Voltaire e gli illuministi francesi

Enciclopedia Costantiniana (2013)

Voltaire e gli illuministi francesi

Heinrich Schlange-Schöningen

Costantino fu per molto tempo venerato come il liberatore della Chiesa perseguitata e come il primo imperatore cristiano, ma nell’Illuminismo europeo il suo carattere e la sua politica furono esplicitamente messi in questione. Costantino si rese responsabile della violenza politica e dell’intolleranza religiosa che esercitavano la Chiesa cattolica e la monarchia assolutistica, a essa strettamente legata. La discussione su Costantino nell’Illuminismo ha tante voci ed è ricca di temi1. Il saggio presente si occupa innanzitutto dell’ampia critica di Costantino da parte di Voltaire, per poi mostrare come gli argomenti rivolti contro l’imperatore siano stati condivisi anche da molti altri autori del Settecento. Saranno trattati solo gli illuministi francesi, anche se nella letteratura tedesca e inglese contemporanea esistono interessanti esempi di giudizi critici nei confronti del primo imperatore cristiano2. Una parte di questo saggio sarà poi propriamente dedicata all’immagine di Costantino nelle enciclopedie del Settecento, in primo luogo nel Dictionnaire historique di Pierre Bayle e nell’Encyclopédie di Denis Diderot e Jean Baptiste le Rond d’Alembert.

La critica di Voltaire nei confronti di Costantino

Quando nel febbraio 1778, alla fine della sua vita, François Marie Arouet (1694-1778), altrimenti conosciuto con il nome di Voltaire, tornò ancora una volta a Parigi, ebbe un ultimo grande successo. Il motivo del suo viaggio era la tragedia Irène, il suo ultimo dramma, che fu rappresentato per la prima volta al Théȃtre Français il 16 marzo. Secondo il racconto dello stesso Voltaire, il dramma fu accolto dal pubblico con entusiasmo. Irène è ambientato nella Bisanzio dell’XI secolo e tratta la storia del futuro imperatore Alessio I Comneno (1081-1118), che si era ribellato contro il suo predecessore Niceforo III (1078-1081). Niceforo si era assicurato il suo potere attraverso il matrimonio con Irene, che discendeva dalla potente dinastia dei Ducas. Per Voltaire è la relazione tra Alessio e Irene a occupare la scena; essa è drammatizzata in modo antistorico, perché Irene deve sposare Niceforo nonostante ami Alessio. Dopo la morte di Niceforo, durante l’ingresso trionfale di Alessio a Costantinopoli, quest’ultimo spera di potersi unire a Irene, ma suo padre la costringe a rispettare i precetti religiosi che le vietano di contrarre un altro matrimonio. Quando Alessio fa incarcerare il padre di Irene per spezzarne la resistenza, Irene si toglie la vita. Il toccante contenuto della tragedia è abbellito con annotazioni sulla storia bizantina, che riportano gli spettatori all’età degli imperatori Costantino e Teodosio. Con questi versi Voltaire è tornato ancora una volta sulla sua critica nei confronti dei fondatori dell’impero cristiano, espressa precedentemente in molte sue opere filosofiche e storiche. Fin dal primo atto della tragedia, con la fondazione di Costantinopoli e quindi con lo spostamento della capitale nell’Oriente dell’Impero, Costantino avrebbe procurato all’Impero romano solo sventure3. Nel quarto atto la critica è ancora più feroce: Costantino e Teodosio sono descritti come imperatori «criminali» e «crudeli» e sono additati come «nemici dello Stato» («ennemis de l’état») e come «tiranni»4.

Dopo la rappresentazione della sua opera alla fine del marzo 1778, in occasione della quale egli ebbe l’onore di vedere gli attori portare il suo busto sul palco e decorarlo con una corona di alloro5, il 1° aprile 1778 Voltaire scrisse al re di Prussia Federico II che il giudizio pubblico su Costantino era cambiato radicalmente durante gli ultimi trent’anni. Fino a qualche tempo prima, Costantino e Teodosio sarebbero stati considerati come dei «modèles des princes et même des saints»; ora invece il pubblico saluta con un forte applauso i versi «qui disent que Constantin et Théodose n’ont été que des tyrans superstitieux». Voltaire chiuse il suo racconto osservando come egli abbia visto numerose prove dei grandi progressi raggiunti grazie all’Illuminismo6.

Lo stesso Voltaire ha contribuito molto al radicale cambiamento dell’immagine di Costantino durante il Settecento e alla trasformazione dell’imperatore da modello e quasi santo a un sovrano tirannico, la cui attività poteva essere considerata malvagia e dannosa da molti punti di vista. Tuttavia, la critica di Costantino non ha inizio con Voltaire o con gli altri illuministi del suo secolo, ma risale all’Età moderna e prima ancora alla tarda antichità. Gli attacchi degli illuministi non sono rimasti privi di critica, chi attaccava e chi difendeva aveva ben presente che non si trattava solo del giudizio su un imperatore dell’età tardoantica ma anche di un giudizio sulle istituzioni centrali del potere statale e religioso: con la critica di Costantino, Voltaire e gli altri autori mettevano in discussione il fondamento ideologico della monarchia francese e l’autorità che la Chiesa pretendeva per sé7, poiché la posizione di Costantino nella storia tardoantica, unica nel suo genere, consisteva nell’aver avviato la cristianizzazione dello Stato romano. Ritenendo, come ha fatto Voltaire, il legame tra Stato e Chiesa un pericolo per la libertà politica e la tolleranza religiosa, un attacco contro Costantino poteva anche servire a mettere in luce le conseguenze storiche delle sue azioni, che perduravano ormai da secoli, e a criticare implicitamente la situazione contemporanea ovvero a proporne un cambiamento8.

In alcune delle sue opere Voltaire ha presentato Costantino come un sovrano assetato di potere, egoista e violento, anticipando in questo modo, con il suo duro giudizio, molti degli argomenti che poco dopo sarebbero stati usati contro Costantino da Edward Gibbon, e poi nell’Ottocento prevalentemente da Jacob Burckhardt9. I passaggi più importanti nelle opere di Voltaire sull’immagine di Costantino si trovano nell’Essai sur les moeurs del 1756, nel Dictionnaire philosophique degli anni 1765-1770, nell’Examen important de Milord Bolingbroke ou le Tombeau du fanatisme del 1766 e nell’Histoire de l’établissement du christianisme del 1777. Dato che gli argomenti si ripetono, si presenta qui solo la descrizione fatta da Voltaire nel Tombeau du fanatisme, per affrontare poi l’immagine di Costantino negli altri illuministi.

Il libro di Voltaire, che si rivolge contro il fanatismo religioso, presenta una ricostruzione critica della storia della religione ebraica e cristiana, da Mosè fino alla tarda antichità. La battaglia contro «le monstre qui dévore la substance d’une partie du genre humain»10 doveva essere condotta con argomenti storici. Un capitolo esauriente è dedicato a Costantino, contro il quale Voltaire schiera qui tutti gli argomenti critici immaginabili, sviluppati a volte già molto prima del Settecento. Voltaire inizia il suo attacco contro Costantino non solo con l’osservazione che ogni persona colta, in realtà, conosce bene la verità su Costantino, ma anche dicendo che l’origine del dominio dell’imperatore sarebbe dovuta a un’usurpazione. La legittimazione di Massenzio sarebbe stata maggiore di quella di Costantino, perché non solo i soldati, ma anche il Senato romano avrebbe trasmesso il potere a Massenzio11.

Nel Tombeau du fanatisme Voltaire passa dal livello politico a quello politico-religioso. Egli fa riferimento alla battaglia decisiva tra Costantino e Massenzio, svoltasi alle porte di Roma nell’ottobre 312 d.C., e ricorda come la vittoria di Costantino sia collegata a un segno celeste. Voltaire ironizza sulla croce che sarebbe stata vista in cielo e anche sul messaggio di vittoria a essa collegato: facendo riferimento a Eusebio, che riporta il testo greco della formula in hoc signo vinces, Voltaire afferma che i soldati di Costantino provenienti dalla Britannia, dalla Gallia e dall’Italia sarebbero stati a malapena in grado di capirne il messaggio12. Lo stesso Costantino avrebbe chiarito, subito dopo la sua vittoria su Massenzio, che egli non si considerava cristiano, ma al contrario che voleva regnare sulla popolazione pagana e cristiana dell’Impero; per questo motivo si sarebbe dichiarato anche in favore della religione pagana, assumendo il titolo di pontifex maximus13.

In seguito Voltaire fa l’elenco dei peccati di Costantino: egli può essere chiamato solo tiranno, perché ha fondato il suo governo esclusivamente sulla violenza. Voltaire nomina le vittime più conosciute di Costantino: il suocero Massimiano, il cognato Licinio, il figlio Crispo e infine Fausta, per poi sottolineare che un uomo di tal specie può essere celebrato come un ‘grande uomo’ solo da adulatori clericali («lȃches flatteurs ecclésiastiques»)14. Accanto all’argomento legale e politico-religioso si trova, quindi, un argomento morale che ha la forza persuasiva maggiore, poiché ogni sovrano che volle richiamarsi al primo imperatore cristiano ha dovuto accettare che il giudizio morale negativo su Costantino gettasse un’ombra anche su di lui.

Da notare brevemente è la grande varietà degli argomenti critici nei confronti di Costantino contenuti nelle altre opere di Voltaire: sulla personalità di Costantino Voltaire scrive, nel suo Essai sur les mœrs, che l’imperatore sarebbe stato giudicato dagli uni come «le plus criminel» e dagli altri come «le plus vertueux»; decisivo sarebbe però che Costantino subordinò tutte le questioni politiche, religiose e morali al suo interesse personale di mantenere il potere: «Si l’on pense qu’il fit tout servir à ce qu’il crut son intérêt, on ne se trompera pas»15. In secondo luogo, per Voltaire, anche il racconto della battaglia sul ponte Milvio da parte di Eusebio non è credibile, perché essa deve essere giudicata null’altro che un’espressione di propaganda imperiale. Nell’Histoire de l’établissement du christianisme, Voltaire riassume questo pensiero in una formula lapidaria: «Constantin était vainqueur, il lui était permis de tout dire»16. La critica di Voltaire diventa violenta in modo particolare anche nei confronti della Chiesa francese contemporanea, attraverso il ruolo attribuito ai cristiani sia nella presa del potere illegittima dell’imperatore, sia nell’indebolimento dell’Impero romano causato dall’imperatore stesso. L’ascesa di Costantino, afferma Voltaire nel suo Essai sur les moeurs, sarebbe stata possibile solo grazie al sostegno dei cristiani, che si sarebbero raccolti intorno a Costanzo Cloro e a Elena, e che avrebbero sostenuto l’ascesa al trono di Costantino; i cristiani avrebbero sostenuto l’usurpatore Costantino con denaro e armi e avrebbero così tradito il Senato romano17. Inoltre, lo stesso Costantino avrebbe provocato la caduta dell’Impero romano fondando Costantinopoli, poiché spostando la capitale egli avrebbe minato la virtù romana: mentre prima gli imperatori a Roma non avrebbero mai osato farsi baciare i piedi, essi avrebbero dato vita a Costantinopoli a un sultanato, seguendo il modello persiano18. Che l’indebolimento dell’Impero, incalzato dall’esterno dai barbari, sia avvenuto anche all’interno per opera dei cristiani, sarebbe evidente dalle discussioni sulle ipostasi di Dio, che avrebbero fatto trascurare la difesa dell’Impero19. Presto ci sarebbero stati più monaci che soldati. Anche per caratterizzare la dialettica tra il cristianesimo in ascesa e la resistenza militare in decadenza Voltaire ha trovato una formula facile da ricordare: «Le christianisme ouvrait le ciel, mais il perdait l’empire»20.

L’immagine di Costantino nell’Illuminismo francese

Voltaire si è occupato di Costantino più di tutti gli altri illuministi francesi, ma non è certamente l’unico ad aver criticato il primo imperatore cristiano. Alcuni dei suoi argomenti erano già stati espressi dagli umanisti del Cinquecento, e dopo di loro numerosi filosofi e storici del Seicento e del Settecento hanno dato un giudizio negativo su Costantino, e non solo in Francia ma anche in Inghilterra o in Germania. Un esempio particolarmente importante è Edward Gibbon, la cui immagine di Costantino sarà trattata in un contributo a parte21. Qui si presentano alcuni documenti che testimoniano la discussione critica su Costantino nel Settecento, per illustrare con quale ampiezza e insistenza è stata messa in questione l’immagine di Costantino, a lungo positiva. Dopo un breve sguardo al giudizio su Costantino dato da Montesquieu si affronteranno Boulanger, Diderot, Helvétius e d’Holbach, nella misura in cui essi hanno scritto del primo imperatore cristiano al di fuori dell’Encyclopédie. L’immagine di Costantino nella Encyclopédie stessa sarà analizzata nel capitolo seguente, nel contesto delle altre enciclopedie settecentesche.

Per quanto riguarda l’immagine di Costantino nell’Illuminismo francese, Charles de Montesquieu è uno dei più importanti predecessori di Voltaire e degli altri illuministi22. Nelle sue Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, pubblicate nel 1734, Montesquieu, filosofo, storico ed esperto di diritto pubblico, ha rimproverato a Costantino non solo delle debolezze personali, ma lo ha ritenuto responsabile anche per il declino dell’Impero romano23. Entrambe le linee di argomentazioni si trovano anche in Voltaire.

Nelle Considérations Montesquieu spiega la fondazione di Costantinopoli con la sete di gloria dell’imperatore. Questo passo avrebbe avuto degli effetti fatali sull’Italia poiché, insieme ai senatori, anche i loro schiavi e con ciò la maggior parte della popolazione italiana si sarebbe spostata da Roma verso l’Oriente. Così la fondazione della nuova capitale avrebbe condotto allo spopolamento dell’Italia, causando la perdita della base economica vitale dell’Occidente, che così era condannato alla rovina. Le riflessioni storico-economiche, fatte in questo contesto da Montesquieu e riguardanti la circolazione del denaro e dell’oro nell’Impero romano, appaiano molto moderne: con Costantino la ricchezza, che una volta affluiva a Roma, si concentrava ormai nella parte orientale dell’Impero24.

Gli argomenti di Voltaire sono stati ripresi dal gruppo degli illuministi più giovani, radunatisi nella seconda metà del Settecento intorno al barone Paul-Henri Thiry d’Holbach25. Accanto a Denis Diderot, facevano parte di questo gruppo uomini come Nicolas Antoine Boulanger, Friedrich Melchior Grimm, Claude-Adrien Helvétius e André Morellet; tutti erano fortemente critici nei confronti della Chiesa cattolica e della religione cristiana.

Denis Diderot, nato nel 1713 e fondatore dell’autorevole Encyclopédie, era entrato nell’ordine dei gesuiti da giovane, ma rinunciò poi alla carriera da teologo. Nel 1746 pubblicò le sue Pensées philosophiques, nelle quali, influenzato da Shaftesbury e Spinoza, mise lo scetticismo alla base della riflessione scientifica. Considerata la varietà dei sistemi religiosi, Diderot si pronunciò a favore del naturalismo, la venerazione di Dio nella natura, e provocò così la reazione della Chiesa cattolica alla sua opera e a lui stesso in quanto autore del libro. Il parlamento di Parigi fece bruciare il libro in pubblico dal boia. Con la Lettre sur les aveugles (1749) Diderot ha compiuto il passaggio da una visione del mondo deista a una materialista e atea. Anche questo libro, nel quale Diderot ha esposto la relatività della morale cristiana e l’imperfezione di tutte le prove dell’esistenza di Dio, ebbe un ampio impatto e provocò una nuova reazione da parte della Chiesa cattolica. Nel medesimo anno fu arrestato e incarcerato, ma rilasciato dopo pochi mesi. Né la detenzione, né il pericolo in cui si trovò successivamente come editore dell’Encyclopédie gli impedirono di criticare con forza la Chiesa e la morale cristiana le quali, a suo parere, erano contrarie alla natura umana e perciò avevano reso impossibile una società civilizzata. Diderot ha espresso questa sua posizione in particolare nel suo romanzo La religieuse, pubblicato solo postumo (1792), nel quale ha tratteggiato le conseguenze distruttive, per una giovane donna che si aggrappa disperatamente al suo desiderio di autodeterminazione, di una vita reclusa in un monastero, con le sue svariate e brutali forme di oppressione26.

Nelle opere sopra ricordate Diderot non si è occupato in dettaglio di Costantino, che è menzionato solo di passaggio nel resto del suo corpus. Qui interessano invece i suoi riferimenti a Costantino nel suo Discours d’un philosophe à un roi e nel suo Plan d’une université ou d’une éducation publique dans toutes les sciences, che scrisse «pour le gouvernement de Russie» negli anni successivi al suo soggiorno presso Caterina II a San Pietroburgo (1733); anche questo scritto è stato pubblicato solo postumo.

Nel Plan d’une université Diderot prende posizione a favore di un libero accesso per tutti i sudditi a uno studio superiore, e fa riferimento all’effetto che hanno avuto le prime fondazioni di università per lo sviluppo di paesi come la Francia o l’Inghilterra. Il presupposto è la gestione statale delle università, e un esempio negativo è Costantino, che avrebbe lasciato troppi compiti importanti nelle mani del clero e avrebbe così causato dei danni permanenti27. Nel Discours d’un philosophe à un roi, che fu scritto nello stesso periodo e che probabilmente era indirizzato sempre a Caterina II, si vede come un illuminista potesse anche fare dei riferimenti positivi a Costantino, sebbene ciò avvenisse in modo affatto sofistico, poiché Diderot consiglia al destinatario sconosciuto di togliere alla Chiesa la sua ricchezza e con ciò anche la sua influenza, dal momento che essa corrompe lo Stato. Questa volta Costantino, che avrebbe fatto pressione per interrompere l’influenza dei preti pagani antichi, è citato come esempio positivo28.

Uno degli amici e interlocutori più stretti di Diderot fu il barone di origine tedesca Paul-Henri Thiry d’Holbach. Erede del patrimonio del facoltoso zio immigrato in Francia, d’Holbach si dedicò alla filosofia, il suo salotto a Parigi è stato il luogo d’incontro più importante dei Lumières nella seconda metà del Settecento, frequentato anche da visitatori stranieri come David Hume o Edward Gibbon29. Allo stesso tempo, d’Holbach faceva parte degli scrittori più attivi del suo tempo, anche se il suo stile e la tendenza a scrivere trattati lunghi e sistematici lo rendevano un autore di lettura impegnativa30. Per d’Holbach uno dei temi centrali era la critica della Chiesa e della religione, argomento che espose nelle sue opere dalla prospettiva di ateo e materialista convinto.

A causa del pericolo collegato alla pubblicazione di opere critiche nei confronti della religione, d’Holbach pubblicò alcune sue opere come anonimo, per questo motivo, a volte, l’attribuzione è incerta. Per esempio, nel 1766, uscì sotto uno pseudonimo Le christianisme dévoilé, nel quale sono messi in luce gli effetti politicamente e moralmente negativi della religione cristiana31. Successivamente, furono pubblicati anonimamente La Contagion Sacrée, ou Histoire naturelle de la superstition nel 1768 e la Histoire critique de Jésus-Christ nel 1770, pur essendo incerta l’attribuzione a d’Holbach. Nel medesimo anno uscì anche il Système de la nature, del quale come autore fu indicato Jean-Baptiste de Mirabaud, morto già nel 1760. Nel presente saggio si analizza soltanto un altro libro, perché esso contiene delle esposizioni più ampie su Costantino: nel secondo volume del Tableau des Saints, ou Examen de l’esprit, de la conduite, des maximes et du mèrite des personnages que le christianisme révère et propose pour modèles (1770), pubblicato sempre in forma anonima, l’autore si occupa più volte di Costantino: per la prima volta ne parla nel contesto del concilio di Nicea, nel quale Costantino ha voluto risolvere un conflitto interno della Chiesa riguardo alla natura di Cristo. D’Holbach annota che l’imperatore – «peu versé dans les subtilités théologiques» – all’inizio non avrebbe riconosciuto la forza dirompente del problema: «L’empereur ne connoissoit pas l’esprit martial du Clergé qui veut toujours la guerre»32, perciò anche la decisione del concilio non avrebbe contribuito a una pacificazione durevole delle dispute teologiche che, al contrario, continuarono con grande virulenza per secoli. Nell’opera è espresso in modo netto il punto di vista dell’autore, secondo il quale la Chiesa può essere difficilmente controllata dalle autorità statali. Allo stesso tempo la promozione del cristianesimo da parte di Costantino ha fatto arricchire la Chiesa e ha fatto diventare così l’immoralità dei vescovi romani, che era diffusa già prima, un male che è durato fino ai tempi attuali33.

Con un titolo ironico (Sainteté des moyens que les Princes Chrétiens ont employé pour établir ou pour maintenir la Religion Chrétienne) segue, nel settimo capitolo del secondo volume del Tableau des Saints, una presa di posizione più lunga su Costantino, che è presentato – in modo simile a Voltaire – come un politico potente e violento: anche se i dotti della Chiesa considerano la sua conversione al cristianesimo come un miracolo, essa avrebbe comunque avuto motivi soltanto umani. Unendosi ai cristiani, Costantino avrebbe voluto portare dalla propria parte un gruppo in continua crescita, e per mostrarsi riconoscente avrebbe fatto risalire la sua conversione alla visione della croce34. D’Holbach sottolinea la crudeltà dell’imperatore chiamandolo «monstre», e spiega come Costantino non solo avrebbe perseguitato il paganesimo, ma anche fondato una nuova capitale a Costantinopoli, perché si sarebbe adirato con i pagani di Roma. Come per Montesquieu, anche per d’Holbach lo spostamento della sede di governo in Oriente è una delle cause del declino dell’Impero romano d’Occidente35. Proprio perché si convertì al cristianesimo, Costantino è responsabile di tutte le crudeltà commesse dai cristiani nei confronti dei pagani, cristiani che prima sono stati vittime delle persecuzioni36. Costantino avrebbe lasciato presto la tolleranza da lui stesso proclamata, per poi perseguitare il paganesimo con mezzi diversi, tra i quali il divieto di sacrifici e la distruzione di templi37. Con la forza egli avrebbe voluto convertire al cristianesimo anche gli ebrei: «Voilà la douceur Evangélique que le Christianisme avoit inspiré à Constantin par la voie de ces Évêques dont il se fit le fourreau après avoir été quelque tems leur flatteur»38.

Anche i già citati scrittori Nicolas-Antoine Boulanger e Claude-Adrien Helvétius facevano parte degli ospiti del salotto del barone d’Holbach e nelle loro opere, anch’esse critiche nei confronti della religione, si lamentarono delle conseguenze politiche e morali emerse dalla forza della Chiesa cristiana, e hanno fatto notare il significato storico negativo di Costantino. Riguardo a Boulanger, i giudizi corrispondenti si trovano nella sua opera Le christianisme dévoilé ou Examen des principes et des effets de la religion chrétienne, pubblicata nel 1766; riguardo a Helvétius, invece, nel trattato De l’homme, de ses facultés intellectuelles et de son education, pubblicato nel 1772. Boulanger è del parere, per citare alcune sue frasi rimarchevoli, che «le christianisme changea toujours en despotes et en tyrans les Souverains qui le favoriserent»39; la liberazione della Chiesa da parte di Costantino avrebbe soltanto portato a una guerra aperta tra i vescovi40. Boulanger ha chiamato un’«imprudence fâcheuse» il fatto che Costantino abbia esonerato il vescovo di Roma dal controllo statale, poiché così egli ha potuto raggiungere il potere «sur la plus grande partie du monde Chrétien»41. Nel settimo passaggio del suo scritto De l’homme, de ses facultés intellectuelles et de son education, pubblicato nel 1776, anche Helvétius si è occupato delle conseguenze della politica religiosa costantiniana. Per Helvétius, la fortuna e la virtù dei popoli non dipendono dalla religione e dal culto, ma dalla legislatura, e così anche il primo imperatore cristiano non può essere un modello:

Ce fut sous Constantin que la Religion Chrétienne devint la Religion dominante. Elle ne rendra cependant point les Romains à leurs premieres vertus. […] En quel moment Constantinople devint-il le cloaque de tous les vices? Au moment même de l’établissement de la Religion Chrétienne. Son culte ne changea point les moeurs des Souverains. Leur piété ne les rendit pas meilleurs42.

Affermazioni altrettanto critiche su Costantino possono essere trovate in alcune altre opere di filosofi e scrittori francesi del Settecento. Vogliamo ricordare soltanto Jean-Baptiste de Boyer Marquis d’Argens e Jean-François Marmontel: nella sua Défense du paganisme par l’Empereur Julien (1764), de Boyer mostra che gli imperatori, convertitisi per primi al cristianesimo ciascuno come Costantino e Clodoveo, sarebbero stati «plus cruels que les Néron et les Caligula»; per quanto riguarda Costantino, de Boyer ricorda anche l’omicidio di Fausta, di Crispo e di Licinio43. Per de Boyer Costantino è ancora responsabile dell’immoralità e della superbia dei titolari ecclesiastici44; inoltre, l’autore osserva che la liberazione della Chiesa fatta da Costantino avrebbe portato a delle persecuzioni all’interno della stessa Chiesa45. Marmontel, invece, nel suo racconto Bélisaire, pubblicato nel 1767 e vietato dalla censura poco dopo, non criticò gli omicidi nella famiglia di Costantino, ma le sue decisioni politiche. Ciò accade in una conversazione tra Belisario e l’imperatore Giustiniano, il cui regno è descritto come decadente e debole. Per il lettore era facile intuire che l’autore stesse pensando alla Francia contemporanea di Luigi XV, indebolita dall’esito della guerra dei Sette anni46. Il condottiero, accecato secondo la leggenda, spiega al suo imperatore com’è avvenuto l’indebolimento del regno; Costantino avrebbe causato l’avvio del declino spostando la capitale sul Bosforo. Contemporaneamente Belisario giudica positive molte misure prese da Costantino, da lui definito un «génie»:

Quel dommage, dit-il, qu’avec tant de résolution, de courage et d’activité, ce génie vaste et puissant se soit trompé dans ses vues, et qu’il ait employé à ruiner l’empire plus d’efforts qu’il n’en eût fallu pour en rétablir la splendeur! Sa nouvelle constitution est un chef-d’œuvre d’intelligence: la milice prétorienne abolie, les enfants des pauvres adoptés par l’État, l’autorité du préfet divisée et réduite, les vétérans établis possesseurs et gardiens des frontières, tout cela était sage et grand, que ne s’en tenait-il à des moyens si simples? Il ne vit pas, ou ne voulut pas voir que transporter le siège de l’empire, c’était en ébranler, et au physique et au moral, les plus solides fondements47.

Al contrario di Roma, la cui posizione protetta dalle Alpi e dalle montagne dell’Appennino sarebbe stata un grande vantaggio, Costantinopoli avrebbe sofferto della sua vicinanza ai confini; inoltre, lo spirito nazionale dei romani si sarebbe perso con il trasferimento della capitale, uno spirito che non sarebbe stato possibile rianimare sul Bosforo: «Les Dalmates, les Illyriens, les Thraces, sont aussi étrangers pour nous que les Numides et les Maures. Nul intérȇt commun qui les lie, nul esprit d’État et de corps qui les anime et les fasse agir»48.

Costantino nelle enciclopedie francesi del Settecento

Nonostante non contenesse alcuna voce propria su Costantino, il Dictionnaire historique et critique, pubblicato in quattro volumi da Pierre Bayle a partire dal 1695, è di grande importanza per la ricezione di Costantino nel primo Illuminismo. In quanto membro della Chiesa riformata, Bayle lasciò la Francia dopo la chiusura dell’Accademia riformata di Sedan nel 1681 su ordine di Luigi XIV, presso la quale aveva precedentemente insegnato filosofia; egli trovò un impiego come professore di filosofia a Rotterdam, che però perse nel 1693 a causa dell’accusa di ateismo nei suoi confronti. Gli argomenti di Bayle – contenuti prima che nel Dictionnaire, già nel trattato del 1682 sulla cometa, che pochi anni prima aveva suscitato una diffusa isteria – potevano essere intesi come un attacco alla fede cristiana perché contrapponevano la ragione umana alla fede nei miracoli e alla tradizione49. Con il Dictionnaire, Bayle privilegiò la storiografia basata sulla critica delle fonti che doveva consistere in un esame minuzioso della tradizione; nell’esposizione storica andavano scoperte le intenzioni religiose e religioso-politiche e dovevano essere confrontate con le fonti. Il Dictionnaire, che è stato concepito in un certo senso come risposta calvinista al Grand dictionnaire historique di Louis Moréri50, pubblicato nel 1674, i cui errori erano da correggere, diventò un grande successo librario e diede a Bayle fama internazionale. Nel giro di cinquant’anni furono pubblicate otto edizioni francesi; accanto a esse ci furono le traduzioni in inglese (1709 e 1734-1741) e in tedesco (1741-1744)51.

Nel Dictionnaire di Bayle non c’era una voce propriamente dedicata a Costantino, ma c’era un articolo su Fausta. In modo corrispondente alla struttura usuale del Dictionnaire, l’articolo consiste in un’esposizione breve del materiale storico e in una sequenza di commenti dettagliati, che esaminano in modo critico i temi citati prima. L’articolo su Fausta si concentra sulla tragedia nella famiglia di Costantino, le cui vittime furono prima suo figlio Crispo e poi la stessa Fausta, e fa riferimento a una serie lunga di fonti antiche e anche pagane. Nei commenti Bayle analizza le contraddizioni nella tradizione antica e discute intensamente il lavoro storiografico cinquecentesco del cardinale Cesare Baronio. Nella misura in cui quest’ultimo aveva per parte sua esaminato la tradizione antica e aveva accettato una voce pagana come quella di Zosimo, attraverso la quale aveva cercato di spiegare gli omicidi nella famiglia costantiniana come fatti storici, Bayle accetta i risultati del suo predecessore. Contemporaneamente, egli analizza però i motivi che hanno condotto Baronio al suo giudizio, per contraddire una storiografia che cercava di legittimare il potere pontificio attraverso delle leggende, come quella della donazione di Costantino, provata come antistorica da molto tempo: Baronio, infatti, nei suoi Annales ecclesiastici a Christo nato ad annum 1198, aveva accettato la tradizione critica di Zosimo nei confronti di Costantino per salvare la leggenda di Silvestro. Costantino, che avrebbe potuto trovare perdono per gli omicidi commessi in famiglia soltanto nella Chiesa cristiana, sarebbe stato battezzato da papa Silvestro52. Bayle svela come antistorica una tale interpretazione filopapale, ricordando il concilio di Nicea e osservando che allora l’imperatore già da parecchio tempo era un membro della Chiesa cristiana53. La storiografia cristiana, come quella di Baronio, è battuta così con le sue stesse armi.

L’Encyclopédie, pubblicata da Diderot e Jean-Baptiste le Rond d’Alembert, è sullo stesso piano di opere simili della letteratura francese e inglese, come per esempio i dictionnaires di impianto storico di Moréri e di Bayle. Tuttavia, l’avvio decisivo per la nuova enciclopedia fu dato da Ephraim Chambers e dalla sua Cyclopaedia or an Universal Dictionary of Arts and Sciences, pubblicata nel 172854. Quando l’editore di Parigi André François Le Breton decise, nel 1745, di pubblicare l’opera di Chambers in lingua francese, Diderot e d’Alembert ebbero l’incarico di farne la traduzione. Tuttavia l’Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société des gens de lettres, pubblicata poi nel 1751, non è soltanto una traduzione dell’opera di Chambers, quanto un’opera nuova e indipendente in dieci volumi, tra cui otto volumi di testo e due di immagini (con in più cinque volumi di supplemento), alla quale hanno partecipato, oltre a Diderot e d’Alembert, più di centoquaranta studiosi55. Come il Dictionnaire di Bayle, anche l’Encyclopédie, che doveva rappresentare nei suoi dettagli, ma anche nei suoi contesti, tutti i campi del sapere accessibili all’umanità attraverso la ragione, diventò un successo per l’editore, il curatore e gli autori56, provocando d’altra parte la resistenza della Chiesa e soprattutto dei gesuiti57. Nel 1752, dopo la pubblicazione del secondo volume, ne fu vietata la pubblicazione. Ciò accadde con la motivazione che il contenuto dell’Encyclopédie mirava «à détruire l’autorité royale, à établir l’esprit d’indépendance et de révolte et, sous des termes obscurs et équivoques, à élever les fondements de l’erreur, de la corruption des mœurs, de l’irréligion et de l’incrédulité»58. Quando si riuscì a pubblicare ulteriori volumi la situazione di Diderot e di d’Alembert si aggravò nel 1757, nel momento in cui, in seguito a un fallito attentato al re Luigi XV, anche la corte prese posizione contro l’impresa. Soprattutto grazie al capo dell’ufficio per la censura, Chrétien-Guillaume de Lamoignon de Malesherbes, fu possibile proseguire con la pubblicazione, nonostante il ritiro del permesso di andare in stampa, mentre l’editore Le Breton e il curatore Diderot si preoccuparono che alcuni articoli, dal contenuto teologico o storico-religioso, fossero scritti da autori cattolici la cui ortodossia fosse accertata, invece altri articoli, per esempio di Voltaire, furono pubblicati in forma anonima59.

Tra i collaboratori dell’Encyclopédie vi era, accanto a filosofi e studiosi come Voltaire o Jean-Jacques Rousseau, anche Louis de Jaucourt, il quale fu responsabile di un lungo articolo sulla visione di Costantino. Quest’articolo consisteva in gran parte di paragrafi dal Nouveau Dictionnaire historique et critique pour servir de supplément ou de continuation au Dictionnaire historique et critique de Mr. Pierre Bayle60, pubblicato nel 1750-1756 da Jacques-Georges de Chauffepié. De Jaucourt citò per intere pagine le note aggiunte da de Chauffepié, nel quarto volume del suo Nouveau Dictionnaire, a un articolo su Jacques Le Quien de la Neufville, autore di una storia del Portogallo, favorendo così una considerevole diffusione delle esposizioni di de Chauffepié. L’articolo di seconda mano sulla Vision celeste de Constantin rappresenta la discussione più dettagliata sul primo imperatore cristiano nell’Encyclopédie, in cui Costantino è citato in numerose voci. La visione di Costantino divenne il punto di riferimento più importante della critica costantiniana nell’Illuminismo, non solo perché l’Encyclopédie, esplicitamente, e al contrario per esempio del Grand dictionnaire historique di Moréri non doveva contenere biografie di sovrani e di uomini di Chiesa – un articolo biografico sul primo imperatore cristiano era fuori discussione61 – ma anche perché la legittimazione cristiana del dominio monarchico ebbe il suo mito originario nella tradizione stessa della visione di Costantino prima della battaglia di ponte Milvio. A questa fece riferimento de Jaucourt nella sua introduzione, spiegando: «Comme il n’y a point de tradition plus célebre dans l’histoire ecclésiastique que celle de cette vision céleste, et que plusieurs personnes la croyent encore incontestable, il importe beaucoup d’en examiner la vérité»62.

L’analisi che segue dimostra l’alto livello raggiunto dalle osservazioni di natura storico-critica durante l’epoca dell’Illuminismo francese63. De Chauffepié elenca innanzitutto le fonti antiche e bizantine nelle quali si parla della visione costantiniana, per accertare così numerose contraddizioni nella tradizione; poi discute la credibilità di Eusebio come fonte più importante, per metterla quindi fortemente in dubbio. La parte centrale dell’analisi successiva si concentra su Costantino il quale, in base a quanto riporta Eusebio, racconta in prima persona la sua visione, confermando la sua ricostruzione addirittura con un giuramento. L’argomentazione di de Chauffepié mira a scuotere la credibilità di Costantino e a rifiutare così la tradizione sulla visione. Egli si pone però la questione se in riferimento alla visione, non si fosse trattato di un fenomeno naturale come un alone64. Costantino, ragiona l’autore, potrebbe prima aver visto un fenomeno celeste e solo dopo, nel sogno, l’iscrizione della vittoria; Eusebio invece avrebbe raccontato per sbaglio, e perché non si sarebbe ricordato bene delle circostanze particolari, di una visione unica insieme al messaggio della vittoria65.

Questa spiegazione non sarebbe però per nulla convincente: per qual motivo, così discute l’autore la sua stessa interpretazione, Costantino avrebbe ritenuto necessario confermare il suo racconto con un giuramento se gli stessi soldati del suo esercito avrebbero potuto confermare la visione? Il giuramento superfluo di Costantino rappresenta per Chauffepié il punto di partenza per mettere in dubbio non solo la credibilità del racconto sulla visione, ma anche generalmente l’integrità morale di Costantino. Nonostante tutti i panegirici da parte degli scrittori cristiani sarebbe tuttavia palese che l’imperatore:

n’étoit pas aussi vertueux qu’il le faudroit pour mériter une entiere foi de la part de ceux qui jugent sainement du prix des choses. Sans adopter le sentiment de quelques savans, qui ne prétendent pas à la légere que ce prince étoit plus payen que chrétien, nous avons bien assuré qu’il étoit chrétien plutôt de nom que d’effet. Il a donné plus d’une preuve de son hypocrisie, et de son peu de piété66.

Dopo questa osservazione segue un elenco dei passi falsi di Costantino, così come se ne può trovare uno, poco tempo dopo, anche in Voltaire; quest’ultimo sembra aver copiato sia la sequenza degli argomenti sia il giudizio morale da de Chauffepié. La lista va dalla ricostruzione di un tempio pagano all’esecuzione di Crispo e di Fausta, fino all’omicidio di Massimiano e Licinio. A causa degli omicidi in famiglia, Costantino sarebbe stato paragonato dai suoi contemporanei, non senza motivo, a Nerone. E per quale motivo bisognerebbe fidarsi del giuramento di un imperatore che ne ha infranto uno quando ha fatto strangolare il suo cognato Licinio? De Jaucourt (ma non de Chauffepié) arriva alla conclusione: «Qui peut douter à présent que l’apparition prétendue du signe céleste ne soit une fraude pieuse que Constantin imagina, pour favoriser le succès de ses desseins ambitieux?»67.

Questa presa di posizione nei confronti di Costantino non è rimasta l’unica all’interno dell’Encyclopédie. Dopo la pubblicazione dell’articolo di de Jaucourt nel 1765, seguì nel secondo volume supplementare del 1776 un’altra dettagliata discussione sulla figura costantiniana. Se si considera la sopra citata affermazione programmatica sull’Encyclopédie dell’anno 1753, secondo la quale la biografia dell’imperatore non avrebbe dovuto essere trattata, questo contributo nel volume supplementare sottolinea l’importanza per il pubblico colto assunta dal giudizio su Costantino.

L’articolo del 1776, scritto da François Henri Turpin, tratta ormai l’intera biografia di Costantino e contraddice in alcuni dettagli le contestazioni nei confronti di Costantino fatte da de Chauffepié, da de Jaucourt, da Voltaire e altri. Costantino appare, per esempio, come un usurpatore contro la sua volontà, perché sarebbero stati i suoi soldati che lo avrebbero costretto ad accettare la porpora68; non si parla invece del governo presumibilmente legittimo di Massenzio69. Sarebbe difficile, così dice l’autore, giudicare la fede personale di Costantino, perché essa avrebbe avuto ancora degli elementi pagani; tuttavia, l’imperatore avrebbe combattuto i sacrifici tradizionali, e alla fine la conversione dell’imperatore avrebbe condotto alla vittoria del cristianesimo nell’Impero romano70. Due punti sono di particolare interesse: per prima cosa, Costantino appare come rappresentante di un impero tollerante poiché, nonostante la sua difesa della fede cristiana, non avrebbe permesso la persecuzione dei pagani: «Son zele éclairé n’alla pas jusque’à l’intolérance. Il défendit d’inquiéter les consciences, et d’envoyer les incrédules sur les bûchers»71. Considerando il significato centrale dell’idea di tolleranza per l’Illuminismo72, abbiamo un giudizio positivo su Costantino, anche se non ne sfugge il tono ironico («zele éclairé»). Contemporaneamente, anche alla venerazione di Costantino da parte dei cristiani è posto un limite: lo stile di vita di Costantino non avrebbe corrisposto agli ideali cristiani73, e così l’imperatore stesso avrebbe contribuito, attraverso le sue azioni, – si pensi nuovamente all’omicidio di Massimiano, di Fausta e di Licinio – a rendere la sua memoria discordante: «Les Chrétiens dont il fut le zélé protecteur, ont peut-être exagéré ses vertus; du moins l’on peut assurer que s’il rassembla les talens qui font les grands princes, il imprima des taches à sa mémoire par des atrocités qui auroient deshonoré un païen»74. Complessivamente, con quest’articolo si ha a che fare con il tentativo di un giudizio equilibrato su Costantino, e ciò trova una corrispondenza nel fatto che non viene menzionata la visione di Costantino, la pietra dello scandalo nella discussione su Costantino durante l’Illuminismo75. Rispetto all’immagine di Costantino tratteggiata dagli illuministi francesi, Turpin in fondo riduce solo in parte le sue pretese.

1 Nel Settecento nascono nuove valutazioni su Giuliano, ma anche su Diocleziano, che sono legate alla critica su Costantino. Si veda Voltaire, Discours de l’empereur Julien contre les chrétiens, édition critique avec une introduction et un commentaire par J.-M. Moureaux, Oxford 1994; H. Schlange-Schöningen, ‘Un soldat de fortune’: Diokletian im Urteil der französischen Aufklärung, in Diocletian, Tetrarchy and Diocletian’s Palace on the 1700th Anniversary of Existence, ed by N. Cambi, Split 2009, pp. 647-662.

2 Si veda H. Schlange-Schöningen, ‘Der Bösewicht im Räuberstaat’ – Grundzüge der neuzeitlichen Wirkungsgeschichte Konstantins des Großen, in Konstantin der Grosse. Das Bild des Kaisers im Wandel der Zeiten, hrsg. von A. Goltz, H. Schlange-Schöningen, Köln 2008, pp. 228-230 (su August Ludwig Schlözer).

3 Oeuvres complètes de Voltaire, VI, Théâtre, Paris 1877 (rist. Nendeln 1967), p. 343: «Cet empire, autrefois l’empire des Romains, / Qu’aux campagnes de Thrace, aux mers de Trébisonde, / Transporta Constantin pour le malheur du monde». Si veda H. Schlange-Schöningen, Das Bild Konstantins in der französischen Aufklärung, in Kaiser Konstantin der Grosse. Historische Leistung und Rezeption in Europa, hrsg. von K.M. Girardet, Bonn 2007, pp. 164-165.

4 Oeuvres complètes de Voltaire, VI, cit., p. 371, con una variante p. 383. «Censeurs intraitables», «ennemis de l’état», «tyranns de la nature».

5 Riguardo all’Irène di Voltaire, alla sua accoglienza a Parigi e all’omaggio riservatogli il 30 marzo 1778 si veda R. Pomeau, Voltaire en son temps, V, On a voulu l’enterrer. 1770-1791, Oxford 1994, pp. 283-299; V. van Crugten-André, Irène, in Dictionnaire général de Voltaire, éd. par R. Trousson, J. Vercruysse, Paris 2003, pp. 661-664.

6 Briefwechsel Friedrichs des Großen mit Voltaire, III, Briefwechsel König Friedrichs: 1753-1778, hrsg. von R. Koser, H. Droysen, Leipzig 1911, pp. 428-429: «J’ai vu avec surprise et avec une satisfaction bien douce, à la représentation d’une tragédie nouvelle, que le public, qui regardait, il y a trente ans, Constantin et Théodose comme les modèles des princes et même des saints, a applaudi avec des transports inouïs à des vers qui disent que Constantin et Théodose n’ont été que des tyrans superstitieux. J’ai vu vingt preuves pareilles du progrès que la philosophie a fait enfin dans toutes les conditions. [...] Il est donc vrai, qu’à la fin les hommes s’éclairent».

7 Non è possibile qui approfondire le obbiezioni mosse durante il Settecento alla critica di Costantino fatta da Voltaire e gli altri illuministi. Sul gesuita Claude François Nonnotte (1711-1793), che reagì direttamente alle opere di Voltaire (per esempio con il suo trattato sugli «Erreurs de Voltaire», Avignon 1762), si veda H. Schlange-Schöningen, Das Bild Konstantins in der französischen Aufklärung, cit., p. 171; su Jean Baptiste Duvoisin (1744-1813), professore di teologia presso la Sorbona, che nel 1774, con una tesi di dottorato pubblicata a Parigi recante il titolo Dissertation critique sur la vision de Constantin, reagì all’esame critico della visione costantiniana nell’Encyclopédie di Diderot e di d’Alembert, si veda N. Staubach, ‘In hoc signo vinces’. Wundererklärung und Wunderkritik im vormodernen Wissensdiskurs, in Frühmittelalterliche Studien, 43 (2009), pp. 42-44. Si veda anche J.-M. Moureaux sull’immagine di Costantino nell’Histoire du Bas-Empire, en commençant à Constantin le Grand (Paris 1756-1779) di Charles Le Beau (1701-1778) nel commento a Voltaire, Discours de l’empereur Julien, cit., pp. 248-249.

8 Sulla censura e la persecuzione religiosa ovvero religioso-politica nel Settecento si veda per esempio D. Roche, Les Républicains des lettres. Gens et culture et Lumières au XVIIIe siècle, Paris 1988, pp. 29-46; E. Strayer, Lettres de cachet and Social Control in the Ancien Régime, 1659-1789, New York 1992; F.A. Kafker, The Encyclopedists as a Group. A Collective Biography of the Authors of the ‘Encyclopédie’, Oxford 1996, pp. 87-120; R. Darnton, The Forbidden Best-Sellers of Pre-Revolutionary France, New York 1995; R.L. Dawson, Confiscations at Customs: Banned Books and the French Booktrade During the Last Years of the Ancien Régime, Oxford 2006. Sulle esperienze dello stesso Voltaire con la censura, la persecuzione e la situazione nella Francia di quel periodo si veda R. Pomeau, Voltaire en son temps, I, D’Arouet à Voltaire 1694-1734, Paris 1985, pp. 108-114, 207-209.

9 Si veda R. Mortier, Une haine de Voltaire: l’empereur Constantin ‘dit le Grand’, in Voltaire, the Enlightenment and the Comic Mode: Essays in Honor of Jean Sareil, ed by M.G. Cutler, New York 1991, pp. 171-182, ristampato in R. Mortier, Les Combats des Lumières. Recueil d’études sur le dix-huitième siècle, Ferney-Voltaire 2000, pp. 183-193. Si vedano anche le annotazioni sull’immagine di Costantino di J.-M. Moureaux in Voltaire, Discours de l’empereur Julien, cit., pp. 231-233, e H. Schlange-Schöningen, ‘Der Bösewicht im Räuberstaat, cit., pp. 224-228.

10 Examen important de Milord Bolingbroke ou le Tombeau du Fanatisme, in Les Œuvres complètes de Voltaire, LXII, Oxford 1987, p. 163.

11 Examen important de Milord Bolingbroke, cit., p. 309: «Quel est l’homme qui, ayant reçu une éducation tolérable, puisse ignorer ce que c’était que Constantin? Il se fait reconnaître empereur au fond de l’Angleterre par une petite armée d’étrangers: avait-il plus de droit à l’empire que Maxence, élu par le sénat ou par les armées romaines». Si veda Voltaire, Dictionnaire philosophique, s.v. Constantin, in Oeuvres complètes de Voltaire, cit., XVII, Paris 1876, p. 171. Quest’argomento si trova già in Jean Bodin, che nel 1566 constatò come Costantino avesse preso il potere senza l’accordo del popolo e del Senato romano, cfr. La méthode de l’histoire, in Œuvres philosophiques de Jean Bodin, éd. par P. Mesnard, Paris 1951, p. 427.

12 Examen important de Milord Bolingbroke, cit., p. 309: «On ne manque pas de dire qu’il y a eu du miracle dans sa victoire, et qu’on a vu dans les nuées un étendard et une croix céleste où chacun pouvait lire en lettres grecques: “Tu vaincras par ce signe”. Car les Gaulois, les Bretons, les Allobroges, les Insubriens, qu’il traînait à sa suite, entendaient tous le grec parfaitement, et Dieu aimait mieux leur parler grec que latin». Voltaire commenta ironicamente anche le tradizioni devote che fanno riferimento alla madre di Costantino, Elena, per sottolineare come il presunto ritrovamento della croce da parte di quest’ultima non possa essere credibile. Si potrebbe mettere in dubbio questo racconto, così dice Voltaire nel 1777 nella sua Histoire de l’établissement du christianisme, in quanto nelle chiese europee si trovano pezzi della croce vera a sufficienza per costruire due o tre grandi navi da battaglia (cfr. Les Œuvres complètes de Voltaire, cit., XXXIV, Paris 1821, pp. 433-434). Si veda anche Voltaire, Dictionnaire philosophique, cit., s.v. Superstition, in Oeuvres complètes de Voltaire, XIV, Paris 1860.

13 Examen important de Milord Bolingbroke, cit., pp. 309-310.

14 Ivi, p. 310.

15 Essai sur les mœurs et l’esprit des Nations et sur les principaux faits de l’histoire, depuis Charlemagne jusqu’à Louis XIII, in Œuvres complètes de Voltaire, cit., XI, Paris 1878, p. 237. Si veda anche Voltaire, Dictionnaire philosophique, s.v. Constantin, cit., p. 171.

16 Histoire de l’établissement du christianisme, in Les Œuvres complètes de Voltaire, cit., XXXIV, Paris 1821, p. 430. Sulla critica di Voltaire nei confronti della tradizione sulla visione di Costantino si veda N. Staubach, ‘In hoc signo vinces’. Wundererklärung, cit., pp. 36-39.

17 Essai sur les mœurs et l’esprit des Nations, cit., p. 230.

18 Voltaire, Dictionnaire philosophique, s.v. Constantin, cit., p. 173: «Rome languit dès lors dans la décadence. L’ancien esprit romain tomba avec elle. Ainsi Constantin fit à l’empire le plus grand mal qu’il pouvait lui faire […]. De tous les empereurs ce fut sans contredit le plus absolu. Auguste avait laissé une image de liberté; Tibère, Néron même, avaient ménagé le sénat et le peuple romain: Constantin ne ménagea personne. [...] La grande vue de Constantin était d’être le maître en tout; il le fut dans l’Église comme dans l’État».

19 Essai sur les mœurs et l’esprit des Nations, cit., p. 242.

20 Ibidem.

21 Si veda il contributo di H. Schlange-Schöningen, Edward Gibbon, in questa stessa opera.

22 Sulle Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence si veda P. Grenaud, Montesquieu, Paris 1990, pp. 152-167; C. Volpilhac-Auger, Voltaire and History, in The Cambridge Companion to Voltaire, ed by N. Cronk, Cambridge 2009, pp. 144-147; sulla concorrenza tra Montesquieu e Voltaire si veda P. Grenaud, Montesquieu, cit., pp. 227-230.

23 Sul giudizio di Montesquieu a proposito di Costantino si veda H. Schlange-Schöningen, Das Bild Konstantins in der Neuzeit, in Konstantin der Große. Geschichte – Archäologie – Rezeption, Internationales Kolloquium (Trier 10.-15. Oktober 2005), hrsg. von A. Demandt, J. Engemann, Trier 2006, p. 219.

24 Montesquieu, Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence, Paris 1968, pp. 137-138: «De plus, l’envie qu’eut Constantin de faire une ville nouvelle, la vanité de lui donner son nom, le déterminèrent à porter en Orient le siège de l’empire. […] Mais, lorsque le siège de l’empire fut établi en Orient, Rome presque entière y passa: les Grands y menèrent leurs esclaves, c’est-à-dire presque tout le peuple, et l’Italie fut privée de ses habitants. […] Lorsque l’Empire eut été divisé, ces richesses allèrent à Constantinople. […] L’Italie, qui n’avait plus que des jardins abandonnés, ne pouvait par aucun moyen attirer l’argent de l’Orient, pendant que l’Occident, pour avoir de ses marchandises, y envoyait le sien. L’or et l’argent devinrent donc extrêmement rares en Europe. Mais les Empereurs y voulurent exiger les mêmes tributs; ce qui perdit tout». Nel trattato De l’esprit des lois, pubblicato nel 1748, Montesquieu mostra come il favore accordato al cristianesimo da Costantino avrebbe liberato una forza fatale, perché l’energia vitale dell’Impero romano sarebbe stata minata passo dopo passo dalla moralità cristiana (De l’esprit des Lois, in Œuvres complètes, éd. par D. Oster, Paris 1964, pp. 693-694).

25 Riguardo a d’Holbach e il suo salotto, luogo importante per le discussioni intellettuali e critiche nei confronti dello Stato e della Chiesa, si veda M.P. Cushing, Baron d’Holbach. A Study of Eighteenth Century Radicalism in France, New York 1914; D. Roche, Les Républicains des lettres, pp. 242-253; Ph. Blom, Böse Philosophen. Ein Salon in Paris und das vergessene Erbe der Aufklärung, München 2011.

26 Si veda J. von Stackelberg, Diderot, München 1983, pp. 72-81.

27 Œuvres complètes de Diderot, III, Paris 1875, p. 434: «La sottise ou l’intérêt du grand Constantin, qui résigna presque toutes les fonctions importantes de l’État aux prêtres chrétiens, a laissé des traces si profondes qu’elles ne s’effaceront peut-être jamais».

28 Œuvres complètes de Diderot, cit., V, p. 35: «Faites contre la superstition régnante ce que Constantin fit contre le paganisme: il ruina les prêtres païens, et bientôt on ne vit plus au fond de ses temples magnifiques qu’une vieille avec une oie fatidique disant la bonne aventure à la plus basse populace; à la porte, que des misérables se prêtant au vice et aux intrigues amoureuses; un père serait mort de honte s’il avait souffert que son enfant se fît prêtre».

29 Si veda Ph. Blom, Böse Philosophen, cit., pp. 175-181 e 191-194.

30 Ivi, pp. 203-204.

31 Si veda M.P. Cushing, Baron d’Holbach, cit., pp. 38-43, in partic. 43: «a book that is without doubt the severest criticism of the theory and practice of historical Christianity ever put in print».

32 Tableau des Saints, ou Examen de l’esprit, de la conduite, des maximes et du mérite des personnages que le christiannisme révère et propose pour modèles, II, Amsterdam 1770, p. 15: «Le parti dominant opprima toujours et persécuta cruellement le plus foible». In un passaggio seguente d’Holbach fa notare come l’imperatore, che aveva imposto la confessione ortodossa a Nicea, sarebbe diventato un sostenitore del dogma ariano (p. 97).

33 Ivi, p. 54: «Les richesses ne tardèrent pas à corrompre les mœures des Evêques de Rome et de leur Clergé. Cette corruption qui subsistoit déjà sous le Paganisme, éclata d’une façon très-indécente après que Constantin eut mis l’Eglise à couvert des persécutions».

34 Ivi, p. 91.

35 Ivi, p. 93.

36 Ivi, pp. 93-94.

37 Si veda anche Voltaire, Dictionnaire philosophique, s.v. Tolerance in Œuvres complètes de Voltaire, XXXVI, Oxford 1994, p. 553: «Constantin commença par donner un édit qui permettait toutes les religions; il finit par persécuter».

38 Tableau des Saints, II, cit., p. 95.

39 Nicolas-Antoine Boulanger, Le christianisme dévoilé ou Examen des principes et des effets de la religion chrétienne, London 1766, p. 228.

40 Ivi, p. 249.

41 Ivi, p. 250-251.

42 Nicolas-Antoine Boulanger, De l’homme, de ses facultés intellectuelles et de son education, London 1776, p. 354.

43 Jean-Baptiste de Boyer Marquis d’Argens, Défence du paganisme de l’Empereur Julien, Berlin 1764, p. XLIX: «Constantin commit, pendant tout le cours da sa vie, les crimes les plus épouvantables».

44 Ivi, p. LXII: «La persécution des payens cessa sous Constantin: et sous le même Prince la vanité des Evêques commença à paroître».

45 Ivi, pp. 126-127 nota 50.

46 Si veda A. Boime, Marmontel’s ‘Belisaire’ and the Pre-revoluionary Progressivism of David, in Art History, 3 (1980), p. 83.

47 J.F. Marmontel, Oeuvres complètes, VII, Paris 1819, pp. 89-90.

48 Ivi, p. 91.

49 Pierre Bayle, Pensées diverses écrites à un docteur de Sorbonne à l’occasion de la comète qui parut au mois de décembre 1680, Rotterdam 1682; si veda anche F. Stumm, Zu den Anfängen der französischen Aufklärung. Pierre Bayles Kometenschrifte von 1683, Marburg 2010; Ph. Blom, Böse Philosophen, cit., pp. 71-72. Riguardo a Bayle si veda anche J.I. Israel, Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity 1650-1750, Oxford 2001, pp. 331-341.

50 Su questo dizionario si veda A. Miller, Louis Moréri’s ‘Grand dictionnaire historique’, in Notable Encyclopedias of the Seventeenth and Eighteenth Centuries: Nine Predecessors of the Encyclopédie, ed by F.A. Kafker, Oxford 1981, pp. 13-52 (sulla critica di Bayle nei confronti di Moréri si vedano le pp. 27-29).

51 Si veda P. Burrell, Pierre Bayle’s ‘Dictionnaire historique et critique’, in Notable Encyclopedias of the Seventeenth and Eighteenth Centuries, cit., pp. 83-103.

52 Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique, Paris 1820, VII, pp. 417-8: «Sied-il bien à un cardinal de se déclarer en quelque façon pour les infidèles, qui ont affecté de décrire la conversion de Constantin, comme si cet empereur n’avait abjuré le paganisme, que parce que la discipline y était d’une telle austérité, qu’il n’y trouvait aucun remède aux remords de sa conscience, au lieu que les chrétiens lui offraient un moyen aisé de se purger de ses souillures dans l’eau du baptême? Ne croyez pas que Baronius fasse tout cela pour rien: il n’en use ainsi qu’en faveur de certaines traditions favorables au siège papal; il s’en sert pour confirmer les actes du pape Sylvestre, et pour prouver que Constantin reçut de ce pape le baptême à Rome, un peu avant la célébration du concile de Nicée».

53 Pierre Bayle, Dictionnaire historique et critique, VII, cit., p. 418: «Après tout, il est malaisé de se figurer qu’un an après, ou un an avant le concile de Nicée, Constantin ait consulté un philosophe païen pour savoir de lui les cérémonies expiatoires des homicides. Aurait-il été imbu jusques alors des superstitions païennes après une si longue profession de la vrai foi?».

54 Si veda L.E. Bradshaw, Ephraim Chambers ‘Cyclopaedia’, in Notable Encyclopedias of the Seventeenth and Eighteenth Centuries, cit., pp. 123-140.

55 Si veda Ph. Blom, Das vernünftige Ungeheuer. Diderot, d’Alembert, de Jaucourt und die grosse Enzyklopädie, Frankfurt a.M. 2005, p. 202.

56 Si veda R. Darnton, The Business of Enlightenment. A Publishing History of the Encyclopédie 1775-1800, Cambridge 1979.

57 Si veda Ph. Blom, Das vernünftige Ungeheuer, cit., pp. 131-132, 150.

58 L’Arrêt du Conseil del 7 febbraio 1772 è citato da J. Lough, The Encyclopédie, Genf 1989, p. 21. Si veda F.A. Kafker, The Encyclopedists as a Group, cit., p. 65; Ph. Blom, Das vernünftige Ungeheuer, cit., p. 172.

59 Sulle idee politiche e religiose diffuse attraverso l’Encyclopédie si veda F.A. Kafker, The Encyclopedists as a Group, cit., pp. 65-86.

60 Si veda N. Staubach, ‘In hoc signo vinces’. Wundererklärung, cit., pp. 39-42. Nikolaus Staubach (p. 39 nota 195) rettifica la mia errata attribuzione dell’articolo a de Jaucourt (H. Schlange-Schöningen, Das Bild Konstantins in der französischen Aufklärung, cit., p. 172). È però da notare che le due versioni non sono identiche: de Jaucourt aggiunge alcuni passi, nei quali estremizza i risultati di Chauffepié.

61 Nell’introduzione al terzo volume (1753), d’Alembert ha fatto notare che i santi e i sovrani non dovevano essere considerati nell’Encyclopédie: «On ne trouvera donc dans cet ouvrage […] ni la vie des Saints […]; ni la généalogie des grandes Maisons, […] ni les Conquérans qui ont désolé la terre, mais les génies immortels qui l’ont éclairée; ni enfin une foule de Souverains que l’Histoire auroit dû proscrire. Le nom même des Princes et des Grands n’a droit de se trouver dans l’Encyclopédie, que par le bien qu’ils ont fait aux Sciences; parce que l’Encyclopédie doit tout aux talens, rien aux titres, et qu’elle est l’histoire de l’esprit humain, et non de la vanité des hommes». Si veda Ph. Blom, Das vernünftige Ungeheuer, cit., p. 200.

62 Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une société des gens de lettres, XVII, Paris 1765, p. 348.

63 Citato da H. Schlange-Schöningen, Das Bild Konstantins in der französischen Aufklärung, cit., pp. 172-174.

64 Si veda N. Staubach, ‘In hoc signo vinces’. Wundererklärung, cit., pp. 31-33, che alla nota 156 ricorda che la tesi secondo la quale Costantino avrebbe visto un alone, una tesi ripresa nel recente passato – P. Weiss, The Vision of Constantine, in Journal of Roman Archaeology, 16 (2003), pp. 237-259 – sarebbe stata sviluppata per primo non da Johann Albert Fabricius (1668-1736), che ha pubblicato nel 1706 una Exercitatio Critica, qua disputatur Crucem, quam in Caelis vidisse se iuravit Constantinuns Imperator, fuisse phaenomenum naturale in Halione Solari, ma ancora prima da Johann Andreas Schmidt, Lunam In Cruce Visam d. 30. Dec. h. 1. p. m., Jena 1681.

65 Encyclopédie, XVII, cit., p. 351 (cfr. Jacques George de Chauffepié, Nouveau Dictionnaire historique et critique pour servir de supplément ou de continuation au Dictionnaire historique et critique de Mr. Pierre Bayle, IV, Amsterdam 1756, p. 8): «Je dis que le serment de Constantin dans ce cas, n’est pas d’un aussi grand poids qu’on le prétend. Supposons d’abord qu’il l’a fait de bonne foi et dans la simplicité de son ame; comme ce n’a été que fort long-tems après qu’il a raconté la vision qu’il avoit eue de jour, et le songe qu’il avoit fait la nuit suivante, on peut fort bien penser, sans faire tort à la probité d’un prince vertueux, qu’ayant perdu en partie le souvenir des circonstances d’un fait arrivé depuis si long-tems, il y a ajouté, retranché, et a confondu les choses sans aucune mauvaise intention, et qu’en conséquence il a cru pouvoir affirmer par serment, ce qu’une mémoire peu fidele lui fournissoit. Par exemple, il pourroit avoir vu un phénomène naturel, une parhélie, ou halo-solaire, comme le prétendent quelques savans; ensuite il auroit peut-être vu en songe l’inscription τούτῳ νίκα, et confondant les tems et les circonstances, il auroit cru avoir vu l’inscription de jour».

66 Ibidem (cfr. Jacques George de Chauffepié, Nouveau Dictionnaire, IV, cit., p. 8).

67 Ivi, p. 352; questo commento manca nel Nouveau Dictionnaire di de Chauffepié. Voltaire ha inserito un articolo sulla visione di Costantino nelle sue Questions sur l’Encyclopédie, pubblicate dal 1772, che divennero parte del futuro Dictionnaire philosophique. Voltaire ripete in quest’articolo sia le obiezioni fatte da de Chauffepié contro la tradizione della visione di Costantino, sia la critica nei confronti della persona di Costantino; il suo giudizio conclusivo rappresenta una ripresa quasi letterale della formulazione di de Jaucourt. Voltaire scrive: «N’a-t-on pas lieu de penser après cela que l’apparition prétendue de la croix dans le ciel n’est qu’une fraude que Constantin imagina pour favoriser le succès de ses entreprises ambitieuses?» Voltaire, s.v. Vision de Constantin, in Dictionnaire philosophique (Oeuvres complètes de Voltaire, XIV, Paris 1860, p. 585).

68 Encyclopédie, XVII, cit., p. 558: «Étant prêt de mourir, il [Costanzo Cloro] le [= Costantino] désigna son successeur, sans lui associer trois autres fils qu’il avoit de son second mariage. Dès qu’il eut les yeux fermés, les soldats proclamerent son fils Auguste. Constantin les pria d’attendre l’agrément de Galerius pour prendre ce titre. Leur impatience ne put se résoudre à ce ménagement politique. Ils le revêtirent de la pourpre malgré sa résistance».

69 Ivi, p. 559: «Maxence, fils de Maximin, qui jusqu’alors avoit vécu dans une crapuleuse débauche, revendiqua, les armes à la main, l’héritage de son pere».

70 Ibidem.

71 Ibidem.

72 Si veda per esempio P. Gay, The Enlightenment: An Interpretation, II, The Science of Freedom, London 1969, pp. 398-407; G. Besier, Toleranz, in Geschichtliche Grundbegriffe, hrsg. von O. Brunner, W. Conze, R. Koselleck, VI, Stuttgart 1990, pp. 500-502; V. van Crugten-André, Le traité sur la tolérance de Voltaire. Un champion des Lumières contre le fanatisme, Paris 1999, pp. 85-89.

73 Encyclopédie, cit., Supplément, II, p. 560: «Sa lenteur à se faire initier dans nos mysteres, et à faire usage des sacremens a fait mal-à-propos soupçonner sa foi, et fait croire que son zele fut inspiré par la politique, d’autant plus que ses moeurs ne furent point conformes à la pureté évangélique».

74 Ivi, pp. 560-561.

75 È respinta invece la donazione di Costantino, che più volte sarebbe già stata smascherata come una falsificazione; sarebbe qui superfluo esaminarla ancora una volta: «On ne parle point ici de la donation fabuleuse de la ville de Rome au pape Sylvestre. Cette fausseté a été tant de fois démontrée, qu’il est inutile de lui faire subir un nouvel examen» (Ivi, p. 561).

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