BROCCHI, Virgilio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BROCCHI, Virgilio

Renato Bertacchini

Discendente da nobile e cospicua famiglia di Bassano del Grappa, nacque il 19 genn. 1876 da Ippolito e da Emilia Lanza a Orvinio (Rieti). Studente di ginnasio a Crema, quindi di liceo a Cremona, frequentò l'università di Padova, dove si laureò, poco più che ventenne, in lettere e filosofia. Vinti alcuni concorsi, grazie a diversi saggi di critica storico-letteraria e artistica (Un novelliere del sec. XVII,Gir. Brusoni, Padova 1897; Il Padovanino, Venezia 1900), fu per qualche mese professore di storia all'istituto tecnico provinciale di Vicenza. Cominciò così quella vita nomade di insegnante, che per circa una quindicina di anni lo vide professore di lettere a Modica in Sicilia, a Macerata nelle Marche, più tardi a Bologna, dove ebbe colleghi G. Rocchi e A. Albertazzi, e infine a Milano, dove già insegnava nel suo stesso istituto Alfredo Panzini. Furono anni di una vita oscura, pressata dal bisogno, anni divisi tra l'arte e la scuola, tra i doveri delle lezioni e gli abbozzi di un romanzo. Non abbandonò l'insegnamento nemmeno quando assunse nella Giunta comunale di Milano, presieduta dal socialista Caldara, l'assessorato della Istruzione superiore e delle Belle Arti, e insieme, per tutta la durata della prima guerra mondiale la presidenza dell'Ufficio di assistenza morale ai soldati malati e feriti.

Il B. abbandonò invece prestissimo la sua attività di critico storico-letterario, per dedicarsi interamente alla narrativa. A diciannove anni aveva già scritto Il fascino (Catania 1899). A venticinque, mentre era professore all'istituto tecnico di Modica, pubblicò per i tipi dell'editore catanese Giannotta Le ombre del vespero (1901), rimettendoci le trecento lire richieste come contributo per la stampa. Di questi due primi libri, usciti poi anche a Milano, vietò successivamente la ristampa. In seguito a curiose vicende, raccontate più tardi in Confidenze (Milano 1946), l'editore Emilio Treves pubblicò a Milano nel 1906 il suo primo romanzo non ripudiato, Le Aquile, che in successive ristampe superò il sessantesimo migliaio. Si trattava di un quadro mosso di accento rovettiano più che fogazzariano, che metteva a fuoco talune scene della vita provinciale veneta, nel torbido e inquieto '98, mescolando romanzescamente, con ingenua premura, casi d'amore, episodi di vita mondana e fermenti politici. Questo romanzo segnò il principio della fortuna del B. come narratore. Nel 1912, quando da poco era uscita L'isola sonante (Milano 1911), un notevole articolo di E. janni apparso sul Corriere della Sera e il premio Bagutta (l'unico premio al quale il B. abbia concorso in tutta la sua lunga e operosa carriera) confermarono questa prima notorietà.

L'isola parla di una borgata immaginaria del Cremonese prevalentemente socialista, dove fervono e si impaludano le trame pettegole, gli intrallazzi e le meschinerie di una ristretta vita provinciale in piena atmosfera giolittiana. Su uno sfondo piuttosto esagitato di contrasti economici e di lotte politiche, tra scioperi rossi, contromisure cattoliche, mene clericali e rivalse giacobine, tra urti violenti ora seriamente intesi e descritti e ora tragicomici di "podrecchiani" e di "paolotti", mentre si chiudono i cotonifici, si avviano processioni per scongiurare il maltempo, si minaccia fuoco al comune, su questo sfondo di diritti e doveri, di agitazioni, scioperi e brogli elettorali, si snodano le vicende di due preti modernisti e innamorati. Uno dei quali, don Stringari, a un certo momento, butta via la tonaca e prende moglie; l'altro invece, don Rangoni, trova la forza di staccarsi dall'umile e devota Gesuina, alla quale pure vuol bene, accetta la dura rinunzia e si incammina per la via che lo condurrà ai più alti fastigi della gerarchia sacerdotale. Borgese, recensendo il romanzo, parlò di un B. che "pensa con Oriani e sente con Fogazzaro", ammettendo per altro che i propositi di modernismo religioso e civile di don Stringari e don Rangoni sono ben lontani dall'impegno, dalla determinatezza di propositi, sia pure utopistici, di un Daniele Cortis e di un Benedetto Maironi. Meglio descritti e più felicemente riusciti se mai altri personaggi, come il prevosto e Tommasone Valdari, una vigorosa e volitiva figura di bottegaio anticlericale.

L'isola sonante, oltre ad essere una testimonianza delle condizioni politico-sociali dell'epoca, soprattutto per quanto riguarda l'azione clericale nell'Italia settentrionale, rivela la formazione e le idee dominanti del B. in questo periodo. Socialismo in politica ("il socialismo fu per me una religione"), positivismo alla Roberto Ardigò in filosofia; e in religione un modernismo mistico-utopistico, derivato in parte dal Fogazzaro del Santo.

A proposito tuttavia del socialismo del B., un socialismo piuttosto evangelico, deamicisiano e turatiano, si deve tener conto di questa sua precisazione (sull'Italia che scrive, VI [1923], p. 77): "Alcuni per esaltarmi, altri per deprimermi, hanno detto che io ho abbandonato le vie tradizionali, per accogliere nel romanzo la politica e avvivarla della mia fede nella palingenesi sociale. Non è vero: non ho mai né sognato, né preteso di rifare Balzac o Zola o Victor Hugo: non ho scritto romanzi meramente politici o sociali; solo ho voluto studiare come una sincera fede politica possa trasformare e colorare l'istinto fondamentale della vita, e la passione che di quell'istinto è l'espressione più veemente: l'Amore". A questi ideali socialisti, abbracciati per la carica umanitaria e passionalmente redentrice che potevano contenere, a questi propositi di democrazia evangelizzante e nonostante tutto ottimistica, si ispira l'intero ciclo de "L'isola sonante", distribuito in quattro volumi: L'isola sonante appunto che inaugura il ciclo, La bottega degli scandali (Milano 1916), Sul caval della morte amor cavalca (ibid. 1920), Il lastrico dell'inferno (Verona 1920).

Un ulteriore allargamento e una defifinitiva stabilizzazione della popolarità del B. si ebbero con Miti (Milano 1917) e Ilposto nel mondo (ibid. 1920), primo volume quest'ultimo della tetralogia del Figliuol d'uomo,Il destino in pugno (Milano 1923), La rocca sull'onda (ibid. 1926) e Il tramonto delle stelle (ibid. 1928). Il B. abbandonò così l'insegnamento, attività dalla quale decise di staccarsi anche per ragioni morali.

Scrisse infatti il B. (sull'Italia che scrive, cit.): "Sapevo che alla letteratura non bisogna domandare né ambiziose soddisfazioni, né agiatezza; per non esser tentato di sacrificarne l'austerità al bisogno di guadagnare per vivere, volli chiedere il pane all'insegnamento. Ma anche l'insegnamento fu per me un ministero sacro; quando venne il giorno in cui vidi la scuola affondata nella melma delle basse condiscendenze e della trafficante svogliatezza, la lasciai accorato, come il sacerdote che abbandona l'altare, poiché ha perduto la fede. E continuai a servire - male, ma con umiltà e lealmente - al mio povero sogno".

Insieme con l'insegnamento, abbandonò anche la vita politica, pur restando fedele ai suoi antichi ideali. A cominciare dal 1924 si ridusse a vivere con la moglie e la figlia nella sua villa della "Serenetta", a Sant'Ilario Ligure, una specie di buon ritiro, aperto sul mare. Di qui, impegnato in un assiduo e fervido lavoro, interrotto da frequenti corse a Milano, si mosse solo durante l'estate, per vivere alcuni mesi in montagna, a Courmayeur, Chamonix, a Zermatt, sulle Dolomiti e a Cortina d'Ampezzo; e per continuare, sempre con la famiglia, i viaggi all'estero.

Alla "Serenetta", con paziente e artigianale serenità, il B. scrisse anno per anno quasi tutti i suoi libri: romanzi, novelle, ricordi. Una produzione metodica e vastissima, che supera i cinquanta volumi, tra i quali ricorderemo il cic già citato del Figliuol d'uomo, incentrato intorno alla onesta e simpatica figura di Pietro Barra, un giovane forte, dotato di buon senso e di sana volontà, che riesce dal nulla a crearsi la propria fortuna di ricco industriale; i quattro volumi celebrano le qualità fattive e le conquiste della laboriosa borghesia lombarda, nel quadro della vita inquieta e febbrile delle fabbriche. Interessante anche il romanzo Casa dei pazzi casa di santi, che passando dalle colonne del Mondo milanese (dove apparve a puntate) alla Biblioteca di Treves prese il nuovo titolo di Secondo il cuor mio (Milano 1919). Uscito durante il periodo della guerra, questo romanzo - che tentava d'allargare l'orizzonte, introducendo situazioni e problemi nuovi (meglio forse di quanto non facessero in quello stesso periodo Salvator Gotta e Lucio D'Ambra) - fu invece respinto, investito e sommerso dalla taccia di "nefando disfattismo", "caporettismo", e "tradimento". Accuse per le quali il B. dovette subire un processo; assolto, volle pubblicata la relazione dettagliata della vicenda alla fine del libro, che fu dedicato ai suoi avvocati.

Il protagonista del libro è Gigi Leoni, un artista, un "sacerdote" votato all'arte della scultura, che allo scoppio del conflitto mondiale si arruola volontario, dopo giorni e giorni di crisi del dubbio e angosciosa perplessità. Se gli altri combattenti, per una loro fede "sia pure disumana, avrebbero patito la fame, il gelo, i disagi tremendi" per essere "dilaniati dalla mitraglia, schiantati dalla morte", egli, trattenuto dal comando divino di non uccidere e dalla solitudine gioiosa della sua arte, rimarrà assente, neutrale, lontano dal teatro di guerra nella pace dell'Australia (dove si è recato esule, per espiare un suo colpevole amore)? Ma appartarsi, peggio ancora che protestare e resistere, sarebbe come ridurre la lezione del cristianesimo a una misura di ignavia, equivarrebbe alla mari-canza di fraterno amore verso il prossimo. E allora Gigi Leoni decide di arruolarsi. Tuttavia la sua coscienza gli impone un solo dovere, al quale egli sente di non poter rinunziare: il dovere "di non giurare e di non uccidere" e di scegliersi di conseguenza un compito ugualmente pericoloso, quello del portaferiti. A questo posto di rischio e di carità lo sorprende appunto la morte, durante un'azione eroica intrapresa generosamente per salvare il suo capitano ferito.

Un altro ciclo, I casti libri delle donne che mi hanno amato, comprendente Nétty,La storia di un'umile vita (Milano 1924) e Rosa mystica (ibid. 1931), assieme a Confidenze (ibid. 1946), si ispira a ricordi autobiografici e di famiglia, presenta ritratti, sempre un poco ottocenteschi, di donne amate e perdute (la soave Nétty, così ridente e rassegnata, con la sua anima umile e fresca che trionfa del destino e degli anni), rievoca memorialisticamente figure dell'arte e personaggi della realtà: il ricordo di Mitì, del fratello Valerio e delle dolci sorelle, di Antonio Fogazzaro e di Emilio Treves, di Giovanni Pascoli e di Alfredo Oriani.

Non mancano altri cicli, come L'ansia dell'eterno (che comprende Ilvolo nuziale, Milano 1932) e i sette Romanzi del piacere di raccontare, tra i quali spicca Gagliarda (ibid. 1947). Piacevoli anche i volumi di novelle La coda del diavolo (Milano 1915), L'amore beffardo (ibid. 1915) e Fragilità (Roma-Milano 1922). Da non dimenticare alcuni libri per ragazzi, scritti con fresca grazia e cordiale delicatezza: La storia di Allegretto e Sirenella, in tre volumi: Alba,Santa natura e Piccoliamici (Verona 1920); Zebrù. Storia di un cane,il grande amico di Allegretto e di Sirenella (Milano 1948); Partecipazio. Storia di un cane che ha molto giudizio e di un ragazzino che non ne ha (Torino 1956).

Fecondo e inesauribile fino all'ultimo, morì nella sua villa di Sant'Ilario, sulle alture di Nervi, il 7 apr. 1961.

Se fece difetto in genere il consenso della critica, al B. non mancò certo la larga e fedele simpatia del pubblico. Un ampio giro di pubblico, oggi si direbbe "non qualificato", che senza badare troppo agli scoperti influssi fogazzariani e rovettiani, senza adombrarsi per il diffuso e minuto cronachismo (anzi se mai godendone, come incentivo di lettura), e per la vena soverchiamente ottimistica che percorre le pagine prefabbricando le situazioni, i personaggi e gli stessi dialoghi, amò piuttosto ritrovare nei libri del B. una garbata fluenza e facilità di lettura, una mdubbia correttezza e poeticità di dettato, soprattutto in certe ariose descrizioni di paesaggio e d'ambiente.

Altri scritti: Una sosta nel Seicento, Modica 1900; E. Zola, Recanati 1902; Victor Hugo, Macerata 1902; L'amore e la lirica di F. Petrarca, ibid. 1904; Carlo Goldoni e Venezia nel sec. XVIII, Bologna 1907; La polemica a teatro, Roma 1907; La gironda, Milano 1909; I sentieri della vita, ibid. 1913; Il labirinto, ibid. 1913; Il poco lume e il gran cerchio d'ombra, ibid. 1926; L'arcolaio, ibid. 1926; Il sapore della vita, ibid. 1929; La giostra delle illusioni, ibid. 1929; Gli occhi limpidi, Milano-Verona 1930; I gonfaloni di Lucifero, Milano 1933; Il roveto in fiamme, ibid. 1934; Gioia di raccontare, ibid. 1935; Gente simpatica, ibid. 1936; La fontana dell'amore e dell'oblio. Divertimento per flauto e fagotto, ibid. 1939; La gran voce. Misteri, ibid. 1940; Fantasia di mezza estate, ibid. 1940; Le beffe di Olindo,romanzate da V. B., con ill. di A. Majani, ibid. 1942; I tempi del grande amore, ibid. 1944; La madre d'anima e l'altra, ibid. 1946; Il suggello di Satana. Misteri, ibid. 1948; Dedizione, ibid. 1949; Vince chi bara, ibid. 1950; Sua figlia, ibid. 1951; Diane e Veneri, ibid. 1952; Il laccio, ibid. 1953; Il figliol d'uomo. Romanzo di Pietro Barra, ibid. 1954; Mia cugina Delizia, ibid. 1955; Luci di grandi anime, ibid. 1956; Scacchiera, ibid. 1956; Peccatrici, ibid. 1958; Mamma, con illustraz. di G. Riccobaldi, Torino 1959.

Fonti e Bibl.: Note autobiogr., in L'Italia che scrive, VI (1923), pp. 77 s. Cfr. inoltre A. Gustarelli, Iromanzi di B., in Nuova antol., 1º genn. 1919, pp. 79-93; L. Tonelli, in Marzocco, 19 luglio 1921; G. Cornali, in Nuova antologia, 1º giugno 1923, pp. 285-87; G. A. Borgese, La vita e il libro, Bologna 1924-27, pp. 136-41; O. Giacobbe, in Leonardo, I (1925), p. 17; L. Tonelli, in L'Italia che scrive, X (1927), pp. 237 s., quindi in Alla ricerca della personalità, II, Milano 1928; G. Saviotti, in Fiera letteraria, 8 luglio 1928; G. Cesini, V. B., Genova 1928; L. Giusso, Ilviandante e le statue, Milano 1929, pp. 75-90; U. Marescalchi, in Italia letteraria, 6 sett. 1931; P. Bonatelli, V. B. e A. Fogazzaro, Fidenza. 1936; G. Cesini, Paesi e romanzi di V. B. e A. Fogazzaro, Firenze 1936; D. Mondrone, Scrittori al traguardo, II, Roma 1943, pp. 53-70; M. Vani, in L'Italia che scrive, XXIX (1946), p. 188; N. Busetto, in Corriere del popolo (Genova), 27 genn. 1948; U. V. Cavassa, in Secolo XIX, 5 febbr. 1948, 7 genn. 1949, il dic. 1949; G. Gagliano, in Giornale di Sicilia, 8 maggio 1948; G. De Simone, in Domani d'Italia, 27 maggio 1948; L. Adrianopoli, in Nuovo cittadino, 28 ott. 1948; F. Biondolillo, Icontemporanei, Padova 1948; M. Caudana, in Secolo XIX, 7 gennaio e 1º dic. 1949; G. Raya, Ilromanzo, Milano 1950, p. 466; L. Russo, Inarratori, Milano-Messina 1951, pp. 178-180; A. Gr. [A. Greco], in La Stampa, 23 genn. 1952; L. Pestelli, ibid., 25 dic. 1952; C. Giachello, in Corriere mercantile, 4 genn. 1952 e 26 genn. 1953; U. V. Cavassa, in IlMessaggero, 21 genn. 1952 e in Gazzetta del Veneto (Padova), 10 marzo 1953; P. Visconti, in Corriere di Napoli, 7-8 genn. 1953; G. Zanelli, in Giornale dell'Emilia (Bologna), 22 Marzo 1953; G. Ravegnani, Icontemporanei, I, Milano 1960, pp. 79-88; E. Montale, in Corriere della Sera, Milano, 8 apr. 1961.

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