BRYNNER, Yul

Enciclopedia del Cinema (2003)

Brynner, Yul (propr. Jul′)

Guglielmo Siniscalchi

Attore cinematografico russo, naturalizzato svizzero, nato a Vladivostok (Repubblica socialista federativa sovietica russa) l'11 luglio 1920 e morto a New York il 10 ottobre 1985. Con la famosa testa rasata, gli occhi penetranti e i lineamenti asiatici, B. si è affermato negli anni Cinquanta interpretando personaggi dal fascino esotico e dalla statuaria fisicità nei kolossal biblici di Cecil B. DeMille e King Vidor e, successivamente, in numerosi film d'avventura e spy stories. Ha interpretato molti ruoli sia brillanti sia drammatici, mostrando grande versatilità artistica e stemperando una recitazione dai toni energici in prestazioni attente anche ai sottili risvolti psicologici. Anche se il suo volto è rimasto inconfondibilmente legato al personaggio del pistolero Chris Adams, in The magnificent seven (1960; I magnifici sette) di John Sturges e nel sequel dal titolo Return of the seven (1966; Il ritorno dei magnifici sette) di Burt Kennedy, verso la fine della carriera ha saputo trasferire con intelligenza i modi e le caratteristiche del genere western in un mondo fantascientifico e visionario. Nel 1957 ha vinto il premio Oscar come miglior attore protagonista per The king and I (1956; Il re ed io) di Walter Lang.

Cresciuto in un ambiente familiare multietnico, con padre di origini mongole e madre zingara romena, B. volle sempre mantenere un certo mistero sulle sue origini e sulle sue prime esperienze. Nel 1934 approdò a Parigi e iniziò a frequentare il mondo della musica e del teatro, lavorando con la compagnia Pitoëff nel Théâtre des Mathurins. Nel 1941 si trasferì negli Stati Uniti dove, pur continuando l'attività teatrale, si dedicò anche alla televisione. Dopo un esordio cinematografico poco convincente in Port of New York (1949; Il porto di New York) diretto da Laslo Benedek, il suo talento teatrale si rivelò a Broadway nel 1951 con The king and I, il musical di R. Rodgers e O. Hammerstein che B. interpretò, ricoprendo la parte del Siam Mongkut, anche nell'omonima versione cinematografica del 1956, riscuotendo un enorme successo di pubblico e di critica. Nello stesso anno si fece apprezzare nel ruolo del faraone Ramsete in The ten commandments (I dieci comandamenti), remake sonoro del film muto che lo stesso DeMille aveva diretto nel 1923, e nel melodramma storico Anastasia di Anatole Litvak. Fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta affiancò all'interpretazione di personaggi storici e avventurosi, come Salomone in Solomon and Sheba (1959; Salomone e la regina di Saba), ultimo film di King Vidor, o il pirata Jean Lafitte in The buccaneer (1958; I bucanieri), unica regia dell'attore Anthony Quinn, figure d'ispirazione letteraria, come Dmitrij Karamazov in The brothers Karamazov (1958; Karamazov) di Richard Brooks, e Jason Compson in The sound and the fury (1959; L'urlo e il furore) di Martin Ritt, adattamenti cinematografici degli omonimi romanzi di F.M. Dostoevskij e W. Faulkner.

Il 1960 segnò la piena maturazione artistica e il successo a livello internazionale: dopo i sorprendenti ritratti comici abbozzati nelle commedie brillanti Once more, with feeling (Ancora una volta con sentimento) e Surprise package (Pacco a sorpresa), entrambe dirette da Stanley Donen, fu protagonista di The magnificent seven, il celebre western in cui il regista J. Sturges riprende i temi e i personaggi del famoso Shichinin no Samurai (1954; I sette samurai) di Kurosawa Akira. Se si escludono alcune interessanti interpretazioni in film minori come Invitation to a gunfighter (1964; Invito a una sparatoria) di Richard Wilson o Romance of a horse thief (1971; Il romanzo di un ladro di cavalli) di Abraham Polonsky, negli anni successivi B. continuò a proporre, senza particolari innovazioni stilistiche, il cliché dell'eroe calvo dal fascino magnetico. Nel 1973, in Westworld (Il mondo dei robot), esordio nella regia dello scrittore Michael Crichton ‒ seguito nel 1976 da Futureworld (Futureworld 2000 anni nel futuro) di Richard T. Heffron ‒ offrì una magistrale e avveniristica interpretazione del pistolero robot, attrazione in un futuribile e violento parco dei divertimenti, nella sua 'umanizzata' ribellione contro gli uomini.

Bibliografia

J. Robbins, Yul Brynner. The inscrutable king, New York 1987; R. Brynner, Yul: the man who would be king, New York 1989.

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