Virtuare

Enciclopedia Dantesca (1970)

virtuare


Solo nelle opere latine, al participio presente o passato; ha nel primo caso il valore di " dare virtù " e nel secondo quello di " dotato di virtù " .

La prima forma è in Mn III XII 3 Quod... auctoritas Ecclesiae non sit causa imperialis auctoritatis probatur sic: illud, quo non existente aut quo non virtuante, aliud habet totam suam virtutem, non est causa illius virtutis; sed, Ecclesia non existente aut non virtuante, Imperium habuit totam suam virtutem; ergo Ecclesia non est causa virtutis Imperii et per consequens nec auctoritatis, cum idem sit virtus et auctoritas eius. Come precisa D. stesso, virtus in questo caso è l'auctoritas dell'Impero; essa non deriva dall'autorità della Chiesa, perché l'Impero è costituito nella sua autorità anche Ecclesia non existente aut non virtuante, e dunque indipendentemente dall'esistenza della Chiesa prima, dall'operare di essa poi.

È da notare che l'idea espressa da non virtuante è ripresa al § 4 dalla locuzione nichil operante; il v. dunque è un ‛ operare ' conseguente a una virtù propria della natura del soggetto che opera (cfr. XIII 1 si Ecclesia virtutem haberet auctorizandi romanum Principem; XIV 1 illud quod est contra naturam alicuius non est de numero suarum virtutum, cum virtutes uniuscuiusque rei consequantur naturam eius propter finis adeptionem; sed virtus auctorizandi regnum nostrae mortalitatis est contra naturam Ecclesiae) e, nella fattispecie, ha il valore di ‛ causare auctoritatem ' (cfr. XV 1 auctoritatem Imperii ab auctoritate summi Pontificis non causari); cfr. B. Nardi, Saggi di filosofia d., Firenze 1967², 258-261. L'altra forma è nella Quaestio: § 68 cum primum mobile... sit uniforme per totum et per consequens uniformiter per totum virtuatum, " dotato di virtù " uniformemente in ogni sua parte (il cielo Stellato, invece, ha diverse virtù che operano attraverso organi diversi, le stelle: § 70 licet caelum stellatum habeat unitatem in substantia, habet tamen multiplicitatem in virtute: propter quod oportuit habere diversitatem illam in partibus quas videmus, ut per organa diversa virtutes diversas influeret; per l'interpretazione di questo passo, anche in relazione alla dottrina di Pd II, v. SOSTANZA); § 76 cum dixit [Dio, in Gen. 1, 9]: " Congregentur aquae in locum unum, et appareat arida ", simul et virtuatum est caelum ad agendum, et terra potentiata ad patiendum: il cielo fu " dotato della virtù " attiva che lo rende capace di esercitare la sua influenza e la terra fu ‛ disposta ' a riceverla. Al § 64 la '21 legge: cum aqua sit corpus homogeneum, in qualibet sui parte, per se loquendo, uniformiter oportet esse virtuatam (essendo l'acqua una sostanza omogenea, è necessario che sia ‛ dotata di virtù ' uniformemente in ogni sua parte: è affermazione analoga a quella del § 68), mentre il Padoan pone virtutem in luogo di virtuatam, e nota che quest'ultimo termine è congettura del Pistelli, che avrebbe considerato il virtutem dell'editio princeps una " corruzione del meno consueto ‛ virtuatam ' " .

Il termine v., alla luce dell'uso che ne fa D., va ricondotto alla dottrina dell'azione causale: essa ha la sua radice prima nell'infinita bontà di Dio che comunica l'essere alle creature (v. CAGIONE), ed è esercitata, in secondo luogo, dai cieli, ‛ cause seconde ' che distribuiscono e ‛ partiscono ' la ‛ bontà ' o ‛ virtù ' che viene da Dio, ordinando in tal modo il mondo sublunare e attuando la potenza della materia. V. è perciò l'operare dell'agente che ‛ attua ' e ‛ perfeziona ' una potenza conferendo ad essa una ‛ forma ' e specificando una ‛ natura ', con tutto ciò che questa forma e natura importa, in primo luogo la capacità di operare che consegue all'atto e alla perfezione.

Per intendere correttamente le valenze del termine anche a livello di connotazione conviene far riferimento alla tradizione neoplatonica e astronomica (cfr. B. Nardi, La dottrina dell'Empireo, in Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967², 167-214), e all'uso che in essa si fa delle coppie di termini formans-formatum, locus-locatum, che sono immediatamente richiamate dalla coppia dantesca virtuans-virtuatum; si veda in tal senso Alb. Magno Phys. IV I 10 " Est... sententia Peripateticorum quod, cum virtus coelestis in omnibus sit formans et generans elementa et elementata, quae proprie sunt in loco... et formans et perficiens necesse est esse distinctum a formato et perfecto; necesse est quod illa virtus sit diffusa, sicut in subiecto, in eo quod tangit, proxime formatum et perfectum "; Liber de natura locorum I 1 " In his [cioè in Phys. IV I 1]... probatum est, quod locus est generationis principium activum... Cuius causa est, quia omne locatum se habet ad locum suum sicut materia ad formam: et quia superiora ad interiora se habent sicut formae ad materias suas, sicut in libro de Coelo et mundo diximus [cfr. IV II 7], oportet quod superiora semper sint loca inferiorum: et ideo principium formationis inferiorum ex superioribus influitur eis sicut ex principiis activis "; si noti inoltre la relazione ‛ virtù (e operazione) del cielo ' - ‛ virtù dei corpi di sotto ' in Ristoro d'Arezzo La composizione del mondo VI 1 (ediz. E. Narducci, Roma 1859, 77-78): " E se 'l cielo ha virtude per fare operazione sopra la terra, è mestieri, ch'egli abbia virtude per cessare via l'acqua e di mantenere la terra scoperta, e specialmente inverso la parte più forte del cielo, come quella di settentrione. E li savi s'accordano tutti, che i corpi di sopra abbiano signoria e potenza sopra quelli di sotto; e tutta la virtude de' corpi di sotto si mantiene dai corpi celesti " .

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