Volto

Enciclopedia Dantesca (1970)

volto

Andrea Battistini

Normalmente la voce compare come sinonimo, di tono più elevato, di " faccia " o " viso ", e non a caso nelle Rime viene riferito ora a un'immagine femminile (Donna non ci ha ch'Amor le venga al volto, XCVI 9; se intendesse ciò che dentro ascolto, / pietà faria men bello il suo bel volto, CXVI 15) ora allo stesso poeta innamorato, come in CII 5 s'accorse ch'ell'era mia donna / per lo tuo raggio ch'al volto mi luce (cfr. Ps. 4, 7 " Signatum est super nos lumen vultus tui ").

Nell'Inferno è riferita al v. di D., menzionato nel ricordare l'affetto di Virgilio (basciommi 'l volto e disse: " Alma sdegnosa, / benedetta colei che 'n te s'incinse!... ", VIII 44), o come specchio della sua perplessità (se cosa n'apparisce nova, / non de' addur maraviglia al tuo volto, XIV 129); oppure è detto del Messo celeste (Dal volto rimovea quell'aere grasso, / menando la sinistra innanzi spesso, IX 82). Spesso il termine designa la fisionomia dei dannati, siano essi anonimi come i pusillanimi, cui vespe e mosconi rigavan... di sangue il volto (III 67: " lacerabant faciem eorum usque ad sanguinis effusionem ", Benvenuto) o come gl'indovini (XX 13 da le reni era tornato 'l volto, " habent faciem retro ", Serravalle), siano essi peccatori individuati con precisione, come Vanni Fucci (XXIV 131), Maometto (XXVIII 33), Maestro Adamo (XXX 69), Sinone (v. 104).

Un caso particolare è l'esclamazione di XXI 48 Qui non ha loco il Santo Volto!, per cui cfr. la voce seguente.

Sempre col significato proprio di " viso ", la voce è usata nel Purgatorio per designare le caratteristiche individuali dei principi negligenti (VII 88 Di questo balzo meglio li atti e i volti / conoscerete voi di tutti quanti; cfr. Virg. Aen. V 754-755 " et tumulum capit, unde omnes longo ordine posset / adversos legere et venientum discere voltus ") e la metamorfosi della femmina balba: lo sguardo mio... lo smarrito volto, / com'amor vuol, così le colorava (XIX 14). Un mutamento opposto è quello di Pd XVIII 65 quando 'l volto / suo si discarchi di vergogna il carco, dove il v. passa dal rossore al pallore (Ovid. Met. VI 46-47 " erubuit subitusque invita notavit / ora rubor rursusque evanuit "). In XIII 129 sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti / che furon come spade a le Scritture / in render torti li diritti volti, intendendo le spade come specchi deformanti, si deprecano le deformazioni dottrinali degli eretici (" qualia specula sunt lucentes enses visibus nostris qui ostendunt eos tortuosos ", Benvenuto). Il Momigliano definisce " d'una singolare immediatezza " l'immagine di XXX 83 (Non è fantin che sì sùbito rua / col volto verso il latte, se si svegli / molto tardato da l'usanza sua, / come fec'io), " accentrata su quel profilo istintivo ". Tutte le altre occorrenze del Paradiso si riferiscono al viso di Beatrice, come risulta in XXI 1 Già eran li occhi miei rifissi al volto / de la mia donna, XXVII 105 ridendo tanto lieta, / che Dio parea nel suo volto gioire (cfr. Ecli. 35, 11 " hilarem fac vultum tuum "), e XXIX 7 col volto di riso dipinto, / si tacque Bëatrice (" Idest visu adornato laetitia ", Benvenuto).

Più equivoco è invece il significato della voce in If I 34 [la lonza] non mi si partia dinanzi al volto (dove, se per il Serravalle vale ancora " ab aspectu, sive a vultu ", per il Buti equivale a " dinanzi alla mia vista "), e in Pd XXV 27 tacito coram me ciascun s'affisse, / ignito sì che vincëa 'l mio volto (Iob 41,1 " quis... resistere potest vultui meo? "), in quanto gli antichi commentatori attribuiscono alla parola il valore traslato di " occhio " (" oculus meus sustinere non poterat ", Benvenuto) o di " vista " (Buti e Landino), mentre il Lombardi, seguito dall'Andreoli e dallo Scartazzini, interpreta " talmente che facevami abbassare la faccia ", aggiungendo: " Così io, invece di spiegare ‛ volto ' per ' vista ' o ‛ veduta ', come veggio fatto da tutti gli interpreti ".

Più in particolare, per indicare la " sede degli occhi " (cfr. Tommaseo, Dizionario): If XXXIII 128 perché tu più volontier mi rade / le ' nvetrïate lagrime dal volto, " lacrymas congelatas (frigore super oculis transparentes ad modum vitri ", Benvenuto; e così nel contesto figurato di Rime CIV 23 (si tratta di una delle tre donne): il nudo braccio, di dolor colonna, / sente l'oraggio che cade dal volto (oraggio significa " pioggia di lagrime ", Barbi-Pernicone; Contini). Altrove il valore oscilla tra quello di " faccia " e quello di " occhi " (significati che in sostanza s'identificano); e l'incertezza dei commentatori dimostra l'impossibilità di una definizione esatta. In Pg XVII 44 Come si frange il sonno ove di butto / nova luce percuote il viso chiuso / ... così l'imaginar mio cadde giuso / tosto che lume il volto mi percosse, l'accostamento a viso indurrebbe a preferire la seconda ipotesi; in un altro caso, in cui si ha lo stesso accostamento (Or superbite, e via col viso altero, / figliuoli d'Eva, e non chinate il volto / sì che veggiate il vostro mal sentero, XII 71; cfr. Dan. 10, 15 " deieci vultum meum ad terram ", ma qui il contesto è ironico) per viso - che qui più probabilmente è la " faccia ": cfr. Pg IV 108 e l'altra occorrenza, dal senso controverso, del v. 113 - il Torraca spiega: " procedete con lo sguardo altero, a faccia levata "; e anche se s'intende " sguardo ", " occhi " per ambedue i vocaboli (Casini-Barbi) o per il solo volto (Scartazzini-Vandelli), è ovvio che " chinare gli occhi " significa anche " chinare il viso ". Né va trascurata la componente allegorica dell'espressione, messa in luce, per es., dal Buti (" non chinate la vostra volontà ad umiliarvi ") e poi dai commentatori moderni.

Il vocabolo si riferisce all'" occhio della mente " più che a quello fisico, in Cv II II 4 lo soccorso dinanzi ciascuno die crescea, che far non potea l'altro, contro quello, ché impediva in alcuno modo a dare indietro il volto, cioè " quel nuovo e continuo pensiero impediva a lui e alla mente di guardare indietro e rievocare Beatrice " (Busnelli-Vandelli). In questa direzione anche Pg XXVI 121 A voce più ch'al ver drizzan li volti, " i loro sguardi nel senso metaforico, cioè le loro menti " (Porena).

Col valore di sineddoche totum pro parte, la voce appare in Pg XII 122 Quando i P che son rimasi / ancor nel volto tuo presso che stinti, / saranno... rasi, dove si riferisce propriamente alla " fronte " (cfr. Sette P ne la fronte mi descrisse, IX 112), mentre in If XXXIV 15 altra [ombra], com'arco, il volto a' piè rinverte, la sineddoche procede dalla parte (v. è propriamente la " parte anteriore della testa ") al tutto, e non a caso l'Anonimo la chiosa con " capo ".

La voce può inoltre acquistare il valore più generico di " aspetto ", " atteggiamento ", " forma ", riscontrabile anche nel corrispondente etimo latino e spiegabile col fatto che il v. è la sede del corpo umano deputata a esprimere o svelare stati d'animo e qualità morali (cfr. l'apoftegma ciceroniano " animi est... omnis actio et imago animi vultus ", De or. III LIX 221); con tale significato essa compare in Rime CVI 106 Fassi dinanzi da l'avaro volto / vertù (ma il Pazzaglia intende " si presenta davanti agli occhi "); in If III 20 poi che la sua mano a la mia puose / con lieto volto... / mi mise dentro a le segrete cose (cfr. " volte hilari atque laeto ", Cic. Tusc. I XLII 100); XXXI 105 Quel che tu vuo' veder... più feroce par nel volto; Pg XXX 121 Alcun tempo il sostenni col mio volto, chiosato " co' la mia piacevolessa " dal Buti e " con la mia sola presenza " dal Sapegno; Pd II 66 La spera ottava vi dimostra molti / lumi, li quali e nel quale e nel quanto / notar si posson di diversi volti, dove vale " aspetto " (Lana e Vellutello), " figura " (Ottimo), " apparenzia " (Buti e Landino); XXXII 46 Ben te ne puoi accorger per li volti / e anche per le voci püerili, dove per Benvenuto v. significa " imagines animarum "; V 70 il gran duca de' Greci, / onde pianse Efigènia il suo bel volto (" Condutta a sacrificio, pianse la sua verginità e la sua bellezza ", Buti). Osserva qui il Torraca: " Questo tratto delicato non è in nessuno degli scrittori, presso i quali Dante poteva leggere la triste storia d'Ifigenia... Di Cicerone si cita un luogo (Uffici III 25) nel quale si tocca solo della grande bellezza della giovinetta... Forse il poeta nostro s'ispirò al racconto biblico, secondo il quale la figliuola di Jefte, prima di morire, ‛ piangeva sui monti la sua verginità ' (la sua giovinezza) ".

Infine la voce può costituire una locuzione preposizionale cristallizzata, affine ai sintagmi ‛ di fronte a ', ‛ in faccia di ': cfr. Cv IV VIII 10 io... al volto di tanti avversarii parlo in questo trattato; If XVIII 26 dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto, " frontibus adversis " (Benvenuto), " incontro " (Ottimo); Pg XXXII 18 vidi 'n sul braccio destro esser rivolto / lo glorïoso essercito, e tornarsi / col sole e con le sette fiamme al volto (cfr. Is. 13, 8 " facies combustae vultus eorum "), dove la voce significa " in fronte " (Serravalle) o, meglio, " davanti " (Daniello). È da notare che delle 39 occorrenze in cui v. compare in poesia, esso risulta in fine di verso 27 volte, di cui 7 in rima equivoca col participio passato di ‛ volgere ' (If 134, XIV 129, XXXIII 128, Pg VII 88, XII 71, XXX 121, Pd XVIII 65).

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