (1557-58), sistemò il doppio coro ligneo (1557-67), alla cui estremità postica eresse il tabernacolo donato nel 1561 da Pio IV. Il 22 agosto 1562 fu licenziato per «parva cura, solicitudine et diligentia», ma reintegrato nell’ufficio l’11 settembre (e nominato il 1° ottobre 1563 sindaco e procuratore speciale della scuola dei Quattro Coronati con Michele Solari; Repishti, 2008, p. 64). Il 3 luglio 1567 l’arcivescovo Carlo Borromeo gli accordò non l’aumento di stipendio richiesto, ma l’alternativa «licentiam» di lasciare l’incarico (Annali..., IV, 1881, p. 67), pronto ad assegnarlo alla forte personalità artistica di Pellegrino Tibaldi.

La crisi con la fabbriceria dipese dai molti impegni per lo più di committenza religiosa, incentivati dall’epocale trapasso al regime tridentino. Alla scomparsa del maestro, Seregni era infatti «l’architetto più rappresentativo della cultura milanese», palesando «una versatilità e riferimenti a più culture di progetto difficilmente riconducibili alle [...] categorie di classicismo e anticlassicismo» (Repishti, 1996, p. 236): sedimentato sapere cantieristico che egli accordò al vitruviano magistero disciplinare e a una professionalità qualificata dalla moderna prassi del disegno in proiezione ortogonale.

Per il monastero delle benedettine di S. Radegonda Seregni rilevò in data imprecisata la caotica planimetria. Nel 1554 si occupò di una lite confinaria delle agostiniane di S. Caterina alla Chiusa a Porta Ticinese, ma i due rilievi del monastero attribuitigli (Milano, Biblioteca Trivulziana, Raccolta Bianconi, IX, 2, 4) sono riferiti a un ampliamento degli anni Settanta, poi curato da Tolomeo Rainaldi. All’epoca di questa perizia forse Seregni seguiva già il cantiere della chiesa lateranense di S. Maria della Passione (è attestato nel 1562 per il progetto della cappella Arrigoni). Sovrintese «dal 1553 al 1559» all’edificazione «dei chiostri di S. Vittore al Corpo per i quali nel 1561 elaborò un progetto generale delle opere ancora da farsi», anticipato da quello di riforma della basilica olivetana, avviata fra il 1559 e il 1560: studiò il ribaltamento della chiesa, ridotta a «nave unica» con profonde cappelle e una crociera a quincunx, e il raddoppiamento del tardoantico mausoleo ottagono per la facciata (Baroni, 1941, pp. 123 s.).

Nell’«intricata» genesi della soluzione in tre navi di antica aria termale il progetto fu sostituito nel 1564 da uno di Galeazzo Alessi, cui a sua volta subentrò verso il 1568 Tibaldi, ma il crollo del tiburio occorso di lì a poco fu imputato alle fondazioni seregniane dei piloni.

Fra il 1555 e il 1563 cadono i lavori interni alla chiesa di S. Maria dei Miracoli presso S. Celso e l’impostazione della facciata nell’ordine inferiore, completata dal collaboratore Martino Bassi secondo un progetto del 1563 di Alessi, di eclatante ridondanza. «Magistro Vincentio» diresse la costruzione del chiostro ionico del monastero di S. Ambrogio (1556-57) e gli è riferito per tradizione il progetto, databile al 1559, di quello grande di S. Simpliciano, il cui antiquato motivo benedettino di arcate su colonne gemine (compiute non prima dell’ottobre del 1564) fu una prudente scelta identitaria. «Inzegnere» del santuario di Saronno (1556-70), perfezionò un’opera già impostata da altri, fra cui Lombardo. Progettò nel luglio del 1561 la ristrutturazione dell’abbazia dei Ss. Gratiniano e Felino di Arona su incarico dell’allora amministratore diocesano cardinale Borromeo (ebbe 12 scudi d’oro e rimborsi spese; Coscarella, 2004, pp. 80, 86), e poi, a Milano, la riforma dell’ex convento degli Umiliati a Porta Orientale a uso del seminario maggiore, i cui lavori, appaltati sul finire del 1566 (nel 1569 gli subentrò Tibaldi), prevedevano due bracci sporgenti dall’irregolare quadrilatero claustrale, per il gymnasium semipubblico e il salone del refettorio. Nel 1571 intraprese il rinnovamento del presbiterio della basilica milanese di S. Giovanni in Conca, trasferendo da esso il sepolcro trecentesco con il monumento equestre di Bernabò Visconti nella parte anteriore della chiesa; nel 1572 diresse l’erezione presso la tribuna della cappella dei Della Croce e, dal 1576, terminati i lavori alla chiesa, ricostruì sino al 1583 il convento (complesso demolito nel 1951). Operò al riassetto della suburbana certosa di Garegnano, come attesta l’attribuzione di vari disegni (Archivio di Stato di Milano, Fondo di Religione, Parte antica, cart. 2471).

Oltre al grande chiostro pressoché rettangolare (1574-76, demolito intorno al 1885), gli si assegnano il piccolo cortile d’onore (compiuto verso il 1610) e l’atrio scoperto a tre esedre detto dell’Elemosina, che in asse con il precedente espande la stessa matrice quadrata alla facciata della chiesa, nonché i progetti della foresteria con il suo chiostro; costruita «gran parte dell’ala meridionale del monastero», Seregni studiò una prima definizione della facciata della chiesa (Zanzottera, 2003, pp. 40, 42), tempio ampliato e riconsacrato nel 1562, di cui curò lavori interni.

Dal 1574 ampliò la cappella superiore del santuario di Corbetta, eretta sulla struttura centrica anteposta alla chiesa preesistente, per la cui riforma prestò «molte fatiche», ricompensate il 28 agosto 1579 (Spiriti, 1995, p. 110). Per il duomo di Milano, il 15 febbraio 1583 fu chiesto parere a lui e a Pietro Antonio Barca sull’eventuale rifacimento in altro sito del campanile e sulle «volte fatte sotto il coro de’ laici», le quali i due «architetti publici de Milano» consigliarono di rifare (Annali..., IV, 1881, p. 195). Nel 1589 compì il rifacimento per le clarisse di S. Apollinare a Porta Romana, aula con quattro cappelle per lato «abbellita da cornici, fregi, stucchi e pitture a fresco», con accesso da un antistante «serrato cortile» (Torre, 1674, p. 18; complesso distrutto), e si occupò del monastero di S. Maria della Vittoria. Nel 1590 diede un suo parere tecnico su vertenze confinarie fra i padri di S. Alessandro e quelli di S. Giovanni in Conca e fu consultato con Ambrogio Alciati sul progetto di Bassi per la ricostruzione di S. Lorenzo.

Le opere condotte da Seregni negli anni Cinquanta sul tema del monumento infondono nella rigida sintassi classica l’espressività della licenza. Nella tomba del senatore Giovanni del Conte nella cappella di S. Ippolito in S. Lorenzo Maggiore (progetto pagato 2 scudi d’oro il 27 agosto 1550, e ancora il 7 novembre 1554 per modelli forse nuovi Seregni ebbe 11 lire; Sant’Ambrogio, 1898, p. 46; lo scudo valeva 5,12 lire), scolpita da Marco d’Agrate (1556-59), le quattro lesene doriche del piatto dossale riecheggiano l’entasi delle due colonne aggettanti alle estremità. Per le esequie di Carlo V, celebrate in duomo il 9 gennaio 1559, Seregni concepì un colossale catafalco in forma di aperto padiglione a croce greca su colonne libere doriche, coronato da cinque cupole ogivali gradinate, inalberanti lumi e un’assiale lanterna con emblemi imperiali.

Gli si ascrivono inoltre il sepolcro Del Carretto in S. Maurizio al Monastero maggiore (1551) e uno imprecisato per Gallarate, realizzato nel 1555 da Baldassarre da Lazzate, artefice del sepolcro dell’arcivescovo Filippo Archinto nella cappella di S. Caterina nel duomo milanese, austera edicola corinzia di cui Seregni stilò nel 1559 il computo estimativo (Repishti, 2014, pp. 186 s., 190); dell’epoca erano la cappella nella scomparsa chiesa esterna del monastero di S. Marta, stabilita nel 1554 con legato di 1000 lire del dottore Girolamo Visconti (Annali..., III, 1880, pp. 15, 48; datata 1561 in Repishti, 2000b, p. 87), e forse anche la ricostruita chiesa di S. Maria del Castello (ibid.).

Il milanese Pio IV, eletto pontefice alla fine del 1559, incaricò Seregni di progettare per il fronte settentrionale di piazza dei Mercanti il palazzo offerto al Collegio dei giureconsulti, avendoli insigniti nel 1560 del titolo di conti palatini e della facoltà di laureare in utroque. Approvato il modello nel 1561, la costruzione interessò fino al 1564 circa l’ala di ponente del lungo edificio a due ordini con portico a serliane; l’ala simmetrica rispetto all’inglobata torre del Broletto occupò Seregni fino al 1567, quando già dal 1564 una revisione decorativa richiesta ad Alessi aveva impresso una doviziosa svolta ispirata agli originali stilemi di palazzo Marino, mancando il «repertorio del milanese» di «ricchezza linguistica e sintattica» (Repishti, 2000b, p. 82). Per attendere all’opera, cui dedicò una perduta Descriptio Collegii Jurisconsultorum Mediolani (Argelati, 1745, col. 1345), Seregni pare aver declinato l’invito romano di Pio IV a dirigere i lavori della basilica di S. Pietro (Puccinelli, 1650, p. 97).

Il contributo decorativo alessiano non sembra fare eccezione per la facciata di palazzo Medici in via Brera (demolito nel 1865): disegnata da Seregni su incarico di Pio IV verso i primi di ottobre del 1562, e nel 1564-65 in versione finale (ancora secondo un’estensiva serialità con centro trionfale, qui espressa da un vitruviano doppio telaio di semicolonne in risalto su fondo bugnato), intrapresa con vistose varianti decorative, forse condizionate dal progetto proposto nel 1563 dal perugino, e infine interrotta con la repentina morte del papa nel dicembre del 1565. Resta invece dubbia la tradizionale attribuzione a Seregni di un progetto per le scuole Canobbiane (Milano, Biblioteca Trivulziana, Raccolta Bianconi, I, f. 3), con la primizia in ambito lombardo della centrale gran sala ovale serliano-vignolesca.

Seregni fu tra i fondatori, il 13 gennaio 1563, dell’Universitas ingenierorum, architectorum et agrimensorum di Milano (diventando architetto collegiato nel 1564; Repishti, 2007a, p. 29). Consultato nel 1562 per preliminari studi per la fortificazione del castello di Casale Monferrato, fra il 1565 e il 1566 coadiuvò il capitano Fabrizio Serbelloni nella riforma dei nuovi bastioni del Castello Sforzesco: rivisto l’intero progetto, avviò i lavori, passati però dal giugno del 1567 alla direzione di Giorgio Paleario Fratino; fra il 1567 e il 1568 fu tra i tecnici consultati per rendere navigabile l’Adda. Eseguì perizie per il riattamento del carcere milanese della Malastalla (1563-68).

Con Tibaldi e Giuseppe Meda, fornì imprecisati «disegni et modelli et pareri [...] sopra la fabrica del monasterio et chiesa de l’Escoriale et altro», consegnati a Milano il 6 febbraio 1572 «al cancellero barone Giovanni Thomaso Martorana per portarli» a Filippo II di Spagna, ricevendo un terzo dei 100 scudi loro riconosciuti (Repishti, 2000a, p. 61). Il 7 aprile 1579 il figlio Vitruvio (che aveva due sorelle, Margherita e Artemisia) presenziò all’ingaggio dello «squadratore» Lucio «de Seregno», figlio dello zio Luigi, nella squadra di lapicidi e scultori che Leone Leoni formava per trasferirli via Genova a lavorare al retablo maggiore della chiesa dell’Escorial (i cugini abitavano nella parrocchia di S. Stefanino in Nosiggia; Conti, 1994, p. 339), e dal 1582-83 divenne ingegnere collegiato.

Morì a Milano il 12 gennaio 1594.

Nel 1599 – riattando «il loco della Trinità in Porta Ticinese» delle monache della Vittoria (Spiriti, 1991, pp. 269 s.) – Vitruvio pose un’epigrafe elogiativa del padre sulla tomba in S. Giovanni in Conca (chiesa scomparsa).

Nel Settecento conservavano i disegni di entrambi gli ingegneri Francesco Maria Richino junior e Giulio, padre e figlio (confluiti nella Raccolta Bianconi; alcuni fogli passarono alla Biblioteca Ambrosiana, cod. F.251inf.); i manoscritti Architectonicae Artis raccolti da Vincenzo andarono perduti (Argelati, 1745, col. 1345; nel 1752 le sue «scritture» erano presso l’architetto Gioachimo Besozzi: Bregani, 2008, p. 138).

Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Trivulziana, Raccolta Bianconi; Archivio di Stato di Milano, Fondo di Religione, Parte antica, cart. 2471.

Essequie celebrate con solenne pompa nella chiesa del Domo di Milano per la cesarea maestà di Carlo Quinto imperatore romano et per la serenissima regina Maria d’Inghilterra..., s.l. 1559; P. Puccinelli, Memorie antiche di Milano..., Milano 1650, pp. 97 s.; C. Torre, Il ritratto di Milano, Milano 1674, pp. 18, 254, 263, 398; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium..., II, Mediolani 1745, coll. 1343-1345; Annali della Fabbrica del duomo di Milano dall’origine fino al presente..., III, Milano 1880, pp. 266 s., 301 s., 321; IV, 1881, pp. 10, 12, 26, 30, 43, 48-50, 67, 195; D. Sant’Ambrogio, Un importante sarcofago in Milano dello scultore Marco d’Agrate, del 1556, in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, XLVI (1898), pp. 39-50; C. Baroni, Gli edifici di V. S. nella piazza dei Mercanti a Milano, Milano 1934; Id., L’architettura lombarda da Bramante al Richini. Questioni di metodo, Milano 1941, pp. 40-43, 123 s.; A. Scotti Tosini, I disegni cinquecenteschi per il duomo di Milano: V. S. nel tomo II della Raccolta Bianconi, in Il disegno di architettura. Atti del Convegno... 1988, a cura di P. Carpeggiani - L. Patetta, Milano 1989, pp. 155-160; A. Spiriti, Chiesa e convento di S. Maria della Vittoria, in Milano ritrovata. La Via sacra da S. Lorenzo al duomo, II, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1991, pp. 268-275; P.B. Conti, Madrid-Milano. Scalpellini e scultori per il «Retablo Mayor». Prime annotazioni, in La escultura en el Monasterio del Escorial. Actas del Simposium, Madrid 1994, pp. 329-342; A. Spiriti, Il santuario dal manierismo all’eclettismo, in Il santuario di Corbetta, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1995, pp. 107-178; F. Repishti, Vincenzo da Seregno architetto e ingegnere della fabbrica (1556-1570), in Il santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1996, pp. 235-248; Id., Vincenzo da Seregno nella cultura milanese del Cinquecento: cantieri, committenti, architetture, dottorato di ricerca in storia e critica dei beni architettonici e ambientali, Politecnico di Torino, facoltà di architettura, 1997; Id., «Disegni et modelli et pareri» di Giuseppe Meda, V. S. e Pellegrino Tibaldi per l’Escorial (1572), in Arte lombarda, n.s., 2000a, n. 128, pp. 61-63; Id., La residenza milanese di Pio IV: il palazzo Medici in via Brera, in Annali di architettura, XII (2000b), pp. 75-90; F. Zanzottera, La certosa di Milano. Storia e architettura di «un rifugio amenissimo e saluberrimo», in La certosa di Garegnano in Milano, a cura di C. Capponi, Cinisello Balsamo 2003, pp. 35-79; C. Coscarella, I cantieri di Carlo Borromeo amministratore della diocesi milanese. Note dai libri mastri della Mensa arcivescovile, in Arte lombarda, n.s., 2004, n. 140, pp. 79-88; F. Repishti, La facciata del duomo di Milano (1537-1657), in F. Repishti - R. Schofield, Architettura e controriforma. I dibattiti per la facciata del duomo di Milano 1582-1682, Milano 2004, pp. 13-123; Ingegneri ducali e camerali nel Ducato e nello Stato di Milano (1450-1706). Dizionario biobibliografico, a cura di P. Bossi - S. Langé - F. Repishti, Firenze 2007 (in partic. F. Repishti, Architetti e ingegneri comunali, ducali e camerali nella Milano sforzesca e spagnola, 2007a, pp. 23-31 e Id., S., V. (Seregnio), 2007b, p. 128); E. Bregani, Gli antichi archivi del Collegio degli ingegneri e architetti di Milano, in Il Collegio degli ingegneri e architetti di Milano. Gli archivi e la storia, a cura di G. Bigatti - M. Canella, Milano 2008, pp. 135-144; F. Repishti, La scuola dei Quattro Santi Coronati nel duomo di Milano, in Arte lombarda, n.s., 2008, n. 152, pp. 62-68; A. Bonavita, Sepolture in San Giovanni in Conca: Carlo Borromeo, V. S. e il rinnovamento della chiesa dei carmelitani, in Arte lombarda, n.s., 2009, n. 157, pp. 17-30; F. Repishti, Pellegrino Tibaldi e il «disegno della sepoltura di Pio 4°», in The Gordian Knot. Studi offerti a Richard Schofield, a cura di M. Basso - J. Gritti - O. Lanzarini, Roma 2014, pp. 183-190.

TAG

Francesco maria richino

Quattro santi coronati

Biblioteca trivulziana

Basilica di s. pietro

Filippo ii di spagna