GHIRINGHELLI, Virginio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHIRINGHELLI, Virginio (Gino)

Francesco Tedeschi

Nacque a Milano il 29 giugno 1898, da Antonio e da Ida Mantegazza, in una famiglia di costruttori edili, originaria di Caronno Ghiringhello (Varese).

Si iscrisse all'Accademia di belle arti di Brera e frequentò i corsi di pittura di C. Tallone e, quindi, di Ambrogio Alciati, negli anni immediatamente precedenti e successivi la prima guerra mondiale. Suo punto di riferimento in questi anni fu anche E. Gola, dal quale trasse l'attenzione per un certo luminismo tipico della tradizione pittorica lombarda. Nell'ambiente culturale milanese degli anni Venti avviò la sua ricerca pittorica più personale, rivolta inizialmente a ritratti e paesaggi, in cui denunciava l'influenza di C. Carrà e di A. Tosi, ma dimostrò presto inclinazioni anche per forme di pittura più primitiveggianti, come quelle di M. Campigli o di O. Rosai.

Alla seconda metà degli anni Venti risalgono le sue prime esperienze espositive. Alla Biennale di Brera del 1927 vinse il premio Principe Umberto con il Ritratto di Maria Cernuschi (Montecarlo, collezione privata). L'anno seguente prese parte alla Biennale di Venezia con L'Appennino romagnese e Paesaggio (catal., p. 110, tav. 122), quindi alle Sindacali lombarde del 1928 e 1929 a Milano con un Nudo e alcuni paesaggi; altri due paesaggi figurarono alla Biennale veneziana del 1930. Tutte queste opere risultano essere di ubicazione ignota.

I suoi dipinti assunsero progressivamente caratteri più sintetici e antiaccademici, anche per il tramite dei rapporti che andava instaurando con l'ambiente dei cosiddetti chiaristi lombardi (C. De Amicis, A. Del Bon, F. De Rocchi, U. Lilloni, A. Spilimbergo), artisti con i quali mantenne per i primi anni Trenta una certa affinità, anche in alternativa alle posizioni assunte dall'area novecentista.

Nel 1930, quando P.M. Bardi - che aveva in precedenza rilevato da E. Somarè la galleria L'Esame, situata in via Brera, spostandola al numero 21 della stessa strada, proprio di fronte all'ingresso dell'Accademia di belle arti - decise di trasferirsi a Roma per proseguirvi la sua attività, il G., suo fratello Giuseppe (nato a Milano il 6 dic. 1907 e morto il 9 nov. 1985) e l'amico comune Daniele Roma, acquisirono i locali della galleria d'arte di via Brera. L'intenzione dei fratelli - importante fu infatti anche l'appoggio del terzo, Livio (Milano, 1° maggio 1895 - 29 dic. 1959), particolarmente per le relazioni con il mondo della politica e della finanza - era di avviare una libreria e una galleria che offrissero il meglio dell'attività artistica del momento, aperta a contributi internazionali.

La direzione venne inizialmente affidata a E. Persico, il giovane critico di origine napoletana da poco giunto a Milano dopo un periodo trascorso a Torino, dove era entrato in contatto con un mondo culturale aperto a diverse istanze sociali e problematiche, avvicinandosi anche al gusto francesizzante della pittura dei cosiddetti Sei di Torino (Jessie Boswell, L. Chessa, N. Galante, C. Levi, F. Menzio, E. Paulucci). Persico, già collaboratore di Bardi, indicò il nome della nuova galleria, Il Milione, con riferimento al libro di Marco Polo e al desiderio di esplorazione che esso evoca, e vi organizzò le prime mostre, che rispecchiavano principalmente le sue scelte artistiche. Attraverso le esposizioni di Rosai, G. Di Terlizzi, U. Oppi, A.A. Soldati, T. Garbari, L. Fontana, Spilimbergo, Lilloni, organizzate tra il novembre del 1930 e il febbraio del 1931, egli dimostrava interesse per forme espressive che esaltassero una condizione di spontaneità primitiveggiante, in sintonia con la propria concezione etica del ruolo dell'artista nella società. La linea "impressionistica" che Persico propose attraverso gli artisti torinesi di cui programmò le mostre che la galleria comunque ospitò nei primi mesi del 1931, portò a una rottura con il G. e i suoi fratelli. La direzione del Milione venne quindi assunta da Gege Bottinelli, allieva di Giolli, poi moglie di Luigi Figini; nei mesi successivi l'attenzione della galleria si allargò all'area del razionalismo architettonico, premessa per l'affermazione dell'astrattismo. Dopo le esposizioni di Levi, Paulucci, E. Malerba e Campigli, si ebbero infatti quella dedicata ai libri di architettura moderna e quella del maggio 1931, organizzata da Figini, G. Pollini e P. Bottoni, sulle polemiche sorte a proposito della nuova architettura in seguito alla II Esposizione italiana di architettura razionale, organizzata dal Movimento italiano per l'architettura razionale, dove era stato presentato il fotomontaggio-manifesto Antiarchitettura, a dimostrazione delle posizioni antipiacentiniane di Bardi e degli architetti razionalisti.

Intanto il G. proseguiva la sua attività pittorica, dedicandosi anche a interventi murali, in rapporto con A. Funi, che era tra i maggiori sostenitori del ritorno alla grande decorazione; nella sua pittura da cavalletto andò individuando una via espressiva di nette semplificazioni, attraverso i tradizionali generi del ritratto e del paesaggio, ma ideando anche composizioni di nuova impostazione. Nel 1930 compì un viaggio in Libia per collaborare alle pitture murali richieste a Funi a Bengasi e a Tripoli; relativi a tale esperienza sono alcuni dipinti di paesaggi locali, uno dei quali esposto alla Mostra coloniale del 1931 a Roma.

Nel dicembre 1931 il G. tenne nella capitale una mostra con Lilloni e O. Bogliardi nella Galleria di Roma, diretta da Bardi che, nel testo di presentazione pubblicato in catalogo e in un articolo sul quotidiano milanese L'Ambrosiano (23 dic. 1931), sottolineava il legame dei tre artisti con la lezione di Gola e la corrispondenza della loro pittura con i caratteri estetici che si andavano definendo nell'ambiente milanese della galleria Il Milione. Pochi mesi dopo, nel marzo 1932, al Milione ebbe luogo un'altra mostra a tre, dove accanto a Bogliardi e al G., figurava Soldati. Il G. presentò sedici dipinti, in parte già esposti a Roma; nel tema del ritratto e della figura ambientata appariva procedere verso recuperi di primitivismo che lo ponevano sempre più in sintonia con i modi di Campigli, anche per i caratteri gessosi dei colori, che derivavano anche dal recente interesse del G. per l'affresco. Tra le opere esposte vi erano i ritratti del Maestro Ballo e del poeta Daniele Roma, oltre alla scena d'insieme Il tram (riprodotto in catalogo: Montecarlo, collezione privata), in cui il G. giunge a una singolare sintesi fra semplificazione della figura e distribuzione delle masse nello spazio.

Nella prima metà degli anni Trenta Il Milione divenne progressivamente un punto d'incontro delle nuove tendenze artistiche e un centro del dibattito culturale, attraverso l'apertura a importanti presenze dell'arte internazionale, a cominciare dall'esposizione che riuniva opere di J. Lurçat, M. Ernst ed E. Marcoussis (1932), per arrivare, nello stesso anno, alla mostra di F. Léger (con opere di J. Pascin e L. Bartolini), e proseguire quindi con le mostre dedicate ai fauves (marzo 1933), a K. Seligmann (marzo 1934 e febbraio 1935), a V. Kandinskij (aprile-maggio 1934), a F. Vordemberge-Gildewart (ottobre-novembre 1934), a J. Albers (con L. Veronesi, dicembre 1934), a W. Baumeister (maggio-giugno 1935). Il rapporto con l'arte europea più avanzata era alimentato dalla possibilità di trovare nella sala dedicata a libreria alcune delle più interessanti pubblicazioni dell'epoca, quali i volumi editi dal Bauhaus o le riviste di tendenza astrattista pubblicate in Francia: Cercle et carré, Art concret e Abstraction-Création.

La presenza di interessi rivolti all'architettura, con rassegne come quella dedicata alle assonometrie di A. Sartoris (gennaio 1932), permetteva di mantenere un'attenzione concreta alle più vive problematiche del momento. Una sintesi fra questi temi fu tentata da C. Belli nei suoi interventi in merito al rinnovamento dell'architettura, della musica e dell'arte visiva, pubblicati in varie sedi, tra cui la rivista Brescia, da lui diretta nel 1932, e nel suo testo teorico Kn, edito nel 1935 ma elaborato probabilmente già nel 1930, le cui prime anticipazioni apparvero però nel giugno 1933 nel secondo numero di Quadrante. Tale rivista, diretta da Bardi e M. Bontempelli, pubblicata a partire dal maggio 1933, aveva sede presso la galleria Il Milione e costituì uno dei punti di convergenza delle nuove idee estetiche. Accanto a essa, e con più diretto rapporto con le attività espositive, nel novembre 1932 s'iniziò la pubblicazione del Bollettino del Milione che, oltre a costituire il catalogo delle mostre della galleria, dava spazio a note, informazioni, recensioni - le Temperature - raccolte dal G. e dal fratello Giuseppe, che costituiscono importanti materiali sul clima artistico del momento.

L'accostamento di Belli al Milione e la divulgazione dei suoi scritti fra gli artisti che frequentavano la galleria favorì la maturazione delle ricerche per un'arte "pura" o astratta, nell'allontanamento dalla rappresentazione figurativa che, per vie diverse, riguardava i modi di vari artisti, giungendo a coagulare le loro ricerche negli anni centrali del decennio. Un ruolo a sostegno di queste posizioni lo svolse anche Maria Cernuschi, che nel 1934 sposò il G., al quale restò legata fino al 1940, proseguendo in seguito il suo interesse per l'arte astratta con la realizzazione di un'importante raccolta di opere di questa tendenza.

La pittura del G., parallelamente a questa maturazione degli sviluppi delle riflessioni sull'arte, procedeva verso una forma di astrattismo geometrico, del quale offriva un punto di passaggio la Composizione, esposta all'interno della villa-studio per un artista progettata da Figini e Pollini per la Triennale di Milano del 1933. Altre due sue opere, Figlia dell'autista e Testa di fanciulla (ubicazione ignota) figurarono nello stesso anno alla Mostra di arte moderna, presentata da Bardi, al dopolavoro del cotonificio Dell'Acqua di Legnano.

La presentazione delle nuove posizioni dell'astrattismo milanese ebbe luogo nel novembre 1934, con la nuova mostra a tre - Bogliardi, M. Reggiani e il G. - che seguiva quella di F. Vordemberge-Gildewart.

Nelle trentacinque opere esposte, di cui otto del G., parzialmente pubblicate nel Bollettino, si poteva cogliere l'evoluzione da un senso dello spazio di ascendenza metafisica a una struttura di forme geometriche non figurative che intendevano essere espressione di quell'aspirazione alla "chiarezza" e a un equilibrio "mediterraneo" ripresa dagli scritti di Belli, come si desume anche dalle Dichiarazioni degli espositori, testo da ritenersi proprio del G.; insieme con le opere, di carattere realmente innovativo per il panorama italiano del momento, questo intervento teorico contribuì a suscitare reazioni negative, come quelle di Carrà, o apprezzamenti, come quelli di Belli o di Ezio D'Errico.

Tre delle composizioni astratte elaborate dal G., tra cui Composizione n. 5 (Genova, Museo d'arte contemporanea di Villa Croce) e Composizione n. 3 (Montecarlo, collezione privata), furono esposte nel marzo del 1935 alla Prima mostra collettiva d'arte astratta italiana, organizzata nello studio di F. Casorati ed E. Paulucci a Torino, alla quale parteciparono il G., Bogliardi, C. De Amicis, D'Errico, L. Fontana, O. Licini, F. Melotti, Reggiani, Soldati e Veronesi. Con quattro sue tele astratte prese parte nello stesso anno a Roma alla II Quadriennale nazionale d'arte; due sue composizioni figurarono inoltre, sempre nel 1935, nel terzo numero della rivista Abstraction-Création.

L'affermazione dell'astrattismo si consolidò con le personali al Milione che, nei primi mesi del 1935, vennero dedicate a Fontana, Soldati, Licini e, in maggio, a Melotti. La successiva mostra riservata a un esponente di tale tendenza (M. Reggiani, che presentò anche opere del periodo figurativo) avvenne solo nell'aprile dell'anno seguente; nel frattempo, la galleria tornò a presentare autori consolidati nella ricerca figurativa, come Carrà o Garbari. Una lettera del 27 genn. 1936 (G. Appella, in Il mondo di C. Belli [catal.], Milano 1991, p. 25, con la datazione inesatta al 27 genn. 1935) rivolta dal fratello del G. Giuseppe all'avvocato P. Feroldi di Brescia, dà ragione di tale spostamento di attenzione, derivato innanzitutto dalle esigenze della galleria di non limitarsi a una specifica tendenza d'avanguardia. Il senso di questo mutamento di indirizzo venne sancito nei primi due mesi del 1937 da "Venti firme in una mostra collettiva", che raccolse, tra gli altri, Carrà, G. De Chirico, Funi, Campigli, Fontana, M. Marini, A. Martini, G. Morandi, G. Severini, tutti autori per i quali Il Milione continuò a dimostrare un notevole interesse anche negli anni successivi. Nel testo di presentazione, da ritenersi anch'esso del G., si diceva che "il Milione ha oggi il suo "richiamo all'ordine"", ma in una chiave diversa dal rinnegamento dell'avanguardia dell'immediato primo dopoguerra.

Nel frattempo il G. - dopo aver partecipato ad altre importanti manifestazioni dell'astrattismo italiano, come le due mostre del 1936 e del 1937 in Villa Olmo a Como (la seconda, "La pittura nella Scuola moderna di Milano", a cura di A. Sartoris, vide la presenza di cinque suoi dipinti, dei quali però quattro ancora del periodo figurativo) - abbandonò progressivamente la pittura per dedicarsi maggiormente all'attività della galleria. Proseguì ancora per qualche tempo, però, nell'ambito della pittura murale, collaborando con Funi per altri dipinti nel villaggio Maddalena in Cirenaica e divenendo quindi suo assistente nella cattedra di affresco nell'Accademia di Brera nel 1939: dal 1941 al 1944 fu incaricato dell'insegnamento di scenografia nella stessa accademia. Una sua Composizione astratta, la n. 10, appare comunque nel volume, l'unico pubblicato, della rivista Valori primordiali, diretta da F. Ciliberti, edito nel febbraio 1938.

Durante i bombardamenti su Milano del 1943 l'edificio in cui era ospitata la galleria Il Milione venne distrutto e, fino al dopoguerra, il lavoro del G. si concentrò sulle edizioni, con le collane "Arte moderna italiana" e "Arte moderna straniera". Nel 1946 il G. riprese l'attività di gallerista aprendo la galleria del Camino, in via S. Andrea, sempre a Milano, che nello stesso anno presentò, tra le altre, personali di E. Morlotti e R. Guttuso, e, alla fine del 1948, una mostra di C. Cagli. Nel 1949 la galleria tornò al suo nome originario; nel 1951 riprese la pubblicazione del Bollettino e l'anno seguente la galleria venne trasferita nella sede di via Bigli.

Anche nel dopoguerra Il Milione ebbe un ruolo essenziale nel clima artistico nazionale, contribuendo al superamento delle schematiche divisioni di parte della seconda metà degli anni Quaranta, come si può individuare già nelle intenzioni del G. espresse nell'introduzione al volume Pittura moderna italiana (Torino 1949), che raccoglieva opere di Guttuso, M. Moreni, A. Pizzinato, E. Vedova, come pure di R. Birolli, Cagli, Morlotti e Afro ai quali, sempre nel 1949, la galleria dedicò mostre personali. Nella programmazione degli anni successivi prevalse, invece, l'attenzione per i pittori di un'area astratto-naturalista in cui si poteva riconoscere uno degli aspetti dell'informale in Italia.

L'attività editoriale della galleria fu sempre più intensa: per esempio, pubblicò i volumi sul movimento di Corrente, quelli su A. Tosi di M. Valsecchi o su M. Campigli di M. Raynal nella serie "12 opere di…". Nel 1958 partì, con il volume Giovane pittura italiana, a cura di M. Valsecchi, l'omonima collana, rivolta alla presentazione dei nuovi autori; mentre le monografie maggiori furono riservate ad alcuni degli autori principali del Novecento, come A. Modigliani (testo di A. Ceroni, 1959), C. Carrà (testo di G. Pacchioni, 1959), M. Marini (testo di Apollonio, 1960), i futuristi (testo di R. Carrieri, 1961), M. Sironi (testo di A. Pica, 1962), G. Manzù (testo di C.L. Ragghianti, 1963), per giungere nel 1964 all'importante volume su G. Morandi, con testo di L. Vitali, ultimo lavoro seguito direttamente dal Ghiringhelli.

Il G. morì a San Vito di Cremia, sul lago di Como, il 19 ag. 1964.

Fonti e Bibl.: Omaggio a G. G., in Il Milione. Bollettino della Galleria del Milione, n.s., 1964, n. 103 (con testi, tra gli altri, di P.M. Bardi e Z. Birolli); N. Ponente, Aspetti del primo astrattismo italiano. Milano-Como 1930-1940, in XXXIII Biennale internazionale d'arte (catal.), Venezia 1966, pp. 15-17; L. Caramel, Aspetti del primo astrattismo italiano… (catal.), Monza 1969, pp. 89 s. e passim; F. Russoli, I Ghiringhelli del Milione, in Bolaffi arte, 1970, n. 2, pp. 70-73; P. Fossati, L'immagine sospesa. Pittura e scultura astratte in Italia 1934-1940, Torino 1971, pp. 140-149 e passim; C. Belli, Lettera sulla nascita dell'astrattismo in Italia, Roma 1978; Anni creativi al Milione, 1932-1939 (catal., Prato), Milano 1980 (testi di G. Marchiori - C. Belli - A. Longatti - N. Ponente - M. Cernuschi Ghiringhelli); L. Caramel, Gli astratti, in Anni Trenta. Arte e cultura in Italia (catal.), Milano 1982, pp. 151-158, 513; Colloquio con Maria Cernuschi Ghiringhelli, in 1930-1980. Astrattismo in Italia nella raccolta Cernuschi Ghiringhelli (catal., Genova), Milano 1985, pp. 15-18; E. Pontiggia, Il Milione e l'astrattismo 1932-1938 (catal.), Milano 1988, pp. 28-37 e passim; L. Caramel, L'astrattismo italiano degli anni Trenta, in L'Europa dei razionalisti (catal., Como), Milano 1989, pp. 22-31; P. Fossati, Astratti (e non figurativi) anni Trenta, in Arte italiana. Presenze 1900-1945 (catal., Venezia), Milano 1989, pp. 223-234 e passim; M.G. Schinetti, in La pittura in Italia. Il Novecento/1. 1900-1945, Milano 1991, II, pp. 908 s.

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