MASSIMO, Vittorio Emanuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MASSIMO, Vittorio Emanuele (Camillo IX). – Nacque a Roma il 14 ag. 1803, primo figlio maschio di Massimiliano (Camillo VIII, 1770-1840) e di Cristina di Sassonia (1775-1837)

Tommaso di Carpegna Falconieri

Furono suoi fratelli Giuseppina (1799-1891, sposata al principe Ottavio Lancellotti), Teresa (1801-58, sposata al principe Urbano Del Drago), Francesco Saverio (1806-48, cardinale) e Barbara (1813-39, sposata al principe Giovanni Ruspoli).

Il M. mostrò una spiccata e precoce curiosità intellettuale che si sviluppò in un profondo interesse per le antichità di Roma, risolto nelle molteplici forme dell’erudizione, della ricerca e del collezionismo. Fu lettore appassionato e scrittore infaticabile: l’Archivio Massimo di Roma conserva ancora una gran quantità di documenti, opere e testi ideati, copiati o commentati da lui.

Tra questi merita particolare menzione il Giornale, suddiviso in 43 piccoli volumi, che copre gli anni 1819-73: opera di registrazione e interpretazione degli accadimenti in cui si trovò coinvolto o di cui ebbe notizia, che rappresenta una fonte tra le migliori ma anche meno conosciute per la storia dell’Ottocento romano (cfr. Ceccarius, p. 39; Ghisalberti, p. 263).

Benché la Roma dei suoi anni giovanili non fosse più da tempo capitale internazionale della cultura, ai più alti livelli della società romana esisteva ancora una koinè di dimensioni europee.

I Massimo vi appartenevano a pieno titolo, anche in virtù dei matrimoni con dame di case reali. Sua madre Cristina di Sassonia, due sorelle della quale erano sposate nelle case romane Altieri (Marianna) e Patrizi (Cunegonda), ebbe un ruolo non secondario nella committenza degli affreschi del casino Massimo al Laterano, affidati ai pittori nazareni. In questi affreschi, che celebrano in distinti cicli pittorici i capolavori della letteratura italiana, si trova rappresentato insieme con la famiglia anche il giovane M., vestito da cavaliere medievale nell’affresco dell’Arrivo dei crociati a Gerusalemme, dipinto nel 1827 da J. von Führich.

La frequentazione dei nazareni e l’attenzione al pluriennale svolgersi della loro opera nel casino Massimo, e in generale la forte suggestione per il Medioevo che penetrava fin nel profondo la cultura romantica, condizionarono la formazione culturale del M., che si volse principalmente allo studio della Roma medievale, attraverso cui portò avanti una consapevole ricerca dell’identità della sua patria e della sua famiglia: in questo molto simile, per esempio, al quasi coetaneo e congiunto re Carlo Alberto di Savoia Carignano, di cui avrebbe sposato la cugina (cfr. R. Bordone, Lo specchio di Shalott. L’invenzione del Medioevo nella cultura dell’Ottocento, Napoli 1993, pp. 79 ss.).

Nel 1827, infatti, a Chambéry, il M. si unì in matrimonio con Maria Gabriella di Savoia Carignano (1811-37), figlia del principe Giuseppe, da cui ebbe Carlo Alberto (Camillo X, 1836-1921) e due figlie prematuramente scomparse. Morta la prima moglie di febbre puerperale, nel 1842 il M. si unì in seconde nozze con Giacinta Della Porta Rodiani (1821-98), da cui ebbe Filippo (1843-1915, principe Lancellotti dal 1865), Massimiliano (gesuita) e Maria Francesca (1846-93, sposata al principe Ranieri Bourbon del Monte).

Tanto il suo gusto per l’architettura e gli arredi neogotici (ancora visibili nel castello di Arsoli, in cui sulla struttura precedente furono innestate bifore, merlature e torri), quanto le sue collezioni antiquarie (per esempio di armi, sigilli, incunaboli, avori), quanto infine alcune delle sue pubblicazioni, manifestano tale interesse per il Medioevo; e il tentativo di raccogliere in una silloge, rimasta inedita, tutte le epigrafi romane dal X secolo, precede di alcuni decenni il grande lavoro erudito di V. Forcella. In definitiva, il M. rappresenta un esempio compiuto della declinazione «romana» del sentimento neomedievale romantico. Dal catalogo della sua biblioteca (che, ricca di circa 10.000 volumi, fu alienata in gran parte nel 1882 ed è parzialmente confluita nella Biblioteca Angelica di Roma) si apprende che il M. diede l’avvio a un’azione metodica di ricerca nei fondi degli archivi e delle biblioteche romane. Egli ebbe la possibilità di copiare personalmente e di far ricopiare alcuni codici, al fine di studiarli e, almeno in qualche occasione, di prepararne un’edizione a stampa. Tale è il caso, per esempio, della Istoria di Elena de’ Massimi vergine romana… (Roma 1857), che fu prima trascritta dall’originale personalmente dal M., e in seguito pubblicata da D. Rebaudengo, bibliotecario della Vallicelliana, con l’intervento diretto e costante del M., al quale fu infine dedicata (cfr. Roma, Arch. Massimo, prot. 299). Così, la passione del collezionista bibliofilo si coniugò con quella dello storico.

In un’altra fatica erudita – anch’essa rimasta inedita e conservata nell’Archivio Massimo: Notizie e documenti di famiglie coi loro monumenti esistenti in Roma (I-XVI, 1866) –, il M. raccolse e sviluppò criticamente una mole notevole di fonti storiche. L’opera di trascrizione, la cui consistenza e lucidità rivelano l’esistenza di un determinato progetto, fu rivolta in particolare alla duplicazione di fonti medievali e protomoderne, come il Chronicon Sublacense, le pergamene di S. Maria in Via Lata, un numero cospicuo di protocolli notarili trecenteschi e quattrocenteschi conservati presso l’Archivio Capitolino, la celebre Descriptio Urbis del 1527 (sulla cui trascrizione v. Gnoli, pp. 377 s.). A detta di Ch. Hülsen (Le chiese di Roma nel Medioevo, Firenze 1927, p. IX) il M. fu anche il primo a servirsi, in un’opera pubblicata, del «Catalogo di Torino», preziosa fonte per il Trecento romano (cfr. V. Massimo, Notizie istoriche della villa Massimo, pp. 36, 91).

Tale attività di recupero delle fonti per la storia di Roma nel Medioevo precede, di alcuni anni, la vasta opera di riorganizzazione avviata dal governo italiano e, specialmente, dalla Società romana di storia patria. Il progetto del M. si proponeva di costituire un luogo di raccolta (che era la propria biblioteca, destinata a essere aperta a un pubblico selezionato, e in cui era confluita per acquisto anche la biblioteca Altieri) per la documentazione di maggiore interesse.

Alcuni fra i codici dell’Archivio Massimo, benché di fattura recente, vanno a tutt’oggi considerati importanti essenzialmente perché furono fatti copiare nel periodo immediatamente anteriore ai trasferimenti, ai concentramenti e alle perdite dei fondi archivistici che seguirono l’Unità d’Italia.

La sezione degli incunaboli, che si conservava nella seconda camera della biblioteca, era di gran lunga la più importante, e oltrepassava le 200 unità. I libri che, dal 1467, erano stati stampati e venduti dai fratelli Pietro e Francesco Massimo, furono riacquistati nell’Ottocento dal M., loro discendente e appassionato bibliofilo.

Personaggio di riconosciute doti intellettuali, il M. fu presente con autorevolezza sulla scena culturale romana occupando diverse cariche presso la Società di belle arti di Atene (1846), la Pontificia Accademia romana di archeologia (1853), e l’Accademia dei Quiriti (1860), di cui fu presidente della sezione storico-archeologica.

Più difficile da valutare senza dubbio, in quanto indiretto, il suo ruolo politico. Nel 1840 il M. entrò a far parte del Consiglio straordinario della Comarca di Roma e – nel novembre dello stesso anno, dopo la morte del padre – fu nominato da Gregorio XVI soprintendente generale delle Poste pontificie, carica che conservò fino al 20 sett. 1870. Nel 1847 divenne consigliere del Comune di Roma e nel 1848 fu nominato tenente colonnello della guardia civica, comandante il battaglione di Tivoli, da cui si dimise il 17 febbr. 1849 per incompatibilità con il regime repubblicano instaurato otto giorni prima. Nel 1856 e nel 1862 fu eletto membro del Consiglio provinciale di Roma e Comarca per il distretto di Arsoli, carica che detenne fino al 1870. Dal 1858 fu vicepresidente onorario della Royal Society for the encouragement of arts, manufactures and commerce (RSA) di Londra; nel 1867 divenne presidente onorario dell’Istituto d’Africa, società internazionale per l’abolizione della tratta e della schiavitù; dal 1870 fu consigliere della Banca popolare operaia. All’indomani della presa di Roma rifiutò la proposta di entrare nella giunta provvisoria di governo. Fedele alla sovranità temporale del papa (degne di nota le pagine del diario in cui racconta la presa di Porta Pia), considerava Roma come caput mundi, reputando dunque una vera diminutio il suo ruolo di capitale d’Italia. E tuttavia, in specie per via delle parentele, mantenne sempre un rapporto stretto con casa Savoia.

Il M. morì a Roma il 6 apr. 1873.

A una lunga malattia, che lo aveva portato in più occasioni a curarsi alle terme di Vichy, si aggiunse il dispiacere provocato dalla caduta del Papato e dall’esproprio della villa Massimo (già Peretti Montalto) all’Esquilino, sulla quale fu costruita la stazione Termini. Il M. fu sepolto in S. Lorenzo in Damaso, e dopo la sua morte ebbe inizio, tra molte liti, lo smembramento del patrimonio di famiglia (secondo E. About, Rome contemporaine, Paris 1860, p. 66, nel 1859 il M. vantava una rendita di 200.000 franchi annui, equivalente a quella dei Colonna e degli Odescalchi; ancora nel 1872 aveva acquistato per 365.000 lire i castelli di Roviano e di Anticoli Corrado). La fine del fedecommesso di primogenitura in seguito all’introduzione delle nuove leggi italiane riportò in successione i figli ultrogeniti Massimiliano, sacerdote, e Filippo, che già aveva ereditato il patrimonio Lancellotti: da quest’ultimo discendono gli attuali principi Lancellotti e Massimo Lancellotti. Il suo primogenito Carlo Alberto (Camillo X), dal quale discendono gli attuali principi Massimo, raccolse per decenni intorno a sé l’aristocrazia nera avversa al Regno d’Italia.

Opere. Del M. restano i seguenti scritti, tutti editi a Roma: Notizie istoriche della villa Massimo alle Terme Diocleziane con un’appendice di documenti, 1836; Relazione del viaggio di S. Santità Gregorio papa XVI da Roma a San Felice, 1839; Relazione del viaggio fatto da n.s. papa Gregorio XVI alle provincie di Marittima e Campania nel maggio MDCCCXLIII…, 1843; Cenni storici sulla torre Anguillara in Trastevere…, 1847 (poi in Cenni storici sulla torre Anguillara in Trastevere… ridotti ad uso di presepio dal cav. Giuseppe Forti, 1869); Sopra una inedita medaglia di Francesco Massimo dottore di legge e cavaliere morto nel 1498. Lettera del principe d. Camillo Massimo al principe d’Arsoli d. Carlo Massimo suo figlio in occasione delle sue nozze con d. Francesca Lucchesi Palli de’ principi di Campofranco, 1860; Memorie storiche della chiesa di S. Benedetto in Piscinula nel rione Trastevere…, 1864.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Massimo, protocolli 296-298, 328, 503, 508; Notizie e documenti di famiglie coi loro monumenti esistenti in Roma, 16 voll. ms., 1866; Descrizione e stima della Biblioteca appartenuta alla Ch. me. di s.e. il principe d. Camillo Massimo redatta dai periti librai patentati romani Paolo Petrucciani e Giuseppe Migliorini, ms.; Arch. di Stato di Roma, Trenta notai Capitolini, Uff. 6, 6 apr. 1873 (testamento). Parti del Giornale del M. sono pubblicate in M. Pagliano Massimo, Maria Gabriella di Savoia Carignano e il suo matrimonio con V. M., in Nuova Antologia, 16 apr. 1923, pp. 347-363; Id., Maria Teresa di Savoia al giubileo del 1825, ibid., 1° genn. 1925, pp. 91-96; A.M. Ghisalberti, Roma da Mazzini a Pio IX. Ricerche sulla restaurazione papale del 1849-1850, Milano 1957, ad ind.; F. Di Castro, 13/6/1849: diari a confronto, in Strenna dei romanisti, LVII (1996), pp. 257-280; A. Serra, Mirabilia nel diario turistico 1852 del principe M., Roma-Bologna 2000; T. di Carpegna Falconieri - C. Grilli, Le dame di Arsoli, in Le belle. Ritratti di dame del Seicento e del Settecento nelle residenze feudali del Lazio, Roma 2004, pp. 177 s.; G.L. Masetti Zannini, Pio IX a Ferrara (dal «Giornale» del principe Camillo Vittorio Massimo, 10-15 luglio 1857), in Atti e memorie della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, s. 4, XIX (2005), pp. 143-159; T. di Carpegna Falconieri, Settembre 1870. Roma pontificia e Roma italiana nei diari di V. M. e di Guido di Carpegna, Roma 2006. Notizie biografiche sul M. in [T. Passeri], Cenni necrologici del principe Camillo Massimo, Roma 1873; si vedano inoltre: A. Nibby, Roma nell’anno MDCCCXXXVIII, II, 2 (Parte seconda moderna), Roma 1841, p. 947; T. Passeri, Arsoli ed i nobilissimi signori Massimo, Roma 1874, pp. 106-119; D. Gnoli, Descriptio Urbis o Censimento della popolazione di Roma avanti il sacco borbonico, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XVII (1894), pp. 377 s.; K. Gerstenberg - P. Ortwin Rave, Die Wandgemälde der deutschen Romantiker im Casino Massimo zu Rom, Berlin 1934; Ceccarius [G. Ceccarelli], I Massimo, Roma 1954, pp. 33, 35-40; R. Weiss von Starkenfels, Pio IX e la politica autriaca in Italia dal 1815 al 1848, a cura di A. Filipuzzi, Firenze 1957, ad ind.; S. Susinno, Gli affreschi del casino Massimo in Roma. Appunti per un quadro di riferimento nell’ambiente romano, in I nazareni a Roma (catal.), Roma 1981, pp. 369-373; T. di Carpegna Falconieri, Il card. Camillo Massimo (1620-1677). Note biografiche attraverso una spigolatura dell’Arch. Massimo, in Camillo Massimo collezionista di antichità. Fonti e materiali, Roma 1996, pp. 28, 40; Id., I Massimo, in Da palazzo Massimo all’Angelica. Manoscritti e libri a stampa di un’antica famiglia romana, a cura di N. Muratore, Roma 1997, pp. 9, 14, 23-27; N. Muratore, La biblioteca, ibid., pp. 29-31, 45; E. Bartoloni, L’attività amministrativa nello «Stato del Lazio»: dinamiche sociali e inquietudini politiche, in Lo Stato del Lazio, 1860-1870, a cura di F. Bartoccini - D. Strangio, Roma 1997, p. 130; T. di Carpegna Falconieri, Uno «scaccolo di carta»: la prima divisione delle case dei Massimo dopo il sacco, in Strenna dei romanisti, LXVII (2006), pp. 261-264; T. di Carpegna Falconieri - C. Grilli, La nota dei ritratti di Arsoli del 1845, ibid., pp. 203-207; P. Litta, Famiglie celebri italiane, s.v. Massimo di Roma, tav. VIII; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XCVII, pp. 229 s.

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