VULCANOLOGIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

VULCANOLOGIA (XXXV, p. 617)

Giuseppe IMBO

In accordo con le attuali vedute nei campi geofisico e geologico, dalla maggior parte dei vulcanologi s'identifica oggi in un involucro sottocrostale, di natura alcalibasaltica, la materia prima (magma) la cui ascensione, attraverso frattura della crosta, darebbe origine a tutta la molteplicità dei fenomeni plutonici e vulcanici.

Risulta infatti ovvia la possibilità non solo di espandimenti in superficie, alimentati direttamente dal suddetto involucro, ma anche la possibilità di sviluppo delle varie formazioni intratelluriche di cui solo alcune potrebbero assumere il carattere di focolare. Esse cioè sarebbero capaci di dar luogo a manifestazioni eruttive e nello stesso tempo soddisferebbero alle tre basilari condizioni d'indipendenza (relativamente alla primitiva sorgente), superficialità, esauribilità. La giustificazione inoltre delle grandi varietà di tipi magmatici si ha nell'azione sul magma originale o su un magma sintetico dei varî processi di differenziazione, e nella creazione dei magmi. All'ammessa unicità nell'origine dei magmi si oppone altra recente ipotesi di W. Q. Kennedy, che vorrebbe ritenere giustificata, in base a considerazioni geofisiche di E. M. Anderson, l'esistenza di due magmi originarî: granodioritico e basaltico. Nonostante il diverso parere di qualche vulcanologo, si ritiene oggi concordemente che l'energia eruttiva risiede fondamentalmente nel contenuto magmatico in componenti volatili. E questo contenuto, in conseguenza dell'ormai noto comportamento apparentemente anomalo della pressione al diminuire della temperatura, dà una spiegazione delle diverse caratteristiche dinamiche, petrografiche, morfologiche di un vulcano.

Nei riguardi del vulcanismo si è inoltre rivelata la notevole importanza dell'azione, diretta o indiretta, dei moti teuonici che determinerebbero o agevolerebbero l'attività, non solo iniziale, di un vulcano. Le azioni tettoniche rappresentano pertanto le cosiddette energie passive a differenza delle prime, dette energie attive. Si vede pertanto la possibilità di una relazione tra fenomeni eruttivi e fenomeni (in particolare gli astronomici) che comunque determinino o rivelino movimenti della crosta.

Secondo A. R. Dalyn allo schema interpretativo crosta-substratum la "forza ascensionale" magmatica deriverebbe dalla minore densità del substratum rispetto all'involucro simatico soprastante. Le altezze del Mauna Loa (4000 m.) e dell'Etna (3300 m.) rappresenterebbero presso a poco le altezze di equilibrio isostatico raggiunte da una colonna magmatica basaltica degassificata rispettivamente per zone oceaniche e continentali.

Nei riguardi delle energie eruttive, solo da qualche anno è stata proposta una nuova interpretazione, finora non confermata da osservazioni, sulla genesi delle eruzioni, che sarebbero provocate da reazioni nucleari in seno al focolare. La degassificazione magmatica dà inoltre conto dell'attività fumarolica considerata nelle sue diverse manifestazioni. Per una intepretazione dell'uniforme comportamento termochimico delle fumarole U. Sborgi ammette l'esistenza di una fase idrotermale. D'altro canto per le cosiddette fumarole a vapor d'acqua l'andamento termico ha messo in evidenza la loro indiretta alimentazione dalle falde acquee termalizzate da gas e vapori provenienti da zone più profonde.

Dalle considerazioni precedenti si deduce che i fenomeni relativi al vulcanismo sono ovviamente collegati con moti magmatici profondi o episuperficiali provocati o no da movimenti della crosta che li precedono e li accompagnano rivelati da deformazioni del suolo permanenti, variabili, periodiche o anche da fratturazioni.

Le osservazioni eseguite lasciano tra l'altro rilevare la notevole importanza delle osservazioni sulle deviazioni apparenti della verticale che, oltre a permettere di seguire i moti magmatici anche relativamente profondi (come provano le osservazioni eseguite presso gli osservatorî del Kilauea e del vesuvio), lasciano intravvedere, mediante particolari registrazioni (ondulazioni a periodo medio di 110-120 minuti precedenti le fasi parossismali vesuviane), le possibilità di previsioni a breve scadenza di fasi eruttive. Le previsioni a lunga scadenza, a data però imprecisata, sono evidentemente possibili in base a svariate ricerche geofisiche e statistiche.

Negli ultimi anni (1935,1942), mediante bombardamento aereo del canale condotto e delle morene laterali, al Mauna Loa è stata tentata la deviazione di colate laviche con risultati che lasciano ben sperare.

Bibl.: W. Q. Kennedy, E. M. Anderson, Crustal Layers and the origin of magmas, in Bull. Volc., s. 2ª, vol. III, 1938; A. R. Daly, The roots of volcanoes, National Research Council, p. I, Washington 1938; U. Sborgi, Considerazioni chimiche e chimico-fisiche sui gas vulcanici e magmatici: ipotesi di una fase idrotermale intermedia, in Bull. Volc., s. 2ª, vol. V, 1939; A. Gordon Mac Donald, The 1942 eruption of Mauna Loa (Hawaii), Smithsonian Report, Washington 1943; J. Noetzlin, Mission volcanologique au Vésuve, Centre national de la recherche scientifique, Algeri 1944; A. Rittmann, Vulcani, Napoli 1944.

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