BUSCAINO, Vito Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

BUSCAINO, Vito Maria

Giuseppe Armocida

Nato a Trapani il 1° dic. 1887 da Giuseppe e Maria Cernigliaro, si trasferì a Reggio di Calabria con la famiglia quando era ancora bambino, e in questa città compì il corso di studi medi fino alla licenza liceale. Si recò quindi a Napoli per intraprendere gli studi universitari, e si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia. Studente brillante, gratificato da ottimi risultati, ebbe in quell'ateneo maestri di grande valore, tra i quali L. Bianchi, A. Cardarelli, 0. von Schrön, V. De Giaxa. Dopo aver frequentato nei primi anni come allievo interno l'istituto di anatomia di G. Antonelli, entrò nell'istituto di patologia generale diretto da G. Galeotti: in quest'ambiente compì la sua prima formazione scientifica, mostrando precocemente una naturale inclinazione verso la ricerca e la sperimentazione. Il Galeotti ne riconobbe il talento, lo assecondò indirizzandone e guidandone i primi studi e lo tenne tra gli allievi prediletti. Nel 1910 il B. compì il suo primo lavoro sperimentale, sul meccanismo d'azione delle tossine nella infezione colerica che allora infieriva in Napoli in forma endemica. Nel 1911 si laureò con lode.

Dopo la laurea continuò a frequentare l'istituto del Galeotti; e quando questi, di lì a poco, si trasferì a Firenze, lo seguì nella nuova sede. Diede in quel periodo ulteriori prove delle sue capacità e mostrò una particolare predilezione per gli studi di patologia dei sistema nervoso. li Galeotti notò questa buona disposizione e lo spinse ad approfondire le sue conoscenze in questo settore, indirizzandolo a E. Tanzi, che in quell'epoca era docente di neuropsichiatria a Firenze e tra i principali esponenti della disciplina in Italia. Il B. giunse cosi alla clinica fiorentina di S. Salvi e iniziò, accanto al Tanzi, una feconda carriera scientifica nel campo della neuropsichiatria.

In quegli anni la psichiatria e la neurologia erano strettamente unite in una comune cultura scientifica, animata da ottimismo e fervore per le ricerche di indirizzo biologico, dalle quali ci si attendevano fisposte soddisfacenti al fine di comprendere anche il campo della patologia mentale. La clinica poggiava il suo lavoro sulla copiosa produzione di studi e indagini sperimentali nei quali si erano cimentati alcuni dei più illustri neuropsichiatri italiani, tra i quali E. Lugaro, O. Rossi, A. Coppola. li B. vi trovò l'atmosfera adatta e il migliore stimolo per le sue ricerche.

Chiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, combattè sul Carso (in particolare alla Bainsizza) e si segnalò per valore nell'apparato sanitario, organizzando un reparto per l'assistenza ai militari affetti da malattie del sistema nervoso. Conseguita nel 1917 la libera docenza in clinica delle malattie nervose e mentali, dopo la guerra tornò a Firenze, e nel 1920 ottenne la nomina ad assistente effettivo nella clinica psichiatrica dei Tanzi. Si dedicò all'esercizio clinico e continuò ad applicarsi con passione e con rigore agli studi prediletti che già in quel periodo furono fecondi di risultati lusinghieri.

In quegli anni diede alle stampe la sua prima monografia di ampio respiro nella quale espose i cardini delle sue concezioni psichiatriche e psicologiche, Biologia della vita emotiva, Bologna 1921, che ebbe buona diffusione e molti consensi, contribuendo a farlo conoscere maggiormente negli ambienti scientifici.

In pochi anni il B., accanto alla esperienza didattica, poté consolidare l'immagine di scienziato e di ricercatore e nel 1927 fu chiamato alla cattedra dell'università di Catania. Resse quell'insegnamento per circa diciotto anni, costituendo nell'ateneo siciliano un reputato centro di studi. Nel 1945, un anno dopo la morte della moglie Nada Pinti, si trasferì a Napoli e in quell'università diresse la clinica delle malattie del sistema nervoso fino al termine della sua carriera. A Napoli, nel 1946, fondò la rivista Acta neurologica, che si pose subito tra le più accreditate dei settore., e ne tenne la direzione fino al 1971.

Il B. fu sicuramente una figura di primo piano nel campo degli studi neuropsichiatrici in Italia, esponente di quella corrente psichiatrica che fondava il suo campo di indagine sulla ricerca biologica, formata nella tradizione della autorevole scuola neuropatologica di fine secolo sotto la guida dei principali maestri di questo indirizzo. Già nella Biologia della vita emotiva egli esprimeva le proprie ampie e originali concezioni sui diversi aspetti della vita psichica. Aveva proposto la definizione di una "zona vegetoemotiva", che collocava nella regione diencefalo-mesencefalica, deputata alla genesi delle emozioni, e sulla scorta di ricerche sperimentali aveva elaborato il concetto di "ipereccitabilità biologica" di tale zona; in questa concezione, egli legava il problema clinico delle nevrosi ai fenomeni di ipereccitabilità biologica e ad altri fattori organici, quali le alterazioni umorali e le disendocrinie. Egli concentrò sempre gran parte dei suoi interessi su questi ampi temi neuropsicologici; l'orientamento di ricerca è bene espresso nella prolusione Del metodo nello studio delle malattie nervose e mentali, che tenne alla cattedra di Catania nel 1928, con l'espressione della sua solida adesione ai principi della medicina scientifica e sperimentale.

La sua vita e la sua attività si svolsero in un lungo arco di tempo durante il quale la disciplina conobbe maturazioni e trasformazioni importanti, soprattutto per le nuove tendenze che accoglievano suggerimenti e stimoli da modelli e culture psichiatriche profondamente diversi, quali le teorie psicoanalitiche e gli orientamenti sociogenetici. Egli si interessò alle nuove teorie, ne approfondì la conoscenza, ma non ne fu attratto e rimase invece sempre legato ai temi della ricerca sperimentale e dell'approccio biologico alla malattia. Ha lasciato una produzione di più di duecento lavori scientifici, tra monografie e articoli, e un numero ancora maggiore di note e recensioni.

Nel 1946 pubblicò a Napoli Neurobiologia delle percezioni: in quest'opera, che fu da molti ritenuta il suo lavoro principale, egli sviluppò con ampiezza il disegno delle sue originali concezioni neuropsicologiche. Tese a dimostrare l'importanza delle vie centrifughe cortico-periferiche nella genesi dei fatti percettivi, normali e patologici. Egli intendeva l'atto psichico cosciente come un'attività selettiva di certe zone della corteccia cerebrale, con la collaborazione delle formazioni sensitive, sensoriali e motorie periferiche. Sull'argomento tornò con molti articoli successivamente (per esempio In tema di neurobiologia delle percezioni, in Acta neurologica, VI [1951], pp. 660-664; Vita psichica ed attività cerebrale, ibid., XV [1960], pp. 277-288).

In campo psichiatrico clinico dedicò molti lavori al capitolo della schizofrenia. Si impegnò nella ricerca delle basi biologiche della malattia; studiò l'istopatologia e l'istochimica dell'encefalo degli schizofrenici e rivolse l'attenzione a certe alterazioni come i focolaietti di lesione cellulare e le zolle di disintegrazione a grappoli. Cercò di collegare i criteri anatomici di distribuzione delle alterazioni con i diversi tipi di psicosi schizofrenica. Egli pensava, in sostanza, che la schizofrenia fosse in rapporto con condizioni di tossicosi aminiche complesse in soggetti predisposti. Cercò di documentare un dismetabolismo di sostanze a nucleo indolico nel siero; studiò il reperto della cosiddetta "reazione nera" delle urine, documentando la differente composizione chimica, qualitativa e quantitativa, nelle urine di schizofrenici e di normali, nei precipitati con la prova del nitrato d'argento. Studiò la possibilità di provocare sindromi schizofreniche sperimentali nell'uomo e nell'animale tramite la somministrazione di sostanze a struttura aminica. Cercò di documentare una patologia extraneurale della psicosi: Patologia extraneurale della schizofrenia. Fegato, tubo digerente, sistema reticolo-endoteliale fu la relazione che presentò su questo tema al I congresso internazionale di neuropatologia a Roma nel 1952, pubblicata poi in Acta neurologica, VIII (1953), pp. 1-60. Introdusse, tra i presidi terapeutici della schizofrenia, l'iperpiretoterapia vaccinica che ebbe ampia diffusione e venne usata per molti anni. Studiò ampiamente il capitolo delle epilessie. Si occupò dell'interpretazione neurofisiologica della perdita di coscienza, delle alterazioni del metabolismo idrico e dell'elettroencefalogramma negli epilettici. Si interessò al concetto di costituzione epilettica che vedeva collegato particolarmente ai problemi del sistema endocrino. Mostrò interessi in molti altri svariati argomenti della materia; introdusse le terapie iodiche endorachidee nelle leptomeningiti spinali; mise in evidenza l'ipertonia precoce negli attacchi vasculopatici, dovuta a interessamento delle strutture basali e dei centri tonigeni del tronco. Indagò i segni neurologici delle caratteropatie e delle nevrosi; cercò di collegare la sintomatologia ossessiva all'attività dei circuiti neurologici di autoinfluenzamento.

La vastissima sua produzione scientifica lo segnala come uno dei più fecondi autori della sua epoca. Egli sviluppò sempre il campo di indagine nella linea di una fiduciosa aderenza alla ricerca biologica; costruì vaste teorie, propose originali concezioni e modelli che non trovarono sempre unanime accoglienza e che vennero successivamente superati dagli sviluppi della disciplina. Fu comunque una figura di grande rilievo e soprattutto diede vita a una scuola eccellente di neuropsichiatria alla quale si formarono molti allievi che raggiunsero poi posizioni di rilievo in ambito scientifico ed accademico.

Il B. visse operoso fino a tarda età, e morì a Napoli il 29 apr. 1978.

Fonti e Bibl.: A. Rubino, Ricordando il maestro V.M.B., in Igiene mentale, XXI (1977), pp. 659-664; G. Fasanaro, In memoria di V. M. B. Necrologio, in Acta neurologica, XXXIII (1978), pp. 193-199.

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