COSTA, Vittorio Amedeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSTA, Vittorio Amedeo

Enrico Stumpo

Da nobile e antica famiglia originaria di Chieri e già agli inizi del 1400 infeudata di Cavallerleone, Polonghera Trinità e Carrù nacque a Torino, primogenito di Girolamo Maria, conte di Trinità, e da Luisa Maria Vittoria Solaro della Chiusa, tra il 1695 e il 1700.

Pur non costituendo un esempio isolato fra le famiglie nobili piemontesi del tempo, la carriera militare rappresentò nella famiglia Costa, per varie generazioni, un cursus honorum modello, tanto da risultare un caso eccezionale anche per il Piemonte. Da Giorgio Maria, generale maestro di campo di Emanuele Filiberto e colonnello di Carlo V, al nipote Francesco Maria, colonnello di Carlo Emanuele I morto nell'assedio di Alba, al figlio Girolamo Maria maresciallo generale di campo di Carlo Emanuele II. Lo stesso padre del C. fu generale di battaglia di Vittorio Amedeo II e mori a soli trentaquattro anni nel 1712, lasciando numerosi figli. Non stupisce quindi che tre di essi abbracciassero la carriera militare, dopo aver frequentato i corsi dell'Accademia militare, fondata a Torino dalla seconda Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours. Oltre al C., infatti, anche il fratello CarloMaurizio, detto il conte di Arignano, combatté sotto Carlo Emanuele III come maggiore generale e fu governatore di Cuneo nel 1755, anno della sua morte. L'altro fratello Luigi, balivo dell'Ordine di Malta, combatté a lungo nel Mediterraneo nella marina dell'Ordine. Maggiore generale nel 1761, fu anch'egli come il C., e a volte per questo confuso con esso, viceré di Sardegna nel 1763, governatore di Pinerolo e ispettore generale della cavalleria nel 1767, tenente generale nel 1771.

Il C. iniziò la carriera militare durante la guerra di successione polacca, levando a proprie spese un reggimento provinciale del quale ottenne da Carlo Emanuele III il brevetto di colonnello, nei primi mesi del 1734. Il 1º ag. 1734 venne nominato colonnello del reggimento di Lombardia e prese parte alla battaglia di Guastalla. Al termine della guerra il reggimento fu sciolto e il C. rientrò a Torino.

Già unitosi in matrimonio con Anna Caterina Piossasco di None, perse il 26 nov. 1736la giovane moglie, morta di parto dando alla luce un figlio maschio, Paolo Girolamo, che ereditò in seguito il titolo e il patrimonio. Il 17 febbr. 1738il C. sposava a Torino Clara Anastasia di Valesa, dalla quale ebbe Vincenzo Giuseppe, detto il conte di Polonghera, anch'egli militare, Maria Anna, Giuseppe Ludovico, Maria Geltrude.

La nuova entrata in guerra di Carlo Emanuele III in favore della successione di Maria Teresa d'Austria vide il C. fra i protagonisti delle dure campagne militari. Partecipò alla battaglia di Camposanto l'8 febbr. 1743. L'anno seguente fu nominato brigadiere generale, quindi maggiore generale nel 1745, tenente generale nel 1749. Partecipò alla riconquista di Asti nel 1746 e alla liberazione di Alessandria. L'anno seguente invece comandò il corpo avanzato di spedizione in Val di Stura e fino al 1749 combatté i tentativi francesi di invasione lungo il litorale e il retroterra nizzardi.

Governatore militare di Nizza nel 1749 il C., in ricompensa dei suoi servizi, venne creato il 15 giugno 1751 cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. A coronamento della sua brillante carriera militare pochi anni dopo, con lettere patenti del 25 apr. 1755, venne nominato capitano generale e viceré di Sardegna, giungendo nell'isola, a Cagliari, il 24 maggio 1755.

A poco più di trent'anni dalla conquista dell'isola, infatti, la carica di viceré restava ancora legata per i Savoia alla funzione prevalentemente militare dell'ufficio e destinata quindi ai membri e agli esponenti più in vista dell'antica nobiltà militare piemontese. E ciò soprattutto perché il governo riconosceva i pericoli insiti nel nuovo dominio, dallo scarso attaccamento della popolazione verso la nuova dinastia ancora estranea, all'influenza dell'alta e media nobiltà isolana, sempre legata alla Corona di Spagna, e al sempre presente pericolo delle incursioni, che, quasi ogni anno, muovevano dalle vicine reggenze barbaresche. Non stupisce quindi il fatto che per tutto il Settecento la carica di viceré fosse appannaggio delle alte cariche militari della nobiltà piemontese, come i baroni di Saint-Rémy e di Blonay o i conti d'Apremont, della Trinità, di Bricherasio o i marchesi di Cortanze, di Castagnole, di Rivarolo, di Santa Giulia.

Il triennio del viceregno del C., pur senza avvenimenti di particolare rilievo, merita di essere segnalato per alcuni aspetti particolari. Già all'atto della nomina infatti il C. ricevette, con carta reale del 12 apr. 1755, un ampio regolamento sugli uffici e le cariche dell'isola, al fine di evitare il ripetersi di conflitti di competenza come quelli avvenuti nel triennio precedente, sotto il viceregno del conte di Bricherasio, quando si erano verificati numerosi attriti fra lo stesso viceré, e l'intendente generale conte di Calamandrana. Per appianare tali conflitti il sovrano era stato costretto all'invio di due commissari regi, i mastri uditori della Camera dei conti Cauda e Curlando. Sicché sia nella scelta del nuovo viceré sia nelle istruzioni dategli Carlo Emanuele III procurò che il C. appianasse tutte le divergenze nate tra i vari ufficiali ed evitasse nel suo triennio il ripetersi di tali incidenti.

Tra i gravi problemi che affliggevano l'isola in quegli anni uno dei più seri era quello dato dal basso incremento della popolazione, già molto scarsa, con una densità, all'inizio della dominazione sabauda, di dodici abitanti per Kmq. La stessa scarsa conoscenza delle cause del fenomeno aveva ingenerato, sia a Torino sia a Cagliari, la diffusa convinzione che il rimedio più opportuno fosse quello della creazione di nuove colonie. In realtà se in due o tre casi, come quelli delle colonie nell'isola di San Pietro o in Montresta i risultati erano stati positivi, spesso tali progetti e iniziative fallivano. Lo stesso C. quindi avvisava la corte di Torino che molte delle proposte che "si facevano per l'introduzione di altre colonie nell'isola erano di assai scarso realismo e non misuravano i notevoli ostacoli che le votavano al fallimento. Egli stesso proponeva quindi che una parte degli aiuti destinati a tale scopo venissero utilizzati per favorire nuovi matrimoni fra la popolazione residente, essendo assai diffusa la consuetudine dei matrimoni in età matura, dopo il trentesimo anno, dovendo i giovani procurarsi "di buoi e attrezzi agricoli, la sposa il letto e i domestici utensili". Egli proponeva quindi l'istituzione di doti gratuite, da distribuirsi annualmente, per favorire i matrimoni fra i più giovani. Anche se accolta favorevolmente a Torino, tale proposta non ricevette applicazione che alla fine del secolo, quando Vittorio Amedeo III istituì l'assegnamento di ventiquattro doti di 60 scudi l'una sulla R. Cassa. In realtà la vera causa dello scarso incremento della popolazione sarda in quell'epoca era da attribuirsi in gran parte alla malaria e all'altissima mortalità infantile. Secondo i dati forniti da Giuseppe Maria Incisa Beccaria, arcivescovo di Cagliari (1800-1810, cfr. Ciasca, p. 9) nel decennio 1766-76 nelle parrocchie di Cagliari moriva in media il 41,3% della popolazione fra uno e sette anni e nelle parrocchie di Sassari moriva il 45,83% della popolazione fra uno e sette anni.

Allo scadere del triennio il C., ritornato a Torino, fu nominato governatore di Tortona l'11 luglio 1758 e l'anno seguente governatore di Novara. Rientrato a Torino entrò a far parte della corte con la nomina a gran maestro della Casa reale, il 27 sett. 1763. Pochi mesi dopo ottenne il cavalierato dell'Ordine supremo della SS. Annunziata. Morì a Torino, nella parrocchia di S. Giovanni Battista, il 2 maggio 1777.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di Corte, Lettere particolari, C, m.106; Arch. Costa di Polonghera (già Costa della Trinità), c. 7; Camerale, Patenti controllo finanze, reg. 11, f. 126; reg. 18, f. 44; reg. 19, f. 59;reg. 21, f. 91; reg. 31, ff. 2, 152; reg. 44, f. 79; Guerra e Marina, R. Segreteria di Guerra, Patenti, 1734, ag. 1º; Lettere governat., Nizza, 1749; Id., Tortona, 1758; Id., Novara, 1759; Ruolini di rivista del reggimento Lombardia, 1734-1735, ff. 1-2; Ruoli di anzianità ufficiali fanteria e cavalleria, 1749, febbr. 4; R. Segreteria di Stato e Guerra di Sardegna, Lettere a S.M., 1755-1758; Relazioni a S.M., 1755-1758; Ibid., Sezioni riunite: G. Claretta, Dizionario biografico genealogico del Piemonte (mss. sec. XIX), sub voce;Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il Patriziato subalpino, III, 8, (dattiloscritto), pp. 331, 334 s. Nell'Archivio di Stato di Cagliari, Atti governativi, vol. 3, n. 188, il testo ms. del regolamento inviato al C. da Carlo Emanuele III sugli uffici del viceregno. Si veda, inoltre, G. Manno, Storia moderna di Sardegna, IV, Torino 1827, pp. 196-201; S. Lippi, Re e principi della dinastia sabauda in Sardegna, Cagliari 1899, p. 16; R. Ciasca, Momenti della colonizzazione in Sardegna nel sec. XVIII, in Annali della Facoltà di lettere della Università di Cagliari, I (1928), p. 9; F. Loddo Canepa, Inv. d. R. Segreteria di Stato e di Guerra del Regno di Sardegna (1720-1848), Roma 1934, p. 28; Id., La Sardegna dal 1478 al 1793, II, Gli anni 1720-1793, a cura di G.Olla Repetto, Sassari 1975, pp. 248-253.

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